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#916
stefania_b ha scritto:ho un improvviso attacco di gastrite :? lalli pure 1200 erano troppi
ovvio :wink: ma chissa' perche' leggendo di fretta l'articolo pensavo che
gli avessero assegnato un emolumento proporzionato all'argent de poche dei figli dei miliardari..tipo..non uno stipendio da dirigente :roll:
della gastrite sento tutti i sintomi anche io :twisted:
http://www.youtube.com/watch?v=FVMDS3qeLb8

#919
loremir77 ha scritto:
Art69 ha scritto:.... braccia rubate all'agricoltura.

Del resto, vista la maglietta, tale padre, tale figlio.

No, seriamente, questa gente la manderei a lavorare. Davvero.
A farsi il mazzo in fabbrica, in un cantiere edile, o in un ufficio....
schiavi di roma un piffero per non dire altro.
quei 12.000 secondo lui da dove arrivano????
la coerenza certa gente non sa nemmeno dove sta di casa.
Ora, il male non si augura a nessuno, ma se suo padre, invece di riscuotere lo stipendio da Roma ladrona, fosse andato a fare un lavoro da operaio od impiegato conseguente al diplomino di Scuola Radio Elettra che è il suo titolo di studio, quando gli prese l'infarto invece di operarsi in clinica privata in Svizzera avrebbe fatto la fila come qualunque altra persona di reddito "normale" per un posto in un ospedale pubblico.
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#923
Art69 ha scritto:L'avevo letta tempo addietro da qualche parte, ed ora l'ho ritrovata.

Per quel che mi risulta Vittorio Feltri NON è un giornalista.

Non per battuta, ma seriamente: è stato radiato nel 2000 dall'Ordine dei Giornalisti (non so se poi sia stato riammesso)

http://www.repubblica.it/online/cronaca ... diato.html


Nell'annuario 2009 dei giornalisti risulta iscritto.
L'amarezza della bassa qualità permane a lungo dopo aver dimenticato la dolcezza del basso prezzo.

#924
In effetti è vero, è stato riabilitato nel 2003.

Però io continuo a considerarlo un pennivendolo e un imbrattacarte.
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#925
Art69 ha scritto:.... braccia rubate all'agricoltura.

Del resto, vista la maglietta, tale padre, tale figlio.

No, seriamente, questa gente la manderei a lavorare. Davvero.
A farsi il mazzo in fabbrica, in un cantiere edile, o in un ufficio....
:wink: Anche l'agricoltura merita di più.....OSCENO!!! :cry: :shock:
IL Messaggero


L'armata di 50 patrioti repubblicani al seguito di Gianfranco Fini e Giorgio Napolitano
ROMA (15 settembre) - Nell’armata dei 50 finiani giovani e forti, e pronti a firmare la lettere-manifesto di Italo Bocchino e a dare battaglia al Cavaliere «in delirio», le prime a scattare all’attacco sono le signore, o le amazzoni. Ecco l’avvocatessa Giulia Bongiorno che minaccia carte bollate anti-Feltri e come presidente della commissione giustizia della Camera ha dato tanti grattacapi al premier.

Insieme a lei, a reagire immediatamente con il suo editoriale di oggi sul «Secolo», è un’altra donna dell’Armata Gianfranco: Flavia Perina, deputata e direttrice del giornale che fu di An. Pasionarie sul piede di guerra. Occhio ad Alessandra Mussolini: «Sono prontissima a votare la lettera promossa da Italo Bocchino, ma prima devo vederla».

