P.S. Sono certa di aver guadagnato un record di antipatia in queste ultime 24 ore. Pazienza. Io sto dalla parte dei diversi, delle minoranze e dei minorati. Ci sono abituata a mettermi nella pelle degli altri e a subirne le conseguenze. Però, siccome credo che sia un'interessante esperienza per tutti mettersi a camminare nelle scarpe altrui ogni tanto,
mi permetto di consigliare questa lettura di cui allego l'intervista all'autore, costa solo 10 euro.
Forse dovrei metterla in "movida", ma qua mi sembra più in tema
Il razzismo spiegato a mia figlia che è cresciuta
Intervista Ben Jelloun riscrive il suo best seller più famoso. Rivolgendosi a un'adolescente per discutere i nuovi volti del pregiudizio
di Fabio Gambaro
A sette anni dalla prima edizione, Tahar Ben Jelloun rimanda in libreria Il razzismo spiegato a mia figlia, un libro fortunato che ha venduto oltre un milione di copie. In quelle pagine, partendo dalle sue conversazioni con la figlia Merièm di 10 anni, il celebre scrittore marocchino cercava allora di spiegare come nasce il razzismo e come combatterlo. Oggi però Merièm non è più una bambina. È diventata un'adolescente intelligente che non si stanca di fare domande sulla natura e le origini di un male che, lungi dall'essere debellato, sembra diffondersi sempre più. Assieme alle responsabilità della destra xenofoba, lei indica anche cause esterne che hanno favorito l'emergere di certi discorsi razzisti, come il conflitto israelo-palestinese. "A causa di quel conflitto s'è creata una situazione in cui non si distingue più tra arabi e palestinesi, ebrei e israeliani. Per un meccanismo di solidarietà quasi automatico degli arabi coi palestinesi e degli ebrei con gli israeliani, le tensioni si ripercuotono nella nostra società, specie tra i giovani. Le parole arabo o ebreo sono diventate insulti. In certe scuole scoppiano mini-intifada: l'uso razzista delle parole si diffonde perfino tra i piccoli". Ma i bambini possono essere razzisti? "Il loro razzismo non si esprime nei termini linguisticamente consapevoli degli adulti. Possono però avere comportamenti che producono esclusione, umiliazione nei confronti dei più deboli, dei diversi. In una scuola di Tripoli ho visto la sofferenza della sola bambina nera in una classe dove tutti gli altri erano arabi o meticci: non l'amavano semplicemente per il colore della sua pelle". I bambini diventano razzisti perché imitano gli adulti? "I bambini non hanno bisogno di ascoltare gli adulti per mostrarsi ostili agli altri. Il loro mondo riproduce tutte le sfumature della società, tra di loro, quindi, ci sono i forti e i deboli, le vittime e i carnefici. I bambini però sono molto più crudeli degli adulti, come sa chiunque abbia visto Il signore delle mosche. Non appena si entra in una classe, è facile riconoscere quelli che sono i capri espiatori. Come gli adulti, anche i bambini si accaniscono sugli altri per paura. La paura di essere umiliati e respinti, una paura che ci spinge ad umiliare gli altri per evitare di essere noi le vittime. Il razzismo e l'esclusione nascono da queste paure collettive che i bambini esprimono con una sorta di cinismo terribile". Quando i bambini diventano adolescenti, a questi comportamenti istintivi aggiungono dimensioni ideologica e culturale? "Gli adolescenti cercano sempre una spiegazione alle cose, così diventano estremamente importanti la cultura e i media: la loro influenza può essere sia negativa che positiva. Gli adolescenti sono in contatto con ciò che agita la società. Il conflitto israelo-palestinese li fa discutere più di qualsiasi altro problema. S'interrogano, provano a darsi risposte. E a volte reagiscono con l'odio nei confronti dei membri dell'altra comunità. Gli adolescenti, infatti, sono disponibili a qualsiasi discorso, anche a quello del razzismo e dell'odio. È per questo che l'educazione è decisiva". Si possono combattere i sentimenti razzisti? "Sui giovani è ancora possibile intervenire, mentre per gli adulti non c'è più speranza. È estremamente difficile che un adulto razzista possa ricredersi. Nei bambini e nei giovani c'è ancora una disponibilità all'apprendimento che negli adulti viene meno. Ecco perché con loro è ancora possibile combattere l'ignoranza e la paura. Naturalmente, come sempre, molto dipende dal contesto in cui si vive, perché il razzismo nasce anche dall'esclusione sociale, dalla miseria che provocano un violento risentimento nei confronti dei più fortunati. Un bambino si definisce sempre in relazione agli altri: gelosie e invidie se non immediatamente contrastate, possono sfociare in razzismo aperto. Gli educatori devono essere vigilanti". Il loro è un compito non facile... "Purtroppo è più facile diffondere l'odio e la paura che la tolleranza e il rispetto degli altri. Il rispetto degli altri richiede uno sforzo, un lavoro su di sé, per l'odio invece basta lasciarsi andare al risentimento. Non a caso, il razzismo propone delle controverità presentate come certezze. Il razzista si sente meglio convincendosi che negri, arabi o ebrei siano inferiori. È un sentimento meschino, ma molto diffuso". E nasce il mito della purezza razziale da difendere a ogni costo? "Oggi sta nascendo una nuova Europa meticcia, colorata e multiculturale che però fa paura all'estrema destra e ai razzisti di ogni tipo. È un pregiudizio che nei più giovani si può ancora combattere, spiegando, discutendo e educando. E quando non si riesce a spiegare, si devono invitare i giovani interlocutori a mettersi nei panni del diverso, del debole e dell'escluso. Provare a farlo è sempre una lezione molto salutare". -
Tahar Ben Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia Il montare dell'odio, Bompiani, 10 euro. In libreria dal 26/1