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#2971
Sfortunati i poveri di Adro
La bellissima lettera del benefattore che ha pagato al Comune di Adro la mensa per i bambini lasciati senza mangiare, non è riuscita a toccare il cuore dei compaesani, ma ha toccato il loro portafoglio. Impressionanti le interviste alle mamme mandate in onda dal Tg3; soprattutto quella signora bionda truccata da velina che ha accennato con disprezzo a «quella gente lì», chiarendo poi che parlava degli extracomunitari. Ora, tutti i genitori che pagavano pretendono di essere sovvenzionati, perché, è chiaro, non sono mica fessi. E a dare loro ragione è intervenuto ieri mattina ad Omnibus anche il leghista Galli, che ha spiegato come, secondo lui, quello del paesino bresciano non sia affatto un episodio di razzismo, in quanto tra le famiglie non paganti ce n’erano anche di italiane. Una giustificazione che non giustifica niente, ma non lascia dubbi sul fatto che, secondo la Lega, non bisogna avere indulgenza verso la razza inferiore dei poveri.
16 aprile 2010
http://www.unita.it/rubriche/Oppo/97480
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#2972
Durante il pranzo pare che il premier non l’abbia capito, se è vero che Fini ritorna con la mente al colloquio e lo racconta con un senso di stupore: «Io gli parlavo delle questioni e lui mi rispondeva con le frasi che aveva usato al comizio di piazza San Giovanni...». E le «questioni » sollevate sono altrettanti nodi politici, esplicitati con crudezza verbale inusitata: «Tu, Silvio, hai abdicato al tuo ruolo. E io sono stato condannato alla marginalizzazione. La Lega ti ricatta. L’economia è in mano a Tremonti. Il 30%, che era la quota di An nel Pdl, è composto da persone che hai comprato».Evocando la Sicilia, Fini sa di lanciare una dichiarazione di guerra, p e r c h é n e l l ’ i s o l a r e g n a l’ingovernabilità. Dunque il problema non è se davvero il presidente della Camera possa contare su una settantina di parlamentari, con una cinquantina di deputati e venti senatori. Il problema è politico: semmai si dovesse riprodurre a Roma la spaccatura del Pdl siciliano, il premier non sarebbe più leader ma diverrebbe «ostaggio», posto al centro di una tenaglia con la Lega a far da contrappunto ai finiani. Nel gioco al rialzo dell’inquilino di Montecitorio è intervenuto il presidente del Senato, chiedendo piatto: «Quando la maggioranza si divide, la parola torna al corpo elettorale». Ed è evidente quale sia lo scopo: minacciando il ricorso alle urne, si vuole evitare che Fini possa infoltire i propri gruppi, posti al riparo dal voto anticipato.
La verità è che nessuno pensa a ribaltoni e ad elezioni. Non ci pensa il premier, non ci pensa il presidente della Camera e non ci pensa tanto meno Bossi. Anzi, proprio il Senatùr è il più fiero avversario della fine traumatica della legislatura, perché in quel caso sfumerebbe il federalismo fiscale, dato che i decreti attuativi non sono stati ancora varati. Di più. Il giorno in cui la Consulta bocciò il lodo Alfano, Fini e Bossi si incontrarono, sottoscrivendo un comunicato in cui escludevano il ritorno alle urne e proponevano di andare avanti con le riforme. Ecco l’incastro, tutti i leader del centrodestra sono vittime e carnefici dello stallo che si è verificato. Non è dato sapere quanto potrà durare la prova muscolare, né se cesserà e quale sarà l’eventuale compromesso. Anche perché Berlusconi giura di non aver capito cosa vuole Fini, «non l’ho capito», ha confidato al termine del vertice: «Gliel’ho anche chiesto». E lui? «Mi ha risposto che il suo pensiero è noto, che l’ha espresso pubblicamente. Mah...». Possibile che il Cavaliere non l’abbia intuito? Perché Bossi, che pure non partecipava a quel colloquio, l’ha spiegato: «Non sono a pranzo con loro perché sarei il terzo incomodo».

