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#3
ah beh... la lingua felpata di Saccà aveva già fatto faville 4 anni orsono per piazzare Michelle Bonev al Dopofestival :lol: :lol: :lol: ma chi vuoi che se lo ricordi :mrgreen:
Nell'Italia dei Borgia ci sono stati massacri, terrore, assassinii e hanno prodotto da Vinci, Michelangelo e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto 500 anni di pace e amore fraterno, e cos'hanno fatto? L'orologio a cucù.

#7
Scandalizzarsi no, ma delusi per avere l'ennsima prova che la politica non funziona per degli ideali o delle cose da portare avanti, ma che si prendono accordo con tizio e caio per avere maggiornaze, che se io faccio mettere una valletta a te tu in cambio voti per me, per il fatto che la Rai non dovrebbe dipendere dalle richieste di un membro dell'opposizione....e via dicendo....cose che si sanno già ma che ogni volta che le senti ti/MI riempiono di schifo
Utente gemellata con Abigaille e Boo

#8
ahhhhhhhhhhh....bah.... :shock: e devo esser deluso x ciò?è 50 anni che andiamo avanti con le raccomandazioni!ormai nn mi stupisco più di ciò :D
A OGNUNO IL SUO LAVORO

#10
la raccomandazione x carità,è anche un bene a volte;sopratutto se una persona è in gamba e valida...le altre purtroppoooooooooooooooo...... :evil: :cry:
A OGNUNO IL SUO LAVORO

#11
Claudia81 ha scritto:
kasper1983 ha scritto:ahhhhhhhhhhh....bah.... :shock: e devo esser deluso x ciò?è 50 anni che andiamo avanti con le raccomandazioni!ormai nn mi stupisco più di ciò :D
devo quotare purtroppo :roll:
Nemmeno io :?


Ma avete sentito che voce triste e affaticata..... :shock:

#12
è anziano il berlusca anche se dimostra 50 anni eh :lol: :lol: :lol: beato a lui che ha trovato la fonte della giovinezza :D
A OGNUNO IL SUO LAVORO

#13
Commento di Curzio Maltese su Repubblica:

I sette minuti del padrone
di CURZIO MALTESE


Per capire cos'è stata la politica ai tempi di Berlusconi un saggio serve meno di una telefonata di sette minuti fra il "Presidente" e "Agostino" che chiunque può scaricare dal sito di Repubblica e L'espresso.
Ancora una volta un'intercettazione disvela per caso il vero volto del potere in Italia. Ancora una volta gli intercettati, Berlusconi in testa, reagiscono lamentando la violazione della privacy, senza mai entrare nel merito dei contenuti. Devastanti.

Andiamo alla scena. Protagonisti il presidente, naturalmente Berlusconi, e Agostino Saccà, direttore della fiction Rai, l'uomo più potente della prima azienda culturale italiana, in teoria il capo della concorrenza a Mediaset. I rapporti sono chiari dal "pronto". Saccà dà del "lei" a Berlusconi e lo chiama sempre "presidente". Berlusconi risponde con il "tu" a Saccà, lo chiama "Agostino" e lo tratta come i servi ai tempi di Swift.

Nei sette irresistibili minuti di conversazione, dai quali forse un giorno una Rai libera trarrà finalmente una bella fiction, si mescolano generi teatrali, perlopiù comici, e argomenti. Si parla di televisioni, attrici raccomandate e politica. Senza soluzione di continuità perché sono la stessa cosa.

"Agostino" declama dall'ingresso in scena la sua natura di servo contento. Batte le mani al padrone, che fa il ritroso, lo gratifica di "uomo più amato d'Italia" ("lei colma un vuoto nel Paese, anche emotivamente"), usa il "noi" di parte per vantare la sua fedeltà. "Abbiamo mantenuto la maggioranza nel consiglio d'amministrazione Rai". Quindi, sempre in posizione genuflessa, il servo Agostino porta idealmente la bocca dalla scarpina rialzata del signore all'orecchio per sussurrargli i nomi dei traditori. Non quello ""censured"" di Urbani, come pensa il signore ma "i nostri alleati", An e Lega, "che hanno spaccato la maggioranza per un piatto di lenticchie". Lo implora di "richiamarli all'ordine".

