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#2086
Editoriale di Repubblica di oggi

Il dovere di un giornale - di EZIO MAURO

Servono due parole per rispondere all'onorevole Cicchitto, che scambiando l'aula di Montecitorio per un bivacco piduista si è permesso di accostare il nome di Repubblica a quello dell'aggressore di Berlusconi in piazza Duomo.

Il presidente Napolitano aveva appena invitato tutti, davanti alla gravità dell'episodio di Milano, a fermare la pericolosa esasperazione della polemica politica. E Berlusconi aveva ricevuto la solidarietà di amici e avversari - da Fini a Casini a Bersani, a Repubblica naturalmente - nella condanna senza riserve, da posizioni che sono e restano diverse, di un gesto folle e criminale.

Ieri Cicchitto si è incaricato di ripristinare immediatamente il clima di guerra, senza il quale l'anima più ideologica e rivoluzionaria (nel senso di Licio Gelli, non di Mussolini) della destra non riesce a sopravvivere e ad esprimersi. Per lui, la mano dell'aggressore di Berlusconi "è stata armata da una spietata campagna di odio, il cui obiettivo è il rovesciamento di un legittimo risultato elettorale". A condurre questa campagna secondo Cicchitto è il network dell'odio composto dal gruppo Repubblica-Espresso, dal Fatto, da Santoro, da Travaglio (definito in Parlamento "terrorista mediatico") dal partito di Di Pietro e dai pubblici ministeri che indagano su Berlusconi.
Poche ore dopo Cicchitto insieme con la Lega e con Tremonti è partito all'assalto del presidente della Camera Fini, che si era permesso di definire la scelta del governo di porre la fiducia sulla legge finanziaria certo legittima, ma "deprecabile" perché impedisce all'aula di esprimersi sulla manovra. Anche il ministro Bondi si è immediatamente accodato all'attacco pubblico a Fini. Chi critica il governo, chi manifesta un'opinione non conforme, sui giornali, in Parlamento o in televisione, diventa un nemico del Paese, un avversario della sovranità popolare, un fomentatore d'odio, e arma fisicamente la mano degli aggressori.

Cicchitto invece è un uomo delle istituzioni. Non sa concepire una via repubblicana al berlusconismo, una declinazione costituzionale del potere, una fisiologia democratica del rapporto tra governo e contropoteri, che preveda un confronto anche duro con l'opposizione e con la stampa. Non conosce il concetto laico di pubblica opinione, solo la raffigurazione mistica del popolo che soppianta i cittadini, con la sacralità e il sacrilegio dei sentimenti contrapposti di amore e odio che prendono il posto del consenso e del dissenso, categorie politiche dell'Occidente, ma non dell'Italia berlusconiana.
A questo avvelenatore di pozzi, piccolo imprenditore dell'odio ideologico che attribuisce ad altri, dobbiamo soltanto ricordare quel che abbiamo scritto domenica sera, quando uno squilibrato ha colpito il presidente del Consiglio: nel discorso pubblico democratico la piena libertà di Berlusconi di dispiegare le sue politiche e le sue idee (che difendiamo senza riserve da ogni assalto violento) coincide con la nostra piena libertà di criticarlo. Lo abbiamo fatto davanti alle sue contraddizioni negli scandali estivi, davanti alle sue menzogne chiedendogliene conto ogni giorno, davanti agli attacchi al nostro giornale e ai grandi media stranieri, davanti agli insulti alla Consulta e al Quirinale, davanti al progetto di squilibrare la Costituzione sovraordinando il suo potere per liberarsi dagli istituti di garanzia. Cicchitto si rassicuri. Lo rifaremo, appena le forzature ripartiranno, com'è inevitabile visto che servono a sfuggire i giudici e la giustizia.

Chi scambia la critica per odio e il lavoro giornalistico per violenza è soltanto un irresponsabile antidemocratico, mimetizzato dietro la connivenza di chi tacendo acconsente. Chi poi vuole usare la debolezza momentanea di Berlusconi colpito al volto e la solidarietà repubblicana che è arrivata al leader per trarne un miserabile vantaggio politico, non merita nemmeno una risposta. Stringere la mano al Premier ferito è doveroso, condannare l'aggressione è obbligatorio, far passare le leggi ad personam è impossibile. Tutto qui. Le mozioni vanno distinte dalle emozioni. Il populismo non può pensare che uno choc emotivo centrifughi tutto, il diritto, la costituzionalità, i doveri dell'opposizione.