http://www.corriere.it/politica/10_apri ... aabe.shtml
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#2973
Pulizia etnica
Ieri, sulla Padania c’era una sorta di dichiarazione di intenti del nuovo governatore del Veneto, Luca Zaia che è il «prodotto» bossiano meglio spendibile sul mercato nazionale. Zaia, immaginando gli scenari politico-amministrativi cui fare riferimento cita con una certa enfasi la Carinzia, una bellissima regione austriaca che, sostiene, «ha saputo mantenere sempre viva la propria identità». E qui si ferma ma è un peccato. Perché in Carinzia è stata perpetrata per decenni una silenziosa pulizia etnica ai danni degli sloveni, primi figli di questa terra ad opera di una strategia pianificata sulla base delle pulsioni «identitarie» di gran parte della popolazione di lingua tedesca. Gli sloveni nel 1920 erano circa 40mila, oggi sono meno di ventimila. Li hanno tenuti a bagnomaria, ghettizzando persino l’uso dello sloveno. I cimiteri di guerra carinziani sono pieni di tombe di SS, più che di soldati della Wermacht e la destra neonazista ha proprio qui una sua forte base elettorale. A questo pensavi, Luca?
http://www.unita.it/news/toni_jop/97483/pulizia_etnica
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#2974

Siore e siori, sempre più difficile!
Pur di non opporsi, l’opposizione all’italiana chiamata Pd s’è prodotta ieri in un triplo salto mortale carpiato con avvitamento e scappellamento a destra, un numero mai riuscito né provato prima d'ora. Ricordate il decreto salva-liste che sanava ex post le illegalità nella presentazione delle liste Pdl a Milano e Roma? Bene, era illegale, incostituzionale e inutile. Illegale perché una legge del 1988 vieta i decreti in materia elettorale (onde evitare il rischio che si voti con una regola e poi, se il decreto non viene convertito in legge, quella regola decada dopo il voto e si debba tornare alle urne). Incostituzionale perché sanava solo le irregolarità di alcune liste e non di altre e perché cambiava le regole del gioco a partita iniziata. Inutile perché modificava per via parlamentare una legge regionale. Incuranti di questi dettagliucci, i presidenti del Consiglio e della Repubblica lo firmarono a piè fermo. Il Pd gridò allo scandalo (ma solo per la firma di Berlusconi: quella di Napolitano era ottima e abbondante), annunciò la fine del "dialogo sulle riforme", portò la gente in piazza del Popolo a protestare contro l’atto eversivo
Motivazione ufficiale, fremente di sdegno: "Se il governo indossa gli anfibi e scende in piazza con attacchi violenti contro le istituzioni, noi non restiamo certo in pantofole". Qualcuno, chiedendo scusa alle signore, parlò financo di regime. Non contenti, due giorni fa i piddini organizzarono un’imboscata per affossare il decreto alla Camera, bocciandone la conversione in legge grazie alle consuete assenze nella maggioranza e alle inconsuete presenze nell’opposizione. Un miracolo mai accaduto prima: l’opposizione più stracciacula della storia dell’umanità riesce a mandar sotto il governo, senza sopperire con le proprie assenze – come invece era accaduto sulla mozione anti-Cosentino e sullo scudo fiscale – a quelle endemiche del centrodestra. Ma niente paura: l’illusione di un’opposizione che si oppone è durata l’espace d’un matin.

Ieri il Pd, sgomento per l’inatteso e involontario successo, s’è subito pentito. Ha riposto gli anfibi, ha recuperato le pantofole di peluche ed è tornato al suo passatempo preferito: l’inciucio. Tenetevi forte, perché la notizia è grandiosa: onde evitare di invalidare le elezioni regionali appena tenute in base al decreto ormai defunto, la maggioranza più comica della storia ha presentato in fretta e furia una leggina per salvare gli effetti del decreto medesimo, ribattezzata dai magliari di Palazzo Chigi "legge salva-effetti", e sbrogliare il gran casino creato dal Banana con la partecipazione straordinaria di Napolitano.

