La Redazione Consiglia

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#826
cyber, se questo è "il maestro" a cui la fanciulla si ispira...
ma almeno in ottobre si laurea in giurisprudenza? di magistrati laureati al DAMS ancora non ne ho visti...

Da La Repubblica di oggi:
lo posto io, credo che kimikalli sia partita per ferie :)

Una fonte del governo turco rivela il retroscena della firma dell'accordo South Stream
"Il premier ha chiamato: voleva partecipare alla cerimonia. Putin e Erdogan hanno sorriso"
Berlusconi "eroe" del gasdotto?
La "sorpresa" della Turchia
Berlusconi "eroe" del gasdotto? La "sorpresa" della Turchia

Erdogan, Putin e Berlusconi ad Ankara

ISTANBUL - Quando il presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi ha definito come "un grande successo della diplomazia italiana" l'accordo siglato ieri tra Turchia e Russia sul gasdotto South Stream, il governo di Ankara si è stupito non poco. Lo rivela una fonte del governo Erdogan alla Reuters, che oggi riporta la ricostruzione della bizzarra "intrusione" di Berlusconi nella cerimonia della firma.

Gli accordi tra Mosca e Ankara per far passare il gas russo attraverso le acque turche del Mar Nero fino all'Europa erano "già stati conclusi - racconta la fonte alla Reuters - quando il governo turco ha ricevuto un'inaspettata richiesta dell'ultimo minuto da parte di Berlusconi che voleva partecipare alla cerimonia della firma" del premier russo Vladimir Putin e di quello turco Tayyip Erdogan, ad Ankara. La fonte aggiunge che si è creata una "certa sorpresa" quando ci si è resi conto che Berlusconi voleva rivendicare l'accordo come un suo successo personale.

"E' il tipo di cosa che può causare un problema diplomatico - dice ancora la fonte turca - Ma siccome si trattava di Berlusconi, ha solo fatto sorridere i due leader". La Reuters cita anche il sito del governo italiano che riporta la dichiarazione secondo cui il progetto South Stream è "un successo personale del primo ministro italiano". Per i turchi, una vera "esagerazione".
(7 agosto 2009)
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Casa Spozilli
Babyzillo

#827
chiaretta ha scritto:cyber, se questo è "il maestro" a cui la fanciulla si ispira...
ma almeno in ottobre si laurea in giurisprudenza? di magistrati laureati al DAMS ancora non ne ho visti...
Non serve il DAMS per fare l'attrice! Basta essere una bella faiga e darla a qualcuno! Eddai, anche tu, come sei vetusta!!!
www.africanview.it
Tour Operator in Zambia e nell'Africa Australe

#828
Scuola, evitiamo i "piccoli mostri"
di Luigi De Magistris


L’Onda che ha travolto, un anno fa, università e scuole e che ha visto come positiva anomalia l’asse fra genitori-insegnanti-studenti, scelse come slogan l’ormai celebre “noi la crisi non la paghiamo”. Un messaggio che veniva rivolto al governo e che per settimane ha riecheggiato fra le strade e nelle piazze, travolte dal coloratissimo movimento che sfilava pacificamente accusando Gelmini e Brunetta di voler distruggere la scuola pubblica, attraverso il taglieggiamento dei fondi e di una ristrutturazione del ciclo di studi che appariva e appare oggi quanto di più distante ci possa essere dal concetto di istruzione. Almeno da come la concepiva Gramsci, che riferendosi alla formazione tecnica ammoniva: la scuola “non deve diventare un'incubatrice di piccoli mostri aridamente istruiti per un mestiere, senza idee generali, senza cultura generale, senza anima, ma solo dall'occhio infallibile e dalla mano ferma” perché il suo compito è, al contrario, quello di “far scaturire dal fanciullo, l'uomo”.

E’ infatti ancora presente e minaccioso il rischio di vedere cancellata l’idea della formazione come la indica la Carta costituzionale, ovvero un diritto universale capace di azzerare le differenze di censo e di origine sociale, di razza e di religione. Si sta infatti tentando di cancellare il principio della laicità e del pluralismo dell’istruzione, con scuola e università trasformate in spazi dell’esclusione piuttosto che della convivenza fra diversità: la sentenza del Tar del Lazio è stata disattesa dal ministro Gelmini (che anzi ha annunciato ricorso alla Corte Costituzionale) mentre la Lega avanza la proposta di inserire lo studio del dialetto come strumento di discriminazione non solo verso gli stranieri ma anche degli italiani del Sud.

A questa minaccia verso l’idea di formazione pubblica, si aggiunge il non meno pericoloso ridimensionamento delle risorse, che non fa che confermare la politica del governo di attacco al pubblico per favorire l’istruzione privata, verso cui si dimostra ben più generoso e preoccupato (si veda solo il caso della Lombardia del berlusconiano-ciellino Formigoni). Senza dimenticare i flussi di denaro pubblico per i corsi di formazione professionale fantasma che servono per rimpinguare le tasche di comitati d'affari nei quali i politici sono in prima fila.

Si tirano così i cordoni della borsa gestita da Tremonti giustificandosi con la crisi e la contrazione economica mondiale: ottima scusa per ridisegnare un altro modello di istruzione e quindi anche un’altra società. Proprio come urlavano nelle strade e nelle piazze docenti, studenti e genitori, preoccupati dalla scomparsa della formazione pubblica e dal conseguente imporsi di un modello sociale fondato sulla diversificazione discriminante.

Ora questo attacco in autunno si tradurrà anche in 16.500 precari costretti a restare a casa e per cui ancora non si è delineato un piano certo di ammortizzatori sociali. Martedì alcuni di loro, a Salerno, si sono arrampicati sul tetto dell’edificio del Provveditorato, protestando sulla scia di quanto realizzato dagli operai della Innse di Milano: il dramma di perdere il lavoro spesso indirizza la protesta verso modalità drammatiche. Mentre ieri è stato reso noto che il 3 settembre si terrà un tavolo tecnico fra le parti sociali per tentare di mettere a punto un piano di ammortizzatori per i precari della scuola. Il governo, che fa resistenza nel trovare i fondi a loro sostegno, sta cercando di scaricare la propria responsabilità sulle spalle delle Regioni, con la preoccupazione dei sindacati.

