La Redazione Consiglia

I migliori articoli su Arredamento.it

IKEA - basso prezzo... ma qualcuno paga la "differenza&

#1
casualmente mi sono imbattuto in questo articolo, credo (spero) che possa interessare e quindi lo riporto...

Le condizioni di lavoro nella catena di fornitura IKEA. Case Studies.
di Massimo De Luca


Formalmente Ikea é un'azienda che rispetta i diritti umani e ambientali. Infatti, nel 1998 firmava un accordo con l'International Federation of Building and Wood Workers ( IFBWW )[1] impegnandosi a far rispettare dai propri fornitori i diritti dei lavoratori e dei bambini. L'accordo era basato sul codice dell' International Confederation of Free Trade Union ( ICFTU
)[2] e istituiva un gruppo di controllo, composto da due membri di Ikea e due dell'IFBWW che assisteva la multinazionale nell'implementare gli standard internazionali sulle condizioni di lavoro. Le verifiche condotte dal gruppo di controllo in Slovacchia, Ungheria, Romania, Polonia, Malaysia, Tailandia e Laos constatavano che, in generale, le condizioni di lavoro erano abbastanza soddisfacenti. Nel 2001, le pressioni della società civile e dei sindacati, imponevano alla multinazionale svedese di adottare un codice di condotta autonomo “ IKEA Way on Purchasing Home Furnishing Products
” che migliorava il precedente accordo e confermava il rispetto da parte dell'azienda dei fondamentali diritti umani e dei lavoratori quali, ad esempio, non assumere bambini, non obbligare nessuno a lavorare, non discriminare e permette ai lavoratori di organizzarsi in associazioni o iscriversi a sindacati.

Contestualmente al codice, IKEA istituiva l'International Compliance Organization (ICO) che ha il compito di verificare, con controlli a campione, se i fornitori applicano il codice di condotta ed eventualmente proporre azioni correttive alle aziende che violano il codice. Anche se non é previsto un dialogo istituzionalizzato con gli Stakeholder, Ikea comunica a varie Ngos quali Save the Children e Unicef, i progressi avuti nell'implementazione del codice stesso. Le aziende non conformi al codice devono risolvere i problemi in merito alle violazioni accertate, entro 24 mesi; oltre questo limite, Ikea interrompe gli acquisti con l'azienda.
Purtroppo, un difetto grave del codice Ikea é che non attribuisce ad alcun organismo esterno e indipendente il controllo della corretta applicazione dei principi etici stabiliti dal codice e quindi non si ha la certezza della veridicitá delle verifiche eseguite dagli auditors Ikea.
É per questo motivo che, nel 2001, FNV, la più grande confederazione di sindacati in Olanda, ingaggiava SOMO[3], per verificare se i fornitori della multinazionale svedese rispettavano realmente i diritti umani.

Breve storia dell'azienda
Ikea è stata fondata nel 1943 da Ingvar Kamprad in Svezia. Tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60 i mobilieri locali, incominciarono a boicottare le forniture all'azienda perché contrari ai bassi prezzi applicati dall'azienda. Per questo motivo Ikea iniziava a ricercare i fornitori all'estero: nel 1961 in Polonia e nell'ex Cecoslovacchia. Contestualmente Ikea apriva all'estero nuovi punti vendita, in Danimarca ('63) in Norvegia ('69), in Europa dall'73 (Svizzera, Germania, Olanda, Francia) e nel resto del mondo dall'73 (Canada, Australia, Arabia Saudita, Hong kong, Singapore Stati Uniti, etc.); in Italia nel '89.
Il gruppo Ikea ha circa 84000 collaboratori e svolge la sua attività in 44 nazioni. Ha circa 1500 fornitori in 55 paesi.

La catena di fornitura in India
In India, la multinazionale svedese, pur non avendo punti vendita, ha incrementato notevolmente i propri acquisti di tessuti, tappetti, cuscini, metallo e cuoio. Tant'é vero che l'azienda é il principale importatore di tessile indiano: IKea importa il 25% della produzione di Karur (in Tamil Nadu). Metà dei tappeti Ikea provengono dall'India.
Le verifiche della
SOMO
sono state eseguite, anche con l'ausilio di ricercatori indiani, tra maggio e giugno del 2001, in tre fabbriche situate in Panipat, Jaipur e Rajasthan, che producono principalmente per Ikea. Gli operai sono stati intervistati fuori dal luogo di lavoro, per garantire il loro anonimato ed evitare le ripercussioni dell'azienda.
La gran parte degli operai sono stati assunti in appalto e lavorano a cottimo. É stato addirittura evidenziato il caso di un azienda in cui alcuni operai sono stati reclutati da enti statali e obbligati a lavorare o casi in cui veniva anticipata all'operaio una discreta somma di denaro, obbligandolo, perché debitore, a lavorare almeno fino all'estinzione del debito. Non sono pochi i casi in cui alcuni operai, non resistendo alle cattive condizioni di lavoro, cercano di fuggire anche se spesso sono riacciuffati dalle guardie addette alla sicurezza dell'azienda.
Nelle fabbriche, per lo stesso incarico, le donne percepiscono un salario minore rispetto agli uomini. Invece, quest'ultimi subiscono, al contrario delle colleghe, un maggior controllo dai capi reparto e dagli addetti alla sorveglianza.
Attualmente, nessuna delle aziende esaminate assume bambini. Una di esse, che prima di iniziare la fornitura all'Ikea, faceva lavorare i bambini era stata obbligata dalla stessa multinazionale ad abbandonare questa pratica.
Gli operai non possono associarsi tra loro per rivendicare i propri diritti e tantomeno iscriversi a sindacati perché rischiano di perdere il posto.
La paga reale che percepiscono gli operai é al di sotto del minimo salariale. Se il salario dei dipendenti assunti a stipendio fisso si discosta solo leggermente dal minimo salariale , 2050 rupie (circa 38,17 euro) per gli operai generici e 2310 rupie (circa 43,01 euro) per gli operai specializzati), quello dei lavoratori a cottimo é notevolmente inferiore, percependo un salario di circa 500 rupie (circa 9,31 euro); per lo più, mentre il salario dei primi viene pagato regolarmente, gli operai a cottimo percepiscono lo stipendio solo alcuni mesi dopo.
In questo modo, la loro vita é realmente difficile. Essi non pagano gli alloggi che sono messi a disposizione gratuitamente dall'azienda, ma ogni operaio per mangiare ha bisogno di circa 1000 rupie (circa 18,62 euro) al mese. É evidente che molti operai, con quello che guadagnano, non riescono a provvedere nemmeno per i loro bisogni essenziali.

