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Bernini e i Marmi Vivi - Firenze

#1
Segnalo la mostra Marmi Vivi - G.L. Bernini e la nascita del ritratto barocco , in esposizione a Firenze - Museo del Bargello, fino al 12/07

Nella prima metà del Seicento, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) rinnovò radicalmente l’idea stessa di busto ritratto. Concepito nel Cinquecento soprattutto come ‘state-portrait’ con una forte connotazione ufficiale, il ritratto scolpito conobbe una straordinaria diffusione nella Roma della prima metà del Seicento, tramandandoci così le fattezze non solo di pontefici, cardinali e aristocratici, ma anche di avvocati, scienziati, scrittori e di non poche figure femminili. Nel giro di poco più di vent’anni - dalla metà del secondo decennio del secolo e la fine degli anni trenta - si passò così da immagini severe e compassate, di carattere ancora schiettamente manierista, a figure che se pure scolpite nel marmo, sembrano però respirare, vivere e addirittura ‘colloquiare’ con lo spettatore. Con il busto di Costanza Bonarelli, il Bargello possiede la testimonianza più emozionante e più celebre di questo momento capitale della ritrattistica scultorea: alla quale, nonostante l’attuale, crescente interesse nei confronti del Bernini e della civiltà figurativa barocca, non era stata finora dedicata in Italia nessuna rassegna espositiva specifica.

Pur nella vastità (anche cronologica) e nella varietà dell’opera di Bernini - scultore, pittore, architetto, urbanista, scenografo e commediografo - è certo che la sua fama fu consacrata dai ritratti con cui esordì, poco più che bambino. Cresciuto in una Roma dove Annibale Carracci e Caravaggio, Rubens e Simon Vouet avevano rinnovato radicalmente la pittura di ritratto, Gian Lorenzo già nel primo decennio del ‘600 realizzò una straordinaria galleria di volti marmorei che riscrissero il lessico della ritrattistica scultorea, ancora legata ai precedenti rinascimentali e considerata genere “minore”. Grande virtuoso posseduto dal demone della tecnica, con il suo prodigioso scalpello Bernini trasformò il marmo bianco in colore, spirito, vita, restituendo in modo stupefacente non solo l’aspetto fisico e la specificità fisiognomica di una persona, ma soprattutto la sua carica vitale e l’individualità.

Al magistero di Bernini ritrattista, difficile da ricostruire a causa della diaspora che ha disperso in tutto il mondo i suoi busti-ritratto, il fiorentino Museo del Bargello dedica una bella rassegna che riunisce trentuno opere, tra capolavori berniniani e una straordinaria selezione di dipinti di Rubens, Annibale Carracci, Antoon van Dyck, Diego Velazquez, Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Pietro da Cortona. A testimoniare il vivace rapporto di competizione della produzione ritrattistica berniniana con la pittura coeva, i ritratti dipinti di maestri allora attivi a Roma scandiscono il susseguirsi dei busti di Bernini, in un “crescendo” di vivacità espressiva: dall’esordio con il “Ritratto di Antonio Coppola”, che scolpisce nel 1612 appena quattordicenne, fino ai vertici raggiunti nei tre “ritratti parlanti” – “Scipione Borghese”, “Costanza Bonarelli”, “Thomas Baker” – eseguiti nel quarto decennio del secolo, con cui la mostra si conclude.


http://www.unannoadarte.it/bernini/default.asp
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Re: Bernini e i Marmi Vivi - Firenze

#2
annsca ha scritto:Segnalo la mostra Marmi Vivi - G.L. Bernini e la nascita del ritratto barocco , in esposizione a Firenze - Museo del Bargello, fino al 12/07

Nella prima metà del Seicento, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) rinnovò radicalmente l’idea stessa di busto ritratto. Concepito nel Cinquecento soprattutto come ‘state-portrait’ con una forte connotazione ufficiale, il ritratto scolpito conobbe una straordinaria diffusione nella Roma della prima metà del Seicento, tramandandoci così le fattezze non solo di pontefici, cardinali e aristocratici, ma anche di avvocati, scienziati, scrittori e di non poche figure femminili. Nel giro di poco più di vent’anni - dalla metà del secondo decennio del secolo e la fine degli anni trenta - si passò così da immagini severe e compassate, di carattere ancora schiettamente manierista, a figure che se pure scolpite nel marmo, sembrano però respirare, vivere e addirittura ‘colloquiare’ con lo spettatore. Con il busto di Costanza Bonarelli, il Bargello possiede la testimonianza più emozionante e più celebre di questo momento capitale della ritrattistica scultorea: alla quale, nonostante l’attuale, crescente interesse nei confronti del Bernini e della civiltà figurativa barocca, non era stata finora dedicata in Italia nessuna rassegna espositiva specifica.

