#51
da cyberjack
Dico la mia sull'argomento...
non credo che l'isitnto materno (o paterno) o ce l'hai o non ce l'hai...
Credo tuttavia, che nel momento in cui insorga, insorge incondizionatamente.
Ne sono la prova le donne, giovani madri, che durante l'assedio della scuola in Ossezia hanno dato la vita per difendere i "figli"... poco importava se fossero figli loro o di altre giovani madri.
Loro erano lì, in quel momento, e si sentivano "madri".
Il concetto di madre è troppo ampio per limitarlo nella forma a specifiche situazioni...
è madre chi funge da incubatrice per il nascituro, è madre che condivide con il futuro figio il proprio nutrimento, è madre che lo da alla luce, è madre che lo nutre con il proprio corpo, è madre che ne assucra la crescita, la protezione, è madre che gli impartisce un'educazione, è madre che lo segue nel suo sviluppo di essere umano fino a quando non è in grado di proseguire da solo...
Il ruolo della madre (o "delle madri", perchè le figure possono essere molteplici... vedi l'esempio di chi è allevato dalla zia, o da genitori adottivi, o "subentra" ad una madre non più presente) è anche, e sopratutto, quello di assicurare la continuazione della spece, quello di fare in modo che le risorse siano distribuite in modo tale da garantire la massima percentuale di successo.
Questo cosa significa? Significa che la madre può essere obbligata a fare delle scelte.
Mi viene in mente l'esempio delle famiglie contadine, che in mancanza di risorse, uccidevano i propri figli appena nati, prima ancora del primo vagito.
Era egoismo? Io non lo credo... credo fosse amore nei confronti degli altri figli...
E questa è solo una delle innumerevoli scelte difficili, criticabili e meritevoli di biasimo, ma al contempo necessarie.
La domanda è questa: Estendendo il concetto di "madre", estendendolo quindi non al solo procreare, ma al "nutrire" (fisicamente, intellettualmente, spiritualmente), è ancora comprensibile che il DNA rappresenti un motivo di scelta?
Esempio banale: Se il mio figlio naturale è più debole (malato o altro) e il mio figlio acquisito è più forte, in caso di drammatica necessità di scelta, è giusto che la continuazione del mio DNA diventi criterio decisivo?
Dovrei comportarmi come la leonessa, che lascia morire il più debole per permettere al più forte di sopravvivere, o dovrei comportarmi diversamente, lasciando in vita il più debole, a discapito del "non mio"?
non credo che esistano risposte giuste o sbagliate... non credo che esistano proprio risposte....
E tuttavia, mi rendo conto di come la ragione e l'istinto spesso vadano di pari passo (è più ragionevole ed è anche istintivo che il forte sopravviva) ma che, egoisticamente, l'uomo riesce ad ignnorare entrambi per il proprio rendiconto personale, inventandosi milioni di scuse per avvallare la propria scelta.
Altro esempio (molto più banale e leggero) è l'inquinamento... Ragione e istinto che dicono che non possiamo avvelenare l'habitat in cui le nostre "prede" e fonti di sostentamento vivono, altrimenti ne risentiremmo noi in prima persona. Eppure l'uomo si "inganna" continuamente inventando scuse che riparino la propria coscenza e lo mettano nell'egoistica posizione di dire "ho dei motivi per inquinare addirittura più importanti di quelli che dovrebbero trattenermi dal farlo".
Ed in tal modo, andiamo avanti ignorando noi stessi...
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