La Redazione Consiglia

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#3031
PORTO ROTONDO - Silvio Berlusconi è divorziato e non può accedere al sacramento della comunione. E in Sardegna, durante la Messa per l’inaugurazione del nuovo campanile della chiesa di San Lorenzo a Porto Rotondo, ha chiesto al vescovo di Tempio Pausania che gli stava porgendo l'ostia: «Eccellenza, perché non cambiate le regole per noi separati e ci permettete di fare la comunione?». Il presidente del Consiglio ha
Berlusconi rifiutato cortesemente la comunione (a differenza di quanto avvenne alcuni anni fa a Tunisi durante i funerali di Bettino Craxi, quando l'ostia gli venne offerta da don Verzè)
e si è sentito rispondere dal vescovo Sebastiano Sanguinetti: «Lei che ha potere, si rivolga a chi è più in alto di me», riferendo anche al recente incontro del premier con il Papa.

http://www.corriere.it/politica/08_giug ... aabc.shtml
:shock: :shock: :shock: quindi la rifiuta oppure no a sua libera scelta....
omnia munda mundis

#3032
chojin ha scritto: Non sono molto d'accordo. Da come l'hanno spiegatio a me (l'ultima volta al corso per fidanzati) è il rompere il legame matrimoniale che ti pone in condizione di non ricevere il sacramento. Il famoso "l'uomo non osi dividere ciò che dio ha unito ecc ecc".
E' corretto, infatti separazione e divorzio non interrompono il legame del matrimonio religioso, che e' indissolubile. SB e' ancora sposato con la sua prima moglie, per la chiesa cattolica, a tutti gli effetti.


(sospetto comunque che anche i corsi fidanzati non siano molto allineati fra loro ) :lol:
Ultima modifica di Federinik il 21/04/10 18:15, modificato 1 volta in totale.
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Baby is coming shopping e approvvigionamenti per il nuovo arrivo...
Vi presento... con pwd

#3033
kimikalli ha scritto:Il presidente del Consiglio ha
Berlusconi rifiutato cortesemente la comunione e si è sentito rispondere dal vescovo Sebastiano Sanguinetti: «Lei che ha potere, si rivolga a chi è più in alto di me», riferendo anche al recente incontro del premier con il Papa.
secondo me dicendogli "si rivolga a chi è più in alto di me", questo vescovo non si riferiva al Papa ma direttamente a Dio, visti gli agganci del Premier lol: :lol: :lol:

cmq, pare che il Papa (almeno lui) sulla questione si sia espresso:
http://www.ilnostrotempo.it/drupal/?q=node/269
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Casa Spozilli
Babyzillo

#3036
Il Pdl è un partito invecchiato, come il suo leader, e privo di progetti. La politica è delegata alla Lega. Le strombazzate riforme sono una panzana. Berlusconi quasi lo ammette e, dopo la vittoria, è tornato come sempre a occuparsi di giustizia e televisioni. Non esiste nel partitone di maggioranza relativa, sempre più relativa, uno straccio d'idea, a parte Silvio for President. Su tasse, immigrazione, temi etici, tutto il Pdl, da Berlusconi in giù, si limita a far l'eco agli slogan di Bossi. Quasi non avesse più una visione della società e del Paese. Fini invece ne ha una ed è assai diversa da quella della Lega. Se si tratta di discutere a destra di pillola abortiva o di federalismo fiscale, conta per i media l'opinione di un leghista o di un finiano. Il berlusconismo è presente nel dibattito politico soltanto grazie ai famosi rapporti di forza, al dominio del capo sulle televisioni e ogni volta che il premier avanza una proposta di legge sugli affari suoi, in particolare giudiziari. Per il resto, l'afasia è totale.
Questa assenza di politica nel Pdl, cui per fortuna di Berlusconi corrisponde un vuoto parallelo nel Pd, ha prodotto in soli due anni una colossale emorragia di consensi. In parte e in poche regioni del Nord intercettati dalla Lega. Per il resto, si tratta di un enorme mercato di voti in libertà. Il primo partito italiano, con otto milioni di aderenti, è diventato quello dei delusi da Pdl e Pd. Ed è a questo che Fini guarda in prospettiva.
Oggi Fini può accontentarsi di far scendere Berlusconi dal cavallo e costringerlo a trattare come un leader normale, abbandonando per sempre l'idea di coronare la propria resistibile ascesa con il plebiscito presidenziale. Ma in futuro i rapporti di forza possono cambiare. Il futuro in politica arriva all'improvviso, quando meno te l'aspetti. Fu così quando Berlusconi comparve all'orizzonte della politica e sarà così quando scomparirà. Visto che almeno al futuro il Cavaliere non ha davvero più nulla da dire.

