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Inviato: 28/05/08 9:35
da Kalimeroxxx
fedelyon ha scritto:
Kalimeroxxx ha scritto:la popolazione italiana è di 58.147.733 quella straniera 2.670.514, calcolando le approssimazioni dovute alla presenza di clandestini si può facilmente evincere che in percentuale gli stranieri presenti nelle nostre carceri sono molto di più dei cittadini italiani
Non sono anche i soggetti più ricattabili forse?
:roll: ovvio ma cosa c'entra? io non ho scritto da nessuna parte il perchè si trovano in carcere o perchè delinquono ho solo dimostrato a boo che il probelma è decisamente fondamentale e non creato ad arte per impedire che la popolazione si concentri su altro... :lol: :lol: :lol: se vogliamo poi parlare delle cause e delle soluzioni va benone, ma è un altro argomento
.
fedelyon ha scritto: E il problema che ha sottolineato boo è importante. Le famiglie italiane faticano ad arrivare alla fine del mese ed è facile accusare lo straniero che ti ruba il lavoro perché accetta condizioni peggiori.
E in quello che dici sotto ti sei dimenticata di riportare che la percentuale sarà anche più bassa, ma anche i salari e le condizioni lavorative lo sono altrettanto. ;)
In Italia il lavoro a tempo determinato è un supplizio.
fede non è che però uno dice A e tu gli rispondi B :lol: :lol: :lol: :lol: sembri me... :lol: :lol: :lol: io non ho detto che il tempo determinato è una figata o che non ci sono problemi economici, ho solo dimostrato con i numeri quanta parte della popolazione è riguardata da questo problema, poi che il problema vada afforntato e non trascurato l'ho evidenziato sopra...
i dati riportati erano solo a dimostrazione di come la percezione personale delle cose sia condizionabile da informazioni parziali tutto qui :wink:
:roll:

Inviato: 28/05/08 9:43
da Kalimeroxxx
boo ha scritto:kali...
tu ne fai una questione di numeri, io di problemi che si creano.

credo siano giuste entrambe le versioni, o a vederla in negativo... credo siano egoiste entrambe le versioni! :lol:

la maggior parte degli stranieri in cella è lì per piccoli furti o scippi, spaccio... cose che a me non toccano, o che se mi toccano mi tolgono poco.
la condizione di impotenza del lavoratore subordinato e di mancanza di potere di spesa tocca molte persone, in maniera decisiva e quasi invalidante ogni mese.
quindi, sebbene i numeri possano dire altro, non sono gli scippatori o i clandestini che mi preoccupano... egoista. lo so. :wink:
boo la tua è una visione non dei problEmi dell'Italia ma dei problemi che riguardano boo ( e quElli nella sua situazione) punto...
a me va anche bene, ma a livello sociale mi verrebbe da dire un bel chi se ne frega...
allora io posso dire dato che non sono precaria, e che mi hanno scippato ..per me il problema è lo zingaro che mi ha scippato e non il resto...visto che poi sono in maggioranza chi se ne frega del resto, anzi il resto non è un problema...come vedi il tuo ragionamento fa acqua da tutte le parti impostato in questo modo...
i problemi che riguardano la maggioranza della popolazione sono i problemi principali di un paese...questo è implicito nel concetto stesso di stato...ovvio che non significa affatto che i problemi che colpiscono le minoranze vadano ignorati anzi, ma cercavo di dimostrare che bisogna guardare nel complesso la realtà non solo il proprio giardino e pensare che i problemi che non ci toccano non sono importanti o fondamentali

Inviato: 28/05/08 10:31
da Mercury
Kalimeroxxx ha scritto:
boo ha scritto:la maggior parte degli stranieri in cella è lì per piccoli furti o scippi, spaccio... cose che a me non toccano, o che se mi toccano mi tolgono poco.
la condizione di impotenza del lavoratore subordinato e di mancanza di potere di spesa tocca molte persone, in maniera decisiva e quasi invalidante ogni mese.
quindi, sebbene i numeri possano dire altro, non sono gli scippatori o i clandestini che mi preoccupano... egoista. lo so. :wink:
boo la tua è una visione non dei problEmi dell'Italia ma dei problemi che riguardano boo ( e quElli nella sua situazione) punto...
a me va anche bene, ma a livello sociale mi verrebbe da dire un bel chi se ne frega...
allora io posso dire dato che non sono precaria, e che mi hanno scippato ..per me il problema è lo zingaro che mi ha scippato e non il resto...visto che poi sono in maggioranza chi se ne frega del resto, anzi il resto non è un problema...
bisogna guardare nel complesso la realtà non solo il proprio giardino e pensare che i problemi che non ci toccano non sono importanti o fondamentali
Boo io vorrei, spero di, aver capito lo spirito del tuo intervento.... :roll: ma al dilà della ragionevole incazzatura/tristezza/rassegnazione... o meglio, dello sgomento, piuttosto che ragionare come se si fosse spettatori, tu in prima persona cosa vorresti fare innanzitutto?
Ho la sensazione che si stia facendo un po' di confusione.
boo ha scritto:ogni mese - anche se è difficilmente quantificabile - mi tolgono (rubano?) almeno 200 euro fra stipendio basso, contributi/cassa sanitaria/malattia/ferie inesistenti da contratto. e la cosa brutta è che i soci dello studio per cui lavoro non possono fare altrimenti, perché non esiste un sistema che li aiuti ad assumermi, e loro non ce la fanno proprio.

ma non vedo proteste contro il lavoro precario, non vedo scioperi contro la benzina e l'onnipotenza delle multinazionali
Ma ti sei presa la briga di vedere il bilancio dello studio per cui lavori o ti fidi di quello che ti hanno detto i titolari? :roll:
No... sai perchè... nella mia vecchia società eravamo tutti strozzati e con contratti a progetto e PIVA... poi è cambiato l'amministratore e magicamente sono stati tutti assunti a tempo indeterminato... e non è che nel frattempo fosse cambiato qualcosa in termini di clienti/fatturato...
Che le società facciano fatica è vero, ma che piangere miseria sia lo sport nazionale è vero altrettanto :?

