#2
da Olabarch
e qui, caro Jordi, si apre una discussione che non finirà più.
In effetti, questo è un argomento sul quale i critici di architettura sguazzano da tempo.
Insomma: fare uno chalet in legno in una zona industriale stonerebbe?
Oppure: fare una villa in stile mediterraneo a Cortina, sembrerebbe fuori luogo?
O fare una stube a Capri?
Beh, di primo acchito la risposta più ovvia sarebbe sì!
però... pensaci bene: Le case intorno al Colosseo stonano?
Eppure non risalgono al I secolo d.C.!!!
Gli edifici attorno a Castel dell'Ovo, il borgo marinaro, stonano di fronte ad un'imponente costruzione (nella veste attuale) del 1.100?
Sicchè verrebbe da pensare che stili diversi in contesti storici (p.es.) possano convivere senza grandi disturbi, nè per l'occhio nè per la storia.
Però, pensiamoci bene: qui stiamo parlando di opere d'arte universalmente riconosciute e spesso copiate, al punto che si potrebbe affermare che elementi che ormai facciano parte della nostra vita, ben si possano accostare ad elementi nuovi proprio perchè da questi ultimi si distaccano per la loro diversità architettonica.
Pensiamo allora a Porto Cervo o Port Grimaud: costruite dal nulla e molto ben inserite nel paesaggio.
Immaginereste mai un grattacielo come quello del Sestriere lì, tra ginepri e coppi vecchi?
Città come Latina, Sabaudia, mantengono uno stile complessivo ancora unitario proprio perchè sono state realizzate nel medesimo periodo, partendo dalle paludi e sono ancora piacevoli alla vista.
La questione, secondo me, è da ricondurre al contesto, esattamente come dicevi tu: è evidente che una villetta col tetto piano ad Ortisei o Chamonix sia decisamente fuori luogo innanzi tutto per questioni di neve: mica erano così fessi una volta, per fare i tetti spioventi!!!!!!
Eppure, con il dilagare dei criteri CasaClima, si assiste ad un proliferare di tetti piani.
Ecco che quassù si realizzano palazzi con terrazze amplissime che, forse, nemmeno a Napoli o Palermo, considerando che il caldo, oggettivamente, non dura che un paio di mesi.
In città, quindi, sembrerebbe più facile, certamente meno pesante che in un paesetto, l'inserimento di elementi "fuori luogo", distanti dal contesto urbano specifico: d'altra parte la città si rinnova continuamente e ciò che oggi è nuovo, fra 50 anni sarà ormai acquisito nella memoria di ciascuno.
Penso quindi che mantenere i caratteri del luogo non sia sbagliato anche se ciò significhi intervenire sulle preesistenze in maniera oculata e con rispetto.
Ritengo sia necessario una complessiva rivisitazione dei criteri estetici di progettazione affinchè il patrimonio paesaggistico dell'Italia (che tutti ci invidiano) non sia rovinato p.es. dalle terribili pale eoliche e dalle costruzioni megalomani di architetti famosi con un ego spaventoso!
Per illustrare meglio l'argomento ed il mio pensiero, riporto un mio intervento pubblicato nel 2006 sull'architettura di Bolzano:
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E finalmente ecco coniato il nuovo vocabolo : "cubizzazione" ovvero, la trasformazione del bello, dei canoni estetici greci e romani, delle supreme, ardite, inarrivabili volute del Cellini, della poesia del Bramante e di tal Michelangiolo, nella più semplice e banale figura geometrica solida: il cubo.
Ed ora, non più Südtiroler Style, con erker a forma di missile, torrette improponibili dal punto di vista storico e tradizionale, ridondanza di linee curve ove la tradizione locale è povera, se non del tutto scevra.
