Bambola ha scritto:tidelady ha scritto:"A meno che non rispondano a criteri fisiologici diretti a rimuovere ostacoli fisiologici alla respirazione o alla masticazione, - spiega Contardi - gli interventi di chirurgia agli occhi, al naso o alla lingua non li favoriamo. Almeno per due motivi: il primo perché non è migliorando l'aspetto estetico che si migliora l'accettabilita' sociale. Pensiamo invece che sia più importante l'educazione all'autonomia che conta assai di più per inserirsi. In secondo luogo - aggiunge Contardi - posso dire che nella mia esperienza di quasi 30 anni di vita con queste persone, alcuni elementi identificativi fanno scattare una presa di coscienza della propria identità e a volte atteggiamenti di protezione sociale nei loro confronti".
Grandioso. Vogliamo dire che i "ritardati", fisicamente perfettamente "normali" (parola che odio, ma è giusto per farmi capire), non sono emarginati?Derisi? Magari se gli adulti iniziassero ad educare sin da piccoli i proprio figli al rispetto e all'integrazione non servirebbero queste invenzioni geniali
.
Sono davvero stupita di una cosa tremenda: qui nel forum da giorni si discute per un'utente che se ne è andata, ci si attacca, insulta, e non si smette più
, mentre questo post che tocca questioni etiche e morali non da poco, sta praticamente passando inosservato
. Non ho davvero parole, è vero davvero che ancora nel 2008 il "diverso" fa paura, tanto che non si riesce nemmeno a parlarne
Messa così, fa un po' paura anche a me, mamma "diversa", scrivere qualcosa che incoraggi a parlare della disabilità serenamente.
Non credo che le paure, gli interrogativi che nascono spontanei attorno ad argomenti legati alla disabilità debbano essere per forza un argomento da "dibattere". E' già una grande cosa se aiutano a riflettere ma sono argomenti che fanno sentire un po' tutti "analfabeti" proprio perchè per fortuna non appartengono alla quotidianità di tutti.
Io ho sentito molto ascolto in questo forum, proprio recentemente. E quando c'è un ascolto sensibile, le parole poi vengono spontaneamente sia da parte di chi vive la disabilità sia da parte di chi desidera conviverci senza necessariamente sentirsi in colpa.
Non è una colpa avere un figlio disabile e non lo è essere sani di fronte ad un disabile. Ma è un punto d'arrivo, questo. E di paure e incertezze da elaborare ce ne sono tante.
Un bel libro scritto da otto famiglie di bambini disabili è "Mio figlio ha le ali". Sono racconti che aiutano a guardare questa realtà più serenamente, togliendo dove è inutile quella cappa di compassione, di lacrime e sofferenza, che impedisce spesso, a chi non sa, di guardare in modo concreto e positivo i problemi dei disabili. Senza "paura", appunto e ... con più ali.