la repubblica
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#3037
Pdl, che boiata"
di Marco Damilano
Il tradimento dei colonnelli. I boccoli della Meloni. Il pattinaggio di Ronchi. Gli insulti, le lacrime, gli spintoni, i "l'avevo detto io". Cronaca e retroscena dei giorni più caldi degli ex di An

http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 9&ref=hpsp

Il mercoledì è passato così. La Camera sembrava un congresso dell'Msi a cielo aperto. Correnti, notabili, tradimenti, insulti, lacrime, schiaffi, calci e pugni. Qualche spintone non solo verbale c'è stato tra due finiani, il rampante Italo Bocchino, sotto accusa per la sua onnipresenza mediatica, e il triestino Roberto Menia che strepitava: "Mi hanno rotto i coglioni questi ricattatori! Io sono leale, ma non ne posso più di sentirmi tirare di qui e di là". C'è da capirlo: un anno fa fu l'unico esponente di An a opporsi allo scioglimento del partito nel Pdl. Ora, però, non vuole sentir parlare di scissione: "L'avevo detto che il Pdl era una solenne cazzata, ma non possiamo cambiare partito ogni anno", argomenta con la fiamma tricolore sempre accesa, al bavero della giacca. Lui è un fedelissimo di Fini da tempo, (come si vede dalla foto qui sopra). "Non condivido le sue posizioni sugli immigrati, ma grazie a lui faccio il sottosegretario e gli resto vicino".

Il padre nobile Gianfranco Fini ricomincia da capo a 58 anni: da quando fa politica, cioè da bambino, non è mai stato in minoranza tranne qualche mese nel 1990 quando segretario del Msi diventò Pino Rauti. Oggi da presidente della Camera prova l'ebbrezza della marginalità che richiede altre tattiche: la guerriglia, dentro e fuori il partito. Si ricorda però di essere ancora il primo inquilino di Montecitorio e ordina di chiudere i corridoi ai giornalisti parlamentari. Corridoi sbarrati, palazzo dei gruppi parlamentari blindato, cronisti acciuffati e spinti alla porta, commessi schierati in alta uniforme sulle scale, per ordini superiori. E anche questo non si è mai visto: il presidente-capocorrente che blocca Montecitorio per la riunione del suo gruppo.


Tanta segretezza, poi, raggiunge il risultato opposto a quello sperato. Finita la riunione i finiani sono raggianti: siamo 54, tra Camera e Senato, annunciano. Per un paio d'ore si fa la conta di chi c'è e di chi non c'è. Finché dalla parte opposta della barricata arriva la doccia fredda. Un secondo documento, questa volta anti-Fini, con 74 nomi in calce. I colonnelli mettono in minoranza il loro vecchio leader: era da una vita che sognavano di farlo, in fondo. Apre Gianni Alemanno: dicono che abbia fatto le ore piccole con la sua corrente, ci sono stati pianti e lacrime, "non possiamo abbandonare Gianfranco", poi l'hanno mollato tutti. Segue il trio La Russa-Gasparri-Matteoli, i neo-dorotei, potere forte pensiero debole. E la ministra Giorgia Meloni: come un personaggio di Nanni Moretti, ha i problemi e si è fatta i boccoli. Estremismo parolaio e pratica precoce del potere. Il suo tradimento è quello che a Fini brucia di più. Gli altri sono peones, di qua e di là. E alcuni, al massimo della confusione, firmano per entrambi i documenti. Per Fini e contro Fini. Dalla parte di Gianfranco, anche se il Pdl si dovesse rompere, e dalla parte del Pdl, anche se Gianfranco dovesse andarsene. Firma Agostino Ghiglia, firma l'ex Terza Posizione Marcello De Angelis con una motivazione originale: "Dovrebbero farlo tutti".

In mezzo il ministro Andrea Ronchi si esibisce in numeri di alto pattinaggio artistico. Sta con Fini, per carità di patria, ma vorrebbe tanto stare dall'altra parte e non lo nasconde. Riportata da lui, infatti, la riunione dei finiani non è l'embrione di un nuovo gruppo parlamentare e neppure, orrore, una corrente. Anzi, è un'utile iniziativa (nella Dc si diceva: contributo) per ridare slancio al Pdl… Insomma, ma voi chi siete, caro ministro Ronchi? "Siamo quelli che aderiscono alla figura di Gianfranco Fini", azzarda. "Siamo gli amici di Fini", conclude. Perfetto: gli amici di Fini come gli amici di Rumor e Colombo nella Balena bianca buonanima.

