La Redazione Consiglia

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#2026
Berlusconi e la barzelletta su Obama e il Papa
(Il Messaggero)
BONN (10 dicembre) - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha concluso oggi il suo intervento al congresso del Ppe a Bonn davanti al cancelliere tedesco Angela Merkel con una barzelletta.

«Sono stato un po' troppo serio - ha detto - e allora finisco raccontandovi l'ultima storiella su Berlusconi andata in onda ieri sera su una tv privata. C'è un aereo - ha raccontato il premier - e a bordo ci sono Obama, Berlusconi, il Papa e un suo assistente. L'aereo si guasta, i piloti decidono che ci si deve gettare con il paracadute, ma ce ne sono solo cinque. I piloti ne prendono due e dicono ai 4 passeggeri "ce ne sono altri tre, fate voi". Obama prende il primo. Naturalmente dice "sono l'uomo più potente del mondo e questo spetta a me". Berlusconi sapete com'è prende il secondo e dice: "io sono l'uomo più intelligente d'Europa e quindi spetta a me". Il Papa allora dice "Io sono il Papa, ma tu sei giovane prendilo tu". Ma il giovane replica: "No Santità, sono rimasti due paracadute perché l'uomo più intelligente d'Europa si è buttato con il mio zainetto"».
Berlusconi poco prima aveva scherzato anche con i giovani delegati del Ppe. Al suo arrivo nel Centro congressi, il presidente del Consiglio ha prima votato per i vice presidenti del Ppe. In lista c'era anche l'italiano Antonio Tajani, che ha scherzato con il Cavaliere: «Per una volta sei tu a votare me», gli ha detto il commissario europeo. Berlusconi ha quindi scambiato una battuta con alcuni giovani italiani del Ppe, ritornando sulla sua recente uscita con la figlia per andare a vedere un film vicino ad Arcore. «Sette anni fa ho visto Il Gladiatore - ha ricordato Berlusconi - ora ho visto questo film», ha aggiunto riferendosi a 2012, il lungometraggio che ha visto in un cinema pochi giorni fa. «Fra sette anni - ha proseguito sorridendo - se sarò ancora qui ne vedrò ancora un altro...». Il Cavaliere ha infine scherzato con i giovani del Ppe che lo informavano del fatto che metà della delegazione era composta da donne: «Con tutte non ce la posso fare», ha detto ridendo.
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#2027
questa è bella però.. :lol: :lol: :lol:
l'uomo + intelligente d'europa... :lol:
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#2028
Da Il Fatto di oggi:

La guerra solitaria di don Giorgio contro il leghismo di Beatrice Borromeo

A Rovagnate c'è un parroco insultato dai fedeli perchè critica Bossi

I leghisti “sono dei subumani, dei bastardi ignoranti e ciechi che pensano solo ai loro interessi, a riempirsi la pancia, noncuranti del mondo che intanto va a rotoli”. Non usa toni diplomatici il brianzolo don Giorgio De Capitani, parroco di Rovagnate, in provincia di Lecco.

Una battaglia, quella contro il celodurismo leghista, in cui è solo, perché “tutti i miei parrocchiani sono della Lega, come elettorato e come mentalità. Sono sempre in mezzo a loro e li conosco, sono egoisti, gretti, indifferenti”, racconta don Giorgio.

La Brianza è il covo della Lega ma, dopo alcune prese di posizione pubbliche, a don Giorgio sono arrivati messaggi dai toni usati di solito a Corleone e dintorni: “In questi giorni hanno giurato che mi faranno esplodere. Dicono che mi ammazzeranno – racconta don Giorgio scorrendo sul computer le decine di mail di minaccia ricevute – e capita che, dopo la messa, alcuni parrocchiani mi insultino anche a viso aperto. Persino il medico personale di Silvio Berlusconi, il dottor Alberto Zangrillo, è venuto in chiesa e ha urlato che sono un terrorista”.

