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Inviato: 14/06/09 12:00
da Art69
E se deve essere rassegna stampa, che rassegna stampa sia

"Partito Delinquenti Liberi - Marco Travaglio - Rubrica Zorro su L'Unità - 14/06/09

Un paio di quiz alla portata di tutti, esclusi i deputati del Pdl e i 20 dell’opposizione che han votato la legge-bavaglio. 1) Oggi, quando si trova un morto ammazzato, o una ragazza stuprata, o un bimbo abusato, o quando scompare una persona rapita, e non si sa chi è stato, si indaga contro ignoti e si intercettano parenti, amici e conoscenti per scoprire il colpevole. Per farlo, basta sapere che un grave delitto è stato commesso («indizi di reato»). Con la nuova legge bisognerà prima scoprire il colpevole («evidenti indizi di colpevolezza»), poi si potrà iniziare a intercettarlo. Ma per scoprire il colpevole bisogna intercettare, dunque non si scoprirà mai il colpevole e non s’intercetterà più nessuno. Domanda: chi può aver ideato una legge del genere? a) Un fine umorista; b) un totale deficiente; c) il colpevole di cui sopra o un suo amico; d) un’allegra brigata di appartenenti alle categorie a, b, c. 2) Esaminate attentamente queste tre affermazioni: a) «Con questa legge non si rovinerà più la vita della gente» (soprattutto dei delinquenti); b) «Non avremo più intercettazioni illimitate nel tempo: adesso si andava avanti nella speranza di scoprire qualcosa» (così non si scoprirà più nulla); c) «Abbiamo fatto una nuova legge perché quella vecchia veniva violata» (come dire che, siccome è vietato uccidere ma si continua a farlo, bisogna riformare il reato di omicidio). Chi potrebbe mai esserne l’autore? a) un fine umorista; b) un totale deficiente; c) il colpevole di cui sopra o un suo amico; d) il ministro della Giustizia. Stavolta la domanda è a risposta plurima."

Inviato: 15/06/09 8:15
da kimikalli
Politica Il Corriere
IL COMMENTO
Parole fuori luogo: la politica
e l’usanza di accusare i giornali

Berlusconi dovrebbe indicare anche qual è l’Italia che, a suo giudizio, la stampa dovrebbe raccontareDice il presidente del Consiglio che la stampa «dipinge un’Italia che non è quella reale». L’affermazione è, come sem­pre, un po’ perentoria, ma contiene un elemento di verità: se mai un giorno venissero convocati, gli stati generali dell’infor­mazione italiana farebbero bene a rifletterci su. Non sarebbe male, però, se nel frattempo Silvio Berlusconi ci dicesse pure, anche per capire meglio di che cosa stiamo parlando, qual è l’Italia vera che i giornali dovrebbero, a suo giudizio, racconta­re. Perché quella che ha raccontato lui ai giovani industriali troppo vera non sembra. Almeno a prima vista. Nessuno si era accorto, per esempio, che, mentre il governo (secondo Berlu­sconi, uno straordinario consiglio di amministrazione del­l’azienda Italia) faceva miracoli, tra veline, Noemi, voli di Stato e caso Mills stesse prendendo corpo sui giornali, o su alcuni giornali, un complotto. Anzi, un «progetto eversivo» contro il premier, al fine di sostituirlo con qualcuno che, a differenza di lui, non è stato eletto dal popolo. Una specie di golpe bianco, fortunatamente sventato dal voto popolare. Come suol dirsi: urgono chiarimenti.

In ogni caso: nell’Italia che vorremmo, e dovremmo, raccon­tare ci piacerebbe non dover registrare appelli più o meno obli­qui agli imprenditori di un capo del governo, fa nulla se di de­stra di centro o di sinistra, perché neghino la pubblicità alla stampa «catastrofista», complice o magari mosca cocchiera(in altre occasioni Berlusconi aveva preferito definirla scendilet­to) di un’opposizione anch’essa malata di inguaribile disfatti­smo. È vero che poi Palazzo Chigi ha corretto il tiro, spiegando che lo strale polemico era rivolto a Franceschini e non ai gior­nali. Ma, anche a voler prende­re per buona la precisazione (peraltro smentita poche ore dopo), non ci siamo: il presi­dente del Consiglio intendeva forse dire che i giornali do­vrebbero concedere meno spazio o non concederne pro­prio, al leader del più grande partito di opposizione?
Non è solo questione di gaf­fe e, a guardar bene, non è nemmeno solo questione di Berlusconi. La politica (la politica di governo in primo luogo, ma anche quella di opposizione) non riesce a dimettere una volta per tutte l’usanza, antica e consolidata, di scrutare i gior­nali per scoprirvi più o meno ogni giorno ambigue trame, tor­bidi intrighi, oscuri complotti in suo danno; e di dividere i gior­nalisti in corifei da premiare e in nemici da stroncare. E fatica, oggi più di ieri, a tenere nel dovuto conto quelle libertà fonda­mentali di una democrazia moderna che sono la libertà di opi­nione e la libertà di informazione. Anche quando ha buoni mo­tivi per ritenere che vengano coscientemente esercitate in suo danno. Anche quando la tentazione di passare ai modi bruschi rischia di farsi irresistibile. Eppure da noi i giornali non fanno cadere i governi e, a quanto pare, non spostano nemmeno vo­ti: per quanto possano essere vicini all’opposizione, se questa è politicamente latitante non bastano a surrogarla.

