Ka ha scritto:Sicuramente una parte di loro hanno anche scelto la vita libera, da strada e son persone felici anche di morire di freddo (mi riferisco al discorso di rananera) ma sono altrettanto convinta che molti altri ci son capitati per le varie vicessitudini della vita. Non accettano soldi, vestiti i cibo? Non si fanno aiutare? Non collaborano? Sì, spesso è vero...però c'è anche da capire che la vita in strada è dura e per poterci sopravvivere ci si deve fare una bella corazza, anche respingendo il mondo "normale", non escludo che dopo un pò di questa vita, scatti in testa tutto un processo mentale, che sfiora la follia, fino a chiudersi da una parte nel loro dolore e nel loro disagio, dall'altra nell'isolarsi dal