Così il decreto, cacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra in meno di 24 ore. A quel punto qualunque persona sana di mente avrebbe mantenuto le posizioni di partenza: la maggioranza pro-decreto avrebbe detto sì alla salva-effetti, l’opposizione anti-decreto avrebbe detto no. E infatti l’Idv ha detto no e perfino l’Api di Rutelli s’è astenuta. Indovinate come ha votato il Pd? A favore (a parte Furio Colombo e poche altre persone serie), a braccetto col Pdl e la Lega. Ne saranno felici le migliaia di persone che si erano fatte convincere a calzare gli anfibi e a scendere in piazza del Popolo contro "l’attacco violento alle istituzioni".

Era tutto uno scherzo. Il Pd era contro il decreto, ma non contro i suoi effetti. Tant’è che ieri ha contribuito a ripescarli. Un voto del tutto inutile, vista la maggioranza bulgara Pdl-Lega, ma comunque indicativo dell’amorevole trepidazione con cui i diversamente concordi del Pd seguono le porcate del Banana. Lui li insulta e loro lo salvano anche se lui non vuole. Per questo sbaglia il capogruppo dell’Idv Massimo Donadi quando afferma che non si tratta comunque di inciucio "perché il Pd non ha avuto nulla in cambio". Gli inciuci dei centrosinistri col Banana sono sempre a senso unico: lui ci guadagna, quelli ci perdono. E’ un do ut des senza des. Ma quelli continuano. Si divertono così.



(Foto Ansa)

Da il Fatto Quotidiano del 16 aprile
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#2975
qui è tutto fermo da venerdì alle 15:30... ci dobbiamo preoccupare per kimikalli ??? sarà mica "influenzata" ??? :lol: :lol: :lol:
è possibile trovare soddisfazione in piaceri visivi che non sono complicati da teorie (P.C.Johnson)
Non discuto più con gli stupidi, prima ti trascinano al loro livello, poi ti battono per esperienza :)

#2976
In realtà, il sacerdote che ha dato l’ostia al Presidente del Consiglio sabato scorso, dice che non si è minimamente trattato di un privilegio. Don Walter è il parroco della chiesa in cui si sono svolti i funerali, e spiega: «Io me lo sono trovato davanti, nella fila di chi era in attesa della comunione. E cosa potevo fare, negargliela? Non è certo durante una cerimonia che si può porre una questione simile. E poi, il prete che celebra la messa mica può essere a conoscenza dello ”stato civile” di chi viene all’altare per prendere l’eucarestia!». Ma lei non sapeva che Berlusconi è divorziato? «Sì certo, lo sapevo. Ma ripeto, non è certo durante una messa che un sacerdote può fare un rifiuto simile a un fedele».
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php ... E_INITALIA
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#2977
19 aprile 2010
Ieri mattina, sciaguratamente, ho acceso la tv e mi sono imbattuto su una rete Mediaset nella telecronaca diretta del funerale di Raimondo Vianello. Del grande attore scomparso, per sua fortuna, non c’era traccia, essendo già ben chiuso nella sua bara. In compenso imperversava dappertutto un altro comico, anzi un guitto tragicomico con le gote avvizzite e impiastricciate di fard fucsia e il capino spennellato di polenta arancione, che officiava la cerimonia, dirigeva le pompe funebri, smistava il traffico delle préfiche, abbassava il cofano del carro, salutava la folla come Gerry Scotti, poi nella chiesetta sbaciucchiava a favore di telecamera la povera vedova pietrificata in carrozzella e cercava di farla ridere con qualche battuta all’orecchio, chiamava i battimani associandosi ai cori da stadio "Raimondo Raimondo" sollecitati da Pippo Baudo: era il presidente del Consiglio.
Sul pratone di Milano2, un maxischermo da concerto rock ingigantiva quelle immagini raccapriccianti esponendole al "bell’applauso" di una folla di curiosi armata di telefonini e videocamere per immortalare la sfilata dei "vip", come sulla banchina di Porto Rotondo e nel dehors del Billionaire a Ferragosto. Infatti, in quel festival di botulini e siliconi, incedeva persino Lele Mora (Luciano Moggi, altro magister elegantiarum, era passato il giorno prima in una pausa del suo processo). Ho sperato con tutto il cuore che al grande Raimondo, impegnato nell’ultimo viaggio, sia stata risparmiata la vista di quello spettacolo sguaiato, volgare, fasullo: l’esatto contrario della sua vita garbata, elegante, ironica e autoironica. L’estremo oltraggio.

