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Isetta, l'auto della Provvidenza per la Germania

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Rielaboro, scorrendo una serie di articoli relativi al sessantenario della Isetta della ISO, vetturetta creata dall'ingegnere Renzo Rivolta (sopra), anche per indurre una piccola riflessione, in tempi di crisi come questi.
Sconosciuta ai più in Italia, quest'auto dalle linee avveniristiche genera oggi lo stesso stupore che suscitò 'ieri', nel 1953, anno in cui comparse brevemente in Italia (1953-1956) prodotta dalla ISO, un'azienda che dopo l'esperienza della guerra (motori Isotta Fraschini per aerei e veicoli) aveva riorganizzato le sue linee orientandosi sui frigoriferi prima, motociclette e motofurgoni poi.
Però, l'Isetta, al pari della Fiat 500 in Italia (1957), è stata protagonista, malgrado le intenzioni del suo creatore, del boom economico in Germania nel dopoguerra, risollevando un marchio in crisi come quello della BMW - causato dalla fine delle grandi commissioni belliche, dalle quali fu inibita - e rilanciandolo in tutto il mondo.
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La BMW, acquisì nel 1955 (ai nostri giorni ripeterà la stessa strategia, con la Mini Morris, altro successo commerciale) la microvettura italiana, trasferendo personale e materiale in Baviera, ed apportando una serie di modifiche, dotando la piccola auto italiana di un motore più potente ed ottenendo negli anni successivi un insperato quanto clamoroso successo di vendite, nazionale ed estero (UK, USA, Australia e Nuova Zelanda, Brasile). L'Isetta 'tedesca' (foto sopra e sotto) mutò nome in 250 e seguirono nuove versioni sviluppate con motori sempre più moderni, 300, 600 a quattro posti e la berlina 700. Un successo durato 7 anni, dal 1955 al 1962, che valse alla casa dell'elica più di 160.000 vetture vendute.
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Sull'Isetta, qualche dato che ancora ci stupisce, nonostante si viva in piena citycar-age (Smart docet).
Il veicolo, piccolissimo (230x139cm) assomigliava per dimensioni e conformazione (fanali=occhi, prese d'aria=branchie) ad un piccolo insetto. Dove in un'auto tradizionale si trovava il cofano, l'Isetta presentava il portellone che consentiva di accedere all'esiguo abitacolo, sufficiente al massimo per due persone. Per facilitare l'ingresso nell'abitacolo, il piantone dello sterzo era solidale con il portellone stesso, cioè, aprendo quest'ultimo, il piantone si inclinava in avanti per lasciare ancor più spazio: quest'idea assai originale fu suggerita dagli ingegneri Pierluigi Raggi ed Ermenegildo Preti, mentre i posti a sedere erano costituiti da una semplice panchetta. Dietro di essa vi era uno spazio occupato per metà dal piccolo motore monocilindrico a due tempi e per metà da un piccolo vano bagagli. La vetratura, che offriva grande visibilità, fu ideata dal grande carrozziere Giovanni Michelotti, a cui fu chiesta una consulenza per la vetturetta. Prestazioni di tutto rispetto: 80 Km all'ora e con 3 litri di benzina si potevano compiere un'ottantina di Km.
L'idea di Rivolta era giusta: un mezzo per la città - pochissimi potevano permettersi un'auto negli anni '50 - con costi di esercizio ridotti, non lontani da quelli di uno scooter: il motore bicilindrico derivava da quello, ma l'abitacolo chiuso e protetto, a 'uovo', era invece di concezione aeronautica.
Purtroppo a 3 anni dal lancio al Salone dell'Automobile di Torino del 1953, il veicolo in Italia non riuscì a conseguire risultati commerciali apprezzabili ed, il successo conseguito alla Mille Miglia del '54 attirò l'attenzione dei tedeschi della BMW che in poco tempo, ne fecero il modello della (loro) rinascita.