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#272
Benvenuta! E poi single non vuol dire infelice :-)

P.S. A proposito di Massimo Gramellini: è uscito il suo libro, edito se non erro da Longanesi, "L'ultima riga delle favole". Appena vado dal mio spacciatore di libri, lo prendo... la lista degli acquisti si sta facendo lunga!
Immagine

#273
Io sono single da 6 anni ormai....e stò cominciando a costruire casa con mio fratello (bifamiliare) che invece è fidanzato.
Mi domando quanto l'avere una casa mia mi farà cambiare.
Ho 32 anni e vivo ancora con i miei.

#274
JOtarokuJO ha scritto:Io sono single da 6 anni ormai....e stò cominciando a costruire casa con mio fratello (bifamiliare) che invece è fidanzato.
Mi domando quanto l'avere una casa mia mi farà cambiare.
Ho 32 anni e vivo ancora con i miei.
vedrai che avere una casa tutta per te sarà tutto un altro mondo. Avrai la tua autonomia, imparerai a saperti gestire da solo, ad organizzarti e a fare quel che ti va... :D
Poi ci racconterai... :wink:

#275
Io sono andato a vivere da solo da poco più di un mese...all'età di 31 anni.
ECCOME se cambia la vita! Radicalemnte!
Non sono certo le maggiori libertà che la fanno da padrona però. Penso che un trentenne che vive ancora a casa dei genitori di libertà ne ha pressochè in egual misura...tranne forse il girare nudo per casa e invitare amici e amiche o magari entrambe le cose in contemporanea :P :lol: non è che cambi molto la cosa..... :wink:
Aumentano invece esponenzialemente i propri doveri e le propre responsabilità. A parte le ovvietà come lavare, stirare, cucinare, sistemare, pulire.........ci si rende conto che si va oltre! Tante piccole grandi decisioni da prendere, i SOLDI DA AMMININISTRARE che non bastano mai....la propria sicurezza da salvaguardare.......e via dicendo...
IL gioco vale la candela? ASSOLUTAMENTE SI!!!
Ci si abitua presto a tutto :wink:

#276
Saul1978 ha scritto:Io sono andato a vivere da solo da poco più di un mese...all'età di 31 anni.
ECCOME se cambia la vita! Radicalemnte!
Non sono certo le maggiori libertà che la fanno da padrona però. Penso che un trentenne che vive ancora a casa dei genitori di libertà ne ha pressochè in egual misura...tranne forse il girare nudo per casa e invitare amici e amiche o magari entrambe le cose in contemporanea :P :lol: non è che cambi molto la cosa..... :wink:
Non sono proprio d'accordo. A me era diventato intollerabile condividere lo spazio con i miei. Era un continuo litigare per la televisione, il divano da occupare, mangiare a certi orari... Andarmene era l'unica soluzione per non essere relegata in camera mia come una sedicenne.
Aumentano invece esponenzialemente i propri doveri e le propre responsabilità. A parte le ovvietà come lavare, stirare, cucinare, sistemare, pulire.........ci si rende conto che si va oltre! Tante piccole grandi decisioni da prendere, i SOLDI DA AMMININISTRARE che non bastano mai....la propria sicurezza da salvaguardare.......e via dicendo...
IL gioco vale la candela? ASSOLUTAMENTE SI!!!
Ci si abitua presto a tutto
Questo poi è assolutamente vero! e quoto in toto :wink:
B1
Sweet home

#277
Anche io sono uscita da casa dei miei genitori a 30 anni, non proprio presto quindi (tardissimo rispetto al resto d'Europa) e credo sia proprio il passo che davvero fa diventare adulti, anche se si resta nello stesso paesino...

È il primo passo per affrontare ogni nostra paura

e si sa che sono spesso le paure a colmare la distanza che ci separa dai nostri sogni
ALBUM! (vecchio topic con link a foto)

#278
:wink: Eli ciao! avevano invocato il tuo ritorno qui.
:roll: Eri a Berlino? :D
http://www.alfemminile.com/album/homesweethome63
Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo

#280
EliBlu ha scritto:
Immagine
hemmm....

ho latitato un po'.....

a Berlino sono stata lo scorso weekend, ma appunto sono stati solo 3 giorni.... per il resto... latitavo di mio!

(ma non sono uscita dai singlesssss)
:wink: Avrai avuto di meglio da fare!
Beh per il resto che fretta c'é?? :D
http://www.alfemminile.com/album/homesweethome63
Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo

#281
EliBlu ha scritto:
Immagine
hemmm....

ho latitato un po'.....

a Berlino sono stata lo scorso weekend, ma appunto sono stati solo 3 giorni.... per il resto... latitavo di mio!

(ma non sono uscita dai singlesssss)
ti rispondo da persona che latita anche a Berlino... certo non è la citta ideale per fare dating soprattutto se sei donna, non gay , e italiana .... :D :D
Ultima modifica di raquel80 il 11/06/10 11:01, modificato 1 volta in totale.

#282
Mercury ha scritto:ho letto una bella risposta di Gramellini nella sua rubrica "Cuori allo specchio", mi sembra interessante condividere ;)
http://www.lastampa.it/forum/forum2.asp?IDforum=463
Fondamentalmente credo che l’odierna instabilità emotiva di molti di noi (me compreso) sia indotta da una incertezza lavorativa che va a pregiudicare la nostra capacità di fare progetti, facendo cadere una delle famose 3P (Passione, Pazienza, Progetti), ingredienti necessari per una relazione non pretendo felice, ma perlomeno serena.

