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da 100matteo
Facciamo chiarezza su alcune cose innanzitutto. L'impianto a pannelli radianti o a tubazioni nel massetto è essenzialmente uno scambiatore di calore a fascio tubiero, così come lo sono i radiatori, anche se di superficie disperdente maggiore. Se per scaldare un ambiente con impianto a pavimento la superficie di scambio rispetto ad un calorifero è maggiore, allora di conseguenza la temperatura di mandata dovrà essere ragionevolmente inferiore. Stesso ragionamento per la prestazione energetica dell'appartamento. Se la dispersione per via impiantistica involontaria (sia essa di impianto-distribuzione, regolazione od emissione) o per via della scarsa coibentazione è prevalente, allora diminuendo la temperatura di mandata sicuramente si arriverà ad un punto per cui si riuscirà a mantenere una temperatura interna all'abitazione stabile ma senza possibilità di innalzarla ulteriormente anche con tempistica prolungata di accensione. La difficoltà sta nel trovare tale punto (riferibile ad una temperatura di immissione) e di elevare tale valore a due o tre gradi in più, in modo da avere un impianto che lavora per più tempo ad una temperatura di esercizio abbastanza corretta ed aumentata di quel briciolo che serve per eventuali abbassamenti di temperatura esterna improvvisi. Il termostato è obbligatorio in ogni caso (se la temperatura raggiunta è corretta, non ha senso continuare a far lavorare la caldaia), ma non è nemmeno corretta la scelta di far lavorare l'impianto a pavimento come uno a radiatori, con la caldaia che si attacca e si stacca più volte in un'ora. Pertanto, se non si fida dei calcoli, faccia delle prove abbassando o aumentando la temperatura di immissione finché l'impianto rimarrà acceso più del solito ma a temperatura più bassa; a quel punto alzi di due gradi la temperatura e non lo tocchi più. Oppure, come già suggerito, affidi il compito ad un termotecnico che presumibilmente, dopo vari calcoli, seguirà una procedura simile adatta alla situazione.
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