Sauternes ha scritto:
se il progettista si fosse adagiato su una lettura didascalica del contesto, non avremmo avuto, per fare un esempio, il Centre Pompidou, ma anche gli innesti gotici in contesti romanici.
come dici bene tu, il contesto è anche culturale, ed è il contesto culturale che ha portato, attraverso una lettura
didascalica del contesto ad opere come il centre pompidou e all'evoluzione gotica dell'architettura medievale. Altrimenti staremmo ancora costruendo gli edifici di culto a tempio periptero octastilo e le case ad insula.
Secondo me non esiste un "vademecum della giusta progettazione", che sarebbe l'aberrazione della progettazione stessa e la negazione dell'evoluzione stilistica e/o culturale. Quello che io ho detto sulla contestualizzazione dell'architettura è il
mio modo di progettare, secondo il quale non realizzerò mai un qualcosa di simile alla casa di Mies in un contesto anche solo parzialmente urbanizzato. Se poi me lo dovesse chiedere un cliente voyeurista allora ci rifletterò su, visto che l'architettura, quando commissionata da un privato, deve anche essere un riflesso dei gusti e delle attitudini di chi volgarmente paga, giusto a ribadire il fatto che (purtroppo o per fortuna) l'architettura è
anche edilizia legata a mere questioni economiche e di mercato, un po come i quadri troppo "fuori contesto" del Caravaggio che furono bocciati dalla committenza e non pagati.
detto ciò, volevo spendere due parole a difesa del "povero" ingegnere che, col cappottino che si ritrova ora non sentirà più freddo per il resto della sua vita
: la foto postata ha una luce terribile e forse è stata scattata con una macchina fotografica non professionale: la luce è piatta e grigia e quindi i volumi ed i colori spariscono completamente. Forse fotografata senza il muraccio di contenimento in primo piano, in una giornata di sole, preso dalla giusta angolazione si potrebbe scorgere qualcosa di meno terrificante. forse. Rimane il fatto che il linguaggio architettonico di questa costruzione è lessicalmente sbagliato, un po come una frase col congiuntivo distorto. Il problema dei problemi? è che nessuno, in questo paese, riconosce le competenze dell'altro: quindi abbiamo architetti che si sentono grandi strutturisti (e poi non vanno al di là del banale telaio in calcestruzzo armato "perchè il programma di calcolo così viene più semplice") e ingegneri che si sentono meravigliosi architetti pur non avendo il minimo senso della proporzione. E geometri che si sentono al di sopra di tutto e di tutti.