Non è il caso di gridare al fascismo alle porte e alla stampa imbavagliata. Ma è il caso di ricordare che il clima è dei peggio­ri, e che il varo alla Camera del disegno di legge sulle intercetta­zioni, che la libertà di informazione senza dubbio la riduce, non lo migliora davvero. Proprio nelle stesse ore in cui Berlu­sconi parlava a Santa Margherita, ai valori fondamentali di cui abbiamo detto faceva aperto riferimento, a Napoli, intervenen­do al vertice Uniti per l’Europa, il capo dello Stato. Per esprime­re piena fiducia «nell’attaccamento delle opinioni pubbliche ai principi liberali, particolarmente a quelli della libertà e del plu­ralismo dell’informazione». Non sappiamo che cosa farà il ca­po dello Stato quando la legge sarà approvata definitivamente. Ma quella fiducia abbiamo il dovere di condividerla fino in fon­do.


Paolo Franchi
14 giugno 2009

Inviato: 15/06/09 8:17
da kimikalli
Il retroscena
E Silvio si sente nel mirino: pronto a nuove offensive sperando nell’asse con Bossi
I timori di un «governo di emergenza economica»
ROMA — Ora inizierà la caccia a «mister x», a quella «persona» che avrebbe dovuto «destituire» il Cava­liere con un «piano eversivo», co­struito — secondo il premier — sul­le «quattro calunnie messe in fila contro di me»: «Veline, minorenni, Mills e voli di Stato». Gli indizi non mancano per costruire un teorema, ma la caccia al personaggio misterio­so resterà un gioco di società, un gossip sul gossip, almeno finché reg­gerà il patto tra Berlusconi e Bossi.

Perché è vero che il Cavaliere si sente nel centro del mirino, e non perde mai di vista le ombre da cui si sente circondato: ascolta le voci del Palazzo dove si ipotizza un fantoma­tico «governo di emergenza econo­mica », testa la notorietà e il gradi­mento di personaggi come Draghi e Montezemolo, e scruta soprattutto i movimenti di importanti cariche istituzionali e di autorevolissimi membri del suo stesso gabinetto, cercando di capire il gioco a inca­stro con pezzi dello Stato, presunti artefici di un’operazione comunque interna al centrodestra. Così s’intui­sce, a decrittare la battuta del mini­stro Rotondi, che nelle settimane scorse ha parlato del «tentativo di creare un moderno caso Montesi ma senza vittime».

Sembra di rivedere le scene del film Todo Modo tratto dal romanzo di Sciascia, dove i potenti leader de­mocristiani riempivano la stanza di santità prima di lasciar spazio ai re­foli del maligno. Nell’inner circle di Berlusconi si avverte il nervosismo che il leader trasmette a fasi alter­ne. Perché ancora l’altro giorno, per ore e ore, si è appartato con la Brambilla per studiare uno spot con cui promuovere il turismo nazionale all’estero. E quando l’ha illu­strato — spiegando che nel filmato avrebbe avuto il ruolo di promoter delle bellezze italiche — gli è stato fatto notare che il copione somiglia­va un po’ alla pubblicità dei tortelli Rana. «Se permettete — ha rispo­sto sorridente il premier — sono un figurino niente male rispetto al­l’amico Rana». Insomma aleggia un misto di an­sia e ilarità attorno al problema, che però esiste a sentire i boatos prove­nienti da alcune procure, o il com­mento del ministro Gelmini dopo la denuncia del «piano eversivo» da parte di Berlusconi: «Credo che ab­bia qualche motivazione per essere preoccupato». Ma ci sarà un motivo se il premier è passato politicamen­te indenne per quindici anni attra­verso numerose traversie giudizia­rie, mentre ora sembra accusare il colpo per storie più da rotocalco ro­sa. È come se avversari senza volto e senza nome avessero trovato il suo punto debole. Ed è stato proprio il Cavaliere a offrire il fianco, è stato lui ad accendere la miccia, andando a Casoria per la festa di Noemi che lo chiama «papi».

Nell’ultimo report riservato sul «giudizio dei leader», redatto da Ip­sos per il Pd, c’è il segno evidente di quanto la vicenda abbia impattato sulla politica. Prendendo come date di riferimento i test del 22 aprile e dell’11 giugno, si nota come Berlu­sconi è sceso dal 60% al 53,1% (con un minimo che ha toccato il 51%); Franceschini è calato dal 49,1% al 43,7% (con un gradimento comun­que superiore al partito di tre pun­ti); mentre Bossi è salito dal 40,2% al 46,4%; Di Pietro è passato dal 40,1% al 42,1%; e Casini è balzato dal 47% al 51,8%. Il lavorio ai fianchi del Cavaliere, quel «tarlo» insinuato nell’opinione pubblica hanno lascia­to il segno. Ed è vero che dalle urne è emersa una tendenza chiara verso il centrodestra, ma l’immagine di Berlusconi è stata logorata. Specie a livello internazionale.
Cosa succederebbe se dovessero concretizzarsi i timori del premier e di molti esponenti del Pdl? Se cioè lo stillicidio dovesse proseguire? Se altre vicende, magari senza risvolti giudiziari, chiamassero ancora in causa il Cavaliere sulla base del­l’odierno canovaccio? Il provvedi­mento approvato dalla Camera sul­le intercettazioni telefoniche non è ancora legge. E comunque — è già accaduto con le foto di Villa Certosa — non garantirebbe all’estero. È im­maginabile cosa accadrebbe se i me­dia stranieri rilanciassero durante il G8.
Forse allora è questa la vera chia­ve con cui interpretare la sortita di Berlusconi davanti ai giovani indu­striali. La denuncia di un «piano eversivo» è un modo per prepararsi e preparare il Paese a un’eventuale nuova offensiva. Non voleva essere una battuta, quella fatta dal Cavalie­re giorni fa, quando ha detto: «Sto preparando un matrimonio tra Noe­mi e Mills, e metterò loro a disposi­zione un aereo di Stato». Era un se­gnale non una boutade.

