allora, non sono né un'economista né un'esperta di agricoltura né niente... anch'io devo basarmi su ciò che c'è scritto sulle etichette
e aspetto magari indicazioni da chi ne sa più di me.
Però non mi tornano un paio di cose che hai detto.
Intanto io credo che un prodotto al 45% equosolidale sia meglio che uno 0% equo. Probabilmente non è possibile controllare tutta la filiera produttiva di certi prodotti, questo non lo so.
Poi dire che la Svizzera "non è un paese equosolidale" non vuol dire niente.
Equo o non equo può essere il modo in cui è prodotto il cioccolato: cioè rispettando l'ambiente, la biodiversità e trattando i lavoratori in modo corretto. Poi non credo che in Svizzera si coltivi il cacao... arriverà dal Sudamerica da piantagioni che rispettano le caratteristiche che ho elencato sopra (voglio sperare).
Non è che ci siano "nazioni equosolidali" o no, e non è neanche questione di comprare un prodotto da un paese ricco o da un paese povero... se nel paese povero c'è una multinazionale che sfrutta la gente e incendia ettari di foresta equatoriale per farci allevamenti o piantagioni, i soldi li do alla multinazionale che compie le sue malefatte, mica alla gente del posto.
Il concetto che sta alla base del commercio equo credo sia sostanzialmente fare in modo che tutti prendano la loro parte di profitti, saltare qualche passaggio privilegiando i piccoli produttori e valorizzare alcune varietà di prodotti agricoli tipiche di certe zone, per promuoverne un vero sviluppo economico.
Quanto al Lidl... ce l'ho con il Lidl perché tratta i lavoratori in maniera indegna (testimonianze di amici che hanno lavorato lì per diverso tempo), quindi se anche dichiara che il suo caffè è al 75% "equosolidale" per me non cambia nulla, a me stanno sulle balle lo stesso
Poi su tutto ciò attendo conferme o smentite da chi ne ha titolo.
Secondo me limitarsi leggere le percentuali sulle etichette e trarre conclusioni generali senza sapere cosa c'è dietro non basta.