Pur nella vastità (anche cronologica) e nella varietà dell’opera di Bernini - scultore, pittore, architetto, urbanista, scenografo e commediografo - è certo che la sua fama fu consacrata dai ritratti con cui esordì, poco più che bambino. Cresciuto in una Roma dove Annibale Carracci e Caravaggio, Rubens e Simon Vouet avevano rinnovato radicalmente la pittura di ritratto, Gian Lorenzo già nel primo decennio del ‘600 realizzò una straordinaria galleria di volti marmorei che riscrissero il lessico della ritrattistica scultorea, ancora legata ai precedenti rinascimentali e considerata genere “minore”. Grande virtuoso posseduto dal demone della tecnica, con il suo prodigioso scalpello Bernini trasformò il marmo bianco in colore, spirito, vita, restituendo in modo stupefacente non solo l’aspetto fisico e la specificità fisiognomica di una persona, ma soprattutto la sua carica vitale e l’individualità.

Al magistero di Bernini ritrattista, difficile da ricostruire a causa della diaspora che ha disperso in tutto il mondo i suoi busti-ritratto, il fiorentino Museo del Bargello dedica una bella rassegna che riunisce trentuno opere, tra capolavori berniniani e una straordinaria selezione di dipinti di Rubens, Annibale Carracci, Antoon van Dyck, Diego Velazquez, Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Pietro da Cortona. A testimoniare il vivace rapporto di competizione della produzione ritrattistica berniniana con la pittura coeva, i ritratti dipinti di maestri allora attivi a Roma scandiscono il susseguirsi dei busti di Bernini, in un “crescendo” di vivacità espressiva: dall’esordio con il “Ritratto di Antonio Coppola”, che scolpisce nel 1612 appena quattordicenne, fino ai vertici raggiunti nei tre “ritratti parlanti” – “Scipione Borghese”, “Costanza Bonarelli”, “Thomas Baker” – eseguiti nel quarto decennio del secolo, con cui la mostra si conclude.


http://www.unannoadarte.it/bernini/default.asp
:roll: Mostra interessante............per il mio dentista omonimo :lol: :lol:
http://www.alfemminile.com/album/homesweethome63
Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo

#4
Visitata oggi: la mostra è una piccola "chicca" di opere del Bernini e di alcuni dei suoi collaboratori (Finelli e Algardi) che indubbiamente colpiscono per la cura e il realismo con cui vengono catturati e resi i caratteri psicologici e le espressioni dei personaggi rappresentati, ma anche i particolari delle fogge e degli abiti. Da questo punto di vista le opere di Giuliano Finelli, aiuto prima e rivale poi del Bernini, lasciano senza parole... tale è la precisione e il realismo che talune vesti sembrano tessuti e trine e vorresti toccarle per renderti conto che sempre di marmo si tratta. Tra le sue sculture, mi ha colpito in particolare il busto di “Maria Barberini Duglioli”, morta di parto a vent’anni, "immortalata nei trafori strabilianti, fragili come trame di ghiaccio, del gran colletto di pizzo che incornicia il volto paffuto dal vacuo sorriso, ma dai capelli superbamente arricciati e dal corsetto ornato su cui s’appunta, all’altezza del cuore, l’ape simbolo dei Barberini". È un segno finelliano che ricompare – quasi inquietante nel suo naturalismo da entomologo “linceo” – su altre opere quali il busto di Antonio il Vecchio e con le ali aperte e pronta al volo, in quello di Michelangelo Buonarroti il Giovane, capolavoro di Giuliano e uno dei più bei ritratti del secolo.


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Tra i capolavori esposti nella seconda sala dedicata ai "ritratti parlanti" i più celebri busti berniniani: i busti-ritratto di Thomas Baker, del cardinale Scipione Borghese e dell'amata Costanza Bonarelli "(proprio come l’aveva sistemato un tempo nel suo atelier, il busto di Costanza è rivolto verso l’Autoritratto dell’artista)" .