Per capire chi sono i precari della scuola basta semplicemente salire su un treno che da Napoli o Salerno porti a Roma, intorno alle cinque del mattino. Per capire la loro vita, fatta di incertezza economica e lavorativa, basta trascorrere una mattina in casa con loro, seduti vicino al telefono in attesa di una chiamata, impossibilitati ad uscire per paura di perderla. Queste persone, questi lavoratori hanno il compito di contribuire a plasmare la nostra società, di dargli un indirizzo, di conferirgli una forma attraverso l’educazione e l’istruzione del singolo studente-cittadino. E lo fanno pagando il prezzo di una vita faticosa e precaria, rispetto a cui risulta inutile l’essere altamente specializzati: quanti master e corsi di formazione può vantare un giovane precario della scuola? Anche qui, basta prendere il treno Salerno-Roma alle cinque del mattino per scoprirlo. Spesso hanno doppia laurea, molti master, altrettanti corsi di formazione: tutto necessario a scalare le infinite graduatorie del lavoro e spesso non sufficiente, tanto da arrivare alla soglia degli oltre quarant’anni ancora a tempo determinato, ancora a scadenza.

Ora che il governo non riesca a garantire a questi lavoratori un piano di sostegno ma soprattutto un loro inserimento è a dir poco sconcertante. Invece di parlare dei grembiulini e del voto in condotta non sarebbe stato più opportuno occuparsi di questi destini a cui si lega il nostro destino di società?

Forse quei grembiulini e quel voto in condotta sono serviti a coprire la politica dei tagli e dell’assalto alla formazione pubblica: fumo negli occhi per nascondere la verità di voler privatizzare l’istruzione nel tentativo ultimo, insieme all’attacco all’informazione libera, di imporre un ‘nuovo’ modello di società, dove i cittadini siano sudditi e il sovrano sempre più incontrollato manovratore dei loro destini per i propri fini personali. Per questo difendere la scuola pubblica è un dovere anche politico a cui oggi e a settembre non dovremmo sottrarci, per evitare il crescere di “piccoli mostri” e impegnarci a far sbocciare “dal fanciullo, l’uomo”.
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#829
8) 8)
Se Berlusconi rispondesse (l'uNITà)
Il "Financial Times" ha pubblicato un editoriale dove si sostiene che il potere di Silvio Berlusconi in Italia non ha nulla di paragonabile con nessun altro paese democratico. Forse con l'eccezione della Russia di Putin, e del Venezuela di Chavez. Ieri Berlusconi ha compiuto un atto che ha qualcosa di stupefacente. Ha chiesto, in sede civile, un milione di euro di danni per le ormai famose dieci domande del quotidiano "Repubblica". Perché dico che è stupefacente? Perché oltre alla causa civile, che è curiosa, è molto strano sentirsi diffamati da dieci domande. Come si può essere diffamati dalle domande? In che modo l'avvocato Ghedini pensa di vincere in tribunale una causa civile di questo genere? Alle domande si risponde. A qualsiasi domanda si risponde. E se le risposte sono chiare e convincenti, non c'è più motivo di ripetere le domande. Invece Berlusconi non risponde, e ritiene di essere diffamato. Ma è una contraddizione di termini. Berlusconi si sente diffamato perché quelle domande non hanno riposta. Se rispondesse non ci sarebbe diffamazione, in nessun caso. Se smentisce tutto, se i fatti non sussistono, ne uscirebbe ancora più forte. Se non smentisce e conferma, allora siamo di fronte a verità e non certo a diffamazione.
Il paradosso è proprio qui. Facendo causa a "Repubblica", il presidente del Consiglio fa sostanzialmente causa a se stesso, senza neppure rendersene conto. Qualunque giudice potrebbe chiedere: ma perché Berlusconi non risponde a queste domande? Soprattutto se non c'è nulla da nascondere? Il paradosso, il secondo paradosso, è che il capo del Governo non intimidisce la stampa di opposizione facendo una causa civile. Il paradosso, il terzo paradosso, è che il presidente del Consiglio non intimidisce un giornale di opposizione, possedendo lui stesso cinque reti televisive, un quotidiano, e un numero imprecisato di periodici. Lo dico senza retorica, mi auguro che qualcuno possa consigliare a Berlusconi di ritirare tutto. Qualcuno che gli spieghi che in caso contrario ci troveremmo di fronte a qualcosa di molto inquietante. E allora il "Financial Times" avrebbe ragione, e forse Berlusconi è ancora più potente di Chavez e persino di Putin, ed è una pessima cosa. :!: :!:

#830
IL COMMENTO
La strategia della menzogna
di EZIO MAURO

POICHE' la sua struttura privata di disinformazione è momentaneamente impegnata ad uccidere mediaticamente il direttore di "Avvenire", colpevole di avergli rivolto qualche critica in pubblico (lanciando così un doppio avvertimento alla Chiesa perché si allinei e ai direttori dei giornali perché righino dritto, tenendosi alla larga da certe questioni e dai guai che possono derivarne) il Presidente del Consiglio si è occupato personalmente ieri di "Repubblica": e lo ha fatto durante il vertice europeo di Danzica per ricordare l'inizio della Seconda guerra mondiale, dimostrando che l'ossessione per il nostro giornale e le sue inchieste lo insegue dovunque vada, anche all'estero, e lo sovrasta persino durante gli impegni internazionali di governo, rivelando un'ansia che sta diventando angoscia.

L'opinione pubblica europea (ben più di quella italiana, che vive immersa nella realtà artefatta di una televisione al guinzaglio, dove si nascondono le notizie) conosce l'ultima mossa del Cavaliere, cioè la decisione di portare in tribunale le dieci domande che "Repubblica" gli rivolge da mesi. Presentata come attacco, e attacco finale, questa mossa è in realtà un tentativo disperato di difesa.

Non potendo rispondere a queste domande, se non con menzogne patenti, il Capo del governo chiede ai giudici di cancellarle, fermando il lavoro d'inchiesta che le ha prodotte. È il primo caso al mondo di un leader che ha paura delle domande, al punto da denunciarle in tribunale.