Se ritieni che il tuo contratto non sia equo, se è questo che tocca da vicino te e tante altri come noi, forse sei tu la prima a non lamentarti perchè un lavoro è sempre meglio di niente? E probabilmente tanti altri come te o come noi per lo stesso motivo non scendono in piazza?
boo ha scritto:è emerso un sentimento che provo: la sensazione che "il popolo" stia guardando dalla parte sbagliata, che percepisca come pericolo ciò che non è poi così pericolo.

sono sbalordita che esista un odio così forte per lo straniero, il poveraccio, forse ladro o forse no.
e sono sbalordita che al contempo accettiamo, tutti, una situazione sociale sempre più degradante (perché io, Dottoressa Magistrale con pieni voti, sono due anni che mi sento degradata nei vari lavori), senza neanche tentare di combatterla.
Perdonami ma a me sembrano due discorsi diversi :roll:
O meglio.
Sono due differenti ragioni di malcontento che sussistono contemporaneamente, ma non trovo evidenze del fatto che una cosa fomenti l'altra per causa/effetto :roll:
Il "diverso" -lo dice la parola in se- è qualcuno che, per quanto possa lavorare ed essere ben integrato, non sarà mai come una persona nata e cresciuta qui. E lo dico con rispetto, non con disprezzo, perchè quando una persona lascia il suo paese non vedo perchè debba totalmente dimenticarsi le sue radici pur avendo il buon senso di rispettare le regole del luogo dove si è trasferito.
La cultura della diffidenza però, è molto, ma mooolto più vecchia di noi... :|
E quando gli animi sono già esacerbati per altri motivi, basta un nonnulla per fomentare altri atriti da banalità.
A questo punto, il raid punitivo contro il negozio dello straniero, non mi sembra tanto diverso dalle sassate allo stadio contro gli ultras della squadra avversaria :evil: anche quelle sono colpa del lavoro precario per cui bisogna trovare uno sfogo ai nostri biechi istinti di rivalsa???

Inviato: 28/05/08 12:11
da boo
@ kali

non intendevo che interessano più-meno persone... vediamo, come scrivere chiaramente?

partiamo da una cosa che ho letto oggi
Anche chi ha un lavoro negli ultimi anni ha sofferto una forte erosione della retribuzione, un fenomeno tutto italiano che si è accentuato negli ultimi anni. Il reddito netto delle famiglie residenti in Italia nel 2005 è pari in media a 2.300 euro mensili. Ma è distribuito in maniera molto disuguale, tant'è vero che il 50 per cento delle famiglie ha guadagnato meno di 1.900 euro al mese. Le famiglie in cui il principale percettore è una donna guadagnano, in meno, il 27 per cento in meno rispetto alle altre. Le retribuzioni in Italia crescono decisamente meno che in altri paesi europei. In 10 anni, dal 1995 al 2006, le retribuzioni orarie reali sono aumentate infatti del 4,7 per cento a fronte di una crescita cinque o sei volte più consistente registrata in Francia e in Svezia. Particolarmente contenuto anche lo sviluppo della produttività del lavoro. Nel periodo considerato, infatti, è cresciuta di appena il 4,7%, mentre la media dell'Unione europea a 15 segna un aumento del 18%.
io credo che questi dati incidono sul benessere nazionale, dell'INTERA popolazione degli italiani, molto più che i dati degli scippatori.
sono stata spiegata? scusate se sono troppo sintetica :(

@ mercury...
ahimé sì, è la prima aziendina di cui vedo le fatture (sempre fatte peraltro) e i dati di bilancio. e per loro davvero è così.
se poi in generale l'imprenditore piange miseria e poi non dà al lavoratore ciò che merita, comunque è un altro motivo di disuguaglianza, di abuso di potere, e per me fonte di arrabbiatura.

i due dati li ho messi insieme perché temo che, guardando ALLO straniero, si perda di vista ciò che davvero ci manda in crisi.

ah...
poi...
l'italia, lo straniero e la xenofobia...
Caccia alle streghe contro i diversi'
Xenofobia: Amnesty boccia l'Italia
E la critica è "biapartisan" e coinvolge tanto Veltroni quanto Fini
di GIAMPAOLO CADALANU


Un campo nomadi a RomaROMA - La scusa per sbarrare le porte ai migranti e usare il pugno di ferro con chi è già dentro è quella, sperimentata in tutto il mondo, della sicurezza. Ma se l'Italia ha tanta paura dei "diversi" da voler scatenare una "caccia alle streghe", Amnesty International vuole dirlo forte. La voce di Daniela Carboni, direttrice dell'ufficio campagne e ricerca, era pacata, ma l'allarme è rimbombato assordante. La Carboni ha bastonato senza risparmio l'errore di prospettiva che fa vedere un episodio di cronaca come l'omicidio di Giovanna Reggiani per mano di un rom "non come l'ennesima violenza contro una donna, ma come il sintomo inequivocabile di una tendenza alla violenza e all'illegalità di gruppi di persone e di minoranze, in base alla nazionalità, all'appartenenza etnica, al luogo in cui dimorano".

In parole meno diplomatiche, è un allarme razzismo e xenofobia, condiviso anche dall'Anti-Defamation League: in Italia la tendenza è fare di tutte le erbe un fascio, "punire" sommariamente rom, immigrati, romeni, sulla base di categorie semplici, ignorando il principio di responsabilità individuale. E quando la cultura dei diritti viene erosa, "le minoranze non sono le uniche a essere colpite", come dimostra l'impunità dei protagonisti di pestaggi e torture al G8 di Genova.