Il Presidente prende nota e passa alle comande di giornata. Ha bisogno che vada avanti la fiction sul Barbarossa ("Bossi mi fa una testa tanta..."). Il fido Agostino acconsente con entusiasmo, ma segnala che il regista Renzo Martinelli ha creato problemi vantandosi troppo con la Padania. Il Martinelli è uno di quegli intellettuali molto di sinistra con eccellenti rapporti a destra e con Mediaset, eppure sempre liberi e alternativi e "contro", checché ne dicano alcuni moralisti borghesi di merda. Nella sintesi di Saccà, a tratti acuta, "un vero cretino".
Comunque non c'è problema, assicura il boss Rai. La fiction s'ha da fare "perché poi Barbarossa è Barbarossa, Legnano è Legnano". Argomenti inoppugnabili. Senza contare l'autocitazione. Saccà è infatti il geniale inventore dello slogan "perché Sanremo è Sanremo". D'altra parte, insiste il servitore, il padrone è così modesto, così liberale, gli chiede sempre tanto poco che è un piacere contentarlo.

"Per la verità, ogni tanto ti chiedo di donne", lo corregge Berlusconi, introducendo la seconda comanda. Si tratta di piazzare la solita Elena Russo e una certa Evelina Manna, per conto di un senatore della maggioranza di centrosinistra col quale Berlusconi tratta la caduta di Prodi. "Io la chiamo operazione libertà" chiarisce Berlusconi, che quando non racconta barzellette, rivela un involontario ma formidabile sense of humour.

Esaudito il terzo desiderio, il genio Saccà, invece di rientrare nella lampada, come nella tradizione, continua a profondersi in inchini e profferte di servigi. Tanto che perfino Berlusconi si stufa e lo liquida.

L'intercettazione è allegata all'inchiesta per cui Berlusconi è indagato con l'accusa di corruzione per la Rai e per il mercato dei voti, come ha rivelato Giuseppe D'Avanzo su Repubblica. In Italia, per effetto del combinato disposto di riforme di giustizia promosse da destra e da sinistra, si sa che i processi a imputati eccellenti finiscono tutti in prescrizione. In assenza di una verità processuale, le intercettazioni servono dunque nella pratica a farsi un'idea del Paese: e l'ascolto, fornisce anche un'idea sulle persone.
Il Paese degli Agostini e dei Berlusconi è una nazione dove la politica non governa nulla, tranne la televisione. Al singolare, perché la telefonata tra il leader della destra e Saccà rivela come il sistema berlusconiano sia una vera "struttura delta" che controlla l'universo Tv. Per necessità, il padrone della televisione è diventato il padrone della politica. Usa l'una per fare l'altra e viceversa.

Ci sarebbe un sistema semplice per interrompere questa perenne fonte di corruzione. Prendere un canestro, ficcarvi dentro in bussolotti una ventina di leggi europee sui sistemi televisivi, quindi estrarne a sorte una. Questo sistema, che rispecchia più o meno la logica seguita per discutere la riforma elettorale, non è mai stato preso in considerazione. Per quanto la riforma televisiva figurasse nei programmi del centrosinistra, prima e seconda versione.

I leader del centrosinistra, comunque si chiamino, alla fine s'innamorano dell'idea di poter trattare con Berlusconi, portatore di un conflitto d'interessi così gigantesco e pervasivo, accordi istituzionali "nell'interesse della collettività". Ora, l'interesse di Berlusconi per la collettività è ben illustrato dal suo dialogo con il boss della tv pubblica. Non si tratta di demonizzare i patti fra destra e sinistra. Se per esempio la sinistra e una parte di destra si trovassero finalmente ad approvare una decente e sempre più urgente riforma della Rai e dei monopoli televisivi, saremmo in prima fila a festeggiare il valore "bipartisan" dell'accordo. Ma allora si rischierebbe davvero di voltar pagina, di cambiare una politica che così com'è farà schifo ma garantisce a tutti un posto al sole, una fiction, una quota raccomandati e fidanzati, il proprio Saccà pronto ad esaudire i desideri.

#14
Aldo Grasso su Corriere della Sera:

il colloquio tra il leader di forza italia e il responsabile di rai fiction
Presidente e Direttore
Una telefonata da film
Saccà sembra un caratterista del cinema anni '50. E il Cavaliere: mi hanno scambiato per il Papa

La telefonata tra Silvio Berlusconi e Agostino Saccà è un piccolo capolavoro di antropologia culturale, il capitolo mancante del «Testimone auricolare» di Elias Canetti, un dialogo surreale degno di Totò e Peppino o una scena rubata da «Le vite degli altri», il bellissimo film sull'«età del sospetto».

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi (Ansa)
Si fatica a credere che sia autentica, impossibile che non ci sia dietro la mano sapiente di Age & Scarpelli, o anche dei fratelli Vanzina.