Quindi, più che ricostruire l’iden­tikit di «mister x», sarà decisivo ve­rificare quanto è solido l’asse tra Berlusconi e Bossi, e se davvero il Senatùr — come ha fatto capire — non accetterà di appoggiare qualsi­voglia esecutivo in cui il Cavaliere non sia il premier. Se così fosse, un’eventuale crisi di governo si tra­scinerebbe fino a traumatiche ele­zioni anticipate. Scenari di cui si di­scute nei palazzi istituzionali. Ma perché se ne discute oggi se il gover­no Berlusconi dovrebbe durare an­cora quattro anni? :shock: :shock:

Inviato: 15/06/09 8:27
da kimikalli
L’ultima grande paura: una foto di Zappadu che spunti durante il G8
FABIO MARTINI- LA STAMPA
ROMA
L’Italia, Paese delle consociazioni ma anche dei complotti sospettati dietro ogni fronda, è pronta a consumare il nuovo thrilling politico. Il plot è già pronto e il primo a tirar fuori la storia del complotto anti-Silvio è stato il ministro Rotondi, un ex-Dc che nella sua vita di democristiano del Sud ne ha viste tante. Per qualche giorno lo hanno guardato come un marziano, ma ora che in tanti - Berlusconi, Cossiga, D’Alema - hanno cominciato a ipotizzare governissimi, lui può finalmente raccontare i suoi indizi: «Tutto è iniziato dopo il discorso del 25 aprile di Berlusconi, quello sulla Resistenza e sul ruolo decisivo dei comunisti. Mai come in quel momento i sondaggi erano all’apice, più che mai Berlusconi stava diventando il presidente di tutti e so che quella sera, è partito un tam-tam in alcuni giornali, per dire “è la solita berlusconata...”. Appena due giorni dopo, su “Repubblica” è scoppiato il caso-Noemi». Rotondi, che in questi giorni ha scambiato con Berlusconi informazioni sensibili, va oltre la solita tirata contro il gruppo Espresso: «Il giornale può aver fatto il suo mestiere, ma i mandanti, quelli che volevano far cadere Berlusconi, sono altrove. E vanno ricercati in due categorie molto diverse: tra i suoi nemici storici, ma anche tra quelli che potrebbero essere stati colpiti nei loro interessi materiali».

Rotondi allude forse alla camorra, colpita dal rischio dell’esaurimento del filone campano dell’immondizia? O all’immancabile concerto dei poteri forti, l’amministrazione Usa, il magnate Murdoch, la massoneria internazionale e nazionale? La sceneggiatura del nuovo thrilling in parte è già scritta. La vittima predestinata - Berlusconi - denuncia che vogliono farlo fuori. Lascia trapelare il nome dell’ “erede” - il Governatore della Banca d’Italia - ma non è in grado di indicare credibili mandanti. Come in tutti i gialli, ci sono anche gli amici sospettati (senza prove) di tradimento, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, il presidente della Camera Gianfranco Fini, persino il pacifico Gianni Letta. Anche se per l’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga il coltello sarebbe nelle mani di tre persone: Carlo De Benedetti, Rubert Murdoch e Pierferdinando Casini. Un trio molto originale, almeno quanto il possibile colpo di scena tipico di ogni thriller: l ’”Armageddon”, lo scandalo finale. La paura inconfessabile a palazzo Chigi è che durante il G8 o pochi giorni prima possa uscire - chissà da dove e chissà dove - una foto compromettente dall’archivio del signor Antonello Zappadu, il fotografo che per mesi e mesi ha scrutato con occhiuta perseveranza ogni mossa del premier in Sardegna.

Ma nelle ultime ore la “vittima annunciata”, anche grazie alla tessitura del solito Letta, ha potuto apprendere che due “poteri forti” del sistema non lo colpiranno alle spalle. La dottrina e la prassi del Capo dello Stato Giorgio Napolitano non è destinata a cambiare: se cade l’esecutivo indicato dagli elettori si va direttamente ad elezioni anticipate salvo che non ci siano le condizioni per un “governo di scopo” e di larga convergenza, chiamato (come nel caso dell’incarico a Franco Marini), ad un incarico preciso, in quel caso modificare la legge elettorale. E anche dal Vaticano, i segnali sono tornati ad essere incoraggianti. Per un mese la Chiesa non ha fatto sconti a Berlusconi, dal primo editoriale su “Avvenire”, il 5 maggio, con quella invocazione alla «sobrietà» che col passare dei giorni è diventata freddezza, fino a diventare manifesto disagio nelle parole del cardinale Angelo Bagnasco. Ma, come ha potuto constatare nelle ultime ore Gianni Letta, una caduta verticale di Berlusconi viene vissuta in Vaticano come una sorta di “horror vacui”, tanto più se il dopo-Cavaliere dovesse prendere le sembianze del Governatore Mario Draghi o del presidente della Camera Gianfranco Fini, due personalità che Oltretevere non sono in cima alle preferenze.

Eppure, le quotazioni di un molto ipotetico “governissimo” sono di nuovo salite dopo l’esternazione di Massimo D’Alema sulle «scosse» nel governo. D’Alema, col suo passato da statista, vuole tornare nel gioco tra altri statisti? Pensa davvero al Governatore? Un battitore libero come Bruno Tabacci, un buon rapporto personale con Draghi, con D’Alema e ovviamente col suo leader Casini, non ha dubbi: «Ma no, se si apriranno per davvero i margini di un’operazione politica importante D’Alema pensa ad un rapporto diretto con un Tremonti, che fosse in grado di portarsi dietro anche la Lega. Bossi oggi è il miglior amico di Berlusconi, ma se la situazione diventasse indifendibile, la Lega sarebbe pronta a cambiar cavallo. E non sarebbe la prima volta».

Inviato: 15/06/09 8:46
da kimikalli
A proposito del nucleare....