Se Cicchitto pensa che questo momento delicato della vita repubblicana possa imbavagliare Repubblica, annacquando il suo giornalismo, si sbaglia. Il Paese, soprattutto nei momenti di confusione, si serve facendo ognuno la sua parte. La nostra è quella di informare: soprattutto degli abusi del potere, nell'interesse dei cittadini.
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#2087
Il machete della Gelmini (Maria Novella Oppo- Unità)
Pensando come pensiamo che nella scuola si decida il futuro del Paese, ci fa veramente paura sentire con quale pochezza di argomentazioni la ministra Gelmini (ospite a Ballarò) sia capace di spiegare la sua cosiddetta riforma. La signora si limita a tagliare col machete le classi, gli istituti e i posti di lavoro, come se il suo unico scopo fosse la demolizione dell’esistente. Comprese la teoria e la pratica del dibattito democratico. Ma, quanto a pochezza, non se la cava male neanche il ministro degli Interni Maroni, che, nella stessa serata di martedì, era ospite invece a Matrix, dove avrebbe dovuto spiegare agli italiani come sia stata possibile un’aggressione così ravvicinata al capo del governo. Invece Maroni ha continuato a dirsi soddisfatto della protezione assicurata a Berlusconi. Confermando così che il mandato affidatogli dalla Lega (l’unico che sia in grado di assolvere) è quello di persecutore di bimbi rom.
17 dicembre 2009
:shock: :shock: :shock: già perchè nessuno chiede la "testa" di Maroni (id est le dimissioni), visto che neanche la sicurezza del premier è garantita...
omnia munda mundis

#2088
I finiani possono far cadere il governo
Il diciassette fa paura al governo, non per scaramanzia ma perché è esattamente il numero dei (pochi) voti in più presi ieri sulla fiducia per la Finanziaria rispetto ai 290 necessari. Non proprio il massimo per una maggioranza che voleva far sentire al Cavaliere convalescente tutta la sua vicinanza. Certo mancavano lui e il suo portavoce Bonaiuti, costretto da giorni ad alternarsi tra un albergo popolare di Milano e il presidio tv al San Raffaele. Altre assenze le hanno provocate Tremonti e il suo fido collaboratore Vegas che hanno seguito la manovra senza curarsi dei parlamentari di maggioranza. Ma nei numeri da brivido registrati alla Camera c’è un di più tutto politico che al governo fa molto più paura delle relative capacità di un viceministro capace di dire solo dei no dando la colpa a Tremonti. Un di più che ha le sembianze del gruppo facente capo a Gianfranco Fini e che è considerato dai cosiddetti berluscones un partito nel partito. Ieri prima La Russa e poi lo stesso presidente delle Camera hanno smentito in tutti i modi l’ipotesi che possa nascere un gruppo parlamentare che si distacchi dal Pdl. Ma nel partito l’azione politica dei finiani fa comunque paura a chi, potendone osservare l’azione da vicino nell’ufficio di presidenza di Montecitorio, ha già fatto i conti in tasca all’ex leader di An, arrivando ad attribuirgli nella peggiore delle ipotesi non meno di 25 deputati. In base ai numeri di ieri si tratta di una forza in grado di far cadere il governo come e quando vuole. Un conto che persino i berluscones meno razionali hanno dovuto imparare a fare da quando, dopo il fuori onda pescarese, hanno provato a sfiduciare il presidente della Camera. Fu allora che emerse chiaramente come intorno a Fini si fosse di fatto riunita una maggioranza alternativa costituita dalla intera opposizione più i deputati a lui vicini nel Pdl. Un arco di forze cui Casini qualche giorno dopo ha dato il nome di cartello antiberlusconiano e che si è manifestato plasticamente martedì nell’applauso che l’Aula di Montecitorio ha tributato a Fini dopo il suo intervento contro il ricorso alla fiducia. Uno schieramento che conta anche l’Mpa, non presente ieri all’appuntamento con la fiducia sull’onda di quanto accade nella Sicilia del governatore Lombardo, dove la maggioranza alternativa a quella di centro destra è già quasi una realtà. 17 dicembre 2009
UNITA'
omnia munda mundis

