anabellita ha scritto:matro, conosco bene la differenza fra commercio e benessere economico
mi pareva che fossi a tu a dire che l'Italia non si poteva permettere di non accontetare gli USA perché ne soffrirebbe economicamente, e che come fondamento per questo avessi parlato della bilancia commerciale...
l'unica cosa che dico è che sarebbe il caso di valutare ciò che si perde e ciò che si guadagna nel rispondere... la francia ne ha un po' sofferto, certo! ma, 1º, non mi pare che questo avvenimento attiri nemmeno la metà dell'attenzione del consommatore nordamericano quanto la guerra in irak, 2º non mi pare che la sofferenza abbia portato la francia alla deriva!
visto che qui si tratta di una cosa mooolto più piccola, urlare alla rovina dell'Italia (7ª potenza economica mondiale, mi permetto di ricordare!) è una grossa esagerazione al limite della paranoia.
Nelle relazioni internazionali conta molto di più che la mera economia. i paesi hanno interessi che vanno oltre il commercio.
...la francia, tornando al tuo commento sul petroleo e l'opposizione alla guerra in irak, aveva tante altri motivi per opporsi...
motivi che hanno più a che vedere con il bisogno di popolarità di chirac ed il desiderio di supremazia politica (far diventare l'europa un contro-potere, protagonismo all'interno dell'Europa, buoni occhi nelle ex-colonie africane...)
chirac ha riflettuto, otlre alla relazione comerciale, a questione delicate che riguardano l'equilibrio di poteri nel mondo ed il ruolo della Francia sulla scena internazionale.
...ma tu pensi solo a vendere prodotti...
non ti pare un miope come argomento?
ti ricordi quella storia sul piatto di fave ed i diritti di primogenia?
Sì sì io solo numeri
Sono apartitico, apolitico agnostico e paragnosta.
La Francia ha interessi in Medio Oriente poichè la sua più grande azienda la Total, ha le sue radici sotteranee succhia petrolio lì.
Ecco perchè i contrasti con l'altra sansuisuga di grezzo chiamata USA.
Vicenza:
Il Settore orafo vicentino
www.gold.vicenza.com
[
i]VICENZA: CAPITALE MONDIALE DELL'ORO.
Le antiche tradizioni orafe, tramandate e assimilate nel corso del tempo da un tessuto produttivo capillare sempre attento anche al rinnovamento, hanno reso oggi Vicenza capitale mondiale dell'Oro.Vicenza assorbe infatti da sola oltre metà di tutto l’oro importato in Italia per la lavorazione. Oltre il 50% delle ditte che aderiscono a Emagold, il marchio internazionale di qualità dell’Oro, ad esempio, sono vicentine.
La sua famaè legata soprattutto alla produzione di catene a 18 carati ed al primato nella produzione di casse per orologi.
Il settore orafo vicentino conta quasi 1.300 unità produttive, con un impiego di 12.500 addetti, pari al 4% dell'intera forza lavoro provinciale. Una folta compagine di imprese medio-piccole,a forte componente artigianale, spesso impegnate nel ciclo completo della lavorazione, dal design al marketing.
Il fatturato globale di settore si assesta attorno ai 4 miliardii di Euro, circa la metà dei quali provenienti dall'export, in particolare verso gli Stati Uniti e l'Estremo Oriente.
I mercati di sbocco del settore sono sia quelli tradizionali dell’Europa e degli Stati Uniti che quelli di più recente apertura come l’America Latina e l’Estremo Oriente, Cina compresa
La geografia imprenditoriale del settore vede la concentrazione dell’80% delle ditte a Vicenza e dintorni, con realtà di spicco come il Centro Orafo, che riunisce in un’unica struttura d’avanguardia ben 80 imprese.
Altre zone produttive sono localizzate a Trissino e a Bassano, che si distinguono per l'elevatissima capacità produttiva di alta qualità in serie.