IL MATTINO
LONDRA (12 giugno) - Disastro nucleare sventato grazie ad un impiegato che aveva deciso di farsi il bucato: è successo in una centrale nel Suffolk, dove un dipendente, che si era recato nella lavanderia automatica a disposizione nell'impianto, si è accorto di una perdita di materiale radioattivo e ha dato l'allarme.

Nonostante decine di migliaia di litri di liquido radioattivo fossero già fuoriuscite da un condotto difettoso, nessuno dei sistemi d'allarme aveva captato la perdita e parte del materiale si era già riversato nel mare del Nord. Il primo controllo di sicurezza sarebbe stato fatto soltanto dopo 10 ore e in quell'arco di tempo l'impianto avrebbe potuto surriscaldarsi a causa della fuoriuscita del liquido.

Se avesse preso fuoco, sarebbe stato il disastro. L'incidente si è verificato nel gennaio del 2007, ma i giornali ne danno notizia soltanto oggi dopo che John Large, un ex consulente dell'industria nucleare che ora si batte per la chiusura dei reattori nucleari Sizewell sulla costa del Suffolk, è riuscito ad ottenere i documenti relativi all'incidente grazie alle leggi sulla libertà d'informazione. Sizewell A, l'impianto dove si è verificato l'incidente è in fase di smantellamento. A parte uno, tutti gli altri verranno chiusi entro il 2023.

Inviato: 15/06/09 9:25
da kimikalli
Interessanti gli spunti x tutti gli esseri pensanti....

www.youblob.org/2009/05/25/[b]quando-le ... lega-nord/[/b]

Inviato: 15/06/09 11:54
da loremir77
kimikalli ha scritto:Interessanti gli spunti x tutti gli esseri pensanti....

www.youblob.org/2009/05/25/[b]quando-le ... lega-nord/[/b]
mi sa che ora non gliene fanno +.. :roll:

Inviato: 15/06/09 12:00
da kimikalli
IL MESSAGGERO
dal nostro inviato Renato Pezzini
PONTIDA (15 giugno) - Paiono quasi indifferenti, i leghisti, davanti alla parola ”complotto”. E non è cosa da poco viste le abitudini bossiane a chiamare in causa la presunta esistenza di ”oscure manovre” per giustificare questo o quell’evento politico. Questa volta no, niente riferimenti a strani movimenti destabilizzanti, nessun credito alla possibilità di rovesciamenti di campo come nel ’94.

I più non ne parlano, e il solo che lo fa - perché costretto dalle domande - è Calderoli: «Io non credo ai complotti, al massimo c’è qualcuno che si muove in modo un po’ scoordinato». E poi, dicono tutti i padani in coro da Bossi all’ultimo dei colonnelli, se Berlusconi vuole mettersi al riparo da eventuali ribaltoni basta che rafforzi ancora di più il patto con il Carroccio.

Ai leghisti la tesi del complotto, insomma, non piace, la trovano poco convincente, infondata. Per una ragione semplicissima: confermare l’esistenza di un disegno eversivo contro il Cavaliere significherebbe togliere valore al successo elettorale del partito padanista. Bossi, che non va cercando frizioni con Berlusconi, lo lascia capire in modo velato: «Noi abbiamo vinto perché i nostri ministri hanno lavorato bene e perché lo zoccolo duro della nostra base ci ha creduto». E dunque, fa intendere, il travaso di voti dal Pdl al Carroccio non può essere liquidato come il frutto di un complotto (anche mediatico) che ha eroso il consenso del premier favorendo così una crescita leghista. Fatte le somme, fanno notare i capi del movimento nordista, il Governo ha tenuto le sue posizioni. La Lega è salita e il Cavaliere è sceso: «Evidentemente gli elettori hanno capito che noi, più di altri, manteniamo le promesse fatte». :lol:

Inviato: 15/06/09 12:24
da Art69
La Repubblica del 14-06-2009, Ezio Mauro

Dunque siamo giunti al punto in cui il Presidente del Consiglio denuncia pubblicamente un vero e proprio progetto eversivo per farlo cadere e sostituirlo con "un non eletto dal popolo". Un golpe, insomma, nel cuore dell'Europa democratica, come epilogo dell'avventura berlusconiana, dopo un quindicennio di tensioni continue introdotte a forza nel discorso pubblico italiano: per tenere questo sventurato Paese nella temperatura emotiva più adatta al populismo che può dominare le istituzioni solo sfidandole, fino a evocare il martirio politico.

È proprio questa l'immagine drammatica dell'Italia che l'uomo più ricco e più potente del Paese porta oggi con sé in America, all'incontro con Obama.

Solo Berlusconi sa perché dice queste cose, perché solo lui conosce la verità, che non può rivelare in pubblico, della sciagura che lo incalza. Noi osserviamo il dramma di un leader prigioniero di un clima di sconfitta anche quando vince perché da quindici anni non riesce a trasformarsi in uomo di Stato nemmeno dopo aver conquistato per tre volte il favore del Paese.
Quest'uomo ha con sé il consenso, i voti, i numeri, i fedeli. Ma non ha pace, la sicurezza della leadership, la tranquillità che trasforma il potere in responsabilità. Lo insegue l'altra metà di se stesso, da cui tenta di fuggire, sentendosi ghermito dal fondo oscuro della sua stessa storia. E' una tragedia del potere teatrale e eccessiva, perché tutto è titanico in una vicenda in cui i destini personali vengono portati a coincidere col destino dell'Italia. Una tragedia di cui Berlusconi, come se lo leggesse in Shakespeare, sembra conoscere l'esito, sino al punto da evocare la sua fine davanti al Paese.

In realtà, come è evidente ad ogni italiano di buon senso, non c'è e non ci sarà nessun golpe. C'è invece un rapido disfacimento di una leadership che non ha saputo diventare cultura politica ma si è chiusa nella contemplazione del suo dominio, credendo di sostituire lo Stato con un uomo, il governo con il comando, la politica con il potere assoluto e carismatico.