I ritratti scolpiti sono accompagnati da alcuni dipinti del Bernini stesso ma anche di altri grandi pittori a cui Gian Lorenzo ha guardato: "Rubens e i suoi allievi, a cominciare da Van Dyck, il caravaggesco Simon Vouet, allora ammiratissimo a Roma per le sue “teste espressive” e ancora Valentin de Boulogne, che ritrae “al vivo” Raffaello Menicucci, il “buffone” del papa.
Con simili esempi pittorici – presenti alla mostra e scelti fra i tanti possibili – Bernini si misura però soprattutto per animare la sua scultura e arrivare a tradurre nel marmo gli effetti di movimento, di luce, di immediatezza espressiva che il colore più facilmente consentiva."


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#5
Il biglietto ingresso permette di visitare anche il Museo Nazionale del Bargello.
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Il Museo si trova in quello che fu il Palazzo del Capitano del Popolo.

Il nucleo originale, risalente al 1255, è stato costruito, secondo il Vasari, su disegno di un certo Lapo, padre di Arnolfo di Cambio, e corrisponde al blocco che si affaccia su via del Proconsolo: è la più antica sede del governo della città.
Dalla fine del XIII sec. fino al 1502 il Palazzo fu residenza ufficiale del Podestà, il magistrato che governava la città e che doveva essere, secondo la tradizione, un forestiero.
Intorno al 1287 venne costruito il verone, la bellissima loggia affacciata sul cortile dove spesso il Podestà adunava i rappresentanti delle arti e delle corporazioni.
Il torrione, preesistente a tutto l'edificio, conteneva la campana detta la Montanina, che suonava quando si dovevano chiamare a raccolta i cittadini fiorentini in caso di guerra o di assedio.
Nel 1502 il palazzo divenne sede del Consiglio di Giustizia e della polizia, il cui capo, detto appunto "Bargello", provvedeva agli arresti, interrogatori e anche ad eseguire le condanne capitali.
Nei quasi tre secoli, in cui venne adibito a carcere, nel cortile furono murati gli archi del loggiato e del verone, le sale più grandi vennero suddivise con tramezzi per ricavarne un maggior numero di celle e furono coperte le pitture e le decorazioni .
Nel 1786, quando il granduca Pietro Leopoldo abolì la pena di morte, gli strumenti di tortura furono bruciati nel cortile.
Nel 1840, quando nella cappella di Santa Maria Maddalena venne riportato alla luce un ritratto di Dante, che secondo Vasari venne dipinto da Giotto (si dice il più antico ritratto di Dante), si decise la riconversione del palazzo. Trasferito il carcere nell'ex convento delle Murate, nel 1859 cominciò il completo restauro dell'edificio che si protrasse fino al 1865, anno in cui venne inaugurato il Museo Nazionale.


Da non perdere:
* il Cortile, porticato su tre lati con archi a tutto sesto su pilatri ottagonali, venne realizzato nel XIII secolo e arrichito nel secolo successivo dal verone e dalla scala goticheggianti. L'allestimento presenta sculture provenienti da Palazzo Vecchio e dai giardini di Boboli e Castello. Al centro del cortile si trova un grazioso pozzo ottagonale e qui si trovano esposti anche alcune pregevoli statue in marmo, come le sei sculture allegoriche di Bartolomeo Ammannati (Firenze, l'Arno, l'Arbia, la Terra la Temperanza e Giunone), l'Oceano del Giambologna, alcuni rilievi di Benedetto da Maiano e il cosiddetto cannone di San Paolo, di Cosimo Cenni (1638).

