Inviato: 12/05/10 12:19
Lei vive in Italia dagli anni 70. C’è stato un imbarbarimento nel rapporto tra la stampa e il potere?
Credo di sì. Ho appena seguito la campagna elettorale in Gran Bretagna. Guardando i dibattiti televisivi pensavo: "In Italia non potrebbe accadere". Questo tipo di confronto tra stampa e politica, tra pubblico e politica. I vostri politici chiederebbero alle loro scorte di arrestare le persone che contestano. Ma è compito del giornalista fare domande imbarazzanti.
Il guaio è che si fa fatica anche a a chiedere conto di ciò che chi ci amministra fa in nostra vece.
Se l’economia va male o se si tagliano fondi allo stato sociale, i cittadini hanno diritto di chiedere conto. I giornalisti invece hanno il dovere di farlo.
Perché i giornalisti italiani non lo fanno?
Perché hanno paura del potere, perché i compromessi sono frequenti.
Dell’Utri ha detto: se mi assolvono lascio la politica. Non dovrebbe essere il contrario?
Non è normale. Ma non è normale nemmeno che il Presidente del consiglio si rifiuti di rispondere ai magistrati quando lo vogliono interrogare. In un altro Paese sarebbe escluso dalla politica, anzi dalla vita pubblica: fuori, subito.
L’Economist ha attaccato, e non di rado, Berlusconi. Lui vi tratta come se foste Lotta comunista, ma il vostro è un giornale liberale e di destra. Però nessuno si domanda perché scrivete certe cose.
Ricordo bene quella copertina del 2001 con la fotografia del premier e il titolo: "Perché Silvio Berlusconi è inadatto a guidare l’Italia". Questi nove anni hanno dimostrato la verità di quelle parole. Per fortuna i libri rimangono, molto più degli articoli di giornale. Il mio libro su Berlusconi è stato il primo in inglese sul vostro presidente del consiglio: resterà. E anche questo sulla criminalità al Sud.
Che differenza passa tra le mafie del Mezzogiorno?
Quella della Calabria è la più difficile da sconfiggere: è ben radicata, legata alla famiglia di sangue. La mafia siciliana ha avuto degli sconfitti e di questo soffre.
L’Italia si è arresa alle mafie?
Sì, perché fanno ormai parte della società.L’ultimo capitolo s'intitola: "Roma. Chiesa e Stato". Che c’entra?
La sconfitta della mafia dipende da Roma. E dalla Chiesa, che forse ha perso un po’ del potere che aveva. Ma un tempo aveva influenza su come la gente pensava e si comportava. Allora avrebbe potuto combattere pubblicamente la mafia. La Chiesa è ambigua: ci sono preti che chiamano i pentiti Giuda, preti per cui è più importante confessare il criminale e riportarlo dentro la Chiesa che proteggere chi ne è vittima. Poi, certo, oggi ci sono anche molti sacerdoti che s’impegnano contro la mafia.
La sua conclusione in realtà è una domanda: che speranza c’è?
Se non c’è sviluppo, purtroppo non c’è speranza. Perché dovrebbe esserci sviluppo quando c’è la mafia? Non c’è motivo per le imprese straniere o del Nord di andare nel Mezzogiorno. Mi chiedo dove andranno i giovani del Sud. Che hanno energia e entusiasmo perché sono giovani, ma non hanno possibilità di lavorare. E quindi di scegliere.
Da il Fatto Quotidiano del 12 maggio
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... talia_si_e
Credo di sì. Ho appena seguito la campagna elettorale in Gran Bretagna. Guardando i dibattiti televisivi pensavo: "In Italia non potrebbe accadere". Questo tipo di confronto tra stampa e politica, tra pubblico e politica. I vostri politici chiederebbero alle loro scorte di arrestare le persone che contestano. Ma è compito del giornalista fare domande imbarazzanti.
Il guaio è che si fa fatica anche a a chiedere conto di ciò che chi ci amministra fa in nostra vece.
Se l’economia va male o se si tagliano fondi allo stato sociale, i cittadini hanno diritto di chiedere conto. I giornalisti invece hanno il dovere di farlo.
Perché i giornalisti italiani non lo fanno?
Perché hanno paura del potere, perché i compromessi sono frequenti.
Dell’Utri ha detto: se mi assolvono lascio la politica. Non dovrebbe essere il contrario?
Non è normale. Ma non è normale nemmeno che il Presidente del consiglio si rifiuti di rispondere ai magistrati quando lo vogliono interrogare. In un altro Paese sarebbe escluso dalla politica, anzi dalla vita pubblica: fuori, subito.
L’Economist ha attaccato, e non di rado, Berlusconi. Lui vi tratta come se foste Lotta comunista, ma il vostro è un giornale liberale e di destra. Però nessuno si domanda perché scrivete certe cose.
Ricordo bene quella copertina del 2001 con la fotografia del premier e il titolo: "Perché Silvio Berlusconi è inadatto a guidare l’Italia". Questi nove anni hanno dimostrato la verità di quelle parole. Per fortuna i libri rimangono, molto più degli articoli di giornale. Il mio libro su Berlusconi è stato il primo in inglese sul vostro presidente del consiglio: resterà. E anche questo sulla criminalità al Sud.
Che differenza passa tra le mafie del Mezzogiorno?
Quella della Calabria è la più difficile da sconfiggere: è ben radicata, legata alla famiglia di sangue. La mafia siciliana ha avuto degli sconfitti e di questo soffre.
L’Italia si è arresa alle mafie?
Sì, perché fanno ormai parte della società.L’ultimo capitolo s'intitola: "Roma. Chiesa e Stato". Che c’entra?
La sconfitta della mafia dipende da Roma. E dalla Chiesa, che forse ha perso un po’ del potere che aveva. Ma un tempo aveva influenza su come la gente pensava e si comportava. Allora avrebbe potuto combattere pubblicamente la mafia. La Chiesa è ambigua: ci sono preti che chiamano i pentiti Giuda, preti per cui è più importante confessare il criminale e riportarlo dentro la Chiesa che proteggere chi ne è vittima. Poi, certo, oggi ci sono anche molti sacerdoti che s’impegnano contro la mafia.
La sua conclusione in realtà è una domanda: che speranza c’è?
Se non c’è sviluppo, purtroppo non c’è speranza. Perché dovrebbe esserci sviluppo quando c’è la mafia? Non c’è motivo per le imprese straniere o del Nord di andare nel Mezzogiorno. Mi chiedo dove andranno i giovani del Sud. Che hanno energia e entusiasmo perché sono giovani, ma non hanno possibilità di lavorare. E quindi di scegliere.
Da il Fatto Quotidiano del 12 maggio
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glam ... talia_si_e