#2089
L'assalto ai giornalisti di Giuseppe D'Avanzo, da La Repubblica di oggi

NEMMENO il più ostinato pessimismo poteva attendersi che sarebbe durato un sol giorno lo sbigottimento e il dolore per il volto insanguinato di Silvio Berlusconi. Poche ore per sbarazzarsi, come di un ostacolo ingombrante, di ogni solidarietà umana, pensiero autocritico, reciproco invito a evitare il dissolversi di ogni legame comunitario, ad accettare una responsabilità collettiva in ordine alla promozione del bene comune.

Il volto di Berlusconi, contorto dalla sofferenza inflittagli dalla violenza di un matto, avrebbe potuto (e dovuto) sollecitare ciascuno di noi a sentirsi communis, "colui che condivide un carico", e tutti noi communitas allegata da un dovere, da un debito, dalla promessa di un reciproco dono (munus) che nessuno può tenere per sé. Quando è durato quest'incanto? Dieci ore, quindici? Appena i luoghi pubblici (il Parlamento, i talk-show televisivi) si sono riaperti, è ritornata la notte abitata dallo spirito di intolleranza, esclusione, violenza che appaiono il segno distintivo di questa cultura di governo. Chi ha armato la mano del matto? Chi è il mandante? Di chi è la colpa? E quindi chi deve essere sorvegliato, punito, imbavagliato, espulso? Quali sono i giornali, i giornalisti, i social network che devono ammutolirsi? Quali regole e controlli dare alle manifestazioni pubbliche? Quali sono i "padri" di quella "cultura responsabile del clima d'odio" da mettere all'indice (e c'è chi già elenca, incauto: Gobetti, Bobbio, Gramsci, Dossetti)?

Sono domande che ripropongono con un'eco funesta "una lotta politica recitata come una parodia dell'eterna guerra civile". Esaltato da un rancore cieco, da un'inimicizia assoluta e irreparabile, il coro berlusconiano - animato in Parlamento da Fabrizio Cicchitto e, in Rai, da Bruno Vespa - elimina ogni differenza tra la critica legittima e l'aggressione violenta, tra il disaccordo ragionato e la destabilizzazione. Trasforma l'avversario politico in un criminale, il dissenziente in un terrorista. Il mestiere d'informare di Repubblica diventa "disegno eversivo", minaccia per il legittimo governo del Paese, un intero gruppo editoriale - il nostro - agenzia ostile all'interesse nazionale, più o meno un'association politico-criminelle.

I toni, gli argomenti che si ascoltano hanno molto in comune a una caccia alle streghe. Chiunque in questi mesi si è sottratto alla nobilitazione dell'esistente, al racconto unidimensionale e autocelebrativo del soggetto centrale unico, detentore della verità e del potere, viene iscritto in una black list. Accade al Gruppo Espresso, al Fatto, a Santoro e ad Annozero, ai pubblici ministeri che hanno avuto la sventura di incontrare sulla loro strada il capo del governo o qualche suo amico. Per tutti si annunciano adeguati castighi.

Si distingue in questo lavoro prepotente Bruno Vespa, dimentico di quanta solidarietà e comprensione abbia circondato il premier. Estrapola, da un lungo ragionamento, una frase di Marco Travaglio e lo indica all'opinione pubblica come il mandante morale della violenza subita da Berlusconi. Con un'ipocrita sfrontatezza lo chiama al telefono, durante la trasmissione, per chiedergli se ha qualcosa da dire in quel processo ingiusto, improvvisato alle spalle di un imputato ignaro e assente, non sostenuto da alcuno dei presenti. È la mossa più barbarica cui si è assistito in queste ore. Il metodo e il giornalismo di Marco Travaglio sono discutibili come quelli di chiunque altro - e qui sono stati discussi con severità - , ma egli è soltanto un giornalista. Non ha alle spalle un partito o un'organizzazione qualsiasi. Non è protetto da una scorta. Può contare soltanto sulla credibilità del suo lavoro, sul consenso che ne ricava tra chi lo legge e lo ascolta. Abbandonarlo così indifeso e solitario al conflitto che divide il Paese, è un'irresponsabilità tanto più grave perché matura da una tribuna che dovrebbe mostrare equilibrio e moderazione, essere l'interprete migliore del monito pacificatorio del presidente della Repubblica.