Il gianfranchismo, però, non è solo femmina. Si tratta di un universo composito, da tutti i punti di vista. E che ora sta per uscire allo scoperto, dopo che - fin dall’inizio della legislatura - tanti malpancisti e delusi inviavano bigliettini personali a Fini, pieni di dichiarazioni d’amore, o di nostalgie, o di bronci per la prepotenza del Cavaliere. La fase due la spiega Marcello De Angelis, uno dei 50 e uno dei più battaglieri a proposito della legge sul biotestamento che non risulti appiattita sui dogmi vaticani: «Ci sono molti deputati - spiega questo esponente della ex An - che vedendo un Fini tornato nel fuoco della battaglia politica, anche a livello territoriale, sono dispostissimi ad accompagnarlo in questa nuova stagione». Chi per fastidio verso il Pdl modello «caserma». Chi perchè irriducibile alla velinizzazione della politica. Chi per motivi etici. Chi perchè esasperato dallo svuotamento della funzione parlamentare. Chi affezionato al multi-culturalismo. Chi indignato - e furono in 101 - per quella norma leghista sui medici-spia. Chi... Chi... Chi... Se Alemanno, che con i suoi si dice finiano, dà il via libera al gianfranchismo, una decina di onorevoli - da Cirielli a Buonfiglio ad altri - potrebbe far parte della nuova costola del Pdl, che ha una propaggine anche al Senato: con Augello e Baldassarri, Ombretta Colli e Malan (berlusconiani ma non vaticani), Viespoli e Cursi e un’altra ventina di esponenti fra cui potrebbe esserci Pisanu. Se arrivano a trenta, trattasi del 10 per cento di Palazzo Madama, che non è poco. Fra i 50 dell’altro ramo del Parlamento, ecco i siciliani Granata, Lo Presti, Scalia, Briguglio: e la loro isola è laboratorio del gianfranchismo, con tanto di gruppo al parlamento regionale ben distinto dal resto del Pdl. E poi cani sciolti come Luca Barbareschi. Il radicale Della Vedova. Santo Versace. Gennaro Malgieri. Il vice-ministro Urso. Il ministro Ronchi, ovviamente.

Più giù, tanti peones, e qualche deputato - come Alessandro Ruben, avvocato quarantenne - che è diretta emanazione di Fini. E’ della partita anche Silvano Moffa, ora presidente della commissione lavoro. E altri s’aggiungono, anche se i vertici del gruppo Pdl - ala berlusconiana - escludono che ex di Forza Italia stiano traghettando verso il «Punto G», quello sensibile alle ragioni di Gianfranco.
Le truppe di Fini si stanno dislocando sul campo di battaglia parlamentare, e dicono di poter contare - fuori del Palazzo - su fiancheggiatori anche pesanti. Come Sarkò e Aznar, a livello internazionale, e Giorgio Napolitano qui in Italia. «Lui e il suo patriottismo repubblicano - assicurano alcuni dei 50 - sono diventati il faro di Gianfranco e di molti di noi».

#926
Il declino non si vede, ma è già iniziato

Eugenio Scalfari, La Repubblica, 13-09-2009

Dopo il suo intervento dell’altro ieri a Gubbio e quello di ieri a Chianciano dove Casini ha riunito i dirigenti dell’Udc, si fanno previsioni e perfino scommesse sugli obiettivi di Gianfranco Fini nel prossimo futuro. E se lo domanda anche, con qualche preoccupazione, Silvio Berlusconi. Vuole dargli una spallata approfittando d’un momento di oggettiva difficoltà che il premier sta attraversando? Vuole uscire dal partito e fondarne un altro? Vuole prepararsi a prendere il posto di Napolitano quando il mandato del Capo dello Stato scadrà (nel 2013)? Vuole esser pronto a qualunque evenienza e a qualunque emergenza che potrebbe verificarsi nel quadro agitato e anomalo della politica italiana?

Tutto considerato e mettendo in fila gli interventi che si susseguono da tempo, compreso quello di ieri in casa d’un partito d’opposizione, la conclusione logica è questa: Fini si prepara a succedere a Berlusconi quando il premier dovrà cedere il comando per ragioni di calendario. Nel 2013 avrà 77 anni ed avrà governato o comunque occupato la scena politica da diciotto. Dopo quanto è accaduto in questi mesi è esclusa una sua candidatura al Quirinale e neppure il lodo Alfano potrebbe impedire che i processi a suo carico vengano riaperti.