Largo alla fantasia! Ecco la fantasia dei progettisti: cubo nella futura piazza del Museo, cubo o parallelepipedo il nuovo palazzo della Provincia (ex Poste) in via Renon, cubo o parallelepipedo in via Macello, cubo il nuovo Museo di arte moderna lungo la passeggiata sinistra del Talvera, cubo o parallelepipedo alle Terme a Merano, parallelepipedo perfino la caserma della Guardia di Finanza in via Claudia Augusta. E quell'architettura di vago sapore delle Repubbliche Socialiste Sovietiche in via Galvani? E' forse questo il rispetto del genius loci?
Beh, non c'è fine al peggio! Purtroppo!
Sarebbe questa la fantasia prospettata dall'arch. Scolari? "E' quasi una scultura" soggiunge, riferendosi al "monolite", il nuovo edificio del Museo civico; è probabile che di mostre di scultura, egli, non abbia dimestichezza. Comprendo la sua difesa a spada tratta della categoria, ma possibile che la fantasia debba, oggi, passare per povertà di idee? Per mera (e, nonostante tutto, scarsa) capacità di copiare? Fino ad una decina d'anni fa "andava di moda" Carlo Scarpa, eclettico poeta, innovatore dell'architettura: ebbene, tutti a copiare modanature a gradino, tagli inusuali degli specchi, accostamento di calcestruzzo ad acciottolato, lievi linee d'acqua a congiungere stilemi arditi.
Povertà di linguaggio, ecco cos'è oggi la "cultura" urbanistica, ove al posto di piazze generate dall'agorà e dal forum, ci ritroviamo vasti spazi vuoti, interrotti solamente dal solito cubo e da qualche fontana che, per carità! meglio defilata, spostata dal baricentro! Inutili piazze vuote come la cultura nichilista di chi le ha progettate, ove "Meno, è bello": non più architettura, ma la più bassa operazione edilizia in nome del minimalismo più deprimente e dell'egocentrismo assoluto, poiché solo "così resterò nella storia!" immagino pensino gli architetti. Certo è consolante che progettisti del calibro dell'arch. Zoeggeler tuonino contro questa uguaglianza; ma è anche singolare, poiché quegli edifici in viale Europa, i "fischietti" tanto per intenderci, li ha progettati lui! Anche in quel caso, scelta sicuramente innovativa, ma certamente poco felice data l'abbondanza di calcestruzzo a vista e la profondità dei balconi che proteggono sì dalla pioggia, ma impediscono al sole di entrare. "L'architettura deve essere poesia!" tuona dall'alto della sua cattedra allo IUAV. Ha perfettamente ragione perchè, purtroppo, oggi non si fa più Architettura, ma solo e soltanto edilizia!
Vittorio Gregotti, insigne architetto, afferma che "costruire palazzi altissimi è un'esigenza politica, non architettonica. Tutti vogliono arrivare il più in alto possibile, ma è una cosa assurda: il futuro non abita nei grattacieli. L'architetto lavora seguendo la propria idea e cercando di realizzare quello che uscirà dalla sinergia con politici ed amministratori".
Fuksas, invece, è esattamente all'opposto in merito ai centri abitati:" E' necessario densificarli, ossia non aver paura di riunire le persone tutte in un medesimo spazio, magari verticale come i grattacieli, e circondarlo di ampie zone verdi, magari demolendo il già costruito"
E, già che ci siamo, "cubizzando" gli spazi lasciati liberi da quel noiosissimo prospetto Liberty, da quell'antiestetico giardino all'italiana, da quella vergognosa facciata razionalista delle Pascoli.
Di certo, con questa presa di posizione, non c'è la pretesa di rifondare il Movimento Moderno, ma di aprire un tavolo di discussione sull'operato di progettisti e committenza pubblica, permettendo, in ogni caso, la libera espressione di tutte le Arti. Ed esprimersi liberamente, vuol dire anche conoscere per capire: ecco, è proprio in questa direzione che non si trova riscontro. Comprendo "che l’ingegno sia cosa molto più rara dell’inettitudine e che creare sia infinitamente più difficile che copiare; ma vorremmo forse trarne la conclusione che il creare sia errore ed il copiare sia saggezza?"