cyberjack ha scritto:
NON parlo di questo caso specifico, ma penso che almeno il 90% dei fedeli presenti saranno gli stessi che durante l'anno non fanno nemmeno il sacrificio di alzarsi la domenica mattina alle sette e mezza per andare alla messa delle 9.00...
Mettiamola così: perché un milione di persone assediano San Pietro e le chiese d'Italia sono spesso semivuote? Certo, quella piazza si svuoterà; e molte messe sono piene a Pasqua e a Natale. Ma non c'è dubbio: la passione dei fedeli per Giovanni Paolo II - travolgente, commovente - contrasta con la difficoltà di tante parrocchie, che la domenica sembrano la Confraternita dei Capelli Grigi: il più giovane ha quarant'anni, e spesso è lì per accompagnare la figlia alla messa dei bambini.
L'entusiasmo per il vecchio Papa che ha sventolato la sua sofferenza come una bandiera - eroica, pedagogica - sembra distante dalle abitudini tiepide di tanti cattolici italiani. Verrebbe da gridare: «Ehi! Dove siete la domenica, voi che in queste ore vi commuovete come giovani diaconi e parlate come vecchi teologi? Dove vi nascondete quando i bambini fanno la comunione, quando i ragazzini ricevono la cresima, quando gli scout celebrano la messa? Perché non mandate vostro figlio all'oratorio dove andavate voi? Siete gli stessi che sbavano davanti alla TV del pomeriggio, dove le ragazze sono soprammobili sessuali e i conduttori s'improvvisano maestri di morale?».
Gli interessati potrebbero non rispondere. E aggiungere: uno può amare il Papa e non andare in chiesa. Obiezione: Giovanni Paolo II aveva una «rock star quality», come dicono gli americani, ma su certe questioni non transigeva. La messa domenicale per lui non era un optional, ma un obbligo. I politicanti di destra possono esaltare Wojtyla difensore della vita e, insieme, la guerra; quelli di sinistra posso approvare il Papa duro col capitalismo, e insieme, l'aborto. Ma la gente che in queste ore prende d'assalto Roma è più seria di così: da quella folla possiamo e dobbiamo aspettarci più coerenza. Quindi, se non va in chiesa, un motivo ci sarà.
Molti, all'estero, hanno la spiegazione pronta: gli italiani sono simpatici ipocriti. Il francese Jean-Noel Schifano (traduttore di Eco, innamorato di Napoli, autore di «Desir d'Italie») mi ha detto, tempo fa: «La religione è solo schiuma. Schiuma utile: serve per fornire norme da violare. Perché per voi trasgredire è un piacere. E io vi capisco. Fate benissimo. Continuate così». Fosse così semplice. E' vero che l'imperativo categorico fornito dalla Chiesa - da osservare, ignorare o aggirare - è stato sostituito da una morale à la carte. Ma la religione conta ancora, e i cattolici di oggi non sono peggio di quelli di ieri. Molti hanno scelto una fede che, un tempo, passava stancamente di padre in figlio: e questo è lodevole. Alcuni si sono riuniti in gruppi, e alcuni gruppi (non tutti) sono diventati lobby: questo è meno lodevole, ma è spiegabile. In Italia molti cercano un protettore e qualcuno che riduca il fastidio del dubbio. Le lobby religiose sono forme di assicurazione e tranquillanti potenti: e noi siamo un popolo previdente, e farmacologicamente attento.
Perché, allora, questa dicotomia: entusiasmo in piazza, freddezza in chiesa? Forse perché, da sempre, a noi italiani riesce meglio il grande gesto che un buon comportamento. Certamente perché la scomparsa di Giovanni Paolo II, il Papa che ha segnato le nostre vite adulte, ha provocato un uragano emotivo. L'Italia, come e più delle altre nazioni dell'Occidente, gioca a fingersi cinica, ma è sempre più sentimentale. Si era visto nelle reazioni all'11 settembre (2001), alla strage di Nassirya (2003) e allo tsunami (2004/5). Nel caso di Giovanni Paolo II s'aggiungono altri elementi: mistero, lunga consuetudine, grande affetto, molta suggestione, un po' di nobile emulazione.
Poche messe riescono a far scattare questi meccanismi: gli stessi che spingevano i primi cristiani a scendere gioiosamente nelle catacombe, e portano i neri d'America a cantare il gospel a squarciagola (in Italia pochi cantano e rispondono al celebrante: forse non vogliono disturbare). La colpa - diciamolo - non è solo dei fedeli. Molti sacerdoti contribuiscono alla diaspora con celebrazioni svogliate e omelie noiose (lette, recitate, riciclate). Durante l'offertorio, l'obolo dovrebbe essere proporzionato al gradimento: così, attraverso questo rudimentale auditel ecumenico, le parrocchie potrebbero correre ai ripari.
Sì, questa non è una cattiva idea. Al Papa-papà che salutiamo commossi in queste ore, forse, non sarebbe dispiaciuta. Giovanni Paolo II il Grande avrebbe raccolto il massimo: ogni volta che apriva bocca, una fortuna.
Beppe Severgnini,
dal Corriere della Sera del 7 aprile 2005