La violenza e l'intolleranza di queste ore smascherano l'insincerità dei falsi pacificatori e ripropongono il paradigma di una politica che si alimenta non di unità, ma di divisione; non di ordine, ma di disordine. È un dispositivo di governo che giustifica e potenzia se stesso nell'eccitare i conflitti più aggressivi che circolano nella società, tra la società e lo Stato, nello Stato. Lungo queste continue "linee di frattura" che di volta in volta individuano un "nemico" (quanti ne possiamo contare dall'inizio della legislatura, dai "negri", ai "froci", ai "fannulloni"?), si potenzia un progetto politico che pretende di esercitare la sovranità senza limiti, in nome del "potere costituente del popolo", con una "decisione" che lascia indistinto il diritto e l'arbitrio, l'eccezione e la regola. Il pazzo gesto di Massimo Tartaglia, rafforzato dalle emozioni che hanno smosso, appare al coro berlusconiano un'eccellente occasione per rilanciare l'obiettivo di ridurre i poteri plurali e diffusi a vantaggio di una forma politico-istituzionale accentrata nella figura di un premier che può fare a meno di ogni contrappeso, di ogni controllo di garanzia, di ogni soggezione alla legge. La follia di un uomo diventa addirittura l'opportunità per riscrivere il pactum societatis che definisce le condizioni del nostro stare insieme. Non si comprende che cosa c'entri il gesto di un matto con la necessità di una riforma costituzionale. Si comprende benissimo come, in questa metamorfosi della nostra democrazia, l'informazione possa essere un inciampo da rimuovere, un attore da minacciare, un "nemico" da indicare con nome, cognome e società di appartenenza alla vendetta del "popolo sovrano". Già lo si è letto, purtroppo: "In una democrazia non spetta ai giornali giudicare chi governa". Al contrario, noi crediamo che, quale che sia l'idea di democrazia che si ha in testa, tutti i modelli prevedono l'esistenza di uno spazio al quale i cittadini accedono attraverso lo scambio di informazioni e il confronto degli argomenti, per farsi un'opinione delle questioni di interesse generale.
Alimentare di informazioni la sfera pubblica, arricchirla di notizie, ragioni e argomenti è il nostro lavoro. Piaccia o non piaccia al piduista Cicchitto, al servizievole Vespa, al coro che si dice "della libertà", continueremo a farlo.
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#2090
Io sto con Marco Travaglio, dalla parte dei fatti
Contro Marco Travaglio è in atto un'aggressione violenta. A un cenno del capogruppo Pdl alla Camera, il piduista Fabrizio Cicchitto, che nel compilare la lista nera comprendente il Fatto, Santoro e il gruppo Repubblica-Espresso, lo ha definito "terrorista mediatico", subito si è scatenata la canea televisiva. Da Porta a Porta, a Canale 5, a Omnibus il pestaggio di Marco si è sviluppato attraverso la falsificazione e la manipolazione di sue dichiarazioni rese dopo il ferimento di Berlusconi a Milano, in totale assenza di contraddittorio o con interventi tardivi quando ormai la scientifica azione diffamatoria era irrimediabile. I diffamatori e i picchiatori a libro paga sappiano che risponderemo colpo su colpo. A difesa della persona di Marco Travaglio a cui tutti i giornalisti del Fatto ribadiscono la loro più totale e affettuosa solidarietà. A difesa del suo diritto di fare giornalismo. A difesa dell'informazione e della democrazia di questo Paese, mai come oggi messa in pericolo dall'assalto dei nuovi squadristi.