Vianello era, politicamente, un berlusconiano. Ma, antropologicamente e artisticamente, era l’antitesi vivente del berlusconismo. Infatti han dovuto aspettare che morisse per coinvolgerlo, ormai impotente e incolpevole, in una baracconata invereconda che ricorda il feroce episodio de "I nuovi mostri" firmato da Scola, in cui Sordi, guitto di provincia, recita l’elogio funebre del capocomico al cimitero, sul bordo della tomba, rievocandone le battute più grasse e pecorecce mentre tutt’intorno si applaude e si sghignazza. Gli storici del futuro che tenteranno di interpretare l’Italia di oggi non potranno prescindere da quelle immagini, perché difficilmente troveranno miglior reperto del nostro tempo: l’epoca dei senza pudore e dei senza vergogna. Una bara sequestrata da un anziano miliardario squilibrato, malamente pittato da giovanotto, che si crede Napoleone e monopolizza la scena con la stessa congenita volgarità con cui, proprio un anno fa, passeggiava sui cadaveri dell’Aquila accarezzando bambini, baciando vecchie, promettendo case e dentiere nuove per tutti.

Una povera vedova incerottata e distrutta dalla malattia e dal dolore esposta alle telecamere e ai megascreen mentre mormora “Raimondo, io sono qua” senza neppure il diritto di farlo sottovoce, in penombra, lontano da microfoni, occhi e orecchi invadenti, pronti a trasformare tutto in "gossip". E, tutt’intorno, nessuno che notasse lo scempio. Nemmeno un consigliere che suggerisse al capo un po’ di raccoglimento, di compostezza, di silenzio, o gli spiegasse che ai funerali non c’è niente da ridere nè da applaudire. Men che meno ai funerali di Vianello, al quale bastava e avanzava il bellissimo necrologio bianco dettato dalla sua Sandra. "Berlusconi – scrisse un giorno Montanelli – è talmente vanesio che ai matrimoni vorrebbe essere la sposa e ai funerali il morto".Infatti, anche per evitare di ritrovarselo cianciante alle sue esequie, il vecchio Indro lasciò detto nelle sue ultime volontà: "Non sono gradite né cerimonie religiose, né commemorazioni civili". Forse Berlusconi non se n’è accorto, ma ieri ha seppellito sguaiatamente l’ultimo berlusconiano elegante e ironico rimasto in circolazione. Se lo capisse, se ne preoccuperebbe più che per il divorzio da Fini. Ma, se lo capisse, non sarebbe Berlusconi.

Da il Fatto Quotidiano del 18 aprile
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... i_cadavere
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#2978
Se Pdl e Pd scricchiolano, dunque, non è solo perché i loro dirigenti sono litigiosi e irresponsabili. La ragione vera è che Pd e Pdl, per quanto appena nati, sono già due partiti vecchi. Credono di rappresentare la sinistra e la destra, in un momento in cui il conflitto centrale non è fra eguaglianza e libertà, ma molto più prosaicamente fra interessi dei territori produttivi (non tutti nel Nord) e interessi dei territori assistiti (non tutti nel Sud). Se Fini e Chiamparino facessero il grande passo, quello cui potremmo assistere è un pericoloso conflitto fra uno schieramento «nordista», formato da Lega, Pd del Nord e Pdl (senza i finiani), e uno schieramento «sudista», formato dalla resuscitata Alleanza nazionale, dall’Udc e dal Pd nazionale (privato della costola del Nord).

