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Classici del design: lampada Pipistrello

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L'humus in cui germina la lampada Pipistrello, disegnata da Gae Aulenti nel 1965 per Martinelli, è fervido. Gli anni '50 e '60 per l'esordiente architetto sono densi di esperienze ed iniziative. In realtà poca progettazione architettonica, ancora meno le realizzazioni, ma tante frequentazioni, influssi e collaborazioni e molto industrial design, in particolare nel settore illuminotecnico.
Dopo la laurea al Politecnico con Ernesto Nathan Rogers (dello Studio BBPR) suo mèntore in quegli anni, Gae entra a far parte della redazione della rivista di architettura e design Casabella-Continuità, durante la direzione Rogers. Nel frattempo è anche assistente di Giuseppe Samonà e poi di Rogers, nelle università di Venezia e di Milano. Nella redazione di Casabella si consolida l'opposizione all'osservanza verso l'assioma forma/funzione dovuta ai maestri dell'architettura razionale. E, proprio verso la metà degli anni '50 Gae, insieme ad altri architetti e designer esordienti (tra cui Gabetti, Isola, A.Rossi, Canella, Portoghesi, gli Architetti Associati - Gregotti, Meneghetti e Stoppino) partecipa al movimento neoliberty sottoscrivendo più tardi, a cose fatte, il manifesto del '63, i cui principi saranno messi in pratica attraverso un più vasto utilizzo figurato delle forme, negli allestimenti per la Triennale e di altre mostre, nella progettazione di interni (tra cui la residenza milanese degli Agnelli, in cui Gae subentra a Pio Manzù scomparso prematuramente, nel '69) e di scenografie teatrali, e soprattutto nell'industrial design.
L'esempio più vistoso di quella deviazione dai maestri, è la Torre Velasca del 1957, progettata dallo Studio BBPR (tra cui appunto Rogers) per una zona semicentrale dove il tessuto urbanistico era diradato a causa dei bombardamenti, e che oggi è divenuta simbolo di Milano. In bilico tra lo stile internazionale quale tipologia grattacielo ed il recupero di certa libertà di dettaglio, tutta neoliberty, a ben guardarla potrebbe dare un'idea di lampada, per il suo sviluppo dapprima rastremato, per allargarsi in un grande tetraedro.
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Più numerose le realizzazioni neoliberty nel campo del design degli oggetti, in cui spesso le forme asciutte dell'International Style si sciolgono e si riallacciano alla mai sopita tradizione artigianale locale.
Solo qualche esempio. Dalla sedia Gaudì di Mollino (1949) considerato un esempio dalle nuove leve, alla Margherita in giunco di Albini per Bonacina (1950), al tavolo Millepiedi di F.Campo e C.Graffi per Home (1952), alle poltroncine in legno di Magistretti Carimate (1957), in metallo di Caccia Dominioni per Azucena (1957) ed in feltro di Gerli per Forma (1960), alla poltrona Sgarsul della stessa Aulenti per Poltronova (1962) o alla sedia tubolare Sabrina di Rinaldi per Rima (1970). Addirittura, nel 1960, la Ville Blanche di Chaux-de-Fonds di Le Corbusier - residenza elvetica del maestro del modernismo - è restaurata e riarredata da Mangiarotti e Morassutti con sedie tigulline prodotte dalla De Padova.
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Per tornare all'illuminazione c'è da constatare quanta importanza avesse per Gae la progettazione delle lampade, se si pensa al loro considerevole numero. Molti i marchi, tra cui Martinelli (Ruspa, 1967), Candle/Fontana Arte (Giova, Rimorchiatore, Parola, Parolona, Nina, dal 1964), Kartell (King Sun, 1967), Artemide (Pileo, Mezzopileo, Pileino, Oracolo, Mezzoracolo, Patroclo, dal 1972), Harvey Guzzini (Quadrifoglio, Cestello, dal 1974).
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Lanciata sul mercato nel 1967, la Pipistrello venne commercializzata in tutto il mondo, grazie alla visibilità che ebbe col 1972, quando non solo la Aulenti - che poté presentare oggetti di industrial design ed allestimenti (sotto) - ma tutto il design italiano (rappresentato nell'esposizione dai progetti più noti di Zanuso, Sottsass, Pesce, Sapper, Archizoom, ecc..) si affacciò alla ribalta mondiale: il merito fu della mostra Italy: The New Domestic Landscape , tenutasi al MoMA di New York.
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Il progetto della Pipistrello partì in sordina e per un anno rimase nei cassetti di Elio Martinelli. Difficile infatti, secondo i resoconti di Emiliana (la figlia di Elio) risultava l'industrializzazione del fusto telescopico, così come la forma complessa delle falde del diffusore, ad ali di pipistrello, che non era facile realizzare per gli stampaggi dell'epoca.
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Esemplare nella lampada della Martinelli l'approccio che Gae usava nella progettazione. Mai ‘regolare’ e con l'introduzione ogni volta di linguaggi nuovi, sorprendenti, spesso spaesanti. Nel progetto, dimostra di saper tessere legami sottili con il passato, inserendo nel contempo, elementi di discontinuità. Il punto di partenza era l'archetipo costituito dal modello delle abat-jours Tiffany e quelle pre-Bauhaus, che però stravolge.
Il risultato raggiunto appare stupefacente, perché la linea della lampada esprime una modernità ‘diversa’ ed inaspettata, affatto convenzionale: l’andamento sinuoso, curvilineo, vagamente flamboyant del fusto telescopico e del ‘cappello’, effettivamente non può non ricordare il profilo di alcune lampade liberty. Il risultato, come dicevamo, è qualcosa di mai visto prima; eppure con la Pipistrello, c'è da riconoscere che mai lampada moderna fu più neoliberty.
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Recentemente, il designer friulano concordò con la Martinelli alcune variazioni della lampada - divenuta nel frattempo un'icona - con la base in finitura alluminio cromato lucido, satinato e rosso carminio, mentre la sua riprogettazione in scala minore, l'attuale Minipipistrello, è del tutto estranea all'architetto friulano, che a causa dell'aggravamento delle condizioni di salute, non fu informata.
Un'attenzione alla funzionalità della Pipistrello originaria, che si rivela versatile per il suo doppio utilizzo, sia come lampada da appoggio che come lampada da terra e da lettura qualora si fosse sollevato il fusto attraverso il pomello imitante un bulbo ad incandescenza posto sulla sommità del diffusore.
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La lampada, che inizialmente era stata pensata da Gae per l'illuminazione di alcuni spazi commerciali trovò ambito e giusto risalto nei negozi della Olivetti di Parigi e di Buenos Aires allestiti proprio da Gae in quegli stessi anni (1965 e '67) e la vediamo sopra gli espositori da lei disegnati accostata ad un'altra lampada, di poco successiva, King Sun di Kartell, altro suo progetto:
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Infine, da segnalare l'epigono della Pipistrello. Gae progettò nel 1974 per la Harvey Guzzini un modello che presentava una forte continuità col modello di 10 anni prima, la Quadrifoglio, della quale mantenne la concezione della struttura in acciaio e diffusore in metacrilato, sempre ripartito in 4 falde. L'estrema fluidità delle forme e l'attenzione ad alcuni dettagli decorativi (l'andamento floreale del fusto sdoppiato in 4 bracci - che per morbidezza di disegno quasi non pare acciaio) ne fanno uno degli oggetti più compiutamente liberty ideati dalla Aulenti. E tra i più amati dal pubblico considerando il successo commerciale che fu duraturo, tanto, che fece propendere l'azienda a declinarla in altre tipologie (terra e sospensione).
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Ultima modifica di lot il 12/03/16 8:55, modificato 5 volte in totale.