Oggi quel potere sente il limite della sua autosufficienza. Ciò che angoscia Berlusconi è il nuovo scetticismo istituzionale che avverte intorno a sé, il distacco internazionale, il disorientamento delle élite europee, le critiche della stampa occidentale, la freddezza delle cancellerie (esclusi Putin e Gheddafi), lo sbigottimento del suo stesso campo: dove la regolarità istituzionale di Fini risalta ogni giorno di più per contrasto.

Il Cavaliere sente di aver perso il tocco, che aveva quando trasformava ogni atto in evento, mentre lo spettacolo tragicomico dei tre giorni italo-libici dimostra al contrario che le leggi della politica non sono quelle di uno show sgangherato.

Soprattutto, Berlusconi capisce che la fiaba interrotta di un'avventura sempre vittoriosa e incontaminata si è spezzata, semplicemente perché gli italiani improvvisamente lo vedono invece di guardarlo soltanto, lo giudicano e non lo ascoltano solamente. E' in atto un disvelamento. Questa è la crepa che il voto ha aperto dentro la sua vittoria, e che è abitata oggi da queste precise inquietudini.

Il Cavaliere ha infatti ragione quando indica i quattro pilastri che perimetrano il campo della sua recente disgrazia: le veline, le minorenni, lo scandalo Mills e gli aerei di Stato. Giuseppe D'Avanzo, che su questi temi indaga da tempo con risultati che Berlusconi conosce benissimo, spiega oggi perché siano tutt'altro che calunnie come dice il premier. Sono quattro casi che il Cavaliere si è costruito con le sue mani, che lo perseguitano perché non può spiegarli, che lui evoca ormai quotidianamente mentre tenta di fuggirli, e che formano insieme uno scandalo pubblico, tutt'altro che privato: perché dimostrano, l'uno insieme con l'altro, l'abuso di potere come l'opinione pubblica comprende ogni giorno di più.

E' proprio questo il sentimento del pericolo che domina oggi Berlusconi. Incapace di parlare davvero al Paese, di confrontarsi con chi gli pone domande, di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti, reagisce alzando la posta per trascinare tutto - le istituzioni, lo Stato - dentro la sua personale tragedia: di cui lui solo (insieme con la moglie che di questo lo ha avvertito, pochi giorni fa) conosce il fondo e la portata. Reagisce minacciando: l'imprenditore campione del mercato invita addirittura gli industriali italiani a non fare pubblicità sui giornali "disfattisti", quelli che cioè lo criticano, perché la sua sorte coincide col Paese. Poi si corregge dicendo che voleva invitare a non dar spazio a Franceschini, come se non gli bastasse il controllo di sei canali televisivi ma avesse bisogno di un vero e proprio editto. E' qualcosa che non si è mai visto nel mondo occidentale, anche se la stampa italiana prigioniera del nuovo conformismo preferisce parlar d'altro, come se non fosse in gioco la libertà del discorso pubblico, che forma l'opinione di ogni democrazia.

In realtà Berlusconi minaccia soprattutto se stesso, rivelando questa sua instabilità, questa paura. Se sarà coerente con le sue parole, c'è da temere il peggio. Cosa viene infatti dopo la denuncia del golpe? Quale sarà il prossimo passo? E se c'è una minaccia eversiva, allora tutto è lecito: dunque come userà i servizi e gli altri apparati il Cavaliere, contro i presunti "eversori"? Come li sta già usando? Chi controlla e chi garantisce in tempi che il premier trasforma in emergenza?

Attendiamo risposte. Per quanto ci riguarda, continueremo a comportarci come se fossimo in un Paese normale, dove la dialettica e anche lo scontro tra la libera stampa e il potere legittimo del Paese fanno parte del gioco democratico. Poi, ognuno giudicherà dove saprà fermarsi e dove potrà arrivare questo uso privato e già violento del potere statale da parte di un uomo che sappiamo pronto a tutto, anche a trasformare la crisi della sua leadership in una tragedia del Paese.

Inviato: 15/06/09 16:29
da kimikalli
Tutte le bugie sul referendum
Undici risposte ad undici obiezioni

- Il referendum è inutile perché non cancella le liste bloccate.E’ vero che non cancella questo sconcio. Purtroppo non è possibile farlo con un referendum. Ma questo è il referendum contro la "legge-porcata” di Calderoli, e se passerà il suo significato politico sarà questo: il Parlamento sarà costretto a fare le riforme che oggi non vuole fare. Sarà una scossa che rimetterà in moto le cose. A suo tempo neanche l'elezione diretta del sindaco era tra i quesiti (anche quella non poteva esserci), ma la vittoria del sì nel '92 obbligò il Parlamento a vararla. Della “porcata” il referendum cancella invece un’altra vergogna, la possibilità di candidature multiple.
Piuttosto la domanda da fare è questa: c’è qualcuno che crede che, se il referendum fallisse, i partiti farebbero le riforme? No, se il referendum fallirà tutto resterà come prima. Qualcuno andrà in tv e dirà: “Vedete? Gli italiani sono contenti di questo sistema elettorale e di questa politica”

- Il referendum non serve, perché dopo i partiti cambiano tutto.A volte è capitato. La legge sul finanziamento dei partiti è stata scippata in modo vergognoso dal Parlamento, e la stessa legge Calderoli ha stravolto vergognosamente il referendum del '93, anche se ha comunque dovuto rispettare almeno il principio del bipolarismo, proprio perché quella scelta gli elettori l'avevano voluta e la vogliono ancora fortemente. Per il resto l'attuale legge è una porcheria. Consente ad un partitino di mettere la maggioranza con la schiena al muro e di minacciare continuamente le crisi di governo. Non dobbiamo arrenderci a questa situazione. Questo è un referendum proprio contro quello “scippo”. Del resto la storia d’Italia è stata fatta molto dai referendum, e la maggior parte delle volte il risultato è stato rispettato. La elezione diretta del sindaco è sempre lì.