Non è tutto, però. A complicare il gioco c’è la seconda grande posta in palio, quella delle regole. Qui il conflitto fondamentale è fra le istanze decisioniste e populiste del premier, assecondate dalla Lega, e le preoccupazioni per l’equilibrio dei poteri, che accomunano la sinistra, il centro cattolico, i finiani di Alleanza nazionale. Il tutto ingarbugliato dal fatto che, nel campo degli oppositori di Berlusconi, alcuni hanno nostalgia della prima Repubblica e altri sognano la terza; alcuni sono intransigenti nella difesa della magistratura, altri sono critici verso di essa. Di qui la paralisi del Pd, indotto a vedere Fini come una sponda quando si parla di riforme istituzionali, e come un nemico delle istanze modernizzatrici del Centro-Nord quando si parla di federalismo.

Il rischio, a mio parere, è che questa incapacità di Pd e Pdl di rappresentare le effettive poste in gioco ci precipiti in un marasma mediatico e istituzionale, in cui per tre anni si combatteranno - probabilmente senza vincitori né vinti - due battaglie entrambe pericolose: quella fra Nord e Sud e quella fra picconatori e conservatori della Costituzione. Quando invece la battaglia decisiva è una sola, perché l’Italia ha bisogno di modernizzazione sia in campo economico-sociale (fare il federalismo) sia in campo istituzionale (cambiare la Costituzione). Purtroppo una forza politica che rappresenti compiutamente questa doppia esigenza non esiste. A sinistra prevale la paura di cambiare, perché le istanze del cambiamento sono rappresentate dalle pulsioni anti-meridionaliste della Lega e da quelle anti-istituzionali di Berlusconi, un cocktail sufficiente a paralizzare il partito di Bersani e a scatenare il conservatorismo di sinistra. A destra prevale la voglia di cambiare, ma il cambiamento assume spesso tratti inquietanti: la Lega vuole soprattutto più potere nelle amministrazioni locali, come si è subito capito dalle sparate di Bossi sulle banche («ci tocca anche una fetta di banche»); quanto al Pdl, è piuttosto chiaro che la madre di tutte le priorità è proteggere il premier dall’azione dei giudici. Così nulla cambia, e il nostro Paese, mestamente e inesorabilmente, prosegue nel sentiero di declino che ha imboccato da qualche anno.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplR ... =&sezione=
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#2979
L’hanno ribattezzata legge salva-liste, ma per Beppe Grillo è la legge salva Errani-Formigoni. L'artista genovese non ha dubbi: il testo approvato alla Camera giovedì scorso con i voti del Pdl e di gran parte del Pd serve a salvare un governatore per parte, ovvero Vasco Errani nella rossa Emilia-Romagna e Formigoni in Lombardia. Entrambi a rischio, per la legge che vieta la ricandidabilità dopo due mandati consecutivi. Ma l'accordo tra i partiti li ha messi al riparo. E Grillo tuona: "Con il decreto ad hoc Errani e Formigoni sono riverginati, gli è stato ricucito l'imene elettorale grazie a una legge a posteriori per legittimare un comportamento fuori legge a priori".http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... _votata_la
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#2980
di Mario Ajello
Gianfranco Fini come Giorgio Gaber. Questa ci mancava. Ma va bene anche questa. Ormai il presidente della Camera, o i suoi terribili ragazzi intellettuali di confine targati Farefuturo, si divertono a fare incursioni fuori dai recinti culturali della destra. In nome dello spariglio e della curiosità senza steccati.

Adesso è la volta dell’incontro con Giorgio Gaber. «Se volte capire Fini - consiglia il sito di Farefuturo - riascoltate quella sua canzone del ’72, ”La libertà”». Segue testo, celeberrimo: «La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione...».