Chi chiama per primo è Agostino Saccà, il potente capo della fiction Rai. Vuole lanciare un allarme, avvertire il presidente che alcuni membri del Cda della Rai, quelli della Casa delle Libertà, non si comportano come dovrebbero. Saccà sembra un caratterista del cinema italiano degli anni 50. Prima di fare la spia esagera negli elogi: «Lei è sempre più amato nel paese... guardi glielo dico senza nessuna piangeria (piaggeria forse, ma anche piangeria è vocabolo stupendo)... c'è un vuoto... che lei copre anche emotivamente». La spalla deve fare proprio questa parte, giusto perché il primo attore abbozzi. Così a Berlusconi viene servita su un piatto d'argento la battuta: «Socialmente, mi scambiano... mi hanno scambiato per il Papa». Mancano solo gli applausi. La telefonata segue questo andamento: inizia dai massimi sistemi (il Cda della Rai) e finisce con le girls. In realtà le girls sono sempre presenti e a poco a poco si rivela come l'elemento determinate dell'«operazione libertaggio»: le frasi, i silenzi, le descrizioni, le allusioni compongono un album di fisionomie auditive, il ritratto tragicomico e inconfondibile di questo nostro inguaribile Paese. Totò e Peppino. Per le rispettive segretarie, l'uno è Presidente e l'altro Direttore. Ma dal tono della telefonata i ruoli si precisano meglio. Berlusconi è il Capo e da del tu al sottoposto. Saccà invece si attiene a un deferente, fantozziano lei: «Presidente io la disturbo per questo, per una cosa fondamentale, volevo dirle alcune cose della Rai importanti... Li richiami lei all'ordine ». Il capo prende nota e ogni tanto, stancamente, chiede favori. Epiteti. Quando ci vogliono ci vogliono. Giuliano Urbani «fa lo "censured"» e «fa altre cazzate», la Lega cede «per un piatto di lenticchie», Giovanna Bianchi Clerici, membro del Cda in quota Lega, è «la soldatessa».

Lo splendore retorico, però, è il climax nei confronti del regista Renzo Martinelli, accusato da Saccà di aver rilasciato un'intervista inopportuna: «Il regista è Martinelli, che è un bravo regista, però è uno stupido, un ingenuo, un cretino proprio... ». Servito di barba e capelli. La cultura. Berlusconi chiede un favore a Saccà. Che si giri questa benedetta fiction sul Barbarossa. È appena stato a cena con Umberto Bossi che gli ha fatto una «testa tanta». È qui che Saccà taccia d'ingenuità Martinelli per aver svelato il mistero: la Lega pretende la fiction. Saccà si abbandona a una piccola lezione di storia, non prima però di cadere in contraddizione. Berlusconi gli ha appena chiesto un favore ma lui, imperterrito, ribadisce «non è vero (cosa scrivono i giornali), lei è l'unica persona che non mi ha chiesto mai niente...». Berlusconi, più onesto e spiritoso: «Io qualche volta di donne... e ti chiedo... per sollevare il morale del capo». Ma ecco la potente sintesi culturale per cui bisogna comunque girare la fiction. Saccà: «Perché Barbarossa è Barbarossa, perché Legnano è Legnano, perché i Comuni a Milano hanno segnato la civiltà dell'Occidente... voglio dire...». Berlusconi (sfinito): «D'accordo...». L'operazione libertaggio. Visto che Saccà ha chiamato, e che poi in settimana devono vedersi, Berlusconi ne approfitta per piazzare due signorine, Elena Russo ed Evelina Manna, «dilaniato dalle pretese di coso». Coso non ha un nome ma nella sceneggiata funziona benissimo. Per la signorina Russo le cose non devono essere andate tanto bene ma il fido Saccà promette e tranquillizza: «C'è un progetto interessante... adesso io la chiamo». Per la signorina Manna le cose sono un po' più complicate (intanto i due non hanno il suo numero di telefono e Berlusconi consiglia di cercarlo su Internet, geniale!), oscillano tra i meandri di una vita politica regolata sulle astuzie di Talleyrand e le grandi manovre in stile «Giovannona coscia lunga». Insomma, c'è qualcuno della maggioranza cui sta a cuore questa Manna del cielo in cambio di un trasloco politico (il Capo: «Io sto cercando... di aver la maggioranza in Senato... e questa Evelina Manna può essere... perché mi è stata richiesta da qualcuno... con cui sto trattando»). Saccà capisce al volo: «Presidente... a questo proposito, quando ci vediamo, io gli posso dire qualcosa che riguarda la Calabria... interessante». La manovra in codice si chiama «operazione libertaggio», qualcosa a metà fra la libertà e il libertinaggio. Ma dove si trovano due sceneggiatori così bravi? P.S. Dopo essere stato tirato in ballo dalle intercettazioni fra Luciano Moggi e Aldo Biscardi, mi tocca ora l'onore di essere oggetto delle chiacchiere fra Berlusconi e Saccà (e mi pare anche di intravedere qualche analogia). La mia opinione da semplice critico era la seguente: la fiction della Rai è modesta perché non segue una linea editoriale ma cerca di accontentare tutti. Non ho mai detto che Saccà fa quello che gli dice Berlusconi, ma ho scritto: «Non oso immaginare le telefonate che in questi anni Agostino Saccà ha ricevuto da politici, dal consiglio d'amministrazione, da vari potentati». Ma certo una telefonata così non potevo proprio immaginarla.