È la prima volta che alla presentazione del rapporto sui Diritti umani la relazione sull'Italia dura il doppio di quella sul resto del mondo. Si vede che i ricercatori di Amnesty trovano preoccupanti i segnali colti nel nostro paese, tanto più che quelli in arrivo dalla politica sono stati univoci, "bipartisan", li ha definiti la Carboni. Che ha bacchettato Walter Veltroni, perché proclama che "prima dell'ingresso della Romania nell'Ue, Roma era la metropoli più sicura del mondo". Ma anche Gianfranco Fini, che parlando dei rom si chiede "come sia possibile integrare chi considera pressoché lecito e non immorale il furto". E se il governo Berlusconi ha appena varato un "pacchetto sicurezza" con restrizioni che colpiscono soprattutto rom e migranti, l'esecutivo guidato da Romano Prodi sul tema lascia solo un decreto che rende più indefiniti i motivi per l'espulsione degli extracomunitari.

La "delusione" italiana non è meno amara perché arriva in buona compagnia: a sessant'anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo la tortura è ancora diffusa in almeno 61 paesi, denuncia Paolo Pobbiati, presidente di Amnesty Italia. Ma gli orrori del Darfur, la repressione della Birmania, gli abusi della Cina, i massacri dell'Iraq, la vergogna di Gaza e di tutte le crisi incancrenite sono, appunto, problemi vecchi. I governi, dice Pobbiati "devono scusarsi e agire subito per colmare il divario fra ciò che dicono e ciò che fanno".

Ma l'amarezza dei militanti per i diritti umani ha anche una sfumatura nuova: sottolinea la distanza che si allarga fra società e istituzioni, fra gente comune e governi. Da una parte le ansie elettorali hanno portato anche in Italia l'ossessione sicurezza, testa d'ariete ovunque per l'introduzione di politiche illiberali. Dall'altra però Amnesty vede segnali incoraggianti: "Crediamo", dice la Carboni, "che politici e istituzioni italiane debbano avere il coraggio dei bambini di Lampedusa, che ai coetanei - i migranti che arrivano sulle loro spiagge - hanno dedicato giochi e disegni sui diritti umani".

Inviato: 29/05/08 13:43
da Arcadia
Per onestà intellettuale, QUESTO è doveroso

Raid razzista, parla l'aggressore
Roma:macché nazista, sono di sinistra

L'uomo del Pigneto, l'italiano sulla cinquantina ricercato dalla polizia per il raid contro alcuni negozi stranieri a Roma, nega di essere razzista. "Sono di sinistra, altro che nazista", dice a Repubblica. Quella nel quartiere Pigneto non era "nessuna spedizione organizzata" ma solo una vendetta personale per un portafoglio rubato. E mostra l'avambraccio con un unico, grande tatuaggio di Ernesto Che Guevara.

Ha i capelli brizzolati e un ciondolo d'oro al polso. "Eccome qua - spiega a Carlo Bonini, cronista di Repubblica - io sarei il nazista che stanno a cercà da tutti i pizzi. Guarda qua. Guarda quanto sò nazista...". La mano sinistra solleva la manica destra del giubbetto di cotone verde che indossa e scopre la pelle: sull'avambraccio il tatuaggio del Che. "Hai capito? Nazista a me? Io sono nato il primo maggio, il giorno della festa dei lavoratori e al nonno di mia moglie, nel ventennio, i fascisti fecero chiudere la panetteria al Pigneto perché non aveva preso la tessera".

Il nome? "Quello lo saprai molto presto. Il giorno che mi presento al magistrato, perché quel giorno il mio nome non sarà più un segreto. Mi presento, parola mia. La faccio finita cò 'sta storia. Ma ci voglio andare con le gambe mie a presentarmi. Nun me vojo fà beve (arrestare) a casa. Perciò, se proprio serve un nome a casaccio, scrivi Ernesto". "Io sono questo qua - dice indicando la foto apparsa sui quotidiani - Questo cerchiato con il marsupio e la maglietta rossa, che si vede di spalle. La maglietta è una Lacoste".

"Ma quale xenofobia?"
"Adesso ti racconto davvero come è andata. Destra e sinistra si devono rassegnare. Devono fare pace con il cervello loro. Non c'entrano un "censured" le razze. Non c'entra - com'è che se dice? - la xenofobia. C'entra il rispetto. Io sono un figlio del Pigneto. Tutti sanno chi sono e perché ho fatto quello che ho fatto. Tutti. E per questo si sono stati tutti zitti con le guardie che mi stanno cercando. Perché mi vogliono bene. Perché mi rispettano. Perché hanno capito", racconta l'aggressore a Repubblica. E parla di un furto del portafoglio a una donna "a cui voglio bene come a me stesso". Un immigrato lo informa che se lo vuole ritrovare, deve andare nel negozio dell'indiano, "perché il ladro sta lì. E' un marocchino, un tunisino. Ci vado, trovo lui, l'indiano bugiardo e un vecchio, un italiano. Il marocchino mi dice: 'Tu passare oggi pomeriggio e trovare portafoglio'. Io dico va bene e, te lo giuro, non mi incazzo, né strillo. Dico solo: 'Dei soldi non me frega niente. Ma dei documenti sì". Ernesto ripassa sabato mattina e quel "Mustafà là, ridendo, sempre con quella "censured" di birra in mano, mi fa segno che i documenti l'ha buttati dentro una buca delle lettere. Allora non ci ho visto più e ho detto: 'Se vedemo alle cinque. E se non salta fuori il portafoglio sfascio tutto"'.

"Difendo solo il mio quartiere"
Quindi il momento del raid: "Io quando devo fare a cazzotti non mi porto dietro nessuno. Il problema è che quando arrivo all'angolo con via Macerata non ti trovo una quindicina di ragazzi del quartiere? Tutti incazzati e bardati. Te l'ho detto. Mi vogliono bene. Avevano saputo della tarantella". "Io davvero non riesco a capire come si sono inventati la storia della svastica. Ma quale svastica? Io questi pischelli non li conosco personalmente, ma mi dicono che sono tutto tranne che fascisti. E, comunque svastiche non ce n'erano". Poi "i pischelli si mettono a correre verso via Ascoli Piceno. Per me è finita lì. Vedo che stanno a fà un macello con i bengalesi, che si sono messi a sfasciare le macchine della gente del quartiere, cominciò a gridare. Grido: "A pezzi de merda che state a fa'?". "L'altro giorno ho provato a chiamare anche Luxuria, quella di Rifondazione. Gli ho detto: 'Dovemo parlà'. E lui: 'Sì ma al telefono perché sono a Cosenza per una riunione'. Allora io dico. Tu starai pure a Cosenza, ma al Pigneto, che è dove vivi pure tu, chi ci pensa?".