A quel punto – ma in realtà almeno un anno prima – il problema della successione si porrà inevitabilmente e la rosa dei candidati vedrebbe Fini in “pole position”. Gli altri sulla carta sono tre: Formigoni, Letta, Tremonti. Ma per valutare le rispettive “chance” occorre tener presente che il successore prescelto dovrà guidare il centrodestra alle elezioni politiche.


Deve dunque essere in grado di sostituire un formidabile comunicatore dotato di capacità seduttive e ipnotiche senza pari. Chi può vantare un carisma che si avvicini a quello del Cavaliere? Basta porre la domanda per scartare tutti e tre i nomi dei “competitors”, soprattutto Formigoni e Letta. Tremonti ha l’appoggio della Lega, ma la scelta del leader del Pdl non spetta alla Lega.

Quindi Fini, verso il quale rifluirebbero agevolmente quasi tutti gli ex di Alleanza nazionale una volta sgombrato il campo da Berlusconi.
Aggiungo un’altra considerazione. Qualora un’emergenza istituzionale dovesse prodursi all’improvviso (e la sentenza della Consulta sul lodo Alfano o altre questioni di analogo rilievo potrebbero determinarla anche a breve termine) la candidatura di Fini a sostituire l’attuale premier avrebbe forti probabilità di successo. Un governo Fini poggiato anche sul sostegno dell’Udc e su un’amichevole astensione del centrosinistra potrebbe essere la via d’uscita verso le riforme sempre auspicate ma mai portate in Parlamento, nonché su una normalizzazione della vita democratica dopo gli sconquassi del berlusconismo rampante.

La conclusione dunque è questa: Fini si propone di essere il successore di Berlusconi alla guida d’un partito di destra democratica profondamente diverso dalla gestione “eversiva” e assolutistica del Cavaliere di Arcore. Successore, non delfino. Del resto con Berlusconi i delfini non sono previsti salvo Letta che più che un delfino sarebbe un perfetto luogotenente.

* * *

Ma c’è già ora un declino di Berlusconi nella percezione degli italiani? E’ cominciato uno smottamento del consenso? L’insensata guerra contro le gerarchie cattoliche e contro i sentimenti morali dei cattolici ha prodotto crepe importanti? Il killeraggio contro gli avversari, le bravate crescenti del premier, il massimalismo leghista, la disistima internazionale che ormai si è diffusa non solo nella stampa estera ma anche nelle cancellerie europee e americane, hanno aperto falle significative nel consenso berlusconista?
Qualche crepa è visibile. L’ultimo sondaggio Ipsos commissionato da Palazzo Chigi registra un calo di 4 punti collocando il consenso attorno ad uno stentato 50 per cento. Le intenzioni di voto vedono il Pdl attorno al 38 per cento. Il Foglio di ieri ha pubblicato in prima pagina dieci domande (la formula delle dieci domande ha ormai fatto strada) che sollevano altrettanti problemi non risolti dal governo e molto scomodi da risolvere.

Ma il blocco è ancora sostanzialmente intatto. E tuttavia il declino è percepibile e il nervosismo del premier non fa che ingrandirlo. Chi ha visto la versione integrale del suo “show” nell’incontro italo-spagnolo avvenuto nell’isola di Maddalena è rimasto allibito, a cominciare da Zapatero che l’ha commentato ieri pubblicamente con parole che parlano da sole. E chi ha ascoltato il discorso di Fini a Gubbio ha percepito la differenza abissale che separa i due co – fondatori del Pdl. Del resto non è un caso se il neo – ambasciatore Usa a Roma ha cominciato le sue visite di presentazione da Fini anziché dal premier.

L’opinione di tutti gli stranieri che capita di incontrare da qualche mese a questa parte è unanime: “Non ci stupisce più il vostro premier, ma ci stupiscono gli italiani che ancora sopportano di esser rappresentati da un simile personaggio”.