E questa è la parte migliore del Pdl: quella di Fini. Per vedere all'opera l'altra, bisogna aspettare poche ore: la direzione del Pdl.
(21 aprile 2010)
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#3038
Molti divorziati devoti che non possono ricevere la comunione hanno osservato con stupore la foto che ritraeva il presidente del Consiglio con un’ostia in bocca durante i funerali di Raimondo Vianello. Quell’uomo, han ragionato gli esclusi, ha un divorzio alle spalle e un altro in arrivo: come ha potuto accostarsi al sacramento? Esiste forse un lodo divino che anche in questo campo gli consente ciò che è vietato ai comuni mortali? Oppure il generoso avvocato Mills ha testimoniato sotto giuramento di essere lui il marito di tutte le mogli, comprese quelle off-shore, restituendolo a una dimensione di virginea purezza?

A mettere un po’ d’ordine in questo guazzabuglio ci ha pensato monsignor Fisichella, assolvendo il premier con formula piena: «Solo al fedele separato e risposato è vietato comunicarsi, poiché sussiste uno stato di permanenza nel peccato. Ma il presidente, essendosi separato dalla seconda moglie, è tornato a una situazione, diciamo così, ex ante». Quindi, se un divorziato si risposa con successo, nel senso che col secondo coniuge trova finalmente il suo equilibrio, la comunione non gliela si può dare. Se invece ridivorzia, allora potrà di nuovo avvicinarsi all’altare perché «è tornato a una situazione, diciamo così, ex ante». In teoria uno potrebbe passare da un matrimonio all’altro senza mai smettere di comunicarsi, purché abbia cura di farlo negli intervalli. Che destino, quell’uomo: qualunque cosa faccia ha sempre bisogno di un’interpretazione autentica che gli fornisca una scappatoia. E la trova, sempre.
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplR ... 6&sezione=
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#3039
Letta da colomba a falco: una metamorfosi, tre ipotesi
Berlusconi vuole la conta contro Fini e i suoi uomini, come per esempio Andrea Ronchi, l’unico ministro rimasto fedele al presidente della Camera, al quale ha sostanzialmente chiesto le dimissioni in caso di frattura anche solo correntizia. Questo è il clima del Pdl, davvero brutto. I rischi di tenuta dell’esecutivo rendono tutti nervosi a Palazzo Chigi e, come se non bastasse, ci si è messo anche un virus informatico che da ieri sera sta infettando tutti i computer della presidenza del Consiglio. Ma c’è dell’altro e riguarda il ruolo di falco giocato da chi aveva sempre lavorato alle mediazioni più difficili: Gianni Letta.
Per capire questa metamorfosi occorre tornare al primo giorno della crisi. Dopo il tesissimo faccia a faccia tra Fini e Berlusconi filtra la notizia dell’ipotesi di gruppi autonomi, come effettivamente detto dall’ex leader di An al Cavaliere. A quel punto lo staff del premier risponde facendo trapelare la risposta di Berlusconi: in tal caso Fini dovrà lasciare la presidenza della Camera. Il portavoce di Fini allora chiama Bonaiuti, assente all’incontro, e gli chiede di smentire quella frase che in effetti il premier, nel faccia a faccia, non aveva pronunciato. Bonaiuti verifica e fa immediatamente pubblicare la smentita. Ed ecco la sorpresa: Gianni Letta, molto contrariato, chiama Bonaiuti e gli fa presente che la smentita non andava fatta. Come mai? Perchè da fine diplomatico Letta si è trasformato in consigliere di guerra? C’è chi pensa alle ostilità vaticane nei confronti del laico Fini, delle quali si farebbe interprete il sottosegretario. C’è chi vede nell’ostilità di Letta al presidente della Camera l’obiettivo di eliminare un pericoloso rivale nella lotta per la successione al Cavaliere. E, infine, ci sono i soliti maligni che ipotizzano nientepopòdimeno che un complotto contro il presidente del Consiglio per disarcionarlo, attraverso la cacciata di un pezzo della maggioranza, e per sostituirlo con un governo tecnico guidato, guarda un po’, da Gianni Letta. Fantapolitica? Giorni fa un senatore finiano, da poco sottosegretario, a Gasparri e La Russa che, in qualità di emissari del premier, lo invitavano a scegliere tra la fedeltà a Fini e il suo posto di governo, se non addirittura di parlamentare in caso di elezioni anticipate, ha risposto che tanto lui, tra qualche settimana, potrebbe ritrovarsi ministro di un esecutivo tecnico.
http://www.unita.it/rubriche/lorsignori/97733
22 aprile 2010
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#3040
Il Tribunale di Monza ha condannato per la terza volta "il Giornale" per gli articoli su Di Pietro