Poiché l'eco internazionale di questo attacco alla funzione della stampa in democrazia lo ha frastornato, aggiungendo ad una battaglia di verità contro le menzogne del potere una battaglia di libertà, per il diritto dei giornali ad indagare e il diritto dei cittadini a conoscere, ieri il Premier ha provato a cambiare gioco. Lui sarebbe pronto a rispondere anche subito se le domande non fossero "insolenti, offensive e diffamanti" e fossero poste in altro modo e soprattutto da un altro giornale. Perché "Repubblica" è "un super partito politico di un editore svizzero e con un direttore dichiaratamente evasore fiscale".

Anche se bisognerebbe avere rispetto per la disperazione del Primo Ministro, l'insolenza, la falsità e la faccia tosta di quest'uomo meritano una risposta.

Partiamo da Carlo De Benedetti, l'editore di "Repubblica": ha la cittadinanza svizzera, chiesta come ha spiegato per riconoscenza ad un Paese che ha ospitato lui e la sua famiglia durante le leggi razziali, ma non ha mai dismesso la cittadinanza italiana, cioè ha entrambi i passaporti, come gli consentono la legge e le convenzioni tra gli Stati. Soprattutto ha sempre mantenuto la residenza fiscale in Italia, dove paga le tasse. A questo punto e in questo quadro, cosa vuol dire "editore svizzero"? È un'allusione oscura? C'è qualcosa che non va? Si è meno editori se oltre a quello italiano si ha anche un passaporto svizzero? O è addirittura un insulto? Il Capo del governo può spiegare meglio, agli italiani, agli elvetici e già che ci siamo anche ai cittadini di Danzica che lo hanno ascoltato ieri?

E veniamo a me. Ho già spiegato pubblicamente, e i giornali lo hanno riportato, che non ho evaso in alcun modo le tasse nell'acquisto della mia casa che i giornali della destra tengono nel mirino: non solo non c'è stata evasione fiscale, ma ho pagato più di quanto la legge mi avrebbe permesso di pagare. Ho versato infatti all'erario tasse in più su 524 milioni di vecchie lire, e questo perché non mi sono avvalso di una norma (l'articolo 52 del D. P. R. 26 aprile 1986 numero 131, sull'imposta di registro) che, ai termini di legge, mi consentiva nel 2000 di realizzare un forte risparmio fiscale.

Capisco che il Premier non conosca le leggi, salvo quelle deformate a sua difesa o a suo privato e personale beneficio. Ma dovrebbe stare più attento nel pretendere che tutti siano come lui: un Capo del governo che ha praticato pubblicamente l'elogio dell'evasione fiscale, e poi si è premurato di darne plasticamente l'esempio più autorevole, con i quasi mille miliardi di lire in fondi neri transitati sul "Group B very discreet della Fininvest", sottratti naturalmente al fisco con danno per chi paga le tasse regolarmente, con i 21 miliardi a Bettino Craxi per l'approvazione della legge Mammì, con i 91 miliardi trasformati in Cct e destinati a non si sa chi, con le risorse utilizzate poi da Cesare Previti per corrompere i giudici di Roma e conquistare fraudolentemente il controllo della Mondadori. Si potrebbe andare avanti, ma da questi primi esempi il quadro emerge chiaro.

Il Presidente del Consiglio ha detto dunque ancora una volta il falso, e come al solito ha infilato altre bugie annunciando che chi lo attacca perde copie (si rassicuri, "Repubblica" guadagna lettori) e ricostruendo a suo comodo l'estate delle minorenni e delle escort, negando infine di essere malato, come ha rivelato a maggio la moglie. Siamo felici per lui se si sente in forze ("Superman mi fa ridere"). Ma vorremmo chiedergli in conclusione, almeno per oggi: se è così forte, così sicuro, così robusto politicamente, perché non provare a dire almeno per una volta la verità agli italiani, da uno qualunque dei sei canali televisivi che controlla, se possibile con qualche vera domanda e qualche vero giornalista davanti? Perché far colpire con allusioni sessuali a nove colonne privati cittadini inermi come il direttore di "Avvenire", soltanto perché lo ha criticato? Perché lasciare il dubbio che siano pezzi oscuri di apparati di sicurezza che hanno fabbricato quella velina spacciata falsamente dai suoi giornali per documento paragiudiziario?

Se Dino Boffo salverà la pelle, dopo questo killeraggio, ciò accadrà perché la Chiesa si è sentita offesa dall'attacco contro di lui, e si è mossa da potenza a potenza. Ma la prossima preda, la prossima vittima (un magistrato che indaga, una testimone che parla, un giornalista che scrive, e fa domande) non avendo uno Stato straniero alle spalle, da chi sarà difeso? L'uomo politico passato alla storia come il più feroce nemico della stampa, Richard Nixon, non ha usato per difendersi un decimo dei mezzi che Berlusconi impiega contro i giornali considerati "nemici". Se vogliamo cercare un paragone, dobbiamo piuttosto ricorrere a Vladimir Putin, di cui non a caso il Premier è il più grande amico.

non gliele manda certo a dire..
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Questo è il nostro segreto profondo: il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio. <3

#831
adoooorio ezio mauro!
leggo alcuni pezzi solo perché portano la sua firma, ed è sempre una riconferma...
aaaah (sospiro) :D

#832
IL COMMENTO
Mandante e utilizzatore
di GIUSEPPE D'AVANZO

Mai come oggi, i caratteri del "male italiano" sono il conformismo, l'obbedienza, l'inazione. Anche ora che un assassinio è stato commesso sotto i nostri occhi. Assassinio.