Il lavoro in fabbrica é realmente duro. Di norma, si lavora dalle 9.30 alle 20.30 (l'orario ufficiale dovrebbe essere fino alle 18.30). L'operaio non percepisce compensi per il lavoro straordinario. Quando le commesse aumentano si lavora fino a tarda notte e molti operai che non possono tornare a casa, perché in quelle ore non passano mezzi di trasporto, rimangono a dormire in fabbrica per poi riprendere a lavorare l'indomani mattina. Solo in questo caso lo straordinario viene pagato, ma il compenso orario é inferiore a quanto stabilito per legge. Il lavoratore a cottimo non percepisce straordinario che é comunque obbligatorio, in quanto se si rifiuta rischia di perdere il lavoro. Si lavora 6 giorni su 7 e quando aumentano gli ordini, tutti i giorni, per oltre 70 ore la settimana. L'azienda decurta parte del misero stipendio a chi si assenta per malattia, per maternità o per un semplice congedo. Gli operai spesso sono sgridati o minacciati, anche se commettono dei piccoli errori.
Chi lavora non ha nessuna protezione. Le uniformi sono indossate solo quando i clienti visitano la fabbrica. Lo stato di salute di ogni operaio è messo in pericolo dalle sostanze chimiche utilizzate dal reparto tinteggiatura. Generalmente, i bagni sono sporchi e l'acqua é percepita dagli stessi operai come non potabile. Desta meraviglia, invece che le fabbriche verificate (ad eccezione di una sola azienda) sono in regola con la normativa antincendio e con quella sul primo soccorso. Addirittura, nei giorni lavorativi, un'azienda mette a disposizione degli operai un medico che visita all'interno della struttura.
All'esterno dell'azienda la vita privata é altrettanto difficile. Gli alloggi aziendali, dove dormono gli operai, sono “militarizzati”. Per le persone esterne, é impossibile accedervi e quindi passare il controllo posto all'entrata dello stabile.
Chi é sposato dispone di una stanza singola da condividere con la propria famiglia. Altrimenti, in ogni stanza dormono 4 o 5 operai. I bagni sono sporchi e le fogne sono a cielo aperto. I fili elettrici sospesi nel vuoto all'interno delle stanze sono pericolosissimi. Ogni alloggio dispone di una sola presa elettrica alla quale l'operaio, attacca un ventilatore in cerca di sollievo dopo una lunga giornata lavorativa.


Fonte:

SOMO

EthicalStore – Blog sul commercio etico



Note:
[1] IFBWW ha sede a Ginevra (Svizzera) ed é una federazione internazionale di sindacati che protegge più di 10 milioni di inscritti a 287 organizzazioni sindacali in 124 paesi del mondo nel settore della costruzione, materiale di costruzione e legno. La sua missione é promuovere lo sviluppo delle organizzazioni sindacali confederate e tutelare i diritti dei lavoratori in un contesto di sviluppo sostenibile.
[2] ICFTU é una delle più importanti confederazioni mondiali di sindacati presente in 154 paesi e con 145 milioni di iscritti, di cui il 40% donne. La sua missione é quella di tutelare i diritti umani dei lavoratori e promuovere giusti ed equi standard internazionali di lavoro.
[3] SOMO, fondato nel 1973 in Olanda, é un centro di ricerca che studia gli effetti negativi delle politiche adottate dalle multinazionali nei paesi in via di sviluppo.
è possibile trovare soddisfazione in piaceri visivi che non sono complicati da teorie (P.C.Johnson)
Non discuto più con gli stupidi, prima ti trascinano al loro livello, poi ti battono per esperienza :)

#2
stupito per la prima scoperta, ho approfondito... se ne trovano di cose "particolari".... dal fondatore nazista, ai bimbi lavoratori....

un altro articolo interessante...

http://www.chainworkers.org/node/362
è possibile trovare soddisfazione in piaceri visivi che non sono complicati da teorie (P.C.Johnson)
Non discuto più con gli stupidi, prima ti trascinano al loro livello, poi ti battono per esperienza :)