di Marcello Santamaria

Non è vero che Antonio Di Pietro abbia fatto pasticci con i rimborsi elettorali dell’Italia dei Valori e con l’acquisto di case. L’ha stabilito il Tribunale civile di Monza, che in tre sentenze ravvicinate spazza via anni e anni di campagne del Giornale, condannando in primo grado il quotidiano della famiglia Berlusconi a risarcire l’ex pm per un totale di 244 mila euro, avendolo più volte diffamato con una serie di articoli. Soccombenti l’ex direttore Mario Giordano, i giornalisti Gian Mario Chiocci, Massimo Malpica e Felice Manti, oltre all’ex deputato Elio Veltri. Ma, al di là dei nomi, il punto è un altro. Le denunce penali e civili sono rischi del mestiere di giornalista e può capitare a tutti di incappare in una parola di troppo, un’inesattezza dovuta alla fretta, un eccesso di sintesi o di critica, insomma in un errore in buona fede. Qui invece i giudici hanno accertato un modus operandi di assoluta malafede: quello delle sistematiche campagne diffamatorie di chi sa di avere le spalle coperte da un editore pronto a investire milioni di euro per screditare, sui giornali e le tv che controlla in conflitto d’interessi, i propri avversari politici. Qui non si parla di cronisti che sbagliano, ma di killer che mentono sapendo di mentire.
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... blog=96578
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#3041
kimikalli ha scritto:A mettere un po’ d’ordine in questo guazzabuglio ci ha pensato monsignor Fisichella, assolvendo il premier con formula piena: «Solo al fedele separato e risposato è vietato comunicarsi, poiché sussiste uno stato di permanenza nel peccato. Ma il presidente, essendosi separato dalla seconda moglie, è tornato a una situazione, diciamo così, ex ante». Quindi, se un divorziato si risposa con successo, nel senso che col secondo coniuge trova finalmente il suo equilibrio, la comunione non gliela si può dare. Se invece ridivorzia, allora potrà di nuovo avvicinarsi all’altare perché «è tornato a una situazione, diciamo così, ex ante». In teoria uno potrebbe passare da un matrimonio all’altro senza mai smettere di comunicarsi, purché abbia cura di farlo negli intervalli.

:shock:
Pur non avendo io esperienza di corsi fidanzati, temo che monsignor Fisichella abbia esagerato col vino celebrando la sua ultima messa.
:twisted:
Il divorzio non è la separazione, e anzi, tecnicamente, benchè di fatto Berlusconi non viva più con la seconda moglie la separazione legale da lei è ancora in discussione tra tribunali e avvocati.

Inoltre, effetti giudiridici e "religiosi" del matrimonio sono cose diverse.
Berlusconi può essere legalmente divorziato, ma finchè il suo primo matrimonio non è stato sciolto dalla Sacra Rota lui non potrà mai trovarsi in una condizione spirituale *ex ante* dal primo.
E men che meno dal secondo, perchè contratto solo civilmente, quindi senza effetto alcuno circa la pratica del culto :P :P :P
Ultima modifica di Mercury il 22/04/10 13:34, modificato 1 volta in totale.
Nell'Italia dei Borgia ci sono stati massacri, terrore, assassinii e hanno prodotto da Vinci, Michelangelo e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto 500 anni di pace e amore fraterno, e cos'hanno fatto? L'orologio a cucù.

#3042
Il problema è ben diverso, perché Berlusconi già anni fa era stato filmato mentre riceveva l'Eucaristia anche se all'epoca era sposato con Veronica. Quindi in quell'occasione aveva commesso effettivamente un peccato grave, disobbedendo alla Chiesa e commettendo un vero e proprio sacrilegio.
Oggi si può dire che la questione sia "risolta" nel senso che essere divorziato non basta per esser tolti dalla comunione - il problema è intrattenere qualche forma di concubinato (convivenza more uxorio, seconde nozze civili). Quindi, ipotizzando in buona fede che Berlusconi abbia provveduto alla separazione dalla seconda moglie a confessarsi per tornare in comunione con la Chiesa (ed in tale confessione includendo il sacrilegio summenzionato), il Premier può effettivamente ricevere la Santa Comunione.
Certo è che - mia personale opinione - il modo superficiale con cui ha trattato la legge della Chiesa in passato potrebbe implicare che anche ora abbia fatto tutto senza Confessione... ma a noi poco importa, perché qualsiasi cosa di male facciamo va in ogni caso a nuocerci, cioè chi è nel peccato mangiando il Corpo di Gesù commette un sacrilegio a tutti gli effetti.
:shock: :shock: :shock:
Pax vobiscum
http://www.cattoliciromani.com/forum/sh ... b55f509b87&