Entrato giovane in seminario perché “a quei tempi non si poteva scegliere”, don Giorgio è diventato prete a 25 anni. Col tempo è cresciuta la spinta alla ribellione verso una Chiesa che non condivide: “Dal Papa in giù, questa Chiesa mi sta stretta. È vittima di troppi dogmi e moralismi, basti pensare che continua ad osteggiare la distribuzione dei preservativi anche a costo di far morire migliaia di persone di Aids. Io sono favorevole all’estensione dei diritti ai gay, agli immigrati, a tutte le persone in quanto persone. Hanno cercato di scomunicarmi perchè ho firmato la petizione per il testamento biologico”. Ma – sua sponte – don Giorgio non se ne andrebbe mai perché “le cose si cambiano dall’interno”, e perché i rapporti col suo superiore, il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi (attaccato in questi giorni dalla Lega e considerato il punto di riferimento da un certo cattolicesimo non ciellino) sono buoni: “L’ho visto a settembre. Lui e il suo predecessore, il cardinale Carlo Maria Martini, sono uomini coraggiosi criticati perché non si fanno intimidire. Ma sbaglia il segretario di Stato, Tarcisio Bertone a difendere Tettamanzi in quanto arcivescovo, va difeso perchè dice cose giuste”.

Secondo don Giorgio “è una vergogna che il Vaticano taccia sui comportamenti di Berlusconi solo per ottenere leggi favorevoli”, e del presidente del Consiglio dice che “è amorale (ma usa termini anche più crudi, ndr) perchè disprezza sia le donne che il bene comune”.

Il parroco parla della sua Lombardia come della regione più xenofoba d’Italia, in cui “la mafia è legale. Chi governa è Comunione e liberazione, il vero cancro della Chiesa. La Compagnia delle opere, ramo finanziario di Cl, diventa sempre più forte, soprattutto da quando Roberto Formigoni guida la regione. Cl gestisce ospedali, giornali, parrocchie. Questo è un Sistema, non uno Stato di diritto”.

Il parroco predica anche dal sito dongiorgio.it ma denuncia: “Noi preti non possiamo parlare. Invece – spiega – dovremmo raccontare la violenza che cresce ogni giorno nelle persone. Il Vaticano deve rendersi conto di quanto è indecente l’alleanza con queste forze politiche che uniscono Dio al dio Po e ai riti celtici, che non rispettano la vita degli altri, che lasciano morire gli immigrati in mare”.
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#2029
La gara della volgarità
Berlusconi è proprio fuori. Fuori d’Italia e fuori dalla grazia di Dio. D’altra parte, non poteva mica farsi superare, nella violenza contro i magistrati, dal piccolo Angelino Alfano (ma chi crede di essere, il ministro della giustizia?). Il quale, appena 24 ore prima aveva intimato ai giudici di andare meno in tv. Perché la tv appartiene a Lui (quello che ha le palle) e non è lecito che chi si intende di legalità dica la sua sul tema. Non sia mai che il popolo sovrano venga messo al corrente di qualche principio costituzionale comunista. E adesso tutti i domestici della casa, come un sol uomo, alzeranno il tono della violenza verbale, limitandosi, si spera, a dichiarare in patria. Cosicché, tra un po’, parleranno tutti come Fabrizio Corona, che, condannato, manda a quel paese i giudici, anche se, tanto, che "censured" gliene frega. Lui si vergogna di essere italiano, mentre noi possiamo solo vergognarci da morire di Corona e di Berlusconi.11 dicembre 2009- Unita’

Come direbbe Ghedini, «Primus super palles»
Ci siamo: al congresso del Ppe Berlusconi ha raccontato la storiella del tizio che si butta dall’aereo scambiando lo zaino per il paracadute. Una barzelletta talmente vecchia che per gli storici risale al 2570 a.C. La prima versione, in geroglifici, compare su una parete della piramide di Cheope. Prodigiosi gli egiziani: già allora, pensate, non faceva ridere. Naturalmente, si tratta di un messaggio in codice rivolto ai suoi. Tradotto, significa: «Procedete con lo smantellamento del paese mentre io li distraggo con le barzellette preistoriche». Per essere sicuro di attirare tutta l’attenzione su di sé invece che sulla deposizione del boss Graviano, Berlusconi ha aggiunto di essere l’unico con le palle, o, come direbbe Ghedini, «Primus super palles». Mentre Berlusconi sfodera le sue armi di distrazione di massa, il Consiglio dei ministri prosegue con i tagli alla scuola. Il biennio delle superiori passa da 34 ore settimanali a 27. «È il Processo di apprendimento breve», spiega Maria Stella Gemini, che andrà a fare l’esame di coscienza a Reggio Calabria. Ridotte anche le ore di inglese, mentre quelle di informatica saranno comprese in quelle di matematica. Spariscono così due delle tanto sbandierate tre «i». Per la Gelmini restano tutte e tre ma saranno comprese in «iiimpresa». Nel frattempo, c’è una tale crisi economica che si fanno i saldi a dicembre: mancano ancora due settimane a Natale e le intercettazioni di Fassino sono già in vendita con il 30 per cento di sconto. Solo il Giornale di Berlusconi poteva comprare la telefonata tra Fassino e Consorte: una conversazione che non aveva nulla di penalmente rilevante. I magistrati hanno scartato l’ipotesi che Fassino potesse ordire la scalata alla Bnl quando hanno scoperto che era l’unico segretario di partito a depositare i risparmi nel maiale-salvadanaio. Quel che si evince dalla telefonata è che Fassino non è un mago della finanza. Sente D’Alema quasi tutti i giorni e la prima cosa che gli chiede, ancora oggi, è: «Ma allora ce l’abbiamo o no questa banca?».
11 dicembre 2009-Unita'
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#2030
Gli articoli di Ezio Mauro vanno sempre postati.. adoro quest'uomo!


Dove ci porta lo stato d'eccezione
di EZIO MAURO

IERI è finita la lunga transizione italiana. Siamo entrati nello stato d'eccezione: ed è la prima volta, nella storia della nostra democrazia. Si apre una fase delicata e inedita, che chiude la seconda Repubblica su una prova di forza che non ha precedenti, e non riguarda i partiti ma direttamente le istituzioni.
Silvio Berlusconi ha scelto una sede internazionale, il Congresso a Bonn del Partito Popolare Europeo, per attaccare la Costituzione italiana (annunciando l'intenzione di cambiarla) e per denunciare due organi supremi di garanzia come la Presidenza della Repubblica e la Corte Costituzionale, accusandoli di essere strumenti politici di parte, al servizio del "partito dei giudici della sinistra" che avrebbe "scatenato la caccia" contro il premier.

Il Presidente della Camera Fini ha voluto e saputo rispondere immediatamente a questo sfregio del sistema istituzionale italiano, ricordando a Berlusconi che la Costituzione fissa "forme e limiti" per l'esercizio della sovranità popolare, e lo ha invitato a correggere una falsa rappresentazione di ciò che accade nel nostro Paese. Poco dopo, lo stesso Capo dello Stato ha dovuto esprimere "profondo rammarico e preoccupazione" per il "violento attacco" del Presidente del Consiglio a fondamentali istituzioni repubblicane volute dalla Costituzione. Siamo dunque giunti al punto. L'avventurismo subalterno del concerto giornalistico italiano aveva cercato per settimane di dissimulare la vera posta in gioco, nascondendo i mezzi e gli obiettivi del Cavaliere, fingendo che la repubblica fosse di fronte ad un passaggio ordinario e non straordinario, tentando addirittura di imprigionare il partito democratico nella ragnatela di una complicità gregaria a cui Bersani non ha mai nemmeno pensato.

Ora il progetto è dichiarato. Da oggi siamo un Paese in cui il Capo del governo va all'opposizione rispetto alle supreme magistrature repubblicane, nelle quali non si riconosce, dichiarandole strumento di un complotto politico ai suoi danni, concordato con la magistratura. È una denuncia di alto tradimento dei doveri costituzionali, fatta dal Capo del governo in carica contro la Consulta e contro il Presidente della Repubblica. Qualcosa che non avevamo mai visto, e a cui non pensavamo di dover assistere, pur pronti a tutto in questo sciagurato quindicennio.

Tutto ciò accade per il sentimento da abusivo con cui il Primo Ministro italiano abita le istituzioni, mentre le guida. Lo domina un senso di alterità rispetto allo Stato, che pretende di comandare ma non sa rappresentare. Lo insegue il suo passato che gli presenta il conto di troppe disinvolture, di molti abusi, di qualche oscurità. Lo travolge la coscienza dell'avvitamento continuo della sua leadership politica, della maggioranza e del governo nell'ansia di un privilegio di salvaguardia da costruire comunque, con ogni mezzo e a qualsiasi costo, trasformando il potere in abuso. La politica è cancellata: al suo posto entra in campo la forza, annunciata ieri virilmente dal palco internazionale dei popolari: "Dove si trova uno forte e duro, con le palle come Silvio Berlusconi?".

La sfida è lanciata. E si sostanzia in tre parole: stato d'eccezione. Carl Schmitt diceva che "è sovrano chi decide nello stato d'eccezione", perché invece di essere garante dell'ordinamento, lo crea proprio in quel passaggio supremo realizzando il diritto, e ottenendo obbedienza. Qui stiamo: e non si può più fingere di non vederlo. Berlusconi si chiama fuori dalla Costituzione ("abbiamo una grande maggioranza, stiamo lavorando per cambiare questa situazione con la riforma costituzionale"), rende l'istituzione-governo avversaria delle istituzioni di garanzia, soprattutto crea nella materialità plateale del suo progetto un potere distinto e sovraordinato rispetto a tutti gli altri poteri repubblicani, che si bilanciano tra di loro: la persona del Capo del governo, leader del popolo che lo sceglie nel voto e lo adora nei sondaggi, mentre gli trasferisce l'unzione suprema, permanente e inviolabile della sua sovranità.