- Con le elezioni il quadro politico è stato semplificato, e il referendum è dunque superato.
Quando abbiamo raccolto le firme non esistevano né il PD né il PDL, ed è stata proprio la campagna referendaria a spingere i partiti a fare queste aggregazioni. Ma la politica italiana è ancora instabile. Se vince il sì questi partiti rimarranno uniti e ci avvieremo al bipartitismo. Se il referendum perde si può sfasciare tutto.
E poi l’instabilità c’è con qualsiasi coalizione, anche di tre partiti. Basta ricordare il ricatto della lega per non fare l’election day con il referendum il 6 e 7 giugno. Ma si possono immaginare Obama, Sarkozy o Zapatero andare in televisione e dire “io vorrei fare questa cosa per il bene del paese, ma se la faccio gli alleati mi fanno la crisi di governo. E quindi non la faccio”? È proprio quello che Berlusconi ha dovuto ammettere soltanto poche settimane fa di fronte al ricatto della Lega sulla questione dell'abbinamento del referendum all'election day.
Quello che cambierebbe è che nessun partito delle coalizioni di governo potrebbe ricattare gli alleati. Non ci sarebbero stati i diktat dei Mastella e dei Giordano della scorsa legislatura nel centro-sinistra, e dei Bossi e dei Maroni nel centrodestra in questa.
Una cosa deve essere chiara: IN NESSUN PAESE CHE CONTA UNA MINORANZA PUÒ FAR CADERE IL GOVERNO. PER QUESTO L’ITALIA NON CONTA

- Le leggi elettorali deve farle il Parlamento.
In linea di principio ciò è giusto, ma in Italia le uniche riforme, come il maggioritario e la elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia e del governatore, sono state fatte, a furor di popolo, dai referendum degli anni '90. Il Parlamento parla di riforme da trent’anni, ma è bloccato perché controllato dai partiti che non le vogliono. Soltanto i cittadini possono cambiare e dare un scossa perché si facciano le riforme.

- Il referendum è pericoloso: aiuta Berlusconi.
Qualunque sia la posizione politica che si ha, questa è comunque una grandissima balla. Dicono che se passa il referendum Berlusconi e il suo PdL, con il 40% dei voti, prende il 55% dei seggi in parlamento. Attenzione, può avvenire già oggi con l'attuale legge-porcellum. Per fare questo Berlusconi non ha alcun bisogno del referendum che su questo punto non cambia niente (i cambiamenti sono altri). Tutto questo è un effetto della legge elettorale oggi in vigore, la quale già prevede che alla lista più votata venga attribuita anche la maggioranza assoluta dei seggi in palio.

- E’ antidemocratico che un partito del 40% abbia il 55% dei seggi.
No, questo non è vero. Nei paesi anglosassoni, la culla della democrazia, ciò accade spesso. Thatcher e Blair hanno sempre governato con queste percentuali, e nel 2005 Tony Blair, con il 35,3% dei voti, ha preso il 55 % dei seggi ed ha eletto 360 deputati contro i 260 di tutte le opposizioni. Il maggioritario è questo: chi vince governa, chi perde controlla.

- Ma addirittura con il 20% dei voti si può prendere la maggioranza assoluta dei seggi.
Ancora una volta occorre ricordare che questo può accadere anche oggi, proprio con la legge che combattiamo, e non sarebbe un effetto del referendum. Se una coalizione prende il 20%, la seconda il 19%, la terza il 18% e le altre ancora meno, la prima ha la maggioranza assoluta in Parlamento. In realtà però si tratta di un’ipotesi teorica, sostanzialmente impossibile a realizzarsi. Già oggi i due principali partiti hanno più del 20%! E poi il desiderio di vincere spinge a fare aggregazioni vaste, per battere l’avversario. Nel 2006 questo ha portato ad aggregazioni enormi, 16 partiti da una parte e 17 dall’altra. Se passa il referendum chi vuole aggregarsi per vincere dovrà fare una lista unica, con grande vantaggio per la stabilità e la chiarezza.

- Il referendum rafforza soltanto chi ha la maggioranza.
Non è vero. Aiuta anche l’opposizione, anzi forse ancora di più. Quando ci sono le elezioni la maggioranza va al governo ed è unita dall’esigenza di non perdere il governo, mentre l’opposizione tende a sfasciarsi, a litigare, e ciascun partito va per conto suo. Lo vediamo già oggi con la rissa continua tra PD e Italia dei valori. Litigano perché vogliono rubarsi reciprocamente i voti per essere più forti quando si tratterà di contrattare la formazione della coalizione elettorale. Se ci fosse il bipartitismo il partito di opposizione rimarrebbe unito e dovrebbe pensare soltanto a fare delle proposte serie che gli consentano di vincere le elezioni la volta successiva.

- Il referendum fa spendere soldi.
La democrazia ha i suoi costi. Vogliamo rinunciare alla democrazia per risparmiare qualcosa? Mussolini diceva che le elezioni costano caro, e infatti per vent’anni non le ha più fatte. Ma attenzione, se si fosse accolta la nostra richiesta di votare nello stesso giorno, il 6 e il 7 giugno, europee, amministrative e referendum, si sarebbero risparmiati ben 400 milioni di euro. E’ stata la Lega a impedire questo e ad addossare alla collettività un costo enorme.

