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#196
loremir77 ha scritto:ma il Pangasio non è quel pesce pescato nel + inquinato fiume della Cina? :roll:
mi sa di si, non ne ho sentito parlare bene, l'ho preso solo una volta perhcè non c'erano altri filetti, ma non lo riprenderò più
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#197
Boo, oltre al latte, quali sono altri gli alimenti che è preferibile prendere bio?
Oltre al latte, sapevo anche dei prodotti integrali, tipo riso o farina (e di conseguenza pane), che avendo le parti esterne, se fossero trattati ci sarebbero su anche i pesticidi...
Altri?

Invece, per quanto riguarda i detersivi, cosa usi per il wc?
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#198
C'era un elenco che avevo letto riguardo le cose più piene di pesticidi.. arance, mandarini, mele mi sembra... e forse cavoli... non ricordo! :(

Per il viccì... Ammetto che lo lavo con banale sapone, ma sono ancora nuovi, per cui poco calcare. Forse lo igienizzo poco così però... :P

Ho letto come fare la candeggina in casa (acqua ossigenata e acqua), oppure si può fare uno spray con aceto e acido citrico, che è anticalcare e anche talmente acido da non consentire la proliferazione dei batteri. :wink:

#199
Sempre per il bene di Gaia...

Traduzione dell'articolo Livestock and Climate Change pubblicato sul numero Nov/Dic 2009 del World Watch Magazine.
L’ambiente si salva a partire dal piatto
Robert Goodland Ha dimostrato che a emettere gas serra è soprattutto il bestiame.
E che, per salvare il pianeta, occorre mangiare meno carne.


Nel suo studio scritto con Jeff Anhang, Livestock and climate change, attribuisce al bestiame la “colpa” del riscaldamento climatico. In che senso?

Semplice: il bestiame, e i prodotti ad esso collegati, producono almeno 32.564 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno. Cioè il 51% delle emissioni mondiali di gas responsabili dell’effetto serra.

Ma com’è possibile? Quali dati utilizzate?

Siamo partiti da uno studio della Fao del 2006: un buon punto di partenza, che già assegnava al bestiame la “responsabilità” del 18% delle emissioni. Ma abbiamo notato che c’erano quantità immense di Co2 che erano state omesse, sottostimate o assegnate ad altri “settori”. Se si somma invece il ciclo vitale e la “catena” che porta i prodotti di origine animale sulle nostre tavole, si raggiunge il 51%.

Sta dicendo che la nostra passione per bistecche e hamburger sta uccidendo il pianeta?

So che è difficile da pensare, specie mentre si cammina vicino a un pascolo sulle Alpi. Ma la fonte chiave, e in gran parte sconosciuta, di gas serra sono proprio i 56 miliardi di animali allevati ogni anno in tutto il mondo, per trarne cibo. Se si moltiplica la superficie di terra necessaria a ogni animale di terra, il suo respiro e le altre emissioni che produce per il numero degli animali allevati, si ottiene una quantità di Co2 che lascia a bocca aperta.

Sarà, ma l’uomo alleva bestiame da millenni. Perché il problema sorge ora?

Il punto sono alcune economie emergenti. I benestanti, in Paesi come Cina e India, erano abituati a mangiare cibi tradizionali, a bassa percentuale di calorie di origine animale. La crescita di domanda di quei Paesi per prodotti animali non è inevitabile: dipende dal trasferimento di cultura occidentale e del falso mito che dice che i prodotti animali fanno bene e devono essere forniti su larga scala.

Colpa della globalizzazione, insomma?

No, l’internazionalizzazione sarà utile nel momento in cui il mito della bontà dei prodotti animali sarà sostituito dal fatto che ci sono alternative migliori: altrettanto buone, più salutari e migliori per il pianeta. Le diete tradizionali di Cina e India sono molto più “ecosostenibili” delle diete occidentali, che ora sono ampiamente promosse in quei due Paesi.

Lei scrive che “sostituire prodotti di origine animale con alternative migliori sarebbe la strategia migliore per invertire il cambiamento climatico”. Per salvare il mondo dovremo diventare vegetariani?

