http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... o-3823585/
Il punto politico è proprio qui, dove comincia il metodo. Scajola sembra essere soltanto uno degli attori di questa vicenda in cui si incontrano il governo, gli appalti, la Protezione Civile, la propaganda, l'emergenza, i grand commis profittatori, i magistrati compiacenti, i costruttori beneficati e benefattori. Un insieme che è stato chiamato la "cricca" impropriamente, perché non è il cast di un film dei Vanzina: è un vero e proprio "sistema" politico-affaristico, con gli appalti di Stato che in nome dell'emergenza sfuggono a ogni regola e a tutti i controlli, movimentano miliardi e producono un ritorno in favori d'ogni genere, dai massaggi alle ristrutturazioni delle case, dagli appartamenti pagati ai conti degli alberghi, alle prostitute, alle assunzioni dei parenti.
Nelle carte dell'inchiesta sulla Protezione Civile, questo sistema è descritto nei dettagli, disegnato con ritratti precisi ed espliciti. Anche se oggi si prova a dimenticarlo, quel "sistema" è venuto in parte alla luce, è sotto gli occhi di chi vuol vederlo, e qualcuno dovrà renderne conto. Proviamo a inserire Scajola e gli ottanta assegni dentro il perimetro di quel sistema e tutto diventa coerente, e comprensibile.
Il ministro, probabilmente, non si riteneva immune personalmente, come il suo Capo: ma pensava e sapeva di far parte del "sistema", perché conosceva i meccanismi di funzionamento, il nome e il cognome dei beneficati, le garanzie reciproche di sicurezza che legano gli appalti e i favori, all'ombra del governo.
Che ha da dire il governo, su questo? L'onorevole presidente del Consiglio? Chi spiega ai cittadini perché, e in cambio di che cosa, quel costruttore doveva comprare una casa al ministro? La domanda resta in campo, senza risposta fino ad oggi. La responsabilità penale è certamente personale: ma quella politica è più ampia, e il governo Berlusconi deve risponderne insieme con Scajola.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp
Circola voce di nuovi blitz giudiziari, addirittura «retate» tra i deputati Pdl. Nel mirino altri ministri, uno o forse due. Cosicché dentro il governo le dimissioni di ieri provocano sgomento: una crepa, anzi una breccia nella diga, anticamera della resa ai pm, come quando l’«effetto domino» travolse la Prima Repubblica.
Mettiamoci dunque
nei panni di Berlusconi. Se sostituisce Scajola oggi stesso, magari poi gli tocca rimetter mano al governo tra qualche giorno, per colpa di altri ministri. Meglio aspettare, vedere che succede, e a quel punto risolvere tutto insieme. Fini permettendo. E poi, sul nome del sostituto Berlusconi vorrebbe guardarsi intorno, quello è un ministero troppo strategico per metterci uno dei tanti che sgomitano: e si moltiplicano con il passare delle ore, vero carosello di avvoltoi sopra il palazzo littorio di Via Veneto.
Dove transita tutto ciò che al Cavaliere maggiormente preme. Le grandi commesse petrolifere? Esatto. I rapporti di affari con gente suscettibile tipo Putin o Gheddafi? Proprio così. E il programma nucleare? Anche, si capisce. La produzione degli armamenti? Come no. Gli incentivi alle imprese? Pane quotidiano. Senza dimenticare che il ministero dello Sviluppo ha nella pancia la competenza sul mercato delle tivù, non c’è bisogno di aggiungere altro.La gente comincia a chiedersi (dicono i sondaggi segreti) chi si è scelto il Cavaliere come ministri, specie quelli del tanto decantato «fare». L’Italia domanda allarmata se è chiara ai berlusconiani la differenza tra l’amministrazione statale e quella di una ditta privata. Servirebbe un nome rassicurante, un colpo d’immagine sul grande pubblico, e al tempo stesso un uomo di totale fiducia. Il premier non ce l’ha sotto mano. Gli serve tempo. Prenderà, anticipano i suoi, qualche attimo di riflessione, forse addirittura il dicastero a interim (lo fece già con gli Esteri quando se ne andò Ruggiero). Meglio se Scajola avesse resistito sulla graticola e non fosse crollato di schianto. Ma ormai è fatta. Segnalano con quale garbo Berlusconi congeda il ministro, tra apprezzamenti «per come ha interpretato il ruolo» e lodi all’«alto senso dello Stato». Un altro avrebbe messo Scajola alla porta. Invece il Cavaliere no, mostrare fretta sarebbe ammettere una colpa, la prova che nel governo c’è chi va licenziato.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp
Claudio Scajola non ce l’ha fatta a resistere e rimanere al suo posto, come gli aveva chiesto Silvio Berlusconi fino a lunedì sera
Ma il problema di Berlusconi da oggi non è solo Scajola e il suo destino politico. Il premier adesso è preoccupato di una nuova ondata giudiziaria che potrebbe coinvolgere e trascinare alle dimissioni altri esponenti del governo. Con le dimissioni del ministro per lo Sviluppo economico
si apre un precedente che il Cavaliere voleva proprio evitare.
Ecco perché ha fatto di tutto per tenere al suo posto Scajola, senza riuscirci.