La sua debolezza oggettiva si riduce ad una sola parola: ricattabile. Abbiamo un premier ricattabile e ricattato. Quindi debolissimo. E alle sue spalle un partito che vive e vince in virtù del suo carisma personale. Il carisma, come tutti sanno, è un fenomeno di massima fragilità: se s’infrange, tutta la costruzione che su di esso si appoggia crolla.
L’insieme di questi elementi porta alla conclusione che il declino è in corso anche se il carisma regge ancora. Per quanto?

* * *

Queste riflessioni su Fini e su Berlusconi ci portano a considerare la situazione del Partito democratico, quello che nella percezione sia degli avversari sia dei suoi ex sostenitori e sia infine di molti osservatori viene definito un partito fantasma o il partito che non c’è; comunque un relitto che nessuno riuscirà a portare in salvo proprio nel momento in cui il paese avrebbe maggior bisogno d’un partito d’opposizione capace di attirare su di sé il disagio che sia pur lentamente si diffonde e che acquisterebbe peso e velocità dalla presenza di una valida alternativa.
Su questa delicata ma essenziale questione faccio le seguenti considerazioni (come persona informata dei fatti).

1. Conosco bene i tre candidati alla segreteria del Pd e in particolare i due maggiormente favoriti, Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani. Sono due persone perbene. Nessuno dei due ha scheletri nell’armadio. Si battono con vigore come deve accadere in una sfida politica e come non accadde né nelle primarie che insediarono Prodi alla leadership del centrosinistra sia in quelle che insediarono Veltroni alla guida del Pd. Questa volta sta accadendo, su questioni di visione politica, senza alcun colpo sotto la cintura. Non è quello che i simpatizzanti e gli iscritti al partito volevano?

2. Chiunque dei due vincerà, il compito di costruire un partito riformista in un paese dove il riformismo ha sempre avuto vita stentata non sarà agevole anche se – ne sono convinto – ciascuno di loro ce la metterà tutta.

3. La condizione necessaria affinché questa costruzione avvenga e sia solida non sta nel programma e tantomeno nelle ragioni che hanno condotto forze culturali e politiche con storie diverse a dar vita ad un partito comune. Sia le ragioni che presiedettero alla nascita del Pd sia la sua visione d’una società “riformata” furono elencate, illustrate e unanimemente approvate nell’assemblea del Lingotto che insediò Veltroni alla guida del Pd. Si può aggiornare il programma, ma le linee di fondo di quella visione del bene comune c’è già stata ed è tuttora pienamente valida.

4. In realtà la condizione necessaria affinché la nave di questo partito esca dalla darsena e riprenda orgogliosamente il mare dipende soltanto da chi sente profondamente la necessità d’un partito seriamente riformista, capace di dar voce a tutte le speranze, le attese e i bisogni del centrosinistra italiano, da un socialismo liberale ad un laicismo che possa esser sostenuto con vigore sia da laici non credenti sia da cattolici di discendenza degasperiana; infine dai grandi valori della libertà e dell’eguaglianza che non possono mai esser disgiunti e che vanno vissuti e applicati nel quadro d’una solidarietà sentita come impegno civile.

Se almeno due milioni di elettori esprimessero quest’impegno nelle votazioni alle primarie del prossimo 25 ottobre, credo che il varo della nave democratica segnerebbe la riscossa che molti hanno nel cuore senza sapere in che modo tradurla in atto.
L’atto decisivo è quello: un varo effettuato sulle braccia e sulle spalle di qualche milione di persone.

Sabato prossimo si svolgerà a Roma in piazza del Popolo una manifestazione popolare in difesa della libera stampa. Noi che della libera stampa facciamo parte sappiamo quale importanza abbia quest’appuntamento. Non si identifica con i partiti perché non è una visione di parte ma con la difesa d’un delicatissimo diritto costituzionale che l’attuale governo ha leso e continua a ledere pervicacemente con continue intimidazioni e prevaricazioni che tra poco verranno allo scoperto anche nella Rai. Ci auguriamo che quella piazza sia gremita e faccia sentire la sua presenza e la sua voce.

