Art69 ha scritto:.... braccia rubate all'agricoltura.
Del resto, vista la maglietta, tale padre, tale figlio.
No, seriamente, questa gente la manderei a lavorare. Davvero.
A farsi il mazzo in fabbrica, in un cantiere edile, o in un ufficio....
Anche l'agricoltura merita di più.....OSCENO!!!
IL Messaggero
L'armata di 50 patrioti repubblicani al seguito di Gianfranco Fini e Giorgio Napolitano
ROMA (15 settembre) - Nell’armata dei 50 finiani giovani e forti, e pronti a firmare la lettere-manifesto di Italo Bocchino e a dare battaglia al Cavaliere «in delirio», le prime a scattare all’attacco sono le signore, o le amazzoni. Ecco l’avvocatessa Giulia Bongiorno che minaccia carte bollate anti-Feltri e come presidente della commissione giustizia della Camera ha dato tanti grattacapi al premier.
Insieme a lei, a reagire immediatamente con il suo editoriale di oggi sul «Secolo», è un’altra donna dell’Armata Gianfranco: Flavia Perina, deputata e direttrice del giornale che fu di An. Pasionarie sul piede di guerra. Occhio ad Alessandra Mussolini: «Sono prontissima a votare la lettera promossa da Italo Bocchino, ma prima devo vederla».
Il gianfranchismo, però, non è solo femmina.
Si tratta di un universo composito, da tutti i punti di vista. E che ora sta per uscire allo scoperto, dopo che - fin dall’inizio della legislatura - tanti malpancisti e delusi inviavano bigliettini personali a Fini, pieni di dichiarazioni d’amore, o di nostalgie, o di bronci per la prepotenza del Cavaliere. La fase due la spiega Marcello De Angelis, uno dei 50 e uno dei più battaglieri a proposito della legge sul biotestamento che non risulti appiattita sui dogmi vaticani: «Ci sono molti deputati - spiega questo esponente della ex An - che vedendo un Fini tornato nel fuoco della battaglia politica, anche a livello territoriale, sono dispostissimi ad accompagnarlo in questa nuova stagione». Chi per fastidio verso il Pdl modello «caserma». Chi perchè irriducibile alla velinizzazione della politica. Chi per motivi etici. Chi perchè esasperato dallo svuotamento della funzione parlamentare. Chi affezionato al multi-culturalismo. Chi indignato - e furono in 101 - per quella norma leghista sui medici-spia. Chi... Chi... Chi... Se Alemanno, che con i suoi si dice finiano, dà il via libera al gianfranchismo, una decina di onorevoli - da Cirielli a Buonfiglio ad altri - potrebbe far parte della nuova costola del Pdl, che ha una propaggine anche al Senato: con Augello e Baldassarri, Ombretta Colli e Malan (berlusconiani ma non vaticani), Viespoli e Cursi e un’altra ventina di esponenti fra cui potrebbe esserci Pisanu. Se arrivano a trenta, trattasi del 10 per cento di Palazzo Madama, che non è poco. Fra i 50 dell’altro ramo del Parlamento, ecco i siciliani Granata, Lo Presti, Scalia, Briguglio: e la loro isola è laboratorio del gianfranchismo, con tanto di gruppo al parlamento regionale ben distinto dal resto del Pdl. E poi cani sciolti come Luca Barbareschi. Il radicale Della Vedova. Santo Versace. Gennaro Malgieri. Il vice-ministro Urso. Il ministro Ronchi, ovviamente.
Più giù, tanti peones, e qualche deputato - come Alessandro Ruben, avvocato quarantenne - che è diretta emanazione di Fini. E’ della partita anche Silvano Moffa, ora presidente della commissione lavoro. E altri s’aggiungono, anche se i vertici del gruppo Pdl - ala berlusconiana - escludono che ex di Forza Italia stiano traghettando verso il «Punto G», quello sensibile alle ragioni di Gianfranco.
Le truppe di Fini si stanno dislocando sul campo di battaglia parlamentare, e dicono di poter contare - fuori del Palazzo - su fiancheggiatori anche pesanti. Come Sarkò e Aznar, a livello internazionale, e Giorgio Napolitano qui in Italia. «Lui e il suo patriottismo repubblicano - assicurano alcuni dei 50 - sono diventati il faro di Gianfranco e di molti di noi».