Con quale altra formula si può definire - in un mondo governato dalla comunicazione - la deliberata e brutale demolizione morale e professionale di Dino Boffo, direttore dell'Avvenire, "reo" di prudentissimi rilievi allo stile di vita di Quello-Che-Comanda-Tutto? Un funzionario addetto al rito distruttivo - ha la "livrea" di Brighella, dirige il Giornale del Padrone - "carica il fucile". Così dice. Il proiettile è un foglietto calunnioso, anonimo, privo di alcun valore. Si legge che Boffo è un "noto omossessuale". La diceria medial-poliziesca ripetuta tre o quattro volte assume presto la qualità di un prova storica. Non lo è. Non lo è mai stata. Brighella è un imbroglione e lo sa, ma è lì per sbrigare un lavoro sporco. Gli piace farlo. Se lo cucina, goloso. Colto con le mani nel sacco delle menzogne, parla ora d'altro: qualcuno gli crede perché sciocco o pavido. Non è Brighella a intimorire. È Quello-Che-Comanda-Tutto. È lui il mandante di quel delitto. È lui il responsabile politico. Contro Silvio Berlusconi ci sono quattro indizi. Già in numero di tre, si dice, valgono una prova.
Il primo indizio ha un carattere professionale. Qualsiasi editore che si fosse trovato tra i piedi un direttore che, con un indiscutibile falso, solleva uno scandalo che mette in imbarazzo Santa Sede, Conferenza episcopale, comunità cattoliche gli avrebbe chiesto una convincente spiegazione per l'infortunio professionale. In caso contrario, a casa. A maggior ragione se quell'editore è anche (come può accadere soltanto in Italia) un capo di governo che tiene in gran conto i rapporti con il Papa, i vescovi, l'opinione pubblica cattolica. Non è accaduto nulla di tutto questo. Gianni Letta ha dovuto minacciare le dimissioni per convincere Berlusconi a mettere giù due righe di "dissociazione". Può dissociarsi soltanto chi è associato e tuttavia nei giorni successivi, mentre il lento assassinio di Boffo continua, non si ode una parola di disagio dell'editore-premier a dimostrazione che il vincolo dell'associazione è ben più stretto di quella rituale presa di distanza: Berlusconi vuole far sapere Oltretevere che non ammette né critici né interlocutori né regole.
Il secondo indizio è documentale. Il 21 agosto, Mario Giordano, direttore del Giornale, è costretto a lasciare la poltrona a Brighella. Ne spiega così le ragioni ai suoi lettori: "Nelle battaglie politiche non ci siamo certi tirati indietro (...) Ma quello che fanno le persone dentro le loro camere da letto (siano essi premier, direttori di giornali, editori, ingegneri, first lady, body guard o avvocati) riteniamo siano solo fatti loro. E siamo convinti che i lettori del Giornale non apprezzerebbero una battaglia politica che non riuscisse a fermare la barbarie e si trasformasse nel gioco dello sputtanamento sulle rispettive alcove". Giordano non poteva essere più chiaro: mi è stato chiesto (e da chi, se non dall'editore-premier?) di fare del mio quotidiano una bottega di miasmi, per decenza non me la sono sentita e lascio l'incarico a chi quel lavoro sporco è disposto a farlo. Che il Giornale sia diventato un'officina di veleni lo conferma un redattore in fuga. Luca Telese, sul suo blog, racconta di dossier e schifezze già pronte al Giornale contro "giornalisti o parenti di giornalisti di Repubblica". L'indiscrezione è confermata in Parlamento da "uomini vicini al premier" (la Stampa, 29 agosto)

Il terzo indizio è, diciamo così, politico e cronachistico. Berlusconi, incapace di governare nonostante i numeri in eccesso e un'opposizione fragile, ha "rinunciato al suo profilo riformatore" (Il Foglio, 31 agosto). Non ha più alcun "fine". Difende soltanto "i mezzi", il suo potere personale. Lo vuole assoluto. Conosce un unico metodo per tenerselo ben stretto nelle mani: un giornalismo pubblicitario e servile che consenta di annullare ciò che accade nel Paese a vantaggio di una narrazione fatta di emozioni e immagini composte e ricomposte secondo convenienza; un racconto che elimina ogni criterio di verità; un caleidoscopio mediatico che produce un'ignoranza delle cose utile a credere in un'Italia meravigliosa senza alcun grave problema, in pace con se stessa, governata da un "Superman". Per questa ragione Berlusconi ingaggia l'obbediente Augusto Minzolini al telegiornale del servizio pubblico Rai. Per la stessa ragione, ma di segno opposto, liquida in un paio di mesi tre direttori di giornale. 2 dicembre 2008. Il Corriere della sera (direttore Paolo Mieli) e la Stampa (direttore Giulio Anselmi) rilevano il conflitto d'interessi dietro la decisione di inasprire l'Iva per Sky, diretto concorrente di Mediaset. Da Tirana, Berlusconi lancia il suo "editto": "I direttori di giornali, come la Stampa e il Corriere dovrebbero cambiare mestiere". 10 febbraio. Enrico Mentana, fondatore del Tg5 e anchorman di Matrix, non riesce a ottenere uno spazio informativo da Canale5 per raccontare la morte di Eluana Englaro. Protesta. L'Egoarca lo licenzia su due piedi. In aprile l'editto di Tirana trova il suo esito. Il 6, Mieli lascia il Corriere. Il 20, tocca ad Anselmi. Mentana non è più tornato in video. Anselmi e Mieli non fanno più i giornalisti. Hanno davvero cambiato mestiere.
Il quarto indizio contro Berlusconi è concreto, diretto e recente. Quando non può licenziare o far licenziare i giornalisti che hanno rispetto di se stessi, Quello-Che-Comanda-Tutto organizza contro di loro intimidazioni: trascina in tribunale Repubblica colpevole di avergli proposto dieci domande e l'Unità per gli editoriali - quindi, per le opinioni - che pubblica. O dispone selvagge aggressioni. È il responsabile politico dell'assassino morale di Boffo preparato da Brighella. La maschera salmodiante combina campagne di denigrazione contro l'editore e il direttore di questo giornale. Poi l'editore-premier - come utilizzatore finale - si incarica di far esplodere quelle calunnie con pubbliche dichiarazioni rilanciate al tiggì della sera dall'obbediente Minzolini, che tace su tutto il resto.
Questa è la scena del delitto perfetto della realtà e del giornalismo. Sono in piena luce gli assassinii, gli assassinati, gli uccisori, il mandante. Vi si scorge anche un coro soi-disant neutrale. Vi fanno parte politici di prima e seconda fila che dicono: basta, torniamo alla realtà dei problemi del Paese. È proprio vero che "la pratica del potere ispessisce le cotenne". Queste teste gloriose, soffocate nella propria autoreferenzialità, non comprendono che è appunto questa la posta in gioco: la possibilità stessa di portare alla luce la realtà, di evitarne la distruzione, di raccontarla; di non fare incerta la distinzione tra reale e fittizio come Berlusconi pretende dai giornalisti anche a costo di annientare chi non accetta di farsi complice o disciplinato. Il dominio di Quello-Che-Comanda-Tutto passa, oggi e prima di ogni altra cosa, da questa porta. La volontà di tanti giornalisti "normali" che chiedono soltanto di fare il proprio lavoro con onestà e dignità ne esce umiliata. La loro inazione oggi non ha più una ragion d'essere di fronte alla brutalità dei "delitti" che abbiamo sotto gli occhi. La prudenza che induce tanti, troppi a decidere che qualsiasi azione o reazione sia impossibile, non li salverà. Il conformismo non li proteggerà. Il mandante dei delitti è un proprietario che conosce soltanto dipendenti docili e fedeli. Se non lo sei, ti bracca, ti sbrana, ti digerisce. :shock: :shock:

#833
Le donne? Devono soffrire
Il presidente Gasparri è tornato in tv. Sì, perché pure lui è presidente, del gruppo Pdl al Senato. Del resto, ormai, le cariche non si negano neanche alle escort, magari per farle tacere. Invece Gasparri lo hanno eletto per farlo parlare. Così ieri è tornato in tv per dire la sua sulla pillola Ru486, che, secondo lui, violerebbe la legge sull’aborto. Si tratta di uno dei cosiddetti ‘temi sensibili’ e, quando si parla di sensibilità, Gasparri è in prima linea, con tanto di elmetto e bazooka. Per questo ha iniziato come fascista ed è finito tra i berluscones di stretta osservanza, avendo anche firmato la legge che premia il conflitto d’interessi del premier. Legge che poi Berlusconi, con le nomine Rai, ha pure trasgredito. Ma Gasparri non se l’è presa: a lui preme di più difendere l’aborto da chi vorrebbe farlo diventare magari meno doloroso per le donne. Perché le donne devono soffrire, come vuole il capo, che ha querelato tutte noi de l’Unità.
:shock:

#834
Oggi mi sacrifico per lui, tre milioni sono tanti (L'UNITA')
:lol: :lol: Berlusconi ha chiesto alle donne dell’Unità tre milioni di euro. E chi ce li ha?! Siamo giornaliste, non siamo mica Vittorio Feltri. Il solo modo che un giornalista ha di guadagnare tutti quei soldi è mettere la sua penna al servizio di Berlusconi. Bisogna che qualcuna di noi si sacrifichi. lo faccio io: «Berlusconi ha fatto bene a querelare l’Unità! Bisogna essere in malafede per pensare che un ultrasettantenne operato alla prostata, un uomo che si fa trapiantare i capelli perché non accetta di diventare calvo, sia diventato impotente e abbia bisogno dei farmaci per ritrovare la virilità! Bisogna essere proprio comunisti come l’anticomunista Paolo Guzzanti per pensare che Maria Stella Gelmini, una che ha dato l’esame da avvocato a Reggio Calabria perché lì era più facile, sia diventata ministro dell’Istruzione non per il suo percorso accademico ma in cambio di prestazioni sessuali! Bisogna essere proprio comunisti come l’anticomunista Paolo Guzzanti per pensare che un’ex valletta come Mara Carfagna, una che ha dichiarato che gli omosessuali sono costituzionalmente sterili e che il requisito per volersi bene è poter procreare, sia diventata Ministro delle Pari Opportunità non per il suo impegno civile al fianco delle minoranze ma in cambio di prestazioni sessuali! Mi direte che non è intervenuta per condannare il lancio di bombe-carta contro i gay. Non è vero: scriverà un calendario. E come si fa a dire che Berlusconi ha tralasciato gli impegni internazionali per incontrare la D’Addario? L’Unità, con le sue ricostruzioni palesemente inverosimili, ha obbligato Berlusconi a un gesto estremo e doloroso: querelare dei colleghi! Lui, che è un grande giornalista: Clark Kant, redattore del Daily Planet, quotidiano di Metropolis. Lui che si strappa la camicia nel bagno della redazione per trasformarsi in Superman e combattere contro il suo acerrimo nemico Lex Luthor, più noto come Lex, più noto come Legge».
Come sono andata? :lol: :lol:

#835
:lol: :lol: Le comiche cause di GHEDINI...
Ghedini: il Cavaliere spiegherà
che non è impotente
Il legale di Berlusconi: la controparte dimostri il contrario. Frasi che offendono, per questo vogliamo andare in Tribunale
ROMA — «Senta, scusi: ma se io ora dicessi che lei è un gran porco? Eh? Un gran porco e, per giunta, impotente? E lo dicessi a tutti gli italiani? Mi risponda sinceramente: si arrabbierebbe o no?».
Avvocato Ghedini, è libero di dire ciò che vuole. Per altro, io sono un cronista del Corriere, non sono il premier di questo Paese.
«Guardi, mi creda: stavolta ci siamo mossi per una pura questione di principio. Un giornale, vale a dire l'Unità, non può scrivere che una persona è impotente, è un maiale, senza aspettarsi che poi la persona accusata si dispiaccia, e reagisca».
(Niccolò Ghedini, deputato della Repubblica per il Pdl e avvocato personale di Silvio Berlusconi è, come sempre, rapido, con soprassalti di insospettabile ironia).

Va bene, lei dice che chiedete due milioni di risarcimento danni all'Unità per una questione di principio: solo che ora tutti, e non solo noi, ma anche Libero e il Giornale, siamo qui, ancora costretti a parlare di certi presunti problemi sessuali del Cavaliere. «È stata l'Unità a tirar fuori i problemi di erezione di Berlusconi».

Ma perché, ce li ha? «Cosaaa? Scherza?».

Comunque, l'opinione pubblica, tornata dalle vacanze, quasi se ne era dimenticata. Ora invece con la vostra azione legale... «L'Unità ha passato il limite. L'avvocato Fabio Lepri, citando gli articoli, è piuttosto preciso...».

Molto. Riportando il contenuto di alcuni articoli scrive che «si spazia da "rapporti anali non graditi", a "ore e ore di tormenti in attesa di una erezione che non fa capolino"». «Sì, sono queste alcune delle frasi che offendono il premier».

Avvocato, scusi la brutalità: ma in aula il punto sarà fisico, e non politico. «Può essere più chiaro?».

Bisognerà accertare se Berlusconi è potente, come lui lascia intendere quasi ad ogni comizio, o impotente. «Ho capito. Vuol sapere se noi dovremo fornire prove? No, noi assolutamente no. La controparte, semmai, se crede...».