Nello studio noi abbiamo solo valutato l’area di rischio ambientale, e abbiamo sviluppato delle raccomandazioni su come trattare quel rischio. Chi raccomanda il vegetarianesimo di solito pensa che i propri valori etici debbano essere adottati dagli altri. Noi non parliamo di valori etici, ma raccomandiamo di adottare la soluzione migliore per fermare il riscaldamento climatico.
Allora i soldi spesi, ad esempio, per lampadine a basso consumo sono sprecati?
No: ma quelle sono soluzioni più care e con effetti più a lungo termine di quella che suggeriamo.

Il cibo, però, è anche cultura. Vada ad esempio a Firenze a dire di cucinare una fiorentina di soia...

Chiaramente le persone creano delle abitudini sul cibo. Ma quelle abitudini sono fortemente indotte da misure fiscali e di marketing. In ogni Paese - prenda la Cina - si vede che fisco e pubblicità possono stravolgere le abitudini alimentari in pochi anni. Se ci sono alternative migliori, è possibile dunque “indurne” il consumo. Certo, senza politiche per promuoverle questo cambiamento sarà molto difficile.

Questo costerebbe molto alle aziende...

Al contrario. Alcune aziende stanno già guadagnando bene con prodotti alternativi che hanno sapore simile, ma sono più facili da cuocere, meno cari e più sani. Ad esempio, “carne” di soia o seitan, o latte, formaggi e gelati di riso o soia. Altre sono già state colpite dagli effetti del cambiamento climatico - effetti destinati ad aumentare, se non si cambia rotta.

Cresce però lo scetticismo sull’esistenza del riscaldamento globale, e sul fatto che sia creato dall’uomo. Vale la pena cambiare le nostre abitudini alimentari?

Cambiare fonti d’energia e il modo di usarle comporta molte novità nella vita delle persone, è costoso e porta benefici solo a lungo termine. Ma il cambiamento climatico minaccia davvero le nostre vite. Provare un nuovo tipo di cibo, saporito, economico e sano, è qualcosa che la gente farebbe anche senza minacce, perché è divertente. Invertire i cambiamenti climatici è “solo” il più importante beneficio di una scelta che, per aziende e consumatori, ne ha molti altri. Senza parlare della riduzione della carenza di cibo e acqua nel mondo: per allevare animali servono quantità di cereali e acqua che con la nostra strategia sarebbero disponibili agli uomini.

Ci scusi: ma lei per primo mangia solo alimenti “non animali”?

Se non lo facessi sarei ipocrita. Ma quel che conta di più non è ciò che mangiamo oggi, ma quello che mangeremo da domani.

#200
Ho scoperto che una ditta locale che produce latte ha fatto un prodotto bio (latte fresco)
Ora, c'è da fidarsi di una ditta che produce tutto "normale" e un solo prodotto bio? sarà bio davvero?? :roll: (a parte che il latte non lo prendo fresco, di solito prendo il bio a lunga conservazione, ma non sempre lo trovo..)
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#201
piccolissima ha scritto:Ho scoperto che una ditta locale che produce latte ha fatto un prodotto bio (latte fresco)
Ora, c'è da fidarsi di una ditta che produce tutto "normale" e un solo prodotto bio? sarà bio davvero?? :roll: (a parte che il latte non lo prendo fresco, di solito prendo il bio a lunga conservazione, ma non sempre lo trovo..)

noi di latte non ne beviamo.. lo uso solo per cucinare..
e mi prendo il latte a lunga conservazione della Mukki in brick.. almeno ne apro 1 e lo consumo tutto.. senza sciuparne confezioni intere..
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Questo è il nostro segreto profondo: il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio. <3

#202
loremir77 ha scritto:
piccolissima ha scritto:Ho scoperto che una ditta locale che produce latte ha fatto un prodotto bio (latte fresco)
Ora, c'è da fidarsi di una ditta che produce tutto "normale" e un solo prodotto bio? sarà bio davvero?? :roll: (a parte che il latte non lo prendo fresco, di solito prendo il bio a lunga conservazione, ma non sempre lo trovo..)

noi di latte non ne beviamo.. lo uso solo per cucinare..
e mi prendo il latte a lunga conservazione della Mukki in brick.. almeno ne apro 1 e lo consumo tutto.. senza sciuparne confezioni intere..

sono un pò ot, ma.... nel week end sono stata dalle parti di Pontassieve e sono stata in una Coop ed ho visto un sacco di persone comprare il Mukki. :lol:
Solo che oltre alla focaccia, cercavo una tisana biologica per digerire i crostini di fegato e non l'ho trovata. :( Tu dove ti rifornisci?! Il problema era la Coop di un paesino piccolo o in genere è così poco fornita di prodotti bio (o io ciecata che non l'ho trovato nulla)?
Si, mi sei venuta in mente mentre giravo col mio carrellino. :oops: :lol: :D
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#204
tutta frutta che compro regolarmente, a parte le pesche che ho in giardino. :( e le fragole che pur piacendomi da matti evito di prendere per questo motivo.

ho un quesito: ma i pesticidi non c'è nessun modo di eliminarli?
neanche tenendo la frutta a mollo per ore (l'amuchina mi fa abbastanza shifo) che ne so con del bicarbonato?
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#205
menchy ha scritto:ho un quesito: ma i pesticidi non c'è nessun modo di eliminarli?
neanche tenendo la frutta a mollo per ore (l'amuchina mi fa abbastanza shifo) che ne so con del bicarbonato?
a quanto ho capito, temo proprio di no.
grazie picco per l'articolo :wink:

#206
menchy ha scritto:
loremir77 ha scritto:
piccolissima ha scritto:Ho scoperto che una ditta locale che produce latte ha fatto un prodotto bio (latte fresco)
Ora, c'è da fidarsi di una ditta che produce tutto "normale" e un solo prodotto bio? sarà bio davvero?? :roll: (a parte che il latte non lo prendo fresco, di solito prendo il bio a lunga conservazione, ma non sempre lo trovo..)

noi di latte non ne beviamo.. lo uso solo per cucinare..
e mi prendo il latte a lunga conservazione della Mukki in brick.. almeno ne apro 1 e lo consumo tutto.. senza sciuparne confezioni intere..

sono un pò ot, ma.... nel week end sono stata dalle parti di Pontassieve e sono stata in una Coop ed ho visto un sacco di persone comprare il Mukki. :lol:
Solo che oltre alla focaccia, cercavo una tisana biologica per digerire i crostini di fegato e non l'ho trovata. :( Tu dove ti rifornisci?! Il problema era la Coop di un paesino piccolo o in genere è così poco fornita di prodotti bio (o io ciecata che non l'ho trovato nulla)?
Si, mi sei venuta in mente mentre giravo col mio carrellino. :oops: :lol: :D
io alla coop (abbastanza grossa) trovo tanti prodotti bio.. soprattutto a marchio coop.. in quest'ultimi 6 mesi si sono letteralmente moltiplicati..
ho trovato ultimamente pure la farina per fare la pasta fatta in casa o la pizza bio.. (prima trovavo solo quella per dolci)
poi l'altro gg ho finito i fazzolettini di carta ed ho trovato quelli ecologici della coop.. morbidissimi e con il 100% di carta riciclata.
poi sabato ho trovato un nuovo ammorbidente.. 100% biodegradabile.. vediamo un pò..

le tisane invece ultimamente le sto comprando in erboristeria..
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#207
boo ha scritto:
menchy ha scritto:ho un quesito: ma i pesticidi non c'è nessun modo di eliminarli?
neanche tenendo la frutta a mollo per ore (l'amuchina mi fa abbastanza shifo) che ne so con del bicarbonato?
a quanto ho capito, temo proprio di no.
grazie picco per l'articolo :wink:

quindi l'unica soluzione è prendere prodotti bio?
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#209
Eccoci dunque giunti al mio ultimo argomento: i pupi.

Qui la situazione, secondo me, è ancora diversa dal fare semplicemente una scelta di prodotto / di materiale.
La svolta ecologica-biologica nei confronti di un bambino secondo me deve in primis pensare intrinsecamente all’ecologia (ovvero l’interazione con l’ambiente del bambino, il concetto di “ambiente naturale”) e alla biologia (ovvero le caratteristiche di ogni organismo vivente in relazione alle sue peculiarità).

Cosa intendo dire?
Che la svolta eco/bio deve partire dal bambino come centro stesso della svolta.
Dobbiamo fermarci un attimo, nel nostro modo consumistico di intendere le cose, e cercare di capire di cosa ha davvero bisogno un bambino.

Solo così potremmo davvero essere biologici ed ecologici nei suoi confronti.

Quindi ragioniamo: di cosa ha bisogno un bambino?
Per moltissimo tempo, sembrerà banale, ha bisogno solo dei suoi genitori. Del loro calore, della loro pelle, del loro cibo (il latte) e della loro vicinanza.
Ho letto su un bellissimo manuale: “nessuna stoffa sarà troppo delicata, nessuna luce troppo soffusa, nessuna temperatura troppo calda, per il bambino che era abituato a stare in ammollo nel liquido amniotico”. Il bambino non provava fame, né freddo, né frizioni sul suo corpo.
Poi viene sbattuto fuori, si decide che dovrà mangiare a orari, che dovrà starsene a dormire in un lettino che non lo culla, che dovrà vestire dei tessuti e, ancor peggio, portare dei pannolini tutto il giorno stando ben adeso ai suoi stessi escrementi.
Riuscite ad immaginare un cambio più drastico di abitudini?
Però gli mettiamo le creme bio…

Forse non ci siamo.
Con tutto l’affetto che possiamo mettere nell’uso di una crema bio, forse non è questo che il bambino si aspetta da noi.

Dobbiamo ricordarci di essere dei mammiferi che partoriscono imberbi esserini incapaci di gestirsi.
Chi altri c’è, ecologicamente e biologicamente, vicino a noi?
I gatti ad esempio. Partoriscono al buio. Si tengono i cuccioli vicino, li scaldano e li alimentano loro, finché non sono abbastanza forti.

Quindi? Quindi teniamoci stretti i nostri bambini, a contatto con la nostra pelle, sfamiamoli, teniamoli il più possibile senza pannolino, cerchiamo di mantenere luci e rumori ovattati. Stiamo dalla sua parte.

E quando crescono, cerchiamo sempre di intuire i più elementari bisogni che hanno (sto leggendo tantissimi libri sia sul dopo nascita, sia su un’idea di crescita antroposofica, partendo da Steiner e la Montessori), anziché pensare solo a come, consumisticamente, possiamo renderli ecobio.

Per ora, non essendo mamma, non ho molto altro da dire.
La mia è soprattutto una speranza. Su di me e sulla mia famiglia.


Per ultimo, vi lascio un’esperienza quasi impensabile nella nostra realtà.
Il racconto di un comportamento per me inimmaginabile finché non ne ho letto le gesta.
Un cambiamento quasi terrificante, da pensare. Eppure.
Seguirò questo esempio?
No, per me è troppo. Ma cercherò, perlomeno in casa, di liberare il piccolo dall'imposizione del pannolo 24/24h. Che io, scientemente, rifiuterei tutta la vita!


Fonte: http://www.bimbonaturale.org/node/342
Vivere senza pannolini. L'esperienza di una mamma.
Di Francesca Gasparini.



La nostra vita senza pannolino
Riflessioni e consigli per un EC (Elimination Comunication) sereno