Aldo Grasso

#15
Massimo Malpica - Il Giornale

Roma - Sono i giorni del fango. Dalle segrete - nemmeno troppo, a quanto pare - stanze della Procura di Napoli al sito web dell’Espresso: l’intercettazione di una telefonata tra il direttore (autosospeso) di Rai Fiction, Agostino Saccà, e Silvio Berlusconi finisce online. Il tutto il giorno dopo l’arrivo ai suoi legali dell’avviso di chiusura indagini emesso dal pm Vincenzo Piscitelli. Finora la pubblicazione delle trascrizioni di conversazioni scottanti, come nel caso Unipol per Fassino e D’Alema, era bastata a sollevare polemiche a non finire. Ora, per Berlusconi, spunta il sonoro. Una berlina mediatica e una duplice violazione, della privacy e delle prerogative parlamentari del capo dell’opposizione. In serata lo manda in onda anche il Tg1, scatenando la reazione del legale di Saccà, Marcello Melandri, che paragona l’ammiraglia dei telegiornali a «Le vite degli altri», il film sulla Stasi, il servizio segreto dell’ex Germania Est: «Non siamo nella Germania di Honecker», commenta l’avvocato. Ricordando che quella telefonata, nella quale Saccà e Berlusconi parlano del Cda Rai, della fiction «Barbarossa» e di due attrici, «non aveva alcuna rilevanza penale».

Mentre la fuga di notizie diventa multimediale e gli atti dell’indagine napoletana finiscono in rete, i legali del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, presentano un esposto al garante della Privacy e annunciano azioni legali contro Repubblica e l’Espresso. «A 24 ore dal deposito degli atti alla difesa - scrivono in una nota i due legali- sul sito del quotidiano La Repubblica e del settimanale L’Espresso, vi sono già delle intercettazioni di conversazioni, in audio, fra Berlusconi e Saccà. Dopo la clamorosa ed evidente violazione del segreto d’indagine avvenuta nei giorni scorsi e sulla quale sta investigando la Procura di Napoli non è dato comprendere come sia pervenuta anche la versione audio al quotidiano, in ulteriore violazione di legge».

Fin qui il collegio difensivo del Cavaliere. Ma anche il presidente della Commissione ministeriale per la riforma del Codice Penale, il giurista Giuliano Pisapia, un passato recente da deputato di Rifondazione, ritiene «gravissimo» che la registrazione sia finita online, e invoca l’intervento del Garante. «Portare a conoscenza una telefonata tra due persone isolata dal suo contesto - spiega dai microfoni di RadioDue - credo che sia ingiusto e che mini la privacy dei cittadini, diritto che dovrebbe essere garantito anche con l’intervento dell’Authority». «Questa telefonata - insiste il giurista - non è pubblica, è coperta da segreto, non sono terminate le indagini e non è pubblicabile: la sua pubblicazione comporta un vero e proprio reato».
Di fronte all’ennesima fuga di notizie, Pisapia non solo ribadisce che «chi ha dato all’esterno questa telefonata commette un gravissimo reato», ma stigmatizza anche il tentativo di usare l’intercettazione come «arma» politica contro Berlusconi, rendendola di pubblico dominio: «Ritengo che non si possa fare politica e usare come strumento politico una telefonata il cui contenuto deve essere analizzato in un contesto più ampio». Sulla vicenda, in serata, interviene anche Palazzo Chigi, auspicandosi in un comunicato che la magistratura «indaghi ma senza dimenticare le prerogative delle persone su cui indaga e rispettando le garanzie costituzionali». Un duro attacco ai magistrati napoletani arriva dal vicepresidente di Forza Italia a Palazzo Madama, Emiddio Novi.

Per il senatore azzurro, i giornali che hanno pubblicato la registrazione «sono le gole profonde di un potere giudiziario che da tempo ha deragliato nell’insubordinazione verso le regole dello Stato di diritto». Novi invita infine l’Anm a «interrogarsi sul significato intimidatorio di un’inchiesta finita nel nulla e attivata solo per intimidire i senatori che volevano negare la loro fiducia a Prodi», invece di «ignorare i comportamenti eversivi che emergono dall’operato di una Procura in balia di una fazione di sinistra intollerante e intimidatrice».