La grande difficoltà che incontriamo noi più-che-trentenni nell’avere un lavoro stabile e civilmente remunerato spesso ci costringe a continuare a vivere nel nido familiare, impedendoci di sviluppare una personalità adulta, ossia emancipata dalle figure genitoriali, che consapevolmente o no continueranno a essere le nostre infantili ancore di salvezza, anziché permetterci il lusso di ucciderli (metaforicamente, per carità) come asseriva Freud.

Guardando intorno, ci si accorge di quante coppie vivono con appresso i genitori che fanno da baby sitter ai nipotini o pagano le rate del mutuo degli sposini, o alla peggio tutte e due le cose. Quanti sono i ragazzi-uomini che, non potendosi permettere un affitto per la loro tecnologica caverna in cui trascinare la propria donna conquistata a suon di sms, si consolano con un Suv nuovo di pacca e il pranzo pronto da mammà?
Quante sono le ragazze-donne (s)vestite come adolescenti che pavoneggiano per i locali della città aspettando solo un chirurgo neodivorziato, magari non così bello o sensibile, ma per lo meno con un sostanzioso contratto statale che permetta loro di lasciare il tanto amato papà-Bancomat?

Insomma, tutti quanti ancora legati dai più disparati cordoni ombelicali, disposti o costretti a restare eterni adolescenti, con il beneplacito dei genitori che, sotto sotto, sperano - un giorno - di non doversi pagare la badante o trovarsi completamente soli.
Io me ne sono andato cinque anni fa e a 200 km di distanza da casa. Ma ho sempre trovato grandi difficoltà che oltretutto non sono ancora finite, costringendomi a volte a fare dei compromessi di cui probabilmente mi pentirò. Ma essere un docente precario della scuola italiana di certo non giova alla mia capacità di offrire sicurezza a me stesso, figuriamoci a qualsiasi donna-ragazza in cerca di quella legittima sicurezza per mettere su famiglia e generare nuova vita.
CQZ_

Risposta
Prima di dire che hai torto (lo farò fra qualche riga), vorrei dirti che hai ragione. La precarietà dei posti e l’esiguità degli stipendi hanno sconvolto una generazione. Se non hanno ancora terremotato la società è solo perché gli italiani adorano la famiglia almeno quanto detestano lo Stato, e per i propri familiari sono disposti a tutto. Anche a erodere i risparmi di una vita, che è esattamente quello che sta succedendo, con i nipoti che campano grazie ai soldi che i nonni avrebbero voluto lasciare in eredità ai figli.

La grande domanda del futuro è la seguente: se per essere competitivi con le nazioni emergenti bisogna tagliare il costo del lavoro (cioè ridurre all’osso gli organici e abbassare gli stipendi), alla fine del percorso non rischieremo di avere una società dei consumi senza più consumatori? Non può certo essere un postino del cuore a dare la risposta. L’unica che mi è sempre venuta in mente è che bisognerebbe esportare in Oriente i sindacati e il Sessantotto: aumentare le garanzie lì, anziché abbassarle qua, in modo da pareggiare al punto più alto le condizioni della sfida.

Ma ci vorrà qualche decennio perché ciò accada e nel frattempo che si fa? Smettiamo di sposarci, di mettere al mondo figli, di credere nel futuro? Siamo così sicuri che in passato tutti navigassero nell’oro? Eppure ci si innamorava e si scommetteva sull’avvenire. Qualcuno scappava anche di casa per sposarsi contro la volontà dei genitori. La tavola era stretta e la minestra poca, ma appena arrivava un commensale nuovo, ci si stringeva e si riduceva la porzione nei piatti.

Non mi sono mai riconosciuto nei pauperisti, che (spesso solo a parole) esaltano una vita di stenti come condizione indispensabile per recuperare i valori affettivi e spirituali della solidarietà, del distacco, dell’amore. Però non sopporto nemmeno i succubi del sistema turboconsumista, che associano il successo, personale e sentimentale, alla possibilità di cambiare vorticosamente gli oggetti. Da inesausto teorico del «giusto mezzo», mi ostino a pensare che il male stia sempre nell’esagerazione: in un senso o nell’altro.

So bene che una casa e un minimo di soldi per vivere sono cosa molto diversa dal vestito griffato e dal Suv. Però penso che dietro certi ragionamenti impeccabili come il tuo si nasconda la paura. Non immagini nemmeno che miracoli possa compiere l’amore, se è quello giusto. Ho visto coppie innamorate unirsi senz’altro capitale che il progetto di coniugare insieme i verbi al futuro. Ho visto ragazzi e ragazze lavorare senza risparmio pur consentire a se stessi o al proprio partner di laurearsi. Ho visto sacrifici impastati di sogno e persone crescere dentro il loro amore, un giorno dopo l’altro, un euro dopo l’altro, un obiettivo dopo l’altro.

Ben vengano gli aiuti dei genitori e dei nonni. Ma in qualunque epoca dell’umanità, anche in quelle infestate dalle peggiori carestie, a un certo punto il giovane rompe la gabbia e va incontro alla propria vita. Tu lo hai fatto, ma solo a metà: sei andato lontano da casa, ma continui a giustificare la tua solitudine con la precarietà. Butta via le tue scuse, anche quelle fondate. Come diceva un mio professore al liceo, i «se» e i «ma» sono la patente dei falliti. Nella vita si diventa grandi «nonostante».

MASSIMO GRAMELLINI
Bello il pezzo di Gramellini, e concordo sul fatto che la forza 'disperata' dell'amore sopperisca alle difficoltà, ma è l'estrema ratio. Tra la precarietà e il SUV ci dovrebbe essere il paese civile (e cattolico) che dovrebbe favorire le unioni e la famiglia. Perciò, il mio pensiero in gran parte si sovrappone al lettore de La Stampa.. :roll: