Faceva impressione, ieri sera su tutti gli schermi delle tv italiane, vedere il ministro della Difesa urlare in aula e insultare il presidente della Camera per le contestazioni sul «processo breve».
Un ministro del Paese più coinvolto nelle conseguenze delle rivoluzioni che sconvolgono l’altra sponda del nostro Mediterraneo. Una questione lontanissima dalle gravi preoccupazioni che assillano gli italiani in questo momento e che, tra l’altro, dovrebbero assillare anche i suoi pensieri e le sue azioni. Lo spettacolo si completava con il collega ministro degli Esteri che lo affiancava sul banco del governo, sbalordito e imbarazzato testimone di una scena impensabile e inaudita in qualsiasi Parlamento di una democrazia occidentale. Uno Stato che sta partecipando, in questi giorni, a una operazione militare di guerra, anche se vogliamo chiamarla in altro modo, e che deve affrontare un’emergenza umanitaria drammatica.
Così come faceva impressione vedere il presidente del Consiglio offrire agli abitanti di Lampedusa, comprensibilmente esasperati da una situazione sconvolgente, una escalation di promesse strabilianti,
culminate con la candidatura al Nobel della pace e garantite da un impegno che, preso da Berlusconi, ha un valore assoluto: l’acquisto di una villa sull’isola. Perché, in quelle stesse ore, a Roma, i suoi deputati e il suo ministro della Giustizia preparavano un blitz procedurale per assicurare un cammino parlamentare, appunto, brevissimo a quel «processo breve». Una legge che, se fosse approvata in tempi rapidi, lo salverebbe da un’eventuale condanna al processo Mills.La forza negoziale dell’Italia, però, sarebbe ben diversa se la credibilità della nostra classe dirigente, in queste e in altre circostanze, non fosse molto indebolita da un costume politico così al di sotto dei minimi standard di decenza pubblica. Perché l’autorità nei confronti degli altri Paesi del mondo si conquista con l’autorevolezza raggiunta nel nostro.
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Ma il clou, dopo un breve consiglio comunale, nella piazza gremita di una folla plaudente, è arrivato con il discorso pubblico del premier, che ha dato vita a uno spettacolo dei suoi. Si sa: non c’è uomo politico che al cospetto di una massa di gente non si lasci andare a promesse e non cerchi di incantarla con le armi della retorica. Ma Berlusconi - questo almeno gli va riconosciuto - è al di fuori e al di sopra di ogni tradizione e precedente. Annunciato da squadre di netturbini che lustravano ogni angolo della piazza, il Cavaliere ha esordito scusandosi per i disagi subiti dalla popolazione e impegnandosi a riconsegnare Lampedusa ai lampedusani entro 48-60 ore. Poi ha proseguito con un gioco pirotecnico di proposte, dal Nobel per la pace da assegnare all'isola per le sofferenze patite a causa della crisi internazionale, alla moratoria fiscale, previdenziale e bancaria, a un piano per il turismo, rovinato dalla trasformazione del luogo in un rudimentale campo profughi. Botto finale, l’annuncio dell’acquisto di una villa a Cala Francese, «Le due Palme», comperata per un milione e mezzo direttamente su Internet, senza neppure visitarla: perché da oggi, così ha concluso Berlusconi tra gli applausi, «anch’io diventerò lampedusano!».
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MA, SILVIO, A LAMPEDUSA NON FARE COME A L’AQUILA E A NAPOLI
di LUIGI CRESPIhttp://www.ilpolitico.it/?p=44976