La fonte è TGCOM, l'intervista è di REPUBBLICa, la notizia è andata in onda in tutti i telegiornali nazionali. Non serve aggiungere altro, ognuno rifletta in base alle proprie convinzioni.

Inviato: 29/05/08 21:08
da boo
premesso che credo comunque che dietro ci sia l'odio per un'altra etnia, perché il raid che c'è stato lo trovo eccessivo come semplice vendetta, mi fa SCHIFO pensare che questa persona si professi comunista e che dell'uguaglianza e della fratellanza che dovrebbero essere alla base dell'ideologia non abbia capito una cippa.

cretino.

Inviato: 30/05/08 9:09
da Kalimeroxxx
boo ha scritto:premesso che credo comunque che dietro ci sia l'odio per un'altra etnia, perché il raid che c'è stato lo trovo eccessivo come semplice vendetta, mi fa SCHIFO pensare che questa persona si professi comunista e che dell'uguaglianza e della fratellanza che dovrebbero essere alla base dell'ideologia non abbia capito una cippa.

cretino.
tranquilla gente come questa si professasse anche fascista non avrebbe capito nulla cmq dell'ideaologia che c'era alla base ...
vedi che ho ragione quando sostengo che oggi in italia chi dà vita a certi fatti non è portatore di ideologie ( figuriamoci di idee) ma solo un cretino o un delinquente, o peggio? La dietrologia non sempre aiuta a analizzare i fenomeni del presente anzi spesso li confonde e attribuisce loro vesti che non gli appartengono...oggi il comunismo ed il fascismo sono termini che con la realtà c'entrano poco o nulla,
p.s. la tua idea di ideologia comunista è molto ( se dico tenera ti offendi?) :roll: però la trovo più cattolica che comunista, :lol: :lol: :lol: :lol:



ok non si scherza sulle cose serie ...noiosoniiiiiiiiiiiiiiiiii :(

Inviato: 30/05/08 10:05
da Kalimeroxxx
ecco questa è una cosa preoccupante, e non perchè a farlo sono studenti che si dicono di sinistra ( questi per me rientrano nelle categorie di prima cretini o delinquenti) fossero di destra sarebbe uguale...ma perchè certi modi di fare all'interno di una università dove si celebra la verità, la ricerca e cmq e sempre il dibattito, mi ricordano gli inizi degli anni in cui il terrorismo ( e non mi riferisco solo alle br) sembrava essere una risposta ai problemi del paese.....se questi ragazzi che dovrebbero essere i nuovi leader del nostro paese si comportano così allora il problema di una frattura nella società tra padri e figli è veramente grave...se il dibattito viene impedito chiunque sia a parlare e qualunque cosa dica allora la democrazia è in pericolo, ...forse non è xenofobia perchè non c'è una razza di mezzo, ma c'è la cultura dell'altro, il diritto di parola, il diritto di indagine...ma cosa cavolo hanno imparto questi studenti dall'univ italiana?
Forse solo nozioni
dal corriere di oggi
Cronache «Situazione insostenibile, intimiditi alcuni miei colleghi»
Sapienza, preside minacciato
e sequestrato dai collettivi
L'intervento della polizia. Pescosolido: «Temo per i miei figli»


Striscioni alla Sapienza (Foto Guaitoli.Lannutti)
ROMA — «Ci hanno di fatto sequestrato per almeno venti minuti. Lì fuori erano più di un centinaio, tutti dei Collettivi di sinistra. Non potevamo uscire. Poi hanno cercato di sfondare la porta prendendola a calci. Gridavano: "Dimettiti o ti mandiamo via noi", "Non ti faremo più insegnare", "Non potrai più mettere piede qui"». La voce di Guido Pescosolido, docente di Storia moderna e da sette anni preside della facoltà di Lettere all'università romana de «La Sapienza», non tradisce emozioni: «Sa, in sette anni di presidenza ho fatto il callo un po' a tutto. Ma questo episodio è oggettivamente gravissimo. Non mi è mai capitato di essere assediato in presidenza, con due segretarie e il collega Vittorio Vidotto, e di dover uscire scortato da venti poliziotti in borghese... »

Cosa farà, ora, professore? «La situazione sta diventando insostenibile. Sto valutando il da farsi con la mia famiglia». Ovvero, pensa davvero alle dimissioni? «Non escludo alcuna decisione nei prossimi giorni. Anche perché temo per la libertà di insegnamento e la stessa vita democratica della facoltà. Alcuni colleghi, per esempio Lucetta Scaraffia, mi hanno segnalato casi in cui gruppi dei Comitati hanno tentato di far sospendere le lezioni o di imporre una discussione su fascismo e antifascismo. Se si comincia con questi metodi, mi pare obbligatorio aprire una riflessione approfondita e molto seria su quanto sta accadendo alla facoltà di Lettere».

In sette anni Pescosolido insomma ha «fatto il callo». Ma un sequestro, no: non l'aveva mai visto né vissuto. Così come non gli era mai capitato (il fatto risale a mercoledì mattina, quando era stata organizzata una prima manifestazione anti-Pescosolido davanti alla presidenza della facoltà) di sentirsi toccare la spalla e di ascoltare una voce che gli chiedesse «senti, preside, ma quanti figli hai?». L'atmosfera a Lettere è inscandescente, dopo l'autorizzazione rilasciata il 14 maggio dal preside al convegno sulle foibe: gli scontri di via De Lollis martedì, i tre arresti domiciliari di due giovani di Forza Nuova e di uno studente dei Comitati, le manifestazioni dei Comitati a Lettere prima mercoledì e poi ieri mattina. Chiarisce Pescosolido: «Avevo scritto lunedì al prorettore vicario Luigi Frati.