Ci sono così tante ragazze che dicono di aver frequentato Villa Certosa e Palazzo Grazioli... «Vedremo. Vedremo in aula cosa riusciranno a dimostrare».


In aula ci sarà Berlusconi? «Se il giudice lo riterrà opportuno, sì. Il rito civile, di fatto, non impone la sua presenza».

Ma poniamo che il giudice voglia ascoltarlo: Berlusconi dovrà spiegare se, davvero, come scritto dal direttore dell'Unità, Concita De Gregorio, che riporta una frase della comica Luciana Littizzetto, «egli pratichi iniezioni nel corpo cavernoso che trasformano in una stecca da biliardo...». «Vedo che anche lei è piuttosto affascinato da queste immaginarie iniezioni sul... eh?».

Su questo argomento avete chiesto due milioni di euro di danni a un giornale. Un po' di curiosità, ammetterà, è legittima. «Mah... comunque, se è questo che vuol sapere, Berlusconi è pronto ad andare in aula a spiegare che non solo non è un gran porco, ma nemmeno impotente».

Va bene, ha risposto a tutte le domande. Ma io, se permette, insisto: davvero è convinto che questa citazione per danni sia stata una buona mossa? «Vede, non tutto è frutto di astuzia politica. Ci sono anche mosse dettate dal puntiglio, dall'orgoglio. E perché mai, mi risponda lei, allora, perché mai Berlusconi non dovrebbe poter spiegare a venti milioni di italiani, suoi affezionati elettori, che è perfettamente funzionante?». :shock: :shock:
Fabrizio Roncone

#836
:lol:
Perchè non caccia l’avvocato Ghedini?(GAD LERNER)
Giovedì, 18 Giugno 2009
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L’”utilizzatore finale” delle signorine a pagamento trasportate nei suoi palazzi dovrebbe licenziare oggi stesso Nicolò Ghedini, avvocato che lui ha fatto nominare pure in Parlamento, come già Caligola con il suo cavallo.Oggi glielo consiglia pure Giuliano Ferrara: “Il Foglio” parla di 24 luglio, di comportamenti indifendibili, e spiega al suo amato Cav che sia pure in termini giuridici è proibito usare quel linguaggio sprezzante nei confronti di una donna. Mi fa piacere che l’elefantino scopra, tardivamente, l’importanza del linguaggio (misogino, razzista schiavistico, mercantile, idiota?), nel mentre constata la crisi di una leadership. Mentre da Parigi lo conferma un altro noto “sinistro” complice del complotto contro il signore d’Italia. Mi riferisco a Jacques Chirac, con il quale Berlusconi si vantò delle sue conquiste di carta.
L’ho scritto in tempi non sospetti e lo confermo oggi: saranno le donne a seppellire l’onore e la credibilità di Berlusconi (anche se ciò non comporta alcuna svolta a sinistra del quadro politico, sia ben chiaro). Ma nel frattempo, se il poverino vuole imbastire una qualche difesa cui senz’altro ha diritto, perchè non fa l’unica cosa giusta? Perchè non caccia quel Ghedini, possibilmente anche da deputato già che c’è.