Quando all’inizio del 2002 nacque Arturo, il mio primo bimbo, non sapevo nulla di una pratica abituale in quasi tutto il mondo non occidentale che viene denominata “Elimination Comunication” (Comunicazione sull’eliminazione). E neppure quando nacque il mio secondo bimbo, Giuliano, all’inizio del 2004 ne sapevo nulla. Però fin da allora istintivamente sentivo un profondo disagio al pensiero che i miei figli dovessero rimanere immersi nei propri escrementi fintanto che qualcuno non si decideva a cambiarli e pulirli. Ho usato un’espressione forte appositamente, perché in qualche modo noi genitori rimuoviamo la questione o la edulcoriamo, e la nostra mente in qualche modo si adatta ad un’immagine del rapporto neonato-pannolino o bambino piccolo-pannolino che è del tutto falsata: ci sembra una cosa normale e giusta che queste creaturine per le quali daremmo la vita stiano imbalsamate dentro dei mutandoni di plastica (questo vale secondo me anche per chi sceglie i pannolini di stoffa) che li sigillano occultando alla vista (nostra e di tutti) i loro naturali bisogni, costringendoli a spalmarsi e a convivere ore con questo materiale che invece per definizione è materiale di scarto di cui il corpo si vuole e deve liberarsi.
Ecco perché non sfiorandomi neppure l’idea che si potesse tenere un bimbo di pochi giorni o mesi senza pannolino sentivo però una tensione verso una qualche soluzione che mi permettesse almeno di evitare che si facessero la cacca addosso. Tra l’altro il mio primo figlio sembrava stitico, cioè stava anche dieci giorni senza fare la cacca e ne era molto infastidito; dunque ero alla spasmodica ricerca di una soluzione anche per questo problema. Così quando verso i tre mesi e mezzo Arturo ha cominciato a stare seduto da solo con una certa sicurezza ho provato a metterlo sopra il vasino e lui incredibilmente ci ha fatto subito pipì e cacca! Da quel momento ho cominciato semplicemente a cambiare il bimbo molto spesso durante la giornata e ogni volta che lo cambiavo lo mettevo sul vasino. Ogni volta c’era la pipì e talvolta anche la cacca. Da quel giorno solo raramente abbiamo visto qualche cacca di Arturo nel pannolino; dai nove mesi in poi più nessuna. Per la pipì, siccome continuavo a tenergli il pannolino, naturalmente le cose andavano diversamente, per cui molta finiva nei pannolini. Verso i sedici mesi però con l’arrivo della bella stagione e considerando che nel tempo, permettendogli di fare la pipì nel vasino, lui aveva cominciato a fare il collegamento giusto e a indicarsi spesso il pisellino quando aveva bisogno, ho comprato tantissime mutandine e gli ho tolto il pannolino. Quando capitava che non lo diceva in tempo perché troppo preso dal gioco, cambiavo le mutandine e asciugavo il pavimento senza dire nulla. Nel giro di tre settimane non ho più dovuto asciugare nessuna pipì.

Lo stesso ho fatto con il secondo bimbo che già a sette mesi ha smesso di fare la cacca nel pannolino. Una cosa che ho notato nei miei figli e che è piuttosto comune sentendo altre esperienze, è che nel momento in cui ho tolto il pannolino di giorno hanno smesso in modo quasi automatico di fare la pipì durante le ore di sonno (diurne e notturne), benché durante la nanna continuassero ad avere il pannolino. Vale la pena fare la prova! Comunque in generale i bimbi smettono di farsi la pipì e la cacca addosso solo nel momento in cui diamo loro la possibilità di prendere coscienza dei propri bisogni e della loro modalità di espulsione; poiché il pannolino impedisce questa presa di coscienza, in sostanza soltanto togliendo il pannolino senza remore e senza paure (perché il bambino deve sentire sicurezza e protezione venire dal genitore, oltre che comprensione e serenità rispetto agli incidenti che potranno capitare e di cui lui non ha nessuna colpa) potremo innescare un processo che in un tempo diverso da bambino a bambino condurrà allo svezzamento dal pannolino o al controllo definitivo degli sfinteri nell’EC (perché nei bambini che portano i pannolini 24 ore al giorno per molti anni raggiungimento del controllo degli sfinteri, che avviene comunque intorno ai 18-24 mesi, e svezzamento da pannolino non coincidono, in quando il pannolino inibisce nel bambino la consapevolezza di questo avvenuto controllo).

