Ho trovato questo sul corriere:
Ora, io per corvetto ci passo tutte le mattine e non avevo mai notato sta cosa..
Corvetto, traffico record e case occupate
I residenti: sosta selvaggia e limiti di velocità ignorati. Abusivi negli alloggi popolari. Più controlli contro spaccio e caporalato Più scendono in basso, e più ci tengono a farlo sapere: civico 4 di via Comacchio, scala H, un «suonare» vergato col pennarello sul portone delle cantine, una freccia verso un campanello, e un pulsante che fa drin drin davvero, ché sotto ci dormono e mangiano, dunque vivono. Si scende in basso, si sprofonda in questo profondo Sud milanese. Si dovesse organizzare una marcia per la sicurezza, qui bisognerebbe farci una maratona. Si dovessero schifare i romeni che vivono nelle baracche, beh, che qui guardassero come sono conciate le case popolari e gli italiani che le abitano. Duecentocinquanta appartamenti occupati. Materassi piazzati sui pianerottoli, sul ballatoio davanti ai solai, dentro i solai. Androni che tra un'immaginetta della Madonna e una di Padre Pio incollate sulle porte, sono un vocabolario di bestemmie, riflessioni Sono stanco, auguri Buon compleanno papy, messaggi d'amore Angelo t.v.t.t.b e di amori finiti Se ti prendo t'ammazzo, un sovrapporsi frenetico sulla parete di scritte con la penna. Invalidi al cento per cento che ansimano sulle scale, vecchietti che vagheggiano ascensori, onesti povericristi come i Cimò, Caterina e Vincenzo, di 68 e 73 anni, che in piazzale Ferrara vivono da quarant'anni, gli ultimi dieci a «scendere il mattino, e pulire la cacca e il vomito, a raccogliere i cocci di vetro e le siringhe di chi scambia i nostri palazzi per un discarica». Il loro stabile è uno di quelli che l'Aler sta sgomberando — trovando un'altra sistemazione per gli sloggiati — e provvedendo a ristrutturare. Vivaddio? «No. Volevamo restare. Al Corvetto c'è la nostra vita, abbiamo tirato su e fatto sposare i tre figli» dicono.
Sarà, signori, che se ne vanno sempre i migliori, o soprattutto che restano i peggiori. Resta, tanto per dire, un esempio tra tanti, la banda di «Nino il calabrese», il capo dei cento ragazzini (italiani) che il 2 maggio 2006 attaccarono il comando della polizia municipale di zona Vigentina. Insulti, sassi, sputi, bottigliate. «Rei», i ghisa, di aver fermato e multato qualche pischello sullo scooter senza casco. Sia mai. Cos'è, vogliono far rispettare le regole nel nostro quartiere, a casa nostra? Non è un caso che, in altre due periferie, a Ponte Lambro e Quarto Oggiaro, quando si elencano la delinquenza e i boss, lo spaccio e le risse, non è un caso che da un anno a oggi consiglino: «Andate al Corvetto. In confronto, da noi è come stare in centro». Eccolo, il Corvetto. Un traffico bestiale, colpa della sopraelevata, e vabbé. I barboni e i malati di mente anime vaganti, e «capita anche altrove». Tra gli occupanti abusivi, osserva Domenico De Luca, del sindacato inquilini Sicet, «ci sono persone malate in graduatoria da decenni, donne sole con figli, disabili» e sì, è vero. Abbonda lo spaccio in piazzale Ferrara, in via Dei Cinquecento, in viale Omero, «però si vende droga in corso Como, scusate, non siamo gli unici», e d'accordo.
Gli anziani lo difendono, questo posto, ma è un eroico atto d'amore, tenero e fuori tempo, ancorati come sono agli anni belli (Caterina Cimò: «Nel Settanta, era tanto bene abitata che la mia scala la chiamavano la scala dei signori»), inchiodati a un angolo di verde (il 73enne Manlio Stazio: «È un quartiere con molti giardini e parchetti »), infuriati contro la città multietnica che ammassa gl'immigrati in periferia (il settantenne Antonio Adanti: «Zingari, maghrebini... Dopo le 20, il quartiere è loro»). Pardòn, Antonio: è loro prima delle 20. Dalle 15, all'inizio di via Marochetti, sul guard rail che costeggia il distributore di benzina, 16 nordafricani aspettano che passi il «caporale», li porti all'Ortomercato e li arruoli per i turni serali e notturni. E come mai li caricano proprio al Corvetto? «Perché non esistono vigili e controlli, pattugliamenti e retate». Perché questo panorama di occhiaie e occhi spenti, di rabbia e dolore, dice che da un po', un bel po' di tempo, nessuno («Il Comune dov'è? Lo sa o no che siamo milanesi?») viene a bussare, e infatti adesso, al Corvetto, bisogna citofonare pure per entrare in una cantina occupata.
Andrea Galli