#837
Niccolò Ghedini


di Luca LENA

Nell’estenuante conflitto tra chi ritiene i fatti privati alieni da qualsivoglia sovrapposizione pubblica e chi invece assecondi una confluenza inevitabile tra le due correnti, l’ambientazione politica è probabilmente il palcoscenico più affamato di verità in questo senso. Le verità che si trasformano in moralismi di bassa lega, che in realtà proteggono vizi e abitudini poco avvezzi alla figura del cosiddetto buon padre di famiglia. Ed è qui che gli scandali sessuali di Berlusconi tentano disperatamente di trovare una valvola di sfogo nella duplice visione etica e giuridica. Proprio come ricorda in questi giorni la figlia Barbara, ribadendo l’impossibilità per i politici di distinguere tra il pubblico ed il privato. La delicata biforcazione contestuale sembra essere stata consegnata tra le mani dell’avvocato Niccolò Ghedini. Lo scudiero dalla saggezza spietata e partigiana, promosso politico per disperdere in petali le carte penali ai piedi del Cavaliere, onorando il ruolo non certo verso un semplice assistito, bensì in favore di un amico intimo verso cui prodigarsi incondizionatamente. Perché in fin di conti i più stretti collaboratori del Presidente del Consiglio hanno in comune una vicinanza umana che anticipa qualsiasi contributo professionale. Così come Bondi, Ghedini è uno dei pochi prescelti a circumnavigare le residenze del Cavaliere ed a meritare la confidenza necessaria per considerarsi nella cerchia familiare di Berlusconi. Un po’ come lo stalliere di Arcore o il cantastorie Apicella. Ma a differenza di altri intoccabili della scuderia governativa, Ghedini non ama gingillarsi tra le mura del castello, limitandosi alle frequenti elegie di stima verso il padrone. L’avvocato-politico è ormai l’esploratore effigiato dal PDL nella strenua difesa delle proprie roccaforti. Un mandriano spedito in avanscoperta, protetto dai velli innocui del proprio gregge, mimetizzato tra le coltri scialbe della cultura politica, ma pronto a svelarsi nella rettitudine alabardata del politico, che innalza il sigillo di appartenenza, chiamato a nascondere dietro gli scudi l’onore e la dignità del feudatario padrone. Così è facile scorgerlo tra le scomode poltrone di talk-show politici, impassibile nei silenzi denigratori, malcelati dalle mezze lune di occhi esausti nella piena consapevolezza della propria ragione. Una ragione mai intercambiabile se non con acrobatiche rettifiche che, smentendo la frase precedente, ammettano una verità ulteriore utile a scardinare l’intero impianto iniziale. Nella dialettica di Ghedini, insomma, il lavoro di preparazione è fondamentale. Dietro le carte, dietro ai numeri, dietro ai fatti, si nasconde la profanazione di ogni libera interpretazione personale, suggellata da una capacità oratoria sempre più convincente al salire del tono e della rapidità di esposizione. Come dire: la verità è l’ovvietà più semplice; che poi lasci strada a facili antinomie o vacue contraddizioni non è così importante finché dalla parte opposta non c’è qualcuno che se ne accorga e non ribatta per le rime. Irrinunciabile il riferimento al fotografo Zappadu: “Non è casuale che il suo avvocato sia eurodeputato dell’IDV. Una doppia veste di politico e avvocato che non si dovrebbe confondere”. In fin dei conti la verità non è più oggettiva, ma semplicemente di chi ne sa ricostruire una versione migliore con il materiale grezzo delle parole. E Ghedini in questo è maestro. Con le parole si può ricostruire un tema, quasi se ne santifica la logica ancor prima di stabilirne la veridicità. Più arzigogolata apparirà la realtà da ingarbugliare, più il sofisma sfiorerà l’empireo. Inoltre la sua fisicità oblunga, supportata da tratti caratteriali che in molti, scherzosamente, riconducono ad un cartone animato, le fisime negli approcci, nella gestualità e le ripetizioni nell’uso di alcuni celebri intercalari, ne hanno fatto un personaggio appetibile per le più svariate parodie anche se, paradossalmente, sarebbe difficile riuscire a storpiare l’eccesso caricaturale che Ghedini mostra di possedere innatamente. Oltre le peculiarità politiche e le assorbite attitudini forensi, oggi l’avvocato di Berlusconi nasconde la coattiva propensione a difendere più se stesso che il suo principale cliente. Deve aver sudato freddo quando il Lodo Alfano si è imposto tra lui e le floride mensilità che d’un tratto ha visto sfaldarsi di fronte alla promulgazione di un concorrente che otteneva i suoi stessi risultati senza neanche un’arringa. Lui un po’ sconcertato, ma senza voler tradire uno sgomento incipiente, si è affrettato a mettere le mani avanti: “Anche senza il Lodo Alfano vinceremmo comunque in aula”. Lasciandosi poi andare ad uno di quei brevi ed insoliti sorrisi che scaturiscono in realtà dallo sforzo di averne dovuto accennare uno. Berlusconi deve aver intuito lo sconcerto dissimulato dell’avvocato, ed è in quel periodo che ha ampliato il suo raggio d’azione fino agli studi televisivi, scoprendolo fervido battagliero a fianco di navigati politici. Ma d’altronde Ghedini può forgiarsi del distintivo a due facce: da un lato politico, dall’altro avvocato, presentandosi nella duplice veste che garantisce il fazioso orgoglio del parlamentare e le impassibili contorsioni dell’arte retorica. Così quando ha dovuto esporsi sulla vicenda D’Addario, il siparietto iniziale con l’immancabile negazione dei fatti ha retto per un po’ di tempo, in breve rimpiazzato da una smentita mascherata dall’eventualità, dall’ipotesi a cui si concede una stilla di veridicità, come volendosi prostrare di fronte al dubbio con l’amara ironia di chi sente sfuggire la sicurezza iniziale. Ed il lavoro è divenuto ancor più faticoso nel momento in cui celare l’accaduto sarebbe stato più deleterio che immolarsi in un ulteriore gioco di parole. E’ qui che l’amico fidato Ghedini ha commesso un passo falso, proclamando Berlusconi “utilizzatore finale”, nell’improvvido tentativo di dimostrarne la buonafede. Ma il Cavaliere ha compreso l’errore di gioventù, lo stesso che si commette per troppo affetto e stima, quando il doveroso obbligo ci chiama a metter da parte ogni altra valutazione accessoria. E di certo Ghedini non crollerà su defaillance come questa. Ligio e prono ad asservire il Cavaliere non dimentica la propria indipendenza professionale, ed è questo che più lo distingue dagli altri berluscones. La serietà zelante, a tratti astiosa e fortemente polemica, si scaglia soprattutto con chi mette in dubbio la moralità nell’essere avvocato e deputato allo stesso tempo. La strenua difesa al Presidente del Consiglio sembra sia la causa e l’effetto di un ruolo che non potrebbe resistere se non scegliesse di rappresentarsi con amichevole distacco in ogni sua determinazione professionale. Un artista alla corte del mecenate, insomma, invischiato tra il mellifluo piacere di lavorare per un amico e la mercenaria devianza del proprio lavoro.
LUCA LENA

#838
“No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere…”.

partigiano Giacomo Ulivi, da: ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza italiana

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venerdì 7 agosto 2009
Sesso e Berlusconi: due ministre intercettate, Ghedini querela il Nouvel Obs.Dopo il blog di Guzzanti di ieri,nuove polemiche sulle "bimbe"del premier

da ilsalvagente.it


Povero avvocato Ghedini. Per lui non c'è un attimo di tregua neppure in agosto. Ora deve rincorrere ogni giorno anche la stampa internazionale che continua a riferire sulle vicende di Berlusconi molto di più di quanto non facciano i media di casa nostra.

L'ultimo destinatario delle querele minacciate dall'avvocato parlamentare del Pdl è il Nouvel Observateur, a cui si contesta di aver riferito delle intercettazioni tra due ministre del governo Berlusconi, considerate le sue "bimbe", che sarebbero piene di riferimenti alle abitudini sessuali del premier.

L'avvocato Ghedini (che minaccia una nuova querela anche a Repubblica, rea di aver riportato quanto scritto dal giornale francese) nega l'esistenza di queste intercettazioni e quindi il fondamento stesso della notizia.

Sul sito del settimanale francese, in cui appare il "lancio" dell'inchiesta oggi in edicola in Francia, non si fanno nomi, mentre c'è un riferimento, invece, alla "mafia russa".

Da notare che il Nouvel Observateur non è un settimanale scandalistico, ma una pubblicazione decisamente compassata.

Il comunicato dell'avvocato Ghedini

"Le notizie apparse quest'oggi sul Nouvel Observateur, puntualmente riprese da Repubblica, riguardanti il contenuto di alcune asserite intercettazioni telefoniche, sono totalmente destituite di fondamento e palesemente diffamatorie": sostiene l'indaffaratissimo avvocato di Berlusconi in un comunicato. "Mai intercettazioni siffatte sono esistite, come a suo tempo fu chiaramente dichiarato dalla competente autorità giudiziaria. Sia per tali infondate notizie, sia per tutte le considerazioni correlate, saranno immediatamente esperite tutte le più opportune azioni giudiziarie nei confronti di tali giornali e anche nei confronti di coloro che le riprenderanno".