- Il referendum porterebbe ad un bipartitismo forzato.
E’ vero, il referendum spingerebbe al bipartitismo. Questo è il suo valore politico, questo è l’obiettivo che ci prefiggiamo. Ed è un obiettivo importantissimo e positivo. Tutte le grandi democrazie si fondano su due grandi partiti. Negli USA i democratici e i repubblicani, in Gran Bretagna i laburisti e i conservatori, in Spagna e in Germania i popolari i socialisti, in Francia o socialisti e il partito di Sarkozy. Questo non significa che non vi siano altri partiti più piccoli, ma che ciascuno dei due poli ruota attorno a un grande partito. Ma questa è la garanzia di stabilità e di efficienza di quelle democrazie: e questo è ciò che il referendum ci darebbe anche in Italia. E poi non ci sarebbe nessuna forzatura. Gli italiani che hanno votato per i due principali partiti sono più del 70 %. Più di quanto abbiano ottenuto insieme i due principali partiti in Inghilterra nel 2005 (67,6%).

- Ci sarebbe meno pluralismo.
Non è vero. I partiti che superano il 4 % sarebbero comunque rappresentati. E poi la frammentazione estrema non porta pluralismo: porta a inefficienza, paralisi, e anzi immobilismo. Il vero pluralismo ha bisogno dell' alternanza, del ricambio. Solo questo mette al riparo dalla cosa più soffocante che ci sia, il consociativismo. Noi non vogliamo colpire il sano pluralismo. Vogliamo colpire il potere di ricatto dei partiti dentro le coalizioni. Vogliamo eliminare l’idea della coalizione. Che è una contraddizione in termini: si sta insieme, ma ci si combatte anche per rosicchiarsi reciprocamente voti. Un assurdo. E il tempo si spreca nei negoziati tra i partiti, anziché pensare al bene del paese.
Noi ci ispiriamo ai modelli anglosassoni. Ti pare che in quei paesi non ci sia pluralismo?
Ufficio stampa

Inviato: 15/06/09 16:49
da Art69
Articolo 21

""Caro Barack, ti ricordiamo 10 cose su Silvio".
Più di 3000 persone scrivono a Obama.

di Stefano Corradino

Il rapporto con la P2, le leggi ad personam, le innumerevoli gaffe... Se dovessimo presentare ad un Capo di Stato straniero un elenco utile per ricordargli alcune cose su Silvio Berlusconi avremmo l'imbarazzo della scelta.
Ne abbiamo scelte 10. Dieci punti per ripercorrere un pò della storia attuale e meno recente del nostro premier, alcune sue memorabili dichiarazioni e scelte politiche diametralmente distanti dallo spirito e dai valori del presidente americano. Le sue opinioni sul multiculturalismo, sul nucleare, su Bush..
Abbiamo scelto di far partire l'iniziativa dal popolare social network Facebook. In pochi giorni sono oltre 3000 le lettere inviate alla Casa Bianca dagli utenti di Facebook che hanno aderito ad un gruppo dal titolo "10 cose da
ricordare a Obama che incontrerà Berlusconi lunedì 15 giugno". Migliaia di navigatori hanno inviato al sito internet http://www.whitehouse.gov/contact/ la stessa mail contenente alcune informazioni sul presidente del Consiglio italiano in occasione dell'incontro che si svolgerà domani in Usa. Oltre 3000 utenti (ma la cifra cresce di minuto in minuto) stanno "invadendo" in queste ore il sito della Casa Bianca con i 10 punti in inglese e i loro messaggi personali".

Di seguito la lettera in italiano (e sotto la traduzione inglese da spedire alla Casa Bianca)

Spett. Presidente Obama
Il prossimo 15 giugno lei incontrerà alla Casa Bianca Silvio Berlusconi. Per questa occasione abbiamo pensato di ricordare 10 informazioni utili sul nostro Presidente del Consiglio

1) Berlusconi è stato membro della P2, una loggia massonica che aveva come obiettivo la conquista del potere attraverso il controllo dell'informazione e della giustizia

2) Berlusconi è proprietario delle tre principali tv private e di un impero commerciale tale da configurarlo come il campione del conflitto di interessi nel mondo

3) Il giudice Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia, due mesi prima di morire rilasciò un’intervista a dei giornalisti francesi, accennando più di una volta ai rapporti di Berlusconi e Marcello Dell’Utri (suo braccio destro) con la mafia.

4) Sotto i governi Berlusconi sono state approvate numerose leggi ad personam per alleggerire la posizione processuale di Berlusconi stesso. L'ultima, il Lodo Alfano, sospende i procedimenti penali a carico del Presidente del Consiglio per tutta la durata del suo mandato, e costituisce un unicum nel panorama legislativo europeo.

5) I quotidiani stranieri (non certo di sinistra) sono costantemente indignati dal comportamento e dalle frasi di Berlusconi. Celebri le sue "battute" su Obama abbronzato e “la superiorità della civiltà occidentale”.

6) Berlusconi è stato un grande estimatore del suo predecessore: “La storia - ha affermato il premier - dirà che George W. Bush è stato un grande, grandissimo presidente degli Stati Uniti”. Berlusconi ha definito Bush “un uomo di grandi principi, grandi ideali, grande visione, ma soprattutto uno che ha il coraggio di perseguire questa visione”.

7) Il governo Berlusconi, piuttosto che incentivare l'uso delle energie alternative ha reintrodotto il nucleare facendo carta straccia del referendum del 1987 con cui gli italiani lo bocciarono.

8) "L'Italia non è un paese multiculturale" ha affermato recentemente il premier, ed il governo italiano sta procedendo a espulsioni di massa.

9) Mentre lei ha pubblicamente lodato i giornali perchè sono un cane da guardia del potere non c'è giorno che Berlusconi non sferri attacchi contro la stampa

10) «Basta. Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni». «Ho cercato di aiutare mio marito come si farebbe come una persona che non sta bene» Sono le affermazioni della moglie del premier Veronica Lario alla luce delle recenti rivelazioni relative agli incontri del marito nella sua villa privata (incontri che sono stati immortalati e che stanno facendo il giro del mondo)."

