Bernini e i Marmi Vivi - Firenze
Inviato: 28/06/09 19:44
Segnalo la mostra Marmi Vivi - G.L. Bernini e la nascita del ritratto barocco , in esposizione a Firenze - Museo del Bargello, fino al 12/07
Nella prima metà del Seicento, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) rinnovò radicalmente l’idea stessa di busto ritratto. Concepito nel Cinquecento soprattutto come ‘state-portrait’ con una forte connotazione ufficiale, il ritratto scolpito conobbe una straordinaria diffusione nella Roma della prima metà del Seicento, tramandandoci così le fattezze non solo di pontefici, cardinali e aristocratici, ma anche di avvocati, scienziati, scrittori e di non poche figure femminili. Nel giro di poco più di vent’anni - dalla metà del secondo decennio del secolo e la fine degli anni trenta - si passò così da immagini severe e compassate, di carattere ancora schiettamente manierista, a figure che se pure scolpite nel marmo, sembrano però respirare, vivere e addirittura ‘colloquiare’ con lo spettatore. Con il busto di Costanza Bonarelli, il Bargello possiede la testimonianza più emozionante e più celebre di questo momento capitale della ritrattistica scultorea: alla quale, nonostante l’attuale, crescente interesse nei confronti del Bernini e della civiltà figurativa barocca, non era stata finora dedicata in Italia nessuna rassegna espositiva specifica.
Pur nella vastità (anche cronologica) e nella varietà dell’opera di Bernini - scultore, pittore, architetto, urbanista, scenografo e commediografo - è certo che la sua fama fu consacrata dai ritratti con cui esordì, poco più che bambino. Cresciuto in una Roma dove Annibale Carracci e Caravaggio, Rubens e Simon Vouet avevano rinnovato radicalmente la pittura di ritratto, Gian Lorenzo già nel primo decennio del ‘600 realizzò una straordinaria galleria di volti marmorei che riscrissero il lessico della ritrattistica scultorea, ancora legata ai precedenti rinascimentali e considerata genere “minore”. Grande virtuoso posseduto dal demone della tecnica, con il suo prodigioso scalpello Bernini trasformò il marmo bianco in colore, spirito, vita, restituendo in modo stupefacente non solo l’aspetto fisico e la specificità fisiognomica di una persona, ma soprattutto la sua carica vitale e l’individualità.
Al magistero di Bernini ritrattista, difficile da ricostruire a causa della diaspora che ha disperso in tutto il mondo i suoi busti-ritratto, il fiorentino Museo del Bargello dedica una bella rassegna che riunisce trentuno opere, tra capolavori berniniani e una straordinaria selezione di dipinti di Rubens, Annibale Carracci, Antoon van Dyck, Diego Velazquez, Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Pietro da Cortona. A testimoniare il vivace rapporto di competizione della produzione ritrattistica berniniana con la pittura coeva, i ritratti dipinti di maestri allora attivi a Roma scandiscono il susseguirsi dei busti di Bernini, in un “crescendo” di vivacità espressiva: dall’esordio con il “Ritratto di Antonio Coppola”, che scolpisce nel 1612 appena quattordicenne, fino ai vertici raggiunti nei tre “ritratti parlanti” – “Scipione Borghese”, “Costanza Bonarelli”, “Thomas Baker” – eseguiti nel quarto decennio del secolo, con cui la mostra si conclude.
http://www.unannoadarte.it/bernini/default.asp
Nella prima metà del Seicento, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) rinnovò radicalmente l’idea stessa di busto ritratto. Concepito nel Cinquecento soprattutto come ‘state-portrait’ con una forte connotazione ufficiale, il ritratto scolpito conobbe una straordinaria diffusione nella Roma della prima metà del Seicento, tramandandoci così le fattezze non solo di pontefici, cardinali e aristocratici, ma anche di avvocati, scienziati, scrittori e di non poche figure femminili. Nel giro di poco più di vent’anni - dalla metà del secondo decennio del secolo e la fine degli anni trenta - si passò così da immagini severe e compassate, di carattere ancora schiettamente manierista, a figure che se pure scolpite nel marmo, sembrano però respirare, vivere e addirittura ‘colloquiare’ con lo spettatore. Con il busto di Costanza Bonarelli, il Bargello possiede la testimonianza più emozionante e più celebre di questo momento capitale della ritrattistica scultorea: alla quale, nonostante l’attuale, crescente interesse nei confronti del Bernini e della civiltà figurativa barocca, non era stata finora dedicata in Italia nessuna rassegna espositiva specifica.
Pur nella vastità (anche cronologica) e nella varietà dell’opera di Bernini - scultore, pittore, architetto, urbanista, scenografo e commediografo - è certo che la sua fama fu consacrata dai ritratti con cui esordì, poco più che bambino. Cresciuto in una Roma dove Annibale Carracci e Caravaggio, Rubens e Simon Vouet avevano rinnovato radicalmente la pittura di ritratto, Gian Lorenzo già nel primo decennio del ‘600 realizzò una straordinaria galleria di volti marmorei che riscrissero il lessico della ritrattistica scultorea, ancora legata ai precedenti rinascimentali e considerata genere “minore”. Grande virtuoso posseduto dal demone della tecnica, con il suo prodigioso scalpello Bernini trasformò il marmo bianco in colore, spirito, vita, restituendo in modo stupefacente non solo l’aspetto fisico e la specificità fisiognomica di una persona, ma soprattutto la sua carica vitale e l’individualità.
Al magistero di Bernini ritrattista, difficile da ricostruire a causa della diaspora che ha disperso in tutto il mondo i suoi busti-ritratto, il fiorentino Museo del Bargello dedica una bella rassegna che riunisce trentuno opere, tra capolavori berniniani e una straordinaria selezione di dipinti di Rubens, Annibale Carracci, Antoon van Dyck, Diego Velazquez, Simon Vouet, Valentin de Boulogne, Pietro da Cortona. A testimoniare il vivace rapporto di competizione della produzione ritrattistica berniniana con la pittura coeva, i ritratti dipinti di maestri allora attivi a Roma scandiscono il susseguirsi dei busti di Bernini, in un “crescendo” di vivacità espressiva: dall’esordio con il “Ritratto di Antonio Coppola”, che scolpisce nel 1612 appena quattordicenne, fino ai vertici raggiunti nei tre “ritratti parlanti” – “Scipione Borghese”, “Costanza Bonarelli”, “Thomas Baker” – eseguiti nel quarto decennio del secolo, con cui la mostra si conclude.
http://www.unannoadarte.it/bernini/default.asp