Intercettazioni "bruciate" a Roma

Ma le cose, per chi da mesi segue con attenzione la vicenda, potrebbero stare diversamente. Se è vero, infatti, che queste intercettazioni al momento non esistono, potrebbero esserci state tra quelle di cui la Procura di Roma ha deciso, pochi mesi fa, la distruzione, perché ininfluenti ai fini dell'indagine in corso, dopo che erano state raccolte dai giudici di Napoli nell'ambito dell'inchiesta su Raifiction e sulle richieste di Berlusconi a Saccà per far inserire nei cast questa o quella bellezza a lui cara.

Non si esclude, comunque, che - sebbene ufficialmente "bruciate" - le trascrizioni di queste intercettazioni possano essere state lette e conservate gelosamente, anche se il loro uso - dopo la decisione dei giudici di Roma - è illegale.

C'è poi un'altra imprecisione evidente per chi ha seguito le cronache. All'epoca in cui sarebbero avvenute queste intercettazioni, le interessate non ricoprivano l'incarico di ministre della Repubblica italiana, ma erano ancora impegnate nella loro scalata ai vertici del potere e cercavano di sbarrare la strada - a quanto si è già letto sui giornali italiani prima che scattassero i "divieti" - a una loro concorrente, molto temibile perché all'epoca stava decisamente a cuore al presidente del Consiglio.

Il blog di Paolo Guzzanti da ieri in tilt

Paolo Guzzanti torna all'attacco di Berlusconi. L'ex esponente del Pdl ora parlamentare del Pli, famoso per aver definito l'Italia una "mignottocrazia" e per aver diretto la commissione Motrokhin, nel suo blog (che ben presto si è bloccato per il grandissimo numero di accessi) interviene sui comportamenti sessuali del premier e del suo rapporto con le donne. "Ho lasciato Berlusconi anche per il suo atteggiamento puttaniero di disprezzo per le donne, tutte le donne, essendo un gran po... e una persona che ha corrotto la femminilità italiana schiudendo carriere impensabili a ragazze carine che hanno imparato solo quanto sia importante darla alla persona giusta al momento giusto, sollecitate in questo anche dalle madri, quando necessario. Quest'uomo ai miei occhi corrompe la gioventù e mina le basi della società minando il rispetto nei confronti della donna".

Le intercettazioni "bloccate" da Napolitano

Non solo. La parte più interessante del post di Paolo Guzzanti arriva quando il parlamentare si mette a elencare dei particolari mai usciti fin oggi, letti nelle trascrizioni - secondo Guzzanti bloccate dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - di alcune intercettazioni telefoniche mai uscite sui giornali, ma che invece più di qualche esponente del Pdl conosce: "Ci sono voci, che io ho potuto verificare come purtroppo attendibili, secondo cui un famoso direttore ha mostrato e fatto leggere a un numero imprecisato di persone i verbali che tutti i direttori di giornale hanno, ma che avrebbero deciso di non usare su sollecitazione del Presidente Napolitano. Si tratta di trascrizioni da intercettazioni avvenute nell'ambito dell'inchiesta di Napoli e poi fatte distruggere da Roma, in cui persone che ora ricoprono cariche altissime si raccontano fra di loro cose terribili che la decenza e la carità di patria mi proibiscono di scrivere, anche se purtroppo sono sulla bocca di coloro che hanno letto i verbali. Io ne conosco almeno tre. Dunque io non ho molti dubbi su quanto è accaduto ed accade".

Rapporti anali non graditi, erezioni mai arrivate...

Ma cosa ci sarà di tanto scabroso in queste intercettazioni? Qualcosa Guzzanti la svela: "Le cose che mi sono state raccontate da più fonti sono assolutamente disgustose: rapporti anali non graditi, ore e ore di tormenti in attesa di una erezione che non fa capolino, discussioni sul prossimo set, consigli fra donne su come abbreviare i tormenti di una permanenza orizzontale pagata come pedaggio".

Guzzanti è pronto a parlarne alla magistratura

E ce n'è anche di più. Perché l'ex vicedirettore del Il Giornale è pronto anche a parlare dei contenuti di queste intercettazioni con la magistratura: "Il giorno in cui un magistrato, lette queste mie parole, volesse interrogarmi per sapere da chi ho avuto queste relazioni e chi fosse il giornalista che ha fornito il materiale in lettura, farei il mio dovere e farei i nomi".

Il Quirinale: nessun intervento sui giornali

Le dichiarazioni di Guzzanti sono diventate, col passar delle ore, il caso del giorno: è interviene perfino il Quirinale. "E' assolutamente priva di fondamento l'insinuazione, riferita dal sen. Paolo Guzzanti, secondo la quale il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, avrebbe sollecitato non si sa quali direttori di giornali a non pubblicare taluni atti giudiziari che sarebbero in loro possesso".

E Guzzanti accoglie la smentita con "rispetto e piacere".

Ultimo aggiornamento: 06/08/09

#839
DAL BLOG DI VITTORIO ZUCCONI:


Il dissociato

SB si dissocia dagli attacchi del Giornale a Boffo e ora si dissocia dall’attacco a Fini. Mentre la moglie di dissocia da lui, attraverso il divorzio, lui si dissocia dal fratello che e’ l’editore del Giornale, mica lui per carita’, e si dissocia da un direttore, il Feltri, che sostiene di non avere scelto lui. Ma allora da che cosa si dissocia se il Giornale non e’ suo e questo direttore Vinavil attaccatutto non lo ha voluto lui? Mi gira la testa e vedo doppio. Forse prende gli italiani per dissociati mentali.
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Questo è il nostro segreto profondo: il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio. <3

#840
Tarantini ha parlato ........

Appare sempre più evidente che siamo nelle mani di un soggetto "che non sta bene" ....... che addirittura cancella impegni istituzionali ... al fine di "presenziare" in ben altre manifestazioni private.

Sono proprio curioso di quante "belle ed affascinanti" verranno ad essere candidate in occasione delle prossime regionali ......

In ogni caso è bene verificare che i ministre Carfagna, Gelmini, e Brambilla svolgono con competenza ed onore il proprio compito istuituzionale ...... del resto .... la carica di ministro .... se la sono proprio guadagnata!