Proprio nel periodo in cui stavo togliendo il pannolino al mio secondo bimbo sono venuta a conoscenza di questo “metodo”, che per me non è affatto un metodo, chiamato EC (Elimination Comunication) e sono rimasta folgorata. Ho letto tantissimo. Innanzitutto il libro di Laura Boucke, Senza pannolino, l’unico pubblicato in Italia sull’argomento (l’autrice è la veterana del “senza pannolino”, colei che per prima ha elaborato una versione adatta al mondo occidentale, a partire dalle esperienze delle mamme indiane, cinesi e africane, e lo ha divulgato). Ma c’è tanto materiale utile da leggere anche in rete in siti e gruppi di discussione che citerò in fondo all’articolo
.
Quando ho scoperto l’EC mi sono detta: quanti patimenti mi sarei risparmiata con la stitichezza del mio primo bimbo, che evidentemente stitichezza non era ma solo rifiuto, o incapacità, di fare la cacca nel pannolino (provate voi a fare la cacca stando dritti in piedi o stesi nel letto!), se avessi cominciato fin dai primi giorni a fargliela fare in una ciotolina tenendolo appoggiato al mio avambraccio con le gambine rannicchiate al suo petto come sto facendo ora con la mia terza bimba di un mese e mezzo!
Sì perché con Anita ho cominciato a fare EC fin dal suo secondo giorno di vita e ora che ha un mese e mezzo sta tutto il giorno senza pannolino. Ma prima di raccontarvi cosa sto facendo con Anita voglio dire due cose sull’EC, o meglio cosa io penso che sia l’EC e come io lo vivo.

In molti siti americani dove si parla di EC e anche in alcuni libri (anche nel sottotitolo di quello tradotto in italiano appena citato), l’EC viene associato in modo diretto all’uso del vasino: un altro modo di chiamare l’EC infatti è “infant potty training” (allenamento infantile al vasino). Insomma, agli occhi di chi legge l’EC appare subito come un “metodo” per insegnare ai neonati a fare la cacca e la pipì nel vasino. Questo a mio parere è male. L’EC, nella sua declinazione più pura e autentica, NON è un metodo e NON è un allenamento. Santo cielo, perché dovremmo sottoporre i nostri bambini di pochi giorni o di pochi mesi a un metodo o a un allenamento? Ne dovranno sopportare anche troppi negli anni a venire di questi forzati allenamenti e apprendimenti alle più svariate cose! L’EC è qualcosa di molto più profondo e al tempo stesso semplice: è il modo con cui la mamma (il genitore, o chiunque accudisce il neonato), risponde alle necessità fisiologiche del suo bambino. È appunto comunicazione; comunicazione profonda tra mamma e bambino.

Quando si comincia a fare EC si scopre che i neonati hanno una perfetta consapevolezza delle proprie necessità fisiologiche: come sanno quando hanno fame o quando hanno sonno o quando hanno freddo, così sanno quando devono fare la pipì e la cacca. Non sto parlando del famigerato controllo degli sfinteri di cui si parla per i bambini più grandi; quella è una cosa diversa. Non possono trattenere, se non minimamente, ma sanno che cosa stanno per fare e in qualche modo lo comunicano; e scelgono anche, se gliene diamo la possibilità, il luogo dove liberarsi. Se si impara ad ascoltarli e se non si impedisce loro di mandare i loro segnali mettendogli il pannolino, loro comunicano. È incredibile lo so. Se me lo avessero detto due mesi fa, prima di questa meravigliosa esperienza con Anita, non ci avrei creduto, eppure è così, lo sto vivendo tutti i giorni.

Perché, se il proprio bimbo ha fame, la mamma risponde prontamente al suo bisogno tirando fuori il seno e sfamandolo? Perché, se il bimbo ha freddo, la mamma risponde prontamente al suo bisogno coprendolo? Perché, se il bimbo ha sonno o è agitato, la mamma risponde prontamente al suo bisogno cullandolo e abbracciandolo;? e perché, invece, se il bimbo ha bisogno di fare la pipì e la cacca, la mamma non risponde al bisogno di evacuazione del proprio bimbo permettendogli di liberarsi dignitosamente e comodamente (come ogni mamma del regno animale fa), ma al contrario mette un tappo a questi bisogni fingendo che non esistano?

Di nuovo ho usato un’espressione forte perché vorrei che il messaggio arrivasse chiaro. Anche se ce lo nascondiamo, la realtà è questa. Il pannolino è un tappo! Un tappo comodissimo che ci permette di non doverci occupare, se non minimamente, dei bisogni di evacuazione del bambino. Certo è una grande comodità, perché possiamo dimenticarci di questi bisogni per ore, tanto sappiamo che “quella roba” sarà raccolta lì. Ecco, appunto, il pannolino è una comodità per la mamma ma NON UNA NECESSITÁ PER IL BAMBINO. IL BAMBINO NON HA BISOGNO DEL PANNOLINO. Per le mamme africane, cinesi o indiane è la cosa più normale del mondo occuparsi dei bisogni dei loro bimbi, permettendo loro di espletarli senza sporcarsi, riconoscendo i loro segnali e i loro tempi, e quando sentono dire che le mamme occidentali lasciano i loro figli a mollo nei loro escrementi sigillati dentro un pannolino di plastica rimangono scandalizzate!

Allora perché non togliamo il tappo ai nostri bambini e ci lanciamo in questa meravigliosa esperienza di comunicare con loro su tutti i fronti? Sì, perché fare EC con un neonato è una delizia da assaporare momento per momento che porterà senza dubbio a una crescita del genitore tanto quanto sarà un dono grande per il nostro bambino che imparerà che la sua mamma e il suo babbo rispondono sempre alle sue necessità più vere e magari questo lo spingerà a essere in futuro un individuo più fiducioso e più empatico con il mondo.

Ribadisco, per me l’EC non è e non dovrebbe essere mai un “allenamento” (ciò ricorda certi vecchi e coercitivi tentativi che si facevano negli anni cinquanta per costringere i bimbi piccoli a non farsi più la cacca addosso causando spesso problemi psicologici e nevrosi a lungo termine) o peggio un “metodo per”, ma un mix tra “competenza” naturale del neonato e capacità della mamma di entrare in comunicazione con lui e di rispondere ai suoi bisogni.

Con questo non voglio dire che tutti quelli che non tolgono il pannolino al proprio figlio in modo integrale fin dal primo giorno sono da biasimare (anche io come avete visto ci sono arrivata gradualmente); ciò che voglio dire è che se prendiamo atto del fatto che la normalità per un neonato è stare senza pannolino e non con il pannolino avremo già fatto molto. Soltanto a partire da questa presa d’atto saremo in grado di modulare correttamente il tempo dedicato al pannolino e quello al senza pannolino, in base certo alle nostre possibilità di tempo, di voglia, di pazienza.

Allora, come va con Anita. Bè, devo dire che all’inizio, nonostante l’invasamento per l’EC che era maturato in me durante i mesi di gravidanza, pensavo di cominciare con moderazione. Ero convinta che l’EC integrale fosse una cosa difficilissima, per mamme super-empatiche e dotate di una capacità di dedizione assoluta. Senza considerare poi il fatto che ho altri due figli, che devo un po’ lavoricchiare, ecc. ecc. Dunque ho iniziato tenendo la bimba con i ciripà e cambiandola spesso, ogni volta che mi sembrava bagnata. Una volta spogliata la tenevo anche mezz’ora, quaranta minuti senza pannolino. Fretta non ce n’era. Tanto il tempo va passato, meglio passarlo rilassandosi piuttosto che fare la gara al pannolino che si indossa più velocemente e più facilmente (perché poi si calca tanto l’attenzione sulla facilità e velocità di fasciatura? soprattutto nel neonato mi sembra una cosa assurda, tanto poi una volta che il pannolino è stato messo con tanta velocità che cosa si va a fare?). Durante questo tempo le facevo dei massaggi, le mettevo l’olio, le parlavo e le cantavo una canzoncina e la tenevo sollevata su una ciotolina (quelle tonde di plastica con coperchio ermetico che si usano per conservare i cibi, tipo Tupperware) con la schiena e la testa appoggiate sul mio avambraccio e le gambine trattenute rannicchiate sul ventre (vedi foto). Fin da subito lei ha cominciato a farci la pipì e anche la sua prima cacca! Da quel giorno pur continuando a tenerle il pannolino mi sono accorta che lei aveva capito benissimo il momento della ciotolina e teneva sempre un po’ di pipì da farci dentro e naturalmente sempre la cacca. È stata un’emozione incredibile vedere come lei comprendesse che fare i bisogni in quel modo era una cosa diversa dal farli nel pannolino. I primi tempi di notte era agitata perché aveva bisogno di fare la cacca, spingeva spingeva, ma non la faceva. Alla fine ho scoperto che si liberava volentieri solo quando le toglievo il pannolino e la mettevo sulla ciotolina.

Fatto sta che la cacca dell’Anita nel pannolino non ci è mai finita (e fa anche rima)! La pipì naturalmente ne faceva tanta anche nel pannolino, ma pian piano ho cominciato a capire che se appena si svegliava le toglievo il ciripà, allora 9 volte su 10 lo trovavo asciutto e appena la mettevo sulla ciotolina lei ci mollava una pipì chilometrica. Ho anche scoperto, tenendola a poppare senza pannolino, che lei, a differenza di altri neonati di cui ho letto le esperienze, non fa mai la pipì mentre mangia, ma subito dopo. Ma ho anche scoperto un’altra cosa. Stupefacente. Anita manda un segnale specifico quando deve fare la pipì: un gridolino accompagnato da un movimento frenetico di braccia e gambe. Ogni volta che lo fa dopo fa la pipì. Ma non subito subito. Può aspettare anche parecchi secondi e comunque ti lascia tutto il tempo di andare a prendere la ciotolina o di dirigerti in bagno e di tirarle giù i pantaloncini prima di farla. O meglio, posso dirlo con certezza dopo un mese e mezzo, aspetta proprio che tu sia nella posizione giusta prima di mollarla. Naturalmente se tu non cogli il messaggio o non sei in grado di portarla nel posto giusto ad un certo punto lei non la può più trattenere e la smolla, ma non prima di aver protestato animatamente.
Per tutte queste cose e anche per altre, lentamente ho sentito come sempre più naturale tenerla sempre più a lungo senza pannolino. Finché verso i 20 giorni di vita ho cominciato a tenerla completamente senza. Durante i pisolini diurni la metto a dormire sul letto sopra a una traversa coprimaterasso con lo strato esterno di cotone, giusto per sicurezza, ma lei non bagna quasi mai. Di notte le metto il ciripà, ma tante mattine (soprattutto dopo le notti in cui è stata tranquilla e si è svegliata poco) quando la apro è asciutta e dopo spara nella ciotolina pipì chilometriche. Quando è sveglia cerco di cogliere i suoi segnali e unisco a questo una certa mia idea della sua tempistica, per cui ogni tanto, quando credo sia opportuno, la porto sulla ciotolina (o più spesso su un lavandino o mi siedo sul water con lei in sospensione).
Naturalmente capita spesso di perdere delle pipì, soprattutto nelle giornate frenetiche o in quelle in cui siamo nervosi perché gli altri bimbi ci fanno impazzire, o quando non sto tanto bene o quando Anita è agitata e non sta tanto bene, ma sinceramente non mi interessa. Ho tante ghettine e pantaloncini corti che alterno a seconda della temperatura, a cui ho stretto l’elastico in vita perché sono pensati per il pannolino e non per il corpicino magro della mia Anita, e quando si bagnano li cambio come cambierei il pannolino. Nessuna fatica in più. Per me, che Anita faccia la pipì nella ciotola o nei pantaloni è la stessa cosa. L’EC non è la gara a beccare più pipì possibili ma semplicemente lo stare senza pannolino. Il risultato dovunque finisca la pipì è sempre raggiunto, perché comunque LEI MANDA I SUOI SEGNALI e anche se talvolta io non sono in grado di coglierli IL CANALE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA CONSAPEVOLEZZA RIMANE APERTO E NON SI POTRÁ CHIUDERE.
Francesca
Bologna, giugno 2007

#210
:D
boo ha scritto:Per ultimo, vi lascio un’esperienza quasi impensabile nella nostra realtà.
Il racconto di un comportamento per me inimmaginabile finché non ne ho letto le gesta.
Un cambiamento quasi terrificante, da pensare. Eppure.
Seguirò questo esempio?
No, per me è troppo. Ma cercherò, perlomeno in casa, di liberare il piccolo dall'imposizione del pannolo 24/24h. Che io, scientemente, rifiuterei tutta la vita!
Perche' dici che e' troppo? Che difficolta' intravedi? Letta cosi, sembra un'esperienza bellissima.
Certo se porti il bambino a cena fuori con te, un pannolino e' opportuno metterlo, ma in casa?
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Baby is coming shopping e approvvigionamenti per il nuovo arrivo...
Vi presento... con pwd