Il rinascimento della democrazia italiana è affidato agli italiani, agli uomini e alle donne di buona volontà, a chi non teme di impegnarsi in battaglie civili che ci riscattino dall’ipnosi in cui il paese sembra precipitato. Nessun dorma: non è questa la condizione necessaria per riprendere il cammino?
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#927
Le due ore di show nel salotto "corazzata"
L’ingresso dal retro per evitare i militanti dell'Idv



ROMA — Silvio Berlusconi parte con la scorta da via del Plebiscito e arri­va con Paolo Bonaiuti al centro di pro­duzione di via Teulada poco prima del­le 21, per partecipare alla puntata nu­mero 1562 di «Porta a porta», diventa­ta caso politico dopo la cancellazione di «Ballarò» su Raitre. Ma non imboc­ca l’ingresso principale, presidiato da un centinaio di sostenitori dell’Italia dei Valori (armati di nastri registrati della sigla del programma condotto da Giovanni Floris, diffusa con altoparlan­ti). Meglio un ingresso soft, quello di via Novaro di solito usato per trasporta­re le scenografie delle produzioni. Nel cortile di «Teulada», come lo chiama­no i dipendenti Rai col rispetto dovuto al luogo che vide al lavoro i Grandi del Varietà, sotto la pioggia, l’inutile attesa di un nugolo di dipendenti Rai. Qual­che volto noto, spinto della curiosità. Compare Riccardo Iacona, firma di Rai­tre. Ed ecco lì anche Gigi Marzullo, ico­na di Raiuno. Berlusconi arriva in studio al terzo piano e si siede, come sempre, sulla si­nistra del video e alla destra di Vespa. È l’inquadratura che il presidente del Consiglio privilegia, su suggerimento della «mitica» curatrice della sua im­magine, Miti Simonetto. A «Porta a por­ta » rispettano il desiderio e a Berlusco­ni è riservata la poltrona di pelle bian­ca a sinistra. Nessuna truccatrice o pet­tinatrice del servizio pubblico radiote­levisivo ha mai sfiorato la pelle o il cuo­io capelluto del capo del governo. Arri­va già pronto per le riprese, a differen­za di tutti, da Dario Franceschini a Gianfranco Fini. Così ieri Berlusconi si è affidato a «Porta a porta». Una squadra compat­ta, quasi la stessa dalla sera dell’esor­dio, il 22 gennaio 1996. Una vera unità autonoma di produzione, visto che Ve­spa dal 2001 non è più dipendente Rai ma collaboratore esterno.

Attenzione. Bruno Vespa «è» «Porta a porta» («un programma di Bruno Vespa», si legge nei titoli di apertura), con tre autori principali (Antonella Martinelli, refe­rente della politica, con Maurizio Ricci e Luca De Risi), un consulente come Marco Zavattini, figlio del grande Cesa­re, ex autore di Pippo Baudo, «animato­re » delle puntate leggere. In redazione, giurano, clima sereno, uso del «tu». Pe­rò ritmi di lavoro serrati, «lui» (Bruno) si alza all’alba e alle 9 è già caricatissi­mo di idee e disposizioni. È abitudina­rio, squadra che vince non si cambia. Sempre lo stesso regista, Marco Aleot­ti, una decina di collaboratori fissi, tra cui la «storica» Paola Miletich. Sempre Lilli Fabiani (moglie di Fabiano) a tes­sere i rapporti con stampa e istituzioni. Sempre il «maggiordomo» Paolo Baro­ni, al quale Vespa ha perdonato l’inter­pretazione di Cesare Previti nel 2006 nel politicissimo film a basso costo «Ho ammazzato Berlusconi» dei registi Gian Luca Rossi e Daniele Giometto. Sempre lo stesso sarto per il perfetto doppiopetto animato da cravatte chia­re, Brioni. Del contratto Rai di Vespa si parlerà presto in Consiglio di amministrazio­ne, è quasi in scadenza perché finirà nell’agosto 2010 dopo cinque anni di validità: cento puntate l’anno, tre a set­timana, per 1.187.000 euro l’anno.