Vista la situazione e i recenti episodi in città, avevamo deciso la sera stessa di ritirare il permesso». Comunque i Collettivi accusano Pescosolido di aver «sdoganato», dato via libera a Forza Nuova. Il preside assicura: «Nelle forme in cui mi era stata presentata, appariva la sigla Lotta universitaria, non Forza Nuova. E io non autorizzo tutto ma solo le iniziative che possono rientrare nei fini istituzionale della facoltà. E mi chiedo: chi è che decide se si può o non si può tenere un convegno? Io, da preside, devo mettere i paletti. Ma da privato cittadino liberaldemocratico penso sia un errore non ascoltare estremisti di destra, di sinistra, di centro». Tra i relatori appariva però il nome del segretario nazionale di Forza Nuova, Roberto Fiore. «Ho chiesto ad alcuni colleghi se lo conoscessero, la maggior parte non sapeva chi fosse, non è un nome ancora segnato sui libri di storia...».

Torniamo a giovedì, al pianterreno di Lettere. Alle 11 si forma il corteo dei Collettivi. Ma poco prima delle 13 più di un centinaio di manifestanti sale la famosa scalinata di Lettere, imbocca il corridoio di sinistra e si piazza davanti alla porta della presidenza. Lì dentro ci sono Pescosolido, il suo collega Vittorio Vidotto («ero andato a chiedergli come stesse, sotto accusa com'è») e due impiegate. Pescosolido ha in tasca il numero di un telefono cellulare: quello di un poliziotto che, dopo la prima manifestazione di mercoledì e le denunce del professore, aveva assicurato che in caso di pericolo gli agenti sarebbero intervenuti. In realtà gli agenti, tutti in borghese, sono già lì davanti alla facoltà, confusi tra i manifestanti. Passano venti minuti di grida al megafono, di minacce. Poi i calci alla porta.

Racconta Vidotto: «L'atmosfera era dura, tesa. paura? Una certa accelerazione del battito cardiaco c'è stata... se avessero sfondato la porta non so come sarebbe andata a finire». A quel punto Pescosolido chiama il numero di telefono. «Professore, siamo qui fuori. Vuole che chiamiamo rinforzi? ». Pescosolido chiede di non gettare benzina sul fuoco: desidera solo uscire per andare a a prendere la figlia a scuola. Il resto ricorda un blitz. Venti uomini aprono un varco tra i ma-nifestanti, spalancano la porta, conducono via prima le impiegate e Vidotto, infine il preside. Ma non gli fanno affrontare la scalinata dell'ingresso principale. Escono rapidamente dal retro del Museo dei Gessi, evitando il piazzale della Minerva. Ancora Vidotto, autore di molti libri su Roma: «Spero solo che questi episodi non si ripetano, che Pescosolido non diventi il bersaglio di una autentica campagna ostile, che non si assista a una escalation contro i docenti che la pensano diversamente dai Comitati.... Ma cosa sta accadendo in questa città? Vedo molti episodi. Sono davvero coincidenze temporali?» Chissà.

Inviato: 30/05/08 10:44
da Steve1973
Kali... hai praticamente riassunto il mio medesimo pensiero questa mattina alla lettura di quell'articolo... :?

E, almeno per quanto mi riguarda, trovo molto più preoccupanti questi fatti dei 5/10 euro in più che devo pagare per la spesa o per il pieno di benzina...

E, aggiungo, non lamentiamoci del precariato o della mancanza di lavoro. Come potrebbe mai un datore di lavoro pensare di assumere personaggi come quelli menzionati nell'articolo di cui sopra??????
Cominciamo a far imparare il rispetto e le regole ai nostri cari baldi giovani...

Inviato: 30/05/08 12:49
da boo
Kalimeroxxx ha scritto:p.s. la tua idea di ideologia comunista è molto ( se dico tenera ti offendi?) :roll: però la trovo più cattolica che comunista, :lol: :lol: :lol: :lol:
E, ma ci hai azzeccato sai! :D

Io infatti sono di matrice cattolica, e solo dopo comunista.

Gesù dice che non possiamo servire Dio e Mammona. Secondo il Vangelo, l'accumulo indiscriminato delle ricchezze non ci arricchisce realmente. Arricchirsi veramente significa anche saper riconoscere le nostre reali esigenze e saperle condividere con chi ha più bisogno di noi. Gesù pone in guardia sullo sperpero dei beni materiali ed invita al suo utilizzo con una reale sapienza.
Gesù dice amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste.
Gesù muore per l’umanità intera. Si sacrifica per la nostra salvezza.

Di fronte a questi insegnamenti, per me importantissimi, non riesco proprio a capire come si possa essere capitalisti.
Come si possa pensare di scegliere la regola della “mano invisibile”, del profitto, come si può pensare che il comportamento dei singoli, teso alla massima soddisfazione individuale (cosa c’è di più egoistico?), possa davvero giovare alla società intera. Come si possa pensare che l’economia del benessere, dove c’è la richiesta della maggiore quantità anziché minore del tal bene, sia una scelta cattolica.
Nel capitalismo gli uni sono contro gli altri, e l’obiettivo massimo è il profitto.
Non riesco a vedere una morale cattolica in ciò.

Ieri leggevo una lettera.
Signora, fa le pulizie. In affitto. Ha dovuto vendere la macchina, la lavatrice, il boiler. Mangia riso e olio per pranzo e cena anche per venti giorni consecutivi.
Io sogno uno stato che aiuti tutti, che non permetta che queste cose accadano, che offra una rete di protezione per i più deboli anziché incentivare al consumo e al successo individuale creando vittime sociali.
E che sì, risolva anche gli scippi.
Ma di fronte ad una situazione come quella che ho letto… non riesco a ribaltare le mie priorità.