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* la Cappella di Maria Maddalena e la Sagrestia ,
Costruita dopo il 1280, la Cappella accoglieva i condannati a morte in attesa del supplizio. La sala rettangolare in origine era interamente decorata da affreschi, che in epoca medicea, al tempo della trasformazione dell'edificio in carcere vennero imbiancati, mentre l'ambiente fu diviso in due piani, l'uno destinato alle carceri, l'altro alla dispensa. restaurata a metà dell'800, la Cappella ospita affreschi raffiguranti il Paradiso, nella parete di fondo, l'Inferno, in quella d'ingresso, Storie di Maria Egiziaca, della Maddalena e del Battista in quella di destra( si ritiene che questi affreschi siano l'ultimo lavoro eseguito dalla bottega di Giotto, che li portò a compimento malgrado la morte del maestro nel 1337). Completano la decorazione, ancora sulla parete di fondo, due affreschi di Sebastiano Mainardi (1490) con la Madonna col Bambino e San Girolamo penitente. Dal 1867 la cappella è stata arredata con gli stalli lignei realizzati alla fine del Quattrocento da Bernardo della Cecca, provenienti dal coro di San Miniato al Monte, da dove viene pure il grande leggio posto al centro. L’arredo fu più tardi completato con un Trittico (1450 ca.), noto come “Trittico Carrand” (Madonna col Bambino e quattro santi), attribuito al fiorentino Giovanni di Francesco, un gradino d’altare e da due candelabri in bronzo con stemmi medicei, di provenienza granducale.

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* il Verone (Loggiato al primo piano)
Quando alla fine del Cinquecento il Bargello venne trasformato in carcere, anche il verone, costruito fra il 1317 e il 1320 su progetto di Tone di Giovanni, divenne un ambiente chiuso, suddiviso in celle. La loggia fu ripristinata soltanto nell'Ottocento, e nella sua primitiva sistemazione accoglieva alcune campane provenienti da chiese di tutta la Toscana. Nell'allestimento attuale figurano sculture cinquecentesche - per la maggior parte destinate a decorare fontane e giardini -, fra cui alcune del Giambologna. Nel verone trova collocacazione il Giasone di Pietro Francavilla

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* il Salone di Donatello e della scultura del Quattrocento dove si trovano alcune delle opere migliori di Donatello, come il San Giorgio, proveniente da una nicchia di Orsanmichele, i due David, uno giovanile in marmo (1408-09) e quello celeberrimo in bronzo del 1440 circa, il primo nudo nell'arte occidentale dai tempi dell'arte romana, il busto di Niccolò da Uzzano, un ritratto di spiccato realismo in terracotta, il Marzocco (1418-1420), leone in pietra serena che poggia una zampa sul simbolo di Firenze, assurto a simbolo cittadino fin da quando fu posto il Piazza della Signoria , e le opere della maturità come il bronzo dell' Attys-Amore, restaurato nel 2005, e la Crocefissione

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* la Sala di Michelangelo e della scultura del Cinquecento che ospita, tra le altre , opere di Michelangelo Buonarroti (come il Bacco, il Tondo Pitti, un bassorilievo in parte incompiuto che rappresenta la Madonna con Gesù Bambino e San Giovannino, il David-Apollo), di Benvenuto Cellini (come i bronzetti originali del basamento del Perseo di Piazza della Signoria, i marmi di Ganimede e di Narciso, e il busto di Cosimo I ) e di Giambologna, rappresentato da uno dei suoi capolavori, l'agile Mercurio bronzeo del 1576 e da un'opera maestosa come Firenze vittoriosa su Pisa .

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#6
Che meraviglia! :wink:
:cry: Peccato finisca il 12.07!!!
Prossima settimana avrei potuto farci un giro. :roll:
http://www.alfemminile.com/album/homesweethome63
Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo

#7
Mi spiace DR... è stata una cosa decisa un pò su due piedi con una mia amica (tanto estemporaneamente che eravamo stese su un telo da mare quando abbiamo deciso 8) :lol: )
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#8
Mi sa che è stata una mostra bellina! :wink:

E poi le decisioni improvvisate prese su due piedi (...o meglio ancora panza all'aria :lol: ....) son sempre le migliori!! 8) :wink:
Dio mi guardi da chi porta la cravatta i giorni di lavoro....!!! (il nonno di un mio amico) :D

Da 90 anni, sempre......W gli alpini!

#9
Alpino77 ha scritto:Mi sa che è stata una mostra bellina! :wink:

E poi le decisioni improvvisate prese su due piedi (...o meglio ancora panza all'aria :lol: ....) son sempre le migliori!! 8) :wink:

:lol: :lol: :lol:

certo sarebbe stata tutta un'altra cosa con una guida come si deve 8) :lol: :lol: :lol: ...sarà per la prossima, gobbo :wink:
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