Ogni puntata in più pagata a parte: 20.000 euro se in prima serata, 10.300 se in se­conda. A ogni polemica Vespa ribatte: per cortesia calcolate quanto «Porta a porta» rende in termini pubblicitari al­l’azienda. Cioè molto perché alla Sipra la trasmissione di Vespa si vende beno­ne e la pubblicità copre più delle spese, lo stesso capita ad «Annozero». Ascol­to medio 2008-2009 (dati dell’ufficio stampa Rai) 18 e 30 per le prime sera­te, 17 e 50 per le seconde (lieve calo ri­spetto al 20% degli anni passati). Il duello con «Matrix», da quando è arri­vato Alessio Vinci, preoccupa meno: 5 punti di share in più rispetto all’1,5-2% di quando c’era Enrico Mentana. E poi Vespa ha i libri, scritti per Mondadori all’alba e la sera tardi o in vacanza: 400 mila copie, tra edizioni rilegate ed eco­nomiche, in due anni per «L’amore e il potere», altre 200.000 con le sole rilega­te per «Il viaggio in un’Italia diversa», uscito nel novembre 2008. Una corazza­ta, quella di Bruno Vespa, che sembra difficilmente affondabile. Anche dai colpi di Enrico Franceschini e Antonio Di Pietro. Meno che mai da trenta ban­diere Idv a via Teulada.

#928
15 settembre 2009, in Marco Travaglio
Red carpet sui cadaveri
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commenti





Mosca tzé tzé
da Antefatto.it

Il miglior presidente del Consiglio che l’Italia abbia mai avuto negli ultimi 150 anni va ripetendo in giro che la consegna di 47 chalet a 200 dei trentamila sfollati per il terremoto d’Abruzzo dopo appena 162 giorni rappresenta “il cantiere più grande del mondo”, nonché l’opera di ricostruzione più rapida e imponente della storia dell’umanità. Anche meglio della muraglia cinese e della piramide di Cheope. Non parliamo poi della bonifica delle paludi pontine e della battaglia del grano, che gli fanno un baffo. A tenergli bordone c’è l’eccellentissimo Guido Bertolaso, il gran ciambellano della Protezione civile nonché “uomo della Provvidenza” che tutto il mondo ci invidia perché senza di lui non sapremmo proprio come fare: anche lui si loda e si imbroda a proposito della ricostruzione più rapida e imponente eccetera. La stampa al seguito registra e rilancia.