Buona parte del grande sviluppo del settore orafo vicentino si deve alla capacità organizzativa dell' Ente Fiera di Vicenza che dedica all'Oreficeria ben tre esposizioni annuali, che registrano un primato mondiale di affluenza di pubblico: "Vicenzaoro1", "Vicenzaoro2" e "Orogemma", arricchite da rassegne specialistiche dedicate al settore delle macchine per oreficeria, anch'esse prodotte da aziende vicentine leader del mercato.[/i]
Proprio oggi sentivo le preoccupazioni del presidente degli industraili vicentino. E' in corso un accordo per il potenziamento dell'export
negli USA con conseguente aumento dell'occupazione nel settore.
La paura è non solo di manadare all'aria questo accordo, ma di perdere terreno anche sulle quote di mercato attuali!
Ci sono anni e anni di duro lavoro, un impegno profuso inimmaginabile, per guadagnare qualche piccola % di mercato...
Cosa volete ci mettano gli americani a stringere accordi con altre realtà?
Giusto o no che sia, così "loro" la fanno funzionare così...
E a questo non ci pensa nessuno?
Non ci sono mica gli ammortizzatori sociali su queste aziende.
Non è mica l'Alitalia e altre porcate simili.
Qua chiudono stabilimenti anche se le cose vanno bene, pensate se le cose traballano. Conoscerete Bisazza, leader mondiale del mosaico, fatturati impressioannti sempre in crescendo...Utili a gogo.
Eppure:
Il 4 ottobre scorso - come il classico fulmine a ciel sereno - il vertice della Bisazza (azienda vicentina leader mondiale nella produzione di mosaico di altissima gamma) annuncia la chiusura della fabbrica di Spilimbergo in pochissime settimane. Duecento persone perderanno il lavoro: circa 140 sono i dipendenti diretti, 60 quelli di piccole aziende artigiane dell'indotto.
Ne è nato un caso: un'azienda che va benissimo, fa fatturato, fa utili (solo il marchio di questa azienda è valutato 45 milioni di euro) e continua ad assumere, per poi chiudere e trasferire la produzione, prima nella sede centrale di Vicenza, poi probabilmente in India.
Subito è cominciata la "battaglia" per cercare un'alternativa alla chiusura. Il sindacato ha cercato di fare la propria parte. Il vescovo è andato in fabbrica come gesto di solidarietà. Il sindaco ha organizzato un'assemblea pubblica. L'assessore regionale competente ha cercato un contatto con la famiglia Bisazza. Un secondo assessore regionale ha cercato di percorrere almeno la strada della cassa integrazione. La Regione ha scritto al ministro Bersani. Al Senato è stata presentata un'interrogazione. Sono scesi in campo anche gli industriali: il presidente provinciale ha ripetutamente cercato l'imprenditore vicentino per trovare un'alternativa e invitarlo a un tavolo con le istituzioni locali. E' stato pure interessato il presidente degli industriali vicentini e, pare lo stesso Cordero di Montezemolo.
Nulla, esattamente nulla è accaduto: il presidente della Bisazza ha mandato tutti a quel paese, non ha risposto a nessuno ed è andato avanti per la sua strada. Risultato: è partita la procedura di mobilità e i lavoratori saranno licenziati entro poche settimane. Messi alle strette e per salvare il salvabile i sindacati sono solo riusciti a fare un accordo, strappando seimila euro come incentivo al licenziamento per ciascun lavoratore. Dopo un mese e mezzo la vicenda si è chiusa così: l'imprenditore chiude la sua azienda, 200 famiglie saranno senza reddito e il loro "dignitoso" posto di lavoro (magari dopo 20 o 30 anni) è stato valutato seimila euro, a differenza di un marchio - creato anche da loro - che vale 45 milioni.
Nessuno pensa che dietro certe decisione o altro ci siano interessi imprescindibili. Purtroppo ci giochiamo anche posti di lavoro futuri e preesistenti.
Questa è la triste realtà.
e ben pochi ci pensano.