Combattere la monarchia di Berlusconi tramite l’anarchia di Gaber è una bella idea. Ma se poi lo scontro fra Silvio e Gianfranco si risolve nell’ennesimo inciucio, il «Signor G» si riprenderà il copyright della sua canzone e s’iscriverà al partito dei delusi di Fini. Ecco, Gaber va maneggiato con molto riguardo.
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php ... TOLIDICODA
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#2981
Saviano dovrebbe lasciare la Mondadori?
L'autore di "Gomorra" ha risposto alla lettera di Marina Berlusconi, chiedendo che il padre rettifichi le sue affermazioni sulla mafia. E minacciando di lasciare la sua casa editrice. Che cosa ne pensate? La questione è scoppiata quando Silvio Berlusconi, nella sua veste di premier, ha criticato la letteratura italiana sulla mafia - incluso "Gomorra" - perché farebbe cattiva pubblicità all'Italia.

All'uscita di Berlusconi ha reagito lo stesso Saviano, con una lettera al presidente del Consiglio: «Accusare chi racconta il potere della criminalità organizzata di fare cattiva pubblicità al paese non è un modo per migliorare l'immagine italiana quanto piuttosto per isolare chi lo fa. Raccontare è il modo per innescare il cambiamento». E poi: «Io sono un autore che ha pubblicato i suoi libri per Mondadori e Einaudi, entrambe case editrici di proprietà della sua famiglia. Ho sempre pensato che la storia partita da molto lontano della Mondadori fosse pienamente in linea per accettare un tipo di narrazione come la mia. Dopo le sue parole non so se sarà più così».

A quel punto è scesa in campo la figlia del premier, Marina, che ha risposto a Saviano con una lettera: «Forse Silvio Berlusconi non può permettersi di criticare un'opera edita dalla Mondadori, la quale naturalmente continua ad avere la più totale e piena libertà di fare le scelte editoriali che ritiene più opportune? Questo non è forse un bell'esempio di dialettica democratica? Mi pare che Saviano non riesca a distinguere tra una libera e legittima critica e una censura».

Controreplica immediata di Saviano: «Il capo del governo Berlusconi non ha espresso parole di critica. Critica significa entrare nel merito di una valutazione, di un dato, di una riflessione. Nelle sue parole c'era una condanna non ad una analisi o a un dato ma allo stesso atto di scrivere sulla mafia. Il rischio di quelle parole, ribadisco, è che ci sia un generico e preoccupante tentativo di far passare l'idea che chiunque scriva di mafia fiancheggi la mafia. Come se si dicesse che i libri di oncologia diffondono il cancro. Facendo così si avvantaggia solo la morte. (...) Da cittadino non posso ascrivere una dichiarazione del genere alla dialettica democratica. È solo una dichiarazione pericolosa che andrebbe immediatamente rettificata».

La querelle ovviamente ha acceso i riflettori sulla casa editrice di Segrate, che ha alle spalle una nobilissima storia e che tuttavia di recente si è piegata alle pubblicazioni di pura propaganda del suo editore, come il recente "L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", una raccolta trash di messaggi adulatori per il premier.

Ha ancora senso, oggi, per un autore civile scrivere per la Mondadori? Deve prevalere il rispetto per la storia di una grande casa editrice o bisogna segnare la differenza rispetto alla subcultura e agli interessi economici del premier?
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ref=hpstr2

(19 aprile 2010)
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#2982
kimikalli ha scritto:La querelle ovviamente ha acceso i riflettori sulla casa editrice di Segrate, che ha alle spalle una nobilissima storia e che tuttavia di recente si è piegata alle pubblicazioni di pura propaganda del suo editore, come il recente "L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", una raccolta trash di messaggi adulatori per il premier.
:shock: :shock: :shock: :shock:
ummammasantissima! stiamo perdendo il senso del ridicolo.


Comunque no, io non credo che saviano debba abbandonare la Mondadori.

Per la Mondadori, perche' cosi conserva ancora un briciolo di dignita' editoriale e mantiene un'illusione di credibilita'.