Peccato che non sia più in vita Indro Montanelli, che dopo il terribile sisma del 1980 in Campania e Basilicata, raccolse tra i lettori del suo Giornale (quello vero, non la tetra parodia oggi in edicola) un bel po’ di quattrini e consegnò ai terremotati di Castelnuovo di Conza un intero villaggio di nuove case, il “Villaggio Il Giornale”, inaugurato insieme all’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini 170 giorni dopo il sisma. Cioè soli 8 giorni dopo l’attuale ricostruzione più imponente e più rapida eccetera. Ma ci fu anche chi arrivò molto prima: lo staff di Giuseppe Zamberletti, democristiano lombardo concreto ed efficiente, che senza essere sottosegretario a nulla, ma in veste di commissario straordinario di governo, mise a frutto l’esperienza maturata nel 1976 in Friuli e riuscì a consegnare 150 chalet (identici ai 45 inaugurati ieri dal premier, anche se a pagarli è stata la provincia autonoma di Trento, governata da Lorenzo Dellai, centrosinistra) alla popolazione di Ariano Irpino, che aveva appena pianto 300 morti, riuscendo a seppellirli solo tre settimane dopo. Quando avvenne la consegna? Qualcuno, sentita la premiata ditta B&B, nel senso di Berlusconi & Bertolaso, dirà: sicuramente non prima di 170 giorni, altrimenti gli annunci del presidente del Consiglio e del capo della Protezione civile sarebbero nient’altro che balle. E i giornali che le registrano senza batter ciglio sarebbero nient’altro che uffici stampa. Bene, tenetevi forte: Zamberletti consegnò ad Ariano i primi prefabbricati appena 60 giorni dopo il terremoto e le 150 casette con giardino dopo soli 122 giorni, dando un tetto permanente a 450 persone: la metà dei superstiti. Cioè impiegò ben 40 giorni in meno della ricostruzione più imponente e rapida eccetera, per fare il triplo del migliore presidente del Consiglio degli ultimi 150 e del capo della Protezione civile che tutto il mondo ci invidia.
Con tre lievissime differenze, fra il 1980 e oggi. Primo: il terremoto in Campania e Lucania si estese per quasi due regioni intere, fece 3 mila morti (10 volte quelli d’Abruzzo), 9 mila feriti e 300 mila sfollati. Secondo: all’epoca la Protezione civile non esisteva: i soccorsi erano coordinati dalla radio della Rai, con le telefonate in diretta degli amministratori e dei cittadini. Terzo: scalcinata fin che si vuole, l’Italia era ancora una democrazia. E anche il politico più infame avrebbe esitato un po’, prima di pavoneggiarsi a favore di telecamera su un red carpet di cadaveri.
(Vignetta di Franzaroli)

#929
L’opinione di tutti gli stranieri che capita di incontrare da qualche mese a questa parte è unanime: “Non ci stupisce più il vostro premier, ma ci stupiscono gli italiani che ancora sopportano di esser rappresentati da un simile personaggio”.
è vero... ed è triste che sia vero.

Sullo stipendio di Vespa, pensavo prendesse addirittura di più... Sia perchè pare che il programma si paghi da solo con le pubblicità, sia dopo aver saputo ieri quanto danno a Baby Bossi, 20 enne al primo impiego e con un cv che sarebbe eufemistico definire scarno...
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Casa Spozilli
Babyzillo

#930
chiaretta ha scritto:
L’opinione di tutti gli stranieri che capita di incontrare da qualche mese a questa parte è unanime: “Non ci stupisce più il vostro premier, ma ci stupiscono gli italiani che ancora sopportano di esser rappresentati da un simile personaggio”.
è vero... ed è triste che sia vero.

Sullo stipendio di Vespa, pensavo prendesse addirittura di più... Sia perchè pare che il programma si paghi da solo con le pubblicità, sia dopo aver saputo ieri quanto danno a Baby Bossi, 20 enne al primo impiego e con un cv che sarebbe eufemistico definire scarno...
inutile negare che solo il 15-20% degli italiani compra un quotidiano e il restante 80% guarda il tg per informarsi.
certo se danno retta solo a quelli.. SB è un semidio.
:roll:
comunque ieri sera l'ho visto a spizzichi.. non ce la facevo.. ma anche Vespa quando SB ha detto che era meglio di De Gasperi ha tentennato.. :roll:

INCREDIBILE mi sembra poi l'affermazione che la televisione di Stato in quanto tale NON DEVE criticare il governo.
ma quando c'era la sinistra allora si?!?

quello che mi fa in...are è che ti rigirano le cose a loro uso e consumo.
fanno affermazioni che poi smentiscono... "io.. non le ho mica dette queste cose.. colpa dei comunisti! sono loro che mettono in giro falsità".. io non so come fanno ancora a credere a qualsiasi qualsiasi qualsiasi cosa che esce da quella bocca.
:?
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Questo è il nostro segreto profondo: il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio. <3