Antonio Padellaro
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... blog=96578
omnia munda mundis

#2091
16 dicembre 2009
Sono del tutto ingiustificati gli allarmi per l’annunciato decreto Maroni contro il dissenso nelle piazze e sulla Rete.
Anzitutto perché il ministro dell’Interno è un noto libertario che detesta le repressioni, anzi ha proprio il dente avvelenato con la Polizia, come si legge nella sentenza della Cassazione che lo condanna a 4 mesi e 20 giorni per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, per aver ingaggiato un parapiglia con gli agenti che nel 1996 perquisivano la sede della Lega Nord.
Il piccolo Bobo finì in ospedale col naso rotto (anche lui), non prima di aver azzannato la caviglia di un poliziotto. Di qui la nomina a ministro dell’Interno, per competenza gastronomica in fatto di polizia.

Ma chi teme una svolta repressiva può stare sereno anche perché abbiamo alla Camera un formidabile difensore della democrazia, furibondo col ministro dell’Interno che vuole limitare "le manifestazioni pubbliche".
Esprime "profonda insoddisfazione per la risposta del ministro" che “potrebbe determinare la chiusura del confronto democratico", "accumula tensione a tensione" e ”provoca un braccio di ferro, un susseguirsi di sfide e controsfide… Non è certo con questi provvedimenti che si affronta la gravità dell’ordine pubblico. Anzi, in questo modo si accentuano gli elementi negativi”.
"Non posso – prosegue il descamisado – non contestare le direttive impartite alle forze dell’ordine: un preventivo attacco contro chiunque si avvicinasse alla piazza, da cui sono derivate aggressioni a cittadini per nulla organizzati né violenti, che a loro volta hanno innescato un meccanismo pericoloso, grave e drammatico...E’ la direttiva alle forze dell’ordine che va nettamente contestata e condannata”.
Il disegno, secondo il nostro tupamaro, è chiaro: "Da parte di ben determinati settori del potere si investono le forze dell’ordine cercando di determinare uno spostamento a destra, un riflusso verso una tendenza al rancore e allo scontro con i manifestanti…Un disegno di provocazione e rottura presente in settori politici della maggioranza" che "ci auguriamo sia solo un errore e non un disegno premeditato del governo. Da un lato è necessario un confronto parlamentare sulla questione e chiediamo il ritiro del decreto; dall’altro le forze democratiche giovanili debbono comprendere a quale pericolo di scontri e a quali trappole sono di fronte" per "sconfiggere il tentativo repressivo… in cui a repressione si aggiunge repressione… per spostare a destra l’opinione pubblica".
Il nostro paladino chiama a raccolta tutte "le forze non violente e democratiche" contro le "procedure del governo che ci lasciano sgomenti", un autentico "tentativo di repressione indiscriminata" che può portare a "situazioni ancor più gravi" e richiede "uno sforzo da parte di un ampio arco di forze democratiche".
E’ in atto – denuncia – "uno sgretolamento dello Stato o un tentativo diretto a cambiare il volto dello stesso Stato uscito dalla resistenza, per edificarne uno che intrecci incapacità, disfacimento e repressione".
A parlare così alla Camera è l’on. Fabrizio Cicchitto.

Purtroppo non ieri, ma il 13 maggio 1977 all’indomani della morte di Giorgiana Masi in una manifestazione radicale non autorizzata dal Viminale. Il governo era l’Andreotti III. Il ministro dell’Interno era Cossiga. E Cicchitto era deputato dell’estrema sinistra socialista, tre anni prima di incappucciarsi chez Licio, tessera P2 numero 2232.
Quando il suo nome fu trovato nelle liste, Fortebraccio immaginò un dialogo fra Lenin e Marx nei Campi Elisi. "Compagno Marx, ti vedo triste e pensoso, che ti è successo?". "Compagno Lenin, ho avuto cattive notizie dalla terra: il compagno Cicchitto non ci vuole più bene".
Ma noi sappiamo che, sotto quel cappuccio, batte sempre il cuore di un sincero democratico. Grazie, compagno Cick, difendici tu.
da Il Fatto Quotidiano del 16 dicembre
omnia munda mundis