Per Saviano, perche' non deve ghettizzarsi ne perdere visibilita', per il prestigio del paese e per la sua sicurezza. Inoltre rimanendo in Mondadori mostra che la sua stessa casa editrice non avalla le esternazioni di SB.
Immagine

Baby is coming shopping e approvvigionamenti per il nuovo arrivo...
Vi presento... con pwd

#2983
Lo scontro durissimo non si sta consumando soltanto tra Fini e Berlusconi, ma all’interno dell’ex componente di An. A scendere in campo a fianco del premier c’è un «correntone lealista» che ha preparato un documento che sarà presentato alla direzione di giovedì. Un documento tenuto segreto, concordato e sottoscritto da quattro pesi massimi di quello che una volta era l’esercito di Fini: Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, Altero Matteoli e Gianni Alemanno. La mossa serve per dimostrare che l’ex «padre padrone» di An non rappresenta più il 30% del Pdl come è stato stabilito nel patto fondativo del partito. Se giovedì prossimo la terza carica dello Stato vorrà contarsi, avrà una sgradita sorpresa: dovrà fare i conti con i suoi ex colonnelli, rischiando di essere una minoranza ancora più piccola rispetto a questo «correntone». Per evitare la brutta figura di rappresentare il 10-15% del Pdl, allora Fini dovrebbe deporre le armi.
E’ questo il ragionamento che è stato fatto in questo fine settimana da La Russa, Gasparri, Matteoli e Alemanno che contano di portare dalla loro parte oltre 100 parlamentari (contro i 40-50 finiani: questi sono i loro calcoli), sulla base di un documento scritto sulla falsariga di quello firmato ieri a Milano da 18 ex deputati e senatori di An eletti nel Nord Ovest. Viene sottolineato che il Pdl è una scelta irreversibile, che occorre rafforzarlo al suo interno. E’ giusta l’esigenza di affermare il primato rispetto alla Lega, ma gli atteggiamenti e le posizioni di Fini su una serie di argomenti come l’immigrazione e la cittadinanza sono sbagliati. Spiega Massimo Corsaro, uno degli animatori dell’incontro milanese: «Abbiamo fatto miracoli al Nord per confermare il Pdl come primo partito. Ma a due giorni dal voto Fini è venuto a Milano per dire ad un convegno di Famiglia Cristiana che bisogna dare la cittadinanza veloce agli immigrati, regalando voti alla Lega». Per La Russa, con la firma del documento «abbiamo fatto una scelta politica che speriamo sia fatta da tutti, compreso Fini e i finiani, una scelta contraria a ogni frattura nel Pdl. Rompere il Pdl sarebbe un vantaggio per l’opposizione e la Lega». Anche il «correntone ex An» vede dei limiti nel partito, ma bisogna riconoscere il successo del governo e della maggioranza in tutti i passaggi elettorali.

Ecco, allora, con chi Fini dovrà fare i conti. Non soltanto con Berlusconi che non sopporta il gioco dei professionisti della politica come il presidente della Camera che a suo avviso ha bisogno di avere «una sua aziendina del 4%». Ma più che un partitino o al gruppo autonomo, Fini punta al riconoscimento di una sua componente interna, di una linea e strategia alternativa al Cavaliere. Quanti lo seguiranno si capirà oggi quando a Montecitorio si riuniranno i parlamentari a lui fedeli. Il suo intento, dicono i finiani, è di rafforzare il Pdl e non di destabilizzarlo. Nessuna crisi di governo, nessun tradimento della volontà degli elettori, ma occorre cambiare rotta. «E non saranno altri a rappresentarci». Gli altri sarebbero il coordinatore La Russa e il capogruppo Gasparri. I quali, spiega Flavia Perina, direttrice del Secolo d’Italia, stanno mettendo in campo la contromossa proprio per difendersi e non perdere le loro posizioni. Vogliono essere loro a rappresentare il 30% dell’ex An, dicono i finiani, ma lo schema del patto fondativo è saltato. Contano di avere una quarantina di deputati e una ventina di senatori, che si riuniranno oggi alla Camera per firmare un documento da portare in direzione. Ma la deflagrazione del mondo che viene da An è in pieno movimento. Nascono altre iniziative con l’obiettivo di rappresentare i temi e la cultura delle destra dentro il Popolo della libertà, come quella Domenico Nania che ha lanciato «DestraPdl».




http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp
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