ma le famose feste a Palazzo Grazioli e tutte le "case" regalate alle amiche non sono prove del concubinato plurimo???
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#3043
Ridurre il peso del fisco sul lavoro, quindi, si deve e si può, tagliando la spesa pubblica e spostando il carico da persone a cose. E magari alle cose che inquinano, con una vera e propria “green tax reform”. L’opportunità di spostare una parte significativa del gettito dalle imposte sul lavoro a quelle che riguardano il prelievo di risorse naturali è tra le più sostenute dalle istituzioni internazionali e avrebbe il merito di avere un ampio consenso nell’opinione pubblica. L’Ocse, come ha spiegato in un bell’articolo pubblicato dalla Voce.info Antonio Massarutto, ha istituito negli anni Novanta un programma finalizzato a promuovere il trasferimento di almeno il dieci per cento del gettito, sostenendo che in questo modo si potrebbe ridurre in modo significativo l’impatto distorsivo del sistema tributario e insieme incentivare comportamenti più virtuosi da un punto di vista ambientale.
Un programma in questo senso, inoltre, avrebbe anche il pregio di avvicinare il fisco al contribuente, riorientando il prelievo in senso più federale. E questo è un elemento in più per rendere oggi l’intervento politicamente più praticabile.Ma la politica non è il mio terreno. Sono altri ad avere la responsabilità di dare una percorribilità politica alle idee per lo sviluppo. Di certo l’Italia, oggi più che mai, non si può permettere una politica inerme. Quando il “miracolo economico” cominciava a mettere le radici nel nostro paese un grande valtellinese di quell’epoca, il ministro del Bilancio Ezio Vanoni, presentò il suo ambizioso “Schema di sviluppo” in Parlamento. Ne scaturì un pezzo di storia, non solo economica, d’Italia. Oggi siamo a un momento altrettanto importante della nostra vicenda storica. Servono piani non meno coraggiosi. E soprattutto uomini, valtellinesi o meno, in grado di tradurli in realtà.

di Carlo De Benedetti
http://www.ilfoglio.it/soloqui/4973
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#3044
Le false virtù della Cassa Integrazione
di Giovanni Perazzoli

Abbiamo sentito spesso ripetere che la Cassa Integrazione italiana ha mostrato tutte le sue mirabolanti virtù nel far fronte alla crisi economica attuale.

In realtà, quello della Cassa Integrazione è uno strumento arcaico, nato vecchio, e del tutto lontano dalla logica europea, ma estremamente prezioso per mantenere lo status quo del potere italiano.

Qual è la differenza essenziale tra la Cassa Integrazione e il reddito minimo garantito in vigore in tutta Europa?

La differenza è racchiusa nella locuzione “diritto soggettivo esigibile”. Il salario di disoccupazione (chiamiamolo così, con formula generale) si ottiene nei Paesi europei (Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, Austria, Lussemburgo, Spagna, oltre che Danimarca, Svezia, Norvegia…) senza alcuna mediazione: è appunto un diritto soggettivo esigibile. Se si è maggiorenni e disoccupati, si entra in un ufficio, si riempie un modulo e si ottiene, oltre a una somma in denaro (determinata da parametri oggettivi), mensile o settimanale, anche un aiuto (sempre in base a parametri definiti e oggettivi) per l’alloggio. Tutto libero, senza mediazioni, con la possibilità potenziale di beneficiarne in modo illimitato.
Non così in Italia. La Cassa Integrazione italiana presuppone infatti una mediazione, sindacale e governativa. È uno strumento discrezionale. Qualcuno decide se erogarla, a chi concederla e per quanto tempo. E non ne beneficiano tutti i lavoratori.

La differenza, come si capisce, è enorme.

La discrezionalità fa sì che chi ottiene la Cassa Integrazione è di fatto condannato a dipendere dal sindacato e dalla politica.

Non solo. Rispetto al salario di disoccupazione europeo, la Cassa integrazione produce lavoro e nero e disoccupazione. Il cassintegrato che trova un lavoro, infatti, perde il diritto al sussidio senza la sicurezza di riaverlo se viene licenziato di nuovo; quindi non accetterà mai dei lavori temporanei o insicuri. Mentre accetterà di lavorare in nero.

Al contrario, il salario di disoccupazione europeo, proprio perché è un diritto e non presuppone alcuna “concessione”, mette chi ne beneficia nella condizione di accettare un lavoro temporaneo o insicuro. Se va male, si fa sempre in tempo a tornare nell’ufficio, compilare di nuovo il modulo etc.

Non solo, dunque, la Cassa Integrazione sperpera denaro, ma lo sperpera producendo una serie di danni aggiuntivi: incoraggia il lavoro nero e scoraggia la ricerca di un lavoro.

Ma allora perché se ne cantano le lodi?

Perché il bisogno crea consenso. La discrezionalità della Cassa Integrazione può essere piegata a varie esigenze di clientela e di potere. Al contrario, il diritto soggettivo esigibile rende il cittadino libero e indipendente da partiti e apparati.

In un recente articolo, Tito Boeri ha rilevato che la discrezionalità della Cassa Integrazione è stata ulteriormente piegata ad usi politici e clientelari: “La Cassa Integrazione in deroga, pagata da tutti i contribuenti e non dalle imprese ed erogata con discrezionalità quasi totale della politica, è, dopotutto, un’invenzione della Lega. Ha dato più risorse al tessile della bergamasca che a molte altre aziende che avevano altrettanto bisogno di aiuto (e un futuro meno improbabile) in altre parti del paese. Nelle province dove la Lega governava, vi è stato un ricorso massiccio a questo strumento: Brescia, ad esempio, ha raccolto il 20 per cento dei fondi stanziati in Lombardia quando il suo peso sull’occupazione della Regione supera di poco il 10 per cento. Ma ci sono tanti altri trasferimenti occulti, di cui non si ha traccia”.
La logica è la stessa che al Sud è stata utilizzata per le pensioni di invalidità, che in Italia vanno a comporre l’altra voce (clientelare) che sostituisce il salario di disoccupazione. La “rivoluzione” della Lega non si è proposta di cancellare gli sprechi in nome dell’equità; no, ha preteso che il Nord, o meglio, il bacino del proprio elettorato, ottenesse le stesse forme di elemosina statale del Sud. Non diritti, ma concessioni di appartenenza.

Pensioni di invalidità e Cassa integrazione sono due colonne importanti del “consenso” in Italia. E, manco a dirlo, costano molto di più del salario di disoccupazione europeo, producendo in più degli effetti disastrosi non solo sul piano civile, ma anche su quello economico. Mentre il salario di disoccupazione europeo crea maggiore disponibilità al rischio d’impresa, la cassa integrazione e le pensioni di invalidità producono parassitismo, furbizia e corruzione.
È facile capire che se si parla poco della differenza tra Italia ed Europa nel gestire la disoccupazione è perché i partiti, i sindacati, e anche parte dell’economia, ne traggono vantaggi.

Non è assolutamente vero che in Italia la crisi è stata più dolce che in altri paesi. È vero invece che la crisi è stata più dolce con il ceto politico. Per le ragioni dette.

In Italia la crisi crea “consenso”, perché l’unica salvezza alla miseria è il clientelismo. Del resto, il modello del consenso basato sul bisogno è quello secolare della Chiesa cattolica, grande ispiratrice, culturale e non solo, della politica italiana.
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... egrazione/

(19 aprile 2010)
omnia munda mundis

#3045
Pdl, è rissa tra Berlusconi e Fini
"Non sono un traditore e non taccio"
"Se vuoi fare politica, dimettiti"


14:05 Berlusconi: "Se vuoi fare politica lascia la presidenza della Camera"
"Hai cambiato totalmente posizioni: martedì nel tuo studio davanti a Gianni Letta mi hai detto 'sono pentito di aver fondato il Pdl' e che volevi fare gruppi autonomi in Parlamento. Gianfranco, valeva la pena di fare contrappunto politico quotidiano al Pdl, al premier, al governo? Diciamocele tra noi queste cose! Ma tu alle riunioni non sei mai voluto venire e non c'eri neanche a piazza San Giovanni. Un presidente della Camera non deve fare il politico, se vuoi farlo lascia quella poltrona". Fini si alza e dice: "Che fai mi cacci?"
http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... i-3532282/
omnia munda mundis