Siamo dunque alla vigilia di una forzatura annunciata in cui lo stato d'eccezione deve sanzionare il privilegio di un uomo, non più uguale agli altri cittadini perché in lui si trasfigura la ragion di Stato della volontà generale, che lo scioglie dal diritto comune. Si statuisca dunque per legge che il diritto non vale per Silvio Berlusconi, che il principio costituzionale di legalità è sospeso davanti al principio mistico di legittimità, che la giustizia si arresta davanti al suo soglio. La teoria politica dà un nome alle cose: l'assolutismo è il potere che scioglie se stesso dal bilanciamento di poteri concorrenti, l'autoritarismo è il potere che non specifica e non riconosce i suoi limiti, il bonapartismo è il potere che istituzionalizza il carisma, la dittatura è il comando esercitato fuori da un quadro normativo.

Avevamo avvertito da tempo che Berlusconi si preparava ad una soluzione definitiva del suo disordine politico-giudiziario-istituzionale. Come se dicesse al sistema: la mia anomalia è troppo grande per essere risolvibile, introiettala e costituzionalizzala; ne uscirai sfigurato ma pacificato, perché tutto a quel punto troverà una sua nuova, deforme coerenza. I grandi camaleonti sono invece corsi in soccorso del premier, spiegando che non è così. Hanno ignorato l'ipotesi che pende davanti ai tribunali, e cioè che il premier possa aver commesso gravi reati prima di entrare in politica, e l'eventualità che come ogni cittadino debba renderne conto alla legge. Hanno innalzato la governabilità a principio supremo della democrazia, nella forma moderna della sovranità popolare da rispettare. Hanno così dato per scontato che il diritto e la legalità dovessero sospendersi per una sola persona: e sono passati ai suggerimenti affettuosi. Un nuovo lodo esclusivo. E intanto, nell'attesa, il processo breve. E magari, o insieme, il legittimo impedimento, possibilmente tombale. Qualsiasi misura va bene, purché raggiunga l'unico scopo: il salvacondotto, concepito non nell'interesse generale a cui i costituenti guardavano parlando di guarentigie e immunità, ma nell'esclusivo interesse del singolo. L'eccezione, appunto.

Ma una democrazia liberale si fonda sul voto e sul diritto, insieme. E il potere è legittimo, nello Stato moderno, quando poggia certo sul consenso, ma anche su una legge fondamentale che ne fissa natura, contorni, potestà e limiti. Il principio di sovranità va rispettato quanto e insieme al principio di legalità. Perché dovrebbe prevalere, arrestando il diritto davanti al potere, e non in virtù di una norma generale ma nella furia di una legge ad personam, che deve correre per arrivare allo scopo prima di una sentenza? Come non vedere in questo caso l'abuso del potere esecutivo, che usa il legislativo come scudo dal giudiziario? È interesse dello Stato, della comunità politica e dei cittadini che il premier legittimo governi: ma gli stessi soggetti hanno un uguale interesse all'accertamento della verità davanti ad un tribunale altrettanto legittimo, che formula un'ipotesi di reato. Forse qualcuno pensa che il Presidente del Consiglio non abbia i mezzi e i modi e la capacità per potersi difendere e far valere le sue ragioni in giudizio? E allora perché non lasciare che la giustizia faccia il suo corso, anche nel caso dell'uomo più potente d'Italia, ricongiungendo sovranità e legalità?

L'eccezione a cui siamo di fronte ha una posta in gioco molto alta, ormai. Qualcuno domani, messo fuori gioco da Napolitano e Fini, condannerà le parole di Berlusconi, ma ridurrà lo sfregio costituzionale del premier a una questione di toni, come se fosse un problema di galateo. Invece è un problema di equilibrio costituzionale, di forma stessa del sistema. Siamo davanti a un'istituzione che sfida le altre, delegittimandole e additandole al popolo come eversive. Con un ricatto politico evidente, perché Berlusconi di fatto minaccia elezioni-referendum su un cambio costituzionale tagliato su misura non solo sulla sua biografia, ma della sua anomalia.

Per questo, com'è chiaro a chi ha a cuore la costituzione e la repubblica, bisogna dire no allo stato d'eccezione. E bisogna aver fiducia nella forza della democrazia. Che non si lascerà deformare, nemmeno nell'Italia di oggi.
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#2031
Non a caso Berlusconi parla "del partito di Repubblica"... perchè lo pungolano laddove una certa opposizione latita.
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#2032
Art69 ha scritto:Non a caso Berlusconi parla "del partito di Repubblica"... perchè lo pungolano laddove una certa opposizione latita.
ma che aspettiamo a riversarci in piazza?? :roll:
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#2034
http://www.avvenire.it/Commenti/La+tent ... 130000.htm
Dopo il duro affondo del premier
La tentazione e il dovere
Silvio Berlusconi ha scelto ieri una sede internazionale, seppure di partito, quella del vertice del Partito popolare europeo, per rilanciare con sferzante durezza la sua polemica sulla sovranità popolare che sarebbe manomessa da organi di garanzia che – a suo avviso – si comportano come soggetti politici, a cominciare dalla Corte costituzionale. È un segno di aumento della tensione, che pare non tener conto né degli appelli al "disarmo" che erano venuti dai più autorevoli esponenti del mondo cattolico, né – se si tiene conto della sede in cui il premier ha parlato – dell’invito recentemente rivolto dal presidente Giorgio Napolitano a non utilizzare sedi e incontri europei per mettere clamorosamente in scena polemiche nostrane.

L’impressione che si ricava è una sorta di scelta di esasperazione del conflitto che esprime anche una certa preoccupazione. Come ha ricordato il presidente dei Popolari europei Wilfried Martens commentando le parole del presidente del Consiglio italiano, Berlusconi dispone ancora una volta di una delle più ampie maggioranze parlamentari del dopoguerra, il che dovrebbe consentirgli di avanzare concretamente proposte di riforma, anche istituzionale, il cui percorso, peraltro, non è certo agevolato dal ricorso a toni di sfida. Il Quirinale aveva recentemente rassicurato il premier che la sua posizione resta garantita finché gode di un sostegno parlamentare omogeneo al responso elettorale del 2008, il che spiega il profondo sconcerto e la motivata amarezza che l’attacco di Berlusconi ha suscitato. D’altra parte è difficile negare che il sistema italiano viva una pesante difficoltà: dire "giustizia e politica" significa evocare una contraddizione permanente nella cosiddetta Seconda Repubblica. E una patente contrapposizione tra le indicazioni dell’elettorato e taluni poteri (anche di garanzia) dello Stato.

Affrontare questo nodo, intervenendo ove necessario su articoli considerati obsoleti della Carta costituzionale, ovviamente è legittimo, se lo si fa seguendo le procedure previste. Le strade sono due: quella di riforme con un ampio consenso che raggiunga i due terzi del Parlamento (ipotesi che richiede un apporto dell’opposizione) o quella di riforme a maggioranza, che richiedono la convalida di un referendum popolare per il quale non è necessario un quorum di validità.

Nonostante la volontà espressa coralmente in Senato la settimana scorsa per la ricerca di un percorso unitario e condiviso, la mossa di Berlusconi e il suo richiamo insistente alla sovranità popolare sembrano segnalare una sua scelta diversa, probabilmente in conseguenza del rifiuto più o meno esplicito della maggiore forza di opposizione a intervenire sulle norme costituzionali sulla giustizia.

Se la maggioranza seguirà questa indicazione la via indicata è quella della riforma da confermare col referendum, e l’accentuazione dei toni appare funzionale a motivare l’elettorato alla partecipazione; se invece le difficoltà interne, soprattutto quelle con il presidente della Camera Gianfranco Fini, dovessero rendere impraticabile questo percorso, si potrebbe aprire di nuovo la prospettiva di un ricorso a elezioni anticipate. Si tratta di prospettive estreme, che preludono a una battaglia campale senza esclusione di colpi, sulle quali è ovvio si addensino molte preoccupazioni.

Resta un esile filo di speranza, tenuto vivo anche dal carattere fermo ma con un forte richiamo a una «leale collaborazione» delle reazioni di ieri del Quirinale: con l’auspicio che alla fine prevalga l’interesse del Paese che spinge a un effettivo disarmo bilaterale. Questo potrebbe accadere solo se l’esibizione muscolare del premier avesse il senso di una dimostrazione di forza per affrontare da posizioni migliori una trattativa e un confronto. Ma questa oggi appare solo una timida speranza. Eppure tener cara una simile prospettiva è oggi, dal punto di vista del Paese, un dovere. Sergio Soave
omnia munda mundis

#2035
loremir77 ha scritto:
Art69 ha scritto:Non a caso Berlusconi parla "del partito di Repubblica"... perchè lo pungolano laddove una certa opposizione latita.
ma che aspettiamo a riversarci in piazza?? :roll:
A parte il mille piazze di domani e domani l'altro con il PD (che poi guarda caso in Toscana, e credo non solo in Toscana, coincide con le primarie per le elezioni regionali), ho letto che è molto probabile una nuova manifestazione per il 19. Se non ho intoppi stavolta ci vado.
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#2036
Art69 ha scritto:
loremir77 ha scritto:
Art69 ha scritto:Non a caso Berlusconi parla "del partito di Repubblica"... perchè lo pungolano laddove una certa opposizione latita.
ma che aspettiamo a riversarci in piazza?? :roll:
A parte il mille piazze di domani e domani l'altro con il PD (che poi guarda caso in Toscana, e credo non solo in Toscana, coincide con le primarie per le elezioni regionali), ho letto che è molto probabile una nuova manifestazione per il 19. Se non ho intoppi stavolta ci vado.
dove lo trovo l'elenco delle piazze? :roll:
il 19 che manifestazione è? sempre dei viola?
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#2037
Avevo letto su Il Fatto che ci sarebbe stata una nuova manifestazione del popolo viola per il 19.
In realtà, sui siti ufficiali del popolo viola c'è scritto che aderiscono anche loro alla manifestazione del 19 dicembre contro la costruzione del Ponte di Messina a Villa San Giovanni (Rc)... a quella non ci vado perchè un conto è andare a Roma, un conto è andare a Reggio Calabria...

Per quanto riguarda il millepiazze, che è oggi e domani, come al solito, "grande è la confusione sotto il cielo del PD" :D Suppongo sia nelle principali piazze di tutte le città italiane, ma non c'è un elenco, almeno non nei siti ufficiali del PD (o almeno non lo trovo nè in quello nazionale nè in quello della Toscana). E non è chiaro, per quanto riguarda la nostra regione, se sarà presso le sedi dove il 13 ci sono le primarie o no... :roll:
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#2038
uff.. ma che razza di coordinamento è se non si sa nemmeno il ritrovo?? :roll:
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#2039
http://www.ilmessaggero.it/articolo_app ... &desc_sez=
Malgrado tutto la voglia di tornare alle urne traspare sempre di più nella strategia del Cavaliere e l’esasperazione dei toni si confonde con la confessata impotenza di un premier «con le palle» che non molla ma che prova a sottrarsi alla richiesta di governare che gli viene dal Paese in un crescendo di accuse alle istituzioni che sconcertano tutti tranne il presidente del Senato.

La ritrovata loquacità del premier potrebbe essere anche questo il segnale di quella voglia di campagna elettorale che da un po’ tenta il Cavaliere. Sulla sua strada però non c’è solo il presidente della Camera Gianfranco Fini, ma anche l’alleato più fedele. Infatti la Lega di Umberto Bossi di elezioni anticipate non vuol sentir parlare perchè, come ha spiegato qualche giorno fa, «se molliamo adesso la gente ci viene dietro con i forconi». In piena crisi economica il rischio della paralisi istituzionale è l’esatto opposto di quella promessa di riforme rinnovata da Berlusconi anche di recente

:wink: a natale bisogna regalare forconi....
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#2040
E così, il tentativo di rinsaldare quello «spirito di leale collaborazione» invocato dal Presidente, subisce un colpo duro e dalle conseguenze nuovamente imprevedibili. Il premier andrà avanti con la sua polemica o raffredderà il clima? E cosa è lecito aspettarsi dal sistema dei partiti nei prossimi giorni? Lì al Colle si valutano con preoccupazione le dichiarazioni rilasciate nella durissima giornata di ieri: tanto quelle di sostegno al premier, quanto quelle di solidarietà al Capo dello Stato. Si cerca di tratteggiare, insomma, il quadro della situazione ed il dislocarsi delle varie forze in campo. E qualcuno, in fondo, segnala e fa notare alcuni rumorosissimi silenzi. Come quello della seconda carica dello Stato, il presidente del Senato, muto per tutto il giorno di fronte al pesante attacco mosso alla magistratura, alla Corte Costituzionale ed agli ultimi tre Presidenti della Repubblica...
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSez ... girata.asp
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