Inviato: 15/06/09 16:52
da Art69
Per i referendum di domenica prossima non sarebbe il caso di aprire un thread separato?

Io personalmente, anche se a suo tempo sono andato a firmare per promuoverlo, ad oggi non sono sicuro se rispondere si o no alle prime due domande. Alla terza (quella sul divieto di candidarsi a più regioni al Senato o a più circoscrizioni in Parlamento) sono strasicuro di votare si. E poi non si risolve il problema delle preferenze.....

Inviato: 15/06/09 17:53
da loremir77
per la serie: i terremotati dell'abruzzo sono TUTTI contenti...

Il coordinamento organizza la manifestazione nella capitale
La Protezione civile frena: nei campi non si può "disturbare"
Protesta per il sisma, domani sfollati a Roma
"Ma volantinaggio vietato nelle tendopoli"
di GIUSEPPE CAPORALE


La tendopoli dell'Aquila
L'AQUILA - Nelle tendopoli dei terremotati ora anche il volantinaggio è severamente vietato. Nelle centottanta strutture d'accoglienza gestite dalla Protezione Civile e situate intorno alla città dell'Aquila, giorno dopo giorno aumentano divieti e restrizioni. Appena due settimane fa, con una circolare firmata dal vice capo del dipartimento ministeriale, Bernardo De Bernardinis, era stata abolita la somministrazione di caffé, cioccolata e vino. Poco prima, anche le manifestazioni interne ai campi, promosse dalla popolazione, erano state bandite. "Occorre non turbare la quiete degli ospiti" era stato spiegato dagli uffici della Dicomac (il centro operativo della Protezione Civile).

Dell'impossibilità di diffondere volantini, invece, si sono accorti, ieri, i nove comitati che curano l'organizzazione della manifestazione di protesta contro il decreto per la ricostruzione voluto dal governo. Un decreto che domani sarà in discussione alla Camera. E proprio lì, a Roma, i comitati "senza colore politico e senza bandiere" vogliono far sentire la loro voce. "Per questo stavamo girando le tendopoli: per diffondere un volantino che invitava la popolazione a partecipare alla manifestazione di protesta martedì davanti Montecitorio" racconta Gianfranco De Felice, 27 anni, grafico pubblicitario, sfollato e attivista del comitato "3e32". "La distribuzione del materiale però ci è stata impedita ovunque. Abbiamo solo potuto lasciare un volantino al responsabile di ogni singolo campo, chiedendo la garanzia che almeno venisse affisso in bacheca" racconta ancora. E aggiunge: "Un volontario della tendopoli di Sant'Elia poi, mi ha mostrato una circolare interna, firmata dalla direzione della Protezione Civile, dove era scritto che il volantinaggio in tutti i campi è severamente vietato. Ho chiesto di fotografarla o di averne copia, ma mi è stato impedito".
Intanto, ieri a Roseto, oltre seicento sfollati si sono radunati in assemblea per organizzare la manifestazione di Roma, e i toni si sono fatti molti aspri. In platea solo comitati spontanei, nessun sindaco o amministratore pubblico. "Siamo stanchi di essere presi in giro sia dal governo nazionale (di centrodestra), che dai rappresentanti delle istituzioni locali (di centrosinistra) che non hanno la forza di opporsi" ha detto Mattia Lolli del Comitato 3&32 "era chiaro da subito che non si possono far rimanere 30 mila persone otto mesi nelle tende. Siamo pronti a mobilitarci per bloccare i lavori del Piano C. A. S. E. (con i 13 mila appartamenti voluti dal governo). Pronti a stenderci davanti alla gru".

Inviato: 15/06/09 21:23
da chiaretta
Art69 ha scritto:La Repubblica del 14-06-2009, Ezio Mauro

Soprattutto, Berlusconi capisce che la fiaba interrotta di un'avventura sempre vittoriosa e incontaminata si è spezzata, semplicemente perché gli italiani improvvisamente lo vedono invece di guardarlo soltanto, lo giudicano e non lo ascoltano solamente. E' in atto un disvelamento. Questa è la crepa che il voto ha aperto dentro la sua vittoria, e che è abitata oggi da queste precise inquietudini.

Incapace di parlare davvero al Paese, di confrontarsi con chi gli pone domande, di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti,
ma speriamo che sia vero!!!
...ci voleva la vendita di kakà?

Inviato: 16/06/09 8:49
da kimikalli
La modernità dell’orazione funebre che Pericle pronunciò almeno mezzo secolo prima che Platone scrivesse la Repubblica:

"Il nostro sistema politico non compete con istituzioni che sono vigenti altrove.
Noi non copiamo i nostri vicini, ma cerchiamo di essere un esempio.
Il nostro governo favorisce i molti invece che i pochi: per questo è detto una democrazia.
Le leggi assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento...
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo il nostro prossimo se preferisce vivere a suo modo...
Ma questa libertà non ci rende anarchici.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede solo nell’universale sentimento di ciò che è giusto.
La nostra città è aperta al mondo; noi non cacciamo mai uno straniero...

Noi siamo liberi di vivere proprio come ci piace, e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo...
Noi amiamo la bellezza senza indulgere tuttavia a fantasticherie e benché cerchiamo di migliorare il nostro intelletto, non ne risulta tuttavia indebolita la nostra volontà...
Riconoscere la propria povertà non è una disgrazia presso di noi; ma riteniamo deplorevole non fare alcuno sforzo per evitarla.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private...
Un uomo che non si interessa dello stato non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e, benché soltanto pochi siano in grado di dar vita a una politica, noi siamo tutti in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla strada dell’azione politica, ma come indispensabile premessa ad agire saggiamente...
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà e la libertà il frutto del valore e non ci tiriamo indietro di fronte ai pericoli di guerra... Insomma, io proclamo che Atene è la Scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la prontezza a fronteggiare le situazioni e la fiducia in se stesso".