Inviato: 31/05/08 16:32
da Kalimeroxxx
ok oltre ad un'idea romantica del comunismo hai anche un'idea un pò semplificata del cattolicesimo ed una romanzata del capitalismo :lol: :lol: :lol: potresti fare l'avvocato ...aggiustare le cose secondo necessità per noi è una virtù fondamentale :lol: :lol: :lol: :lol: :lol:






ehiiiiiiiiiiiiiiiii scherzo che è sabato e sto a lavurà :roll: :? :? :wink:

Inviato: 01/06/08 16:36
da boo
kali, nonostante abbia cercato di sintetizzare in concetti chiave alcune teorie, non rendere sueprficiale il mio ragionamento.

ammetto che, partendo daagli stessi scritti, due persone con formazione differente potrebbero porre in evidenza postulati diversi, ma questo non vorrebbe dire che facciano apposta per tirare acqua al proprio mulino.
in fondo parliamo di teorie filosofiche e d economiche, non di formule matematiche, an-interpretaabili e indiscutibili :wink:

di una cosa però mi sento di essere sicura, i più grandi insegnamenti del vangelo sono l'amore e l'altruismo.

Inviato: 03/06/08 11:31
da dammispazio
se la destra fosse Kali e la sinistra fosse Boo probabilmente sarebbe una italia piu bella ... but it aint :roll:

Inviato: 03/06/08 23:05
da boo
ehm...
ok, non vorrei sembrare una cocciuta... :oops:
ma mi piace esporre le mie opinioni (forse sono davvero un avvocato mancato! :lol: ) supportandole con parole di chi scrive meglio di me! :P
Stefano Rodotà ha scritto:L’uguaglianza calpestata

Liberato B. dagli impacci giudiziari, si comincia adesso a liberare il regime dagli impacci costituzionali: iniziando dai diritti dei “diversi”. La Repubblica, 22 maggio 2008

Il caso ha voluto che l’annuncio del "pacchetto sicurezza" coincidesse con la discussione al Parlamento europeo sugli immigrati in Italia, alla quale la maggioranza ha reagito condannandola come una manovra contro il Governo. Brutto segno, perché rivela che non v’è consapevolezza della gravità di quel che è accaduto a Ponticelli, con un assalto razzista che la dice lunga sulle responsabilità dei molti "imprenditori della paura" all’opera in Italia.

Invece di riflettere su un caso che ha turbato l’Europa, ci si rifugia nella creazione di un nemico "esterno" dopo aver individuato il nemico "interno" nell’immigrato clandestino, nell’etnia rom. Ma l’iniziativa europea non è pretestuosa, perché i trattati sono stati modificati per prevedere un obbligo dell’Unione di controllare se gli Stati membri rispettano i diritti fondamentali.

Una prima valutazione del "pacchetto" mette in evidenza, accanto all’opportunità di alcune singole misure (come quelle relative all’accattonaggio e ai matrimoni di convenienza), una scelta marcata verso la creazione di un vero e proprio "diritto penal-amministrativo della disuguaglianza". Vengono affidati a sindaci e prefetti poteri che incidono sulla libertà personale e sul diritto di soggiorno delle persone, con una forte caduta delle garanzie che pone problemi di costituzionalità e di rispetto delle direttive comunitarie. Il diritto della disuguaglianza può manifestarsi anche attraverso le norme che prevedono la confisca degli immobili affittati a stranieri irregolari e disciplinano il trasferimento di denaro all’estero. Infatti, può determinarsi una spinta verso un ulteriore degrado urbano, visto che gli irregolari saranno obbligati a cercare insediamenti di fortuna. E la stretta sulle rimesse degli irregolari potrebbe far nascere forme odiose di sfruttamento da parte di intermediari.

Lo spirito del pacchetto si coglie con nettezza considerando il reato di immigrazione clandestina. A nulla sono servite le perplessità all’interno della maggioranza, i moniti del mondo cattolico (da ascoltare solo quando invitano ad opporsi alle unioni di fatto e al testamento biologico?), le osservazioni degli studiosi. Si fa diventare reato una semplice condizione personale, l’essere straniero, in contrasto con quanto la Costituzione stabilisce in materia di eguaglianza. Si prevedono aggravanti per i reati commessi da stranieri, incrinando la parità di trattamento con riferimento alla responsabilità personale.

È inquietante la totale disattenzione per quel che ha già stabilito la Corte costituzionale, in particolare con la sentenza n. 22 del 2007 che ha messo in guardia il legislatore dal prendere provvedimenti che prescindano «da una accertata o presunta pericolosità dei soggetti responsabili», introducendo sanzioni penali «tali da rendere problematica la verifica di compatibilità con i principi di eguaglianza e proporzionalità». Questa logica va oltre il reato di immigrazione clandestina, impregna l’intero pacchetto, ignorando che «lo strumento penale, e in particolare la pena detentiva, non sono, in uno Stato democratico, utilizzabili ad libitum dal legislatore».

Dopo aver annunciato una sorta di secessione dall’Unione europea, accusata di faziosità, il Governo prende congedo dalla legalità costituzionale? Il Governo dovrebbe sapere che i suoi provvedimenti possono essere cancellati da una dichiarazione di incostituzionalità. Rimarrebbe, allora, solo l’"effetto annuncio" per gli elettori del centrodestra.

Così, neppure l’efficienza è assicurata. Un solo esempio. Tutti sanno che sono state presentate 728.917 domande di permesso di soggiorno (411.776 vengono da colf e badanti). I posti disponibili sono 170.000. Una volta esaurite le pratiche burocratiche, dunque, rimarranno fuori 558.917 persone. Che cosa si vuole farne? Che senso ha, di fronte a questa situazione, parlare di reato e abbandonarsi a proclamazioni «mai più sanatorie»?

Ora i governanti parlano di una attenzione particolare per le badanti, ma la soluzione non sta nella ridicola procedura della legge Bossi-Fini, che subordina l’ingresso in Italia alla preventiva chiamata di un datore di lavoro. Chi farebbe arrivare una badante, alla quale affidare funzioni di cura, senza averla vista in faccia? Ed è inaccettabile la furbesca soluzione di far tornare: gli immigrati per una settimana nel loro paese, farli poi chiamare dal loro attuale datore di lavoro e così farli rientrare regolarmente. Ma che razza di paese è quello che dà una lezione di aggiramento delle leggi proprio agli immigrati dai quali si pretende il rispetto della legalità?

