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Il sasso in bocca
Un antico e terribile rituale mafioso voleva che per far tacere chi aveva cominciato a parlare - tradendo il dovere del silenzio che è alla base del patto omertoso -, oltre a ucciderlo, lo si doveva lasciare con un sasso in bocca: segno insieme di vendetta e di monito, per altri che, sciogliendo la loro lingua, avrebbero saputo a cosa andavano incontro. Qualcosa del genere è accaduto ieri, nella Roma politica e terminale dell’autunno 2009, al transessuale Brenda.
Dopo due mesi di illuminazione mediatica dovuta al suo coinvolgimento nel «caso Marrazzo», dopo una strana rapina ad opera di un gruppo di romeni, parte in fuga con il suo telefonino, parte menati da altri trans e finiti in ospedale, Brenda è stata soffocata in uno scantinato di via Due Ponti, un quartiere periferico di nuova prostituzione, frequentato non soltanto dall’ex governatore del Lazio, e non da soli politici, ovviamente. Il sasso in bocca, nel caso di Brenda, erano le memorie elettroniche del cellulare e del suo computer, annegato nel lavandino del miniappartamento dato alle fiamme, che non potranno più parlare. Dei tre trans entrati in scena dopo l’esplosione del «caso Marrazzo», Natalie, la più affezionata, era quella che aveva messo in guardia l’ex governatore dal pericolo dello scandalo.
Michelle, che con Brenda lo aveva incontrato due volte, era già scappata a Parigi, sentendo brutta aria. Brenda, la terza, era quella che più esplicitamente aveva detto che nel giro di prostituzione brasiliano, Marrazzo era solo uno dei più assidui,
tra i politici frequentatori. S’era anche divertita a fare qualche allusione, accennando a un fantomatico
«Chiappe d’oro», dietro il cui soprannome, nientemeno, si sarebbe celato un ministro.
Così, senza accorgersene, o forse essendosene accorta troppo tardi, Brenda aveva firmato la sua condanna a morte. Ora qualcuno dice - e moltissimi pensano - che i mandanti dell’assassinio di Brenda siano da ricercare proprio tra quei politici che, nel timore di essere scoperti e fare la fine dell’ex governatore, avrebbero fatto di tutto, perfino armato la mano dei killer, pur di chiuderle la bocca. E’ possibile, diranno le indagini se questa è un’ipotesi da approfondire. Così come è probabile che Brenda sia stata fatta tacere, non per quel che aveva detto o si preparava a dire, ma per aver cominciato a maneggiare di testa sua rivelazioni e sospetti il cui mercato, abilmente orchestrato, doveva servire ad avvelenare la prossima campagna elettorale. Una strana coincidenza vuole che l’assassinio di Brenda coincida con le rivelazioni, a ventisei anni di distanza, sul sequestro di Emanuela Orlandi, e con i ricordi di quest’altra incredibile vicenda romana, sospesa tra il Vaticano e il potere democristiano del tempo, la malavita della Banda della Magliana che ha intanto ispirato un film e una fiction tv, e poi spie, ricatti, servizi deviati e altri tipici ingredienti del lungo crepuscolo della Prima Repubblica.