#2092
sarà per questo che non sopportano Travaglio?
perchè li mette sempre di fronte alla loro incoerenza??

non a caso la rubrica che aveva su repubblica prima di fondare il Fatto quotidiano si chiamava "Carta Canta".
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Questo è il nostro segreto profondo: il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio. <3

#2093
Il presidente Berlusconi è stato dimesso dall’ospedale ed è tornato ad Arcore. «Il presidente ha dormito bene stanotte, non ha avuto dolori» ha detto il portavoce Bonaiuti spiegando che Berlusconi ha letto «la corposissima rassegna stampa di Palazzo Chigi che, come ogni mattina, gli abbiamo inviato» e che «resta amareggiato per quello che gli è capitato nella sua Milano», dal momento che «lui è milanese fin nel midollo». http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp

e allora??? :shock: :shock: :shock: che vuol dire?? che significa???
se non sbaglio le stragi di civili nella storia repubblicana sono avvenute da Roma in su.....perchè il territorio del Sud è protetto non dalla repubblica, ma dalla malavita organizzata! :wink:
Ultima modifica di kimikalli il 17/12/09 13:21, modificato 1 volta in totale.
omnia munda mundis

#2094
a quanto ho capito andrà in una cliniza in svizzera (per togliere dal volto i segni)

intervento di chirurgia plastica? :wink:
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Questo è il nostro segreto profondo: il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio. <3

#2095
loremir77 ha scritto:a quanto ho capito andrà in una cliniza in svizzera (per togliere dal volto i segni)

intervento di chirurgia plastica? :wink:
speriamo che almeno stavolta diventi più bello! :wink: potrebbe farsi uguale a George...ma i capelli sono il vero problema!
omnia munda mundis

#2096
http://ilnichilista.wordpress.com/2009/ ... -bilancio/
Graviano smentisce Spatuzza: tutte le reazioni e un bilancio.
Un bilancio

Nessuno dei quotidiani riportati cita il documento di cui parla l’11 dicembre Il Fatto Quotidiano, in cui Peter Gomez e Marco Lillo fanno riferimento a telefonate tra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri “nelle quali si parlava di affari “consistenti” in Lombardia e Sardegna”, di trasferimenti di ingenti capitali tra i due tramite Fulvio Lima, di un incontro al ristorante L’Assassino di Milano e altro.
Nessuno dei quotidiani riportati fa inoltre riferimento alla condanna di primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa inflitta a Dell’Utri, secondo cui i rapporti tra il senatore e i Graviano erano “accertati“. Qui lo speciale del Fatto con una riduzione della sentenza.
A questo modo, le parole di Graviano sono state spacciate, mediaticamente, per una assoluzione in toto di Dell’Utri, come se tutto il resto dei documenti processuali non fosse mai esistito.
Da ultimo, nessuno dei quotidiani filogovernativi (contrariamente a La Stampa, ad esempio) ha menzionato il diverso modo che ha la giurisprudenza di trattare la dichiarazione di un pentito (come Gaspare Spatuzza) e quella di un non pentito (come Filippo Graviano). Senza contare il fatto che mentre le parole del primo sono state bollate da entrambi Libero e Il Giornale come “minchiate“, sulla veridicità di quelle del secondo non è stato sollevato alcun dubbio.Meglio tenerlo a mente per i prossimi “eroi”.
omnia munda mundis

#2097
Tanto fumo e niente arresto
di Marco Travaglio

Già è singolare un presidente del Consiglio che, ogni due per tre, vanta le migliaia di perquisizioni e di udienze subite, le decine di processi affrontati (in realtà sono 16), le centinaia di magistrati che si sono occupati di lui, come se quelle medie da delinquente incallito fossero un titolo di merito. Ora poi che s'è messo a vantarsi dei mafiosi arrestati e dei beni sequestrati come se fossero opera sua, non ci si capisce più niente.
Anche perché nel frattempo, in tandem con Dell'Utri, ha ribadito che Mangano fu un "eroe" perché in carcere non parlò di nessunodei due, mentre Spatuzza che parla di entrambi, oltreché di se stesso e dei suoi complici,è un pentito prezzolato e dice "minchiate.
Ma i nove decimi dei boss e killer della mafia, della camorra e della 'ndrangheta arrestati e dei loro patrimoni sequestrati sono stati individuati grazie ai pentiti che parlano anziché esercitare la virtù dell'omertà (pardon, dell'eroismo). O grazie alle intercettazioni che il governo sta per ridurre al lumicino. Che facciamo? Tagliamo i pentiti in due, come fa Silvan con la sua valletta: buoni quando parlano di se stessi e dei loro pari, cattivi quando parlano dei livelli superiori? L'affare si complica vieppiù se si considera che i magistrati che arrestano i mafiosi e sequestrano i beni sono gli stessi che a Palermo processano Dell'Utri per concorso esterno e due ufficiali del Ros per la mancata cattura di Provenzano, e indagano sulle trattative Stato-mafia. Gli stessi che a Caltanissetta e Firenze hanno riaperto le indagini sui mandanti occulti delle stragi del 1992-93. Gli stessi che a Napoli han chiesto e ottenuto un ordine di custodia per il sottosegretario Cosentino, subito stoppato dalla Camera.

Se Montecitorio avesse dato il via libera, le statistiche sventolate da Berlusconi, Alfano e Maroni avrebbero potuto arricchirsi di un bel +1: invece niente, anzi -1. Come ci regoliamo allora? Tagliamo a fette anche i magistrati antimafia, buonissimi quando arrestano i quacquaracquà e cattivissimi quando arrestano (o almeno ci provano) i politici loro amici? Possibile che la Dda di Napoli sia una squadra di fuoriclasse quando ingabbia la bassa manovalanza e si trasformi un covo di schiappe quando prende i colletti bianchi, salvo tornare a rifulgere d'infallibilità quando sequestra il tesoro dei Casalesi rimpinguando le statistiche del governo? A proposito di soldi sequestrati: tre anni fa
Clementina Forleo recuperò dai furbetti del quartierino 300 milioni, subito usati dal governo per costruire asili e tappar buchi nel bilancio della Giustizia: come mai il Csm la premiò cacciandola da Milano anche col voto del Pdl che si fa bello con quelle cifre? Gianfranco Fini è stato crocifisso dai berluscones per collusione con la Giustizia, avendo osato rivolgere la parola al procuratore di Pescara, Nicola Trifuoggi, che aveva osato far arrestare Ottaviano Del Turco. Ma, se gli arresti sono merito del governo, il premier e tutti i ministri dovrebbero correre da Trifuoggi per congratularsi. O no?
:wink:
omnia munda mundis

#2098
kimikalli ha scritto:
loremir77 ha scritto:a quanto ho capito andrà in una cliniza in svizzera (per togliere dal volto i segni)

intervento di chirurgia plastica? :wink:
speriamo che almeno stavolta diventi più bello! :wink: potrebbe farsi uguale a George...ma i capelli sono il vero problema!
Potrebbe puntare direttamente su Sean Connery allora. :lol:

#2099
fedelyon ha scritto:
kimikalli ha scritto:
loremir77 ha scritto:a quanto ho capito andrà in una cliniza in svizzera (per togliere dal volto i segni)

intervento di chirurgia plastica? :wink:
speriamo che almeno stavolta diventi più bello! :wink: potrebbe farsi uguale a George...ma i capelli sono il vero problema!
Potrebbe puntare direttamente su Sean Connery allora. :lol:
sieeee
dovrebbe aprtire da qui
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ma forse lo ha giua fatto
The Sisterhood of The Calf 40
less is more, always

#2100
fedelyon ha scritto:
kimikalli ha scritto:
loremir77 ha scritto:a quanto ho capito andrà in una cliniza in svizzera (per togliere dal volto i segni)

intervento di chirurgia plastica? :wink:
speriamo che almeno stavolta diventi più bello! :wink: potrebbe farsi uguale a George...ma i capelli sono il vero problema!
Potrebbe puntare direttamente su Sean Connery allora. :lol:
Seee.... neanche un miracolo!


:lol: :lol:
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