Si dice: in altri paesi l’immigrazione clandestina è reato. Ma non si può usare la comparazione prescindendo dal contesto costituzionale, dalle modalità che regolano l’accesso, dal sistema giudiziario. Quali effetti avrebbe sul nostro sistema giudiziario e sulle carceri l’introduzione di quel reato? Sarebbe insensato caricare le corti di diecine di migliaia di nuovi processi, condannando a morte un processo penale già in crisi profonda e rendendo più complesse le stesse espulsioni. Le carceri, già strapiene, scoppierebbero, o salterebbero tutte le garanzie facendo diventare i Cpt veri centri di detenzione. E tutto questo per colpire persone considerate pericolose "a prescindere", quasi tutte colpevoli solo di fuggire per il mondo alla ricerca di una sopravvivenza dignitosa. E la promessa di accoglienza per le badanti "buone", lascia intravedere ritardi burocratici e possibili arbitri. Si corre il rischio di avere norme, insieme, pericolose e inefficienti.

Queste contraddizioni nascono dal trascurare le diverse forme di sicurezza che proprio l’immigrazione ha prodotto. Per le persone e le famiglie, anzitutto. Come ricorda Luca Einaudi nel libro su Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità ad oggi, le schiere delle badanti hanno consentito di passare da un welfare sociale ad un welfare privato, diffondendo l’assistenza alle persone al di là delle classi privilegiate. Vi è stata sicurezza anche per il sistema delle imprese, provviste di manodopera altrimenti introvabile. E sicurezza per il paese, visto che è stato proprio il contributo al Pil degli immigrati ad evitare rischi di recessione tra il 2003 e il 2005, a contribuire al pagamento delle pensioni di tutti.

Detto questo, il tema dell’insicurezza non può essere affrontato ricordando solo che le statistiche sull’andamento dei reati dimostrano, almeno in alcuni settori, una loro diminuzione. Il senso di insicurezza non nasce solo dal diffondersi di fenomeni criminali, ma da una richiesta di protezione contro un mondo percepito come ostile, contro presenze inattese in territori da sempre frequentati da una comunità coesa, dunque contro mutamenti culturali. Che cosa fare?

Quando un sindaco coglie pulsioni profonde tra gli abitanti del suo comune, non può andare in televisione dicendo «non chiedo la pena di morte, ma capisco chi la invoca». Deve piuttosto evocare l’ombra di un Gran Lombardo e ricordare che Beccaria contribuì all’incivilimento del mondo con le sue posizioni contro la pena di morte. Quando un sindaco vede a disagio i suoi concittadini nella piazza del paese, non fa togliere le panchine per evitare che gli immigrati vadano lì a sedersi. Quando le situazioni s’infiammano, non si propone un "commissario per i Rom", confermando così l’ostilità contro un’etnia intera. Qui sta la differenza tra svolgere una funzione pubblica e il farsi imprenditori della paura.

Nel discorso di presentazione del Governo, il Presidente del Consiglio ha sottolineato che «la sicurezza della vita quotidiana deve essere pienamente ristabilita con norme di diritto che siano in grado di affermare la sovranità della legge in tutto il territorio dello Stato». Ben detto. Si aspetta, allora, una strategia di riconquista delle regioni perdute, passate sotto il controllo di camorra, ‘ndrangheta, mafia. Non è un parlar d’altro. Proprio la terribile vicenda napoletana ha messo in evidenza il protagonismo della camorra, unico potere presente, imprenditore della paura che esercita la violenza per accrescere la propria legittimazione sociale.

La discussione parlamentare deve ripulire il "pacchetto", concentrarsi sulla migliore utilizzazione delle norme esistenti, sul rafforzamento delle capacità investigative, sull’adeguamento delle risorse. Mano durissima contro le vere illegalità, contro chi sfrutta il lavoro nero e contro il caporalato, contro le centrali del commercio abusivo, dell’accattonaggio, della prostituzione. Non ruolo da sceriffo, ma capacità di mediazione da parte dei sindaci, incentivando le "buone pratiche" già in atto in molti comuni.

Mi sarei aspettato qualche proposta complessiva del "governo ombra", non l’eterno agire di rimessa, segno di subalternità. E i sondaggi siano adoperati ricordando la lunga riflessione sui plebisciti come strumenti di manipolazione dell’opinione pubblica. Esempio classico: la richiesta ai cittadini di pronunciarsi sulla pena di morte all’indomani di una strage. La democrazia è freddezza, riflessione, filtro. Se perde questa capacità, perde se stessa.

Inviato: 09/06/08 14:21
da boo
oggi sulla repubblica.
io lo faccio sempre come... emozione individuale. non sono in lotta contro nessuno, sia chiaro :wink:
Precariato, povertà e insicurezza: al tramonto la società solidaristica
L'indebitamento totale delle famiglie ammonta a 490 miliardi, in forte difficoltà 1 su 5. Il lavoro è sempre più precario e rischioso: i morti sul lavoro superiori a quelli delle guerre
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di ROSARIA AMATO

ROMA - Un lavoratore sempre più marginale, con un salario sempre più striminzito e lontano dalle medie europee e dai picchi straordinari raggiunti dai compensi dei manager. Un sistema ingiusto, all'interno del quale le famiglie s'impoveriscono, s'indebitano senza che s'intravveda "un vero disegno riformatore" nelle politiche di welfare. E' l'Italia che emerge dal "Rapporto sui diritti globali 2008", il rapporto annuale sulla globalizzazione e sui diritti nel mondo redatto dall'associazione

"Cresce sempre di più il senso di insicurezza della popolazione, la precarietà del lavoro, la sfiducia nel futuro e la paura di perdere il benessere e la qualità delle proprie condizioni di vita", osserva nel presentare il rapporto il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, denunciando "il rischio di processi involutivi che, oltre a danneggiare il mondo del lavoro in generale, finirebbero per devastare il tessuto connettivo sui cui si è sviluppata la nostra società, impostato su valori solidaristici e universali".

Morti sul lavoro, una guerra a bassa intensità. Quella delle morti sul lavoro, denuncia il curatore del rapporto Sergio Segio, direttore dell'associazione SocietàINformazione ed ex militante di Prima Linea è "una piccola guerra a bassa intensità, nascosta dietro le mura delle fabbriche, tra le impalcature o nei campi". Per quanto riguarda le cifre è però "una grande e infinita guerra, se consideriamo che, nella Seconda guerra mondiale, le perdite militari italiane furono di 135.723 morti e 225.000 feriti, mentre la lunga battaglia nei luoghi di lavoro dal 1951 al 2007 ha prodotto almeno 154.331 morti e ben 66.577.699 feriti". Analoghi i risultati di un confronto rispetto alla Guerra in Iraq: dal 2003 al 2007 hanno perso la vita 3.520 militari della coalizione contro 5252 morti sul lavoro in Italia nello stesso periodo.

Le morti sul lavoro non sono un caso, sono piuttosto la conseguenza di "una cultura economica e organizzativa" che non ritiene ragionevole una spesa per la sicurezza volta a evitare anche il minimo rischio di incidenti. Si viaggia, ricorda il rapporto, a un ritmo di ben oltre 1000 morti sul lavoro e più di 900.000 infortuni l'anno. E la nuova legge sulla sicurezza (legge n.123/2007) non pone le condizioni per un vero miglioramento, secondo i curatori dell'analisi, dal momento che, "più che sul sistema sicurezza, è intervenuta suo suoi effetti perversi, non modificandone, quindi, le logiche e le strategie di governo".

La povertà "differita". "La povertà è sostanzialmente stabile, le politiche di welfare sembrano non scalfirla", rileva il rapporto, denunciando però un rischio ancora più grave, quello della "povertà prossima ventura", o della "povertà differita". "Così può infatti essere definito - spiega Segio - il fenomeno massiccio del credito al consumo e dell'indebitamento delle famiglie, spesso premessa di fallimenti individuali, vale a dire l'impossibilità di fare fronte alle rate del mutuo della casa e dei tanti debiti contratti". Dal 2001 al 2006 il credito al consumo in Italia è cresciuto dell'85,6%, arrivando ormai a 94 miliardi di euro, mentre l'indebitamento complessivo delle famiglie ammonta a 490 miliardi. Per precipitare nella povertà, ricorda il rapporto, basta poco: nel 2007 secondo uno studio sarebbero 346.069 le famiglie italiane divenute povere a causa delle spese sanitarie sopportate.

Salari sempre più bassi. La principale causa dell'aumento della povertà in Italia è costituita tuttavia dai salari, sempre più bassi e inadeguati rispetto alla crescita dell'inflazione. Le statistiche Ocse, ricorda il rapporto, ci dicono che tra il 2004 e il 2006 le retribuzioni in Italia sono scivolate dal diciannovesimo al ventitreesimo posto, ma nel frattempo "nel 2007 i primi cinque top manager italiani hanno ricevuto compensi per circa 102 milioni di euro, il salario lordo di 5000 operai, peraltro senza alcun vincolo con i risultati dell'impresa e con l'efficacia e produttività del proprio lavoro".
Oltre due milioni e mezzo di famiglie "ufficialmente" povere, sette milioni e mezzo di individui. Mentre con un reddito non superiore al 20% della linea di povertà calcolata dall'Istat cerca di sopravvivere l'8,1% dei nuclei. Vale a dire che le famiglie povere e a rischio povertà sono una su cinque. Anche perché, a fronte di salari praticamente fermi, negli ultimi sei anni ogni famiglia ha perso un potere d'acquisto pari a 7700 euro, secondo alcune associazioni dei consumatori.


La "flexicurity" rimane un miraggio. A contribuire alla povertà c'è anche il lavoro precario. Nel 2006, ricorda il rapporto, le assunzioni a tempo determinato hanno superato per la prima volta quelle a tempo indeterminato. Sommando tutti i lavoratori impegnati con contratti precari, o se si vuole flessibili, si arriva, secondo il centro studi Ires, a una cifra compresa tra 3.200.000 e 3.900.000 persone; poco meno quelle che lavorano nel sommerso. "La flessibilità è corrosiva nei confronti del lavoratore - osservano i curatori del rapporto - perché gli istilla ansie, paure e insicurezza, ma lo è anche nei confronti del lavoro, che finisce per perdere qualità". Anche perché la flessibilità italiana è lontanissima dalla flexsecutiry del modello scandinavo: "Il famoso modello danese, il più studiato e forse il più efficace (anche se poi alla prova dei fatti lascia fuori i più fragili) si basa infatti su una serie di variabili necessarie, oltre la semplice formula: investimenti ingenti di risorse pubbliche, ammortizzatori sociali molto estesi, di tipo universalistico, un sistema efficiente di formazione permanente, un uso del lavoro flessibile non 'al risparmio' ma mirato a obiettivi di sviluppo".

Una paura che fa paura. In una situazione di sempre maggiore povertà e insicurezza la paura dilaga, ma è "una paura che fa paura", osserva Segio: "I dati ci dicono che le paure legate alla sicurezza sono infondate, il tasso di scippi ma anche di omicidi è il più basso degli ultimi trent'anni, eppure l'88% degli italiani pensa che in Italia vi sia più criminalità rispetto a cinque anni fa". La paura porta alla xenofobia, sentimento che può anche far comodo: "Dietro a ogni campagna securitaria - afferma Segio - ci sono sempre appetiti e progetti immobiliari. Così come la geografia degli sgomberi dei campi rom in molte grandi città, a partire da una incattivita Milano, ricalca esattamente le necessità e le tempistiche dei 'palazzinari', proprietari di vastissime aree".