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La Pala di Foligno di Raffaello a Milano

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2 righe per ricordare agli amici di Milano, approfittando delle festività, un'opera capitale del rinascimento, oggi straordinariamente visibile nell'aula Alessi nella sede del Comune a Palazzo Marino, prestata dai Musei Vaticani, fino al 12 gennaio. Questi gli orari:
http://www.comune.milano.it/portale/wps ... zzo_amrino

Il dipinto - tra i più noti al mondo - è una Sacra Conversazione con i SS.Giovanni Battista, S.Francesco d'Assisi e S.Girolamo che presenta a Maria il committente inginocchiato - fu commissionato a Raffaello da Sigismondo De' Conti, potente segretario di papa Giulio II Della Rovere, come ex-voto per il miracolo che aveva visto uscire indenne la sua residenza di Foligno dopo essere stata colpita da un fulmine o da un meteorite. In realtà, come per tanti quadri rinascimentali è un rebus probabilmente ancora da sciogliere completamente, legato alle vicende personali del personaggio chiave della curia. La grande pala, mostra due eventi miracolosi, uno nell'altro, forse uno connesso all'altro. Il più 'vistoso', quello della visione della Madonna in cielo che l'imperatore Augusto ebbe sul colle Campidoglio, su cui si era recato per chiedere alla Sibilla se fosse il caso di continuare o no il culto religioso della figura dell'imperatore, avviato da Giulio Cesare. Il soggetto è tratto da un episodio della Leggenda Aurea, un testo sulle vite dei santi redatto nel tardo medioevo da Jacopo Da Varagine, che divenne molto popolare nell'Urbe e molto 'percorso' dall'iconografia artistica del '4-500. A quella leggenda si vuole riportare l'origine della chiesa romana dell'Ara Coeli sul Campidoglio (sotto), sorta sui resti dei templi capitolini ma anche sull'ara/altare che l'imperatore volle far erigere in seguito a questa visione.
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La pala ebbe poi una storia travagliata, come tante opere importanti italiane. Fu trasferita dalla chiesa di Santa Maria in Aracoeli a Roma, luogo di sepoltura di Sigismondo, alla chiesa di Sant'Anna a Foligno, ma nel 1797 fu rastrellata durante l'occupazione francese e trasferita al Musée Centrale di Parigi (Louvre), enorme museo dell'impero napoleonico in cui erano confluite tutte le opere più belle d'Europa. L'opera subì un restauro pericolosissimo per l'epoca (che però non danneggiò la pellicola pittorica), dalla tavola fu trasportata su tela, e, grazie agli uffici del Canova fece ritorno in Italia (1816), ma il pontefice Pio VII, come per altre opere importanti presenti nella Pinacoteca Vaticana, per il pregio dell'opera appunto, decise di trattenerla a Roma.
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L'opera è datata al 1512, durante gli anni di massimo consenso dell'artista umbro all'interno della curia pontificia. Con la morte di papa Della Rovere (1513) il suo destino sembra incerto, le commissioni scemeranno, e Raffaello sarà investito soprattutto di cariche onorifiche legate alla Fabbrica di San Pietro, all'urbanistica di Roma, e ad alcune realizzazioni architettoniche, ma lontano dai cantieri decorativi principali, tutti assolti dalla sua scuola (Giulio Romano, Giovanni da Udine, Perin del Vaga) da cui sostanzialmente rimase fuori. Un altro rebus. Strano infatti che negli ultimi anni di vita (morì giovanissimo nel 1520) l'artista all'apice della fama e del successo, sembra lavorare più come architetto, sovrintendente e come ricercatore di cose antiche (splendido un suo disegno dell'interno del Pantheon, sopra) che come pittore (più che altro poche e mirate pale 'politiche' di rappresentanza inviate in Francia, tra cui la cosiddetta Sacra Famiglia di Francesco I, 1517, conservata nel Louvre, sotto).
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La stessa Madonna Sistina, altra opera immensa, precedente più vicino alla Pala di Foligno ed oggi in Pinacoteca di Dresda, fu dipinta non per Roma ma per la chiesa di San Sisto, a Piacenza, probabilmente commissionata al tempo in cui era in vita il papa Giulio II, massimo ed ultimo estimatore di Raffaello, il cui omaggio è evidente nel ritratto del vecchio papa, presente nella nostra pala (nel viso di S.Girolamo) ed in quella di Dresda (S.Sisto), sotto.
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Tutto da gustare - l'opera nella collocazione attuale è appoggiata quasi a terra e si vede bene - l'episodio di uno dei due miracoli, dove si intravede un corpo infuocato che sta per cadere su una casa e forse un arcobaleno o una cometa, una manifestazione divina forse.
Il De' Conti interpretò quest'avvenimento fondamentale per la sua vita e per la sua carriera, se decise di farla dipingere dal pittore più famoso dell'epoca. Altissimo, a livello di raffinatezza pittorica, come del resto tutta l'opera che rappresenta stilisticamente l'apice della perfezione raffaellesca, l'inserto paesaggistico, un richiamo anche alla pittura veneta dell'epoca che dimostra quanto l'urbinate fosse ben informato della situazione artistica italiana e di come se ne appropriasse con facilità.
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Immancabile, l'Amorino reggitarga (che doveva contenere il voto del De' Conti) inserito come di consueto dal maestro urbinate subito ai margini della scena principale. Queste figure, disposte anche in coppia od in gruppo, erano molto amate dalla committenza per il calore ed il moto di dolcezza che suscitavano: spesso pensose, affacciate in un davanzale immaginario, tutt'oggi sono amatissime, estrapolate e riproposte in riproduzioni negli appartamenti moderni. In realtà l'uso degli angiolotti deriva dalla figurazione pagana che la cerchia di Raffaello usava ripercorrere e trattare in modo colto, cogliendoli dai rilievi visibili a Roma all'epoca (specie nelle fronti di sarcofaghi, trasformati spesso in fontane, e dislocati nelle pubbliche vie) e durante l'avventurosa calata all'interno di monumenti semiabbandonati, riportando in auge l'uso delle 'grottesche' (decorazioni provenienti appunto dalle grotte della Domus Aurea neroniana, allora riscoperte), cifra tipica dell'umanesimo romano e poi italiano, dalla metà del '400 in poi, riproposte nelle zone di riempimento dei dipinti e per ritmare le figurazioni.
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Infine suggestiva, da vedere per chi visita Roma, la tomba di Raffaello nel Pantheon su sui è inciso in latino l'epitaffio di Pietro Bembo, composto per l'amico scomparso improvvisamente a soli 37 anni: 'Qui giace quel Raffaello da cui finché visse, madre natura temette di essere superata e quando morì temette di morire con lui.'
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