Re: Classici del design: lampada Pipistrello

#4
Molto bella la Parola di Fontana Arte, la mia preferita tra quelle di Gae. Piene di Parola l'area del ristorante delle Scuderie del Quirinale. Quando sono accese, alla sera, c'è un'atmosfera calda ed intima, e il colore miele contrasta con l'azzurro del cielo che si vede attraverso i finestroni. Superba quella veduta (come pure quella all'uscita, con vetrata panoramica sui resti giganteschi del Tempio di Serapide e sul Campo Marzio) che consiglio di non perdere a chi andasse alle Scuderie, perché le finestre prospettano su Piazza Montecavallo, i Dioscuri, il Palazzo della Consulta ed il Quirinale. Per le Scuderie la Aulenti ha curato ogni dettaglio, illuminazione compresa, pensata insieme a Piero Castiglioni, quasi tutto della Guzzini.
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Ultima modifica di lot il 08/12/13 21:41, modificato 1 volta in totale.

Re: Classici del design: lampada Pipistrello

#7
Non avevo letto. L'illuminazione degli allestimenti è curata dai proiettori della Guzzini, qui si vede:
http://www.scuderiequirinale.it/static/ ... ochure.pdf
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Sul Cestello, progetto a quattro mani tra Gae e Piero Castiglioni, il figlio di Livio, per iGuzzini, 2 righe.

Era stato pensato inizialmente come multi-proiettore ad hoc, durante la ristrutturazione dell'edificio sul Canal Grande, Palazzo Grassi a Venezia, per conto della Fiat, destinato a divenire sede di prestigiose mostre ed allestimenti. Per ovviare agli spazi particolarmente ampi occorreva un'illuminazione potente e ben distribuita, che potesse declinarsi in varie tipologie (parete, binario, sospensione, terra) non solo per servire gli allestimenti ma per valorizzare le numerosissime emergenze decorative, disseminate dappertutto, come soffitti, stucchi, specchi, teleri, dorature, lampadari di Murano. Il Cestello inoltre conteneva degli spot alogeni ognuno orientabile ed indipendente, con doti di grande flessibilità. Si trattava di un'efficiente lampada tecnica perché consentiva di ottenere un'emissione diretta ed estesa che limitava i contrasti luce/ombra sugli oggetti e nell'ambiente. E multifunzionale, perché i riflettori permettevano di variare i coni di apertura delle sorgenti luminose: con filtri colorati, lenti ed oscuranti, si può addirittura creare una regìa luminosa completa che permette l'utilizzo del prodotto anche in campo scenotecnico e teatrale.
L'apparecchio luminoso, inizialmente pensato per il palazzo veneziano, fu messo in produzione da Adolfo Guzzini nel 1985 - che ne intuì le potenzialità - ed adottato per l'illuminazione di svariate sedi museali, tra cui a distanza di poco tempo, il Grand Louvre ed il Musée d'Orsay, altro edificio complesso trasformato da stazione ferroviaria a museo d'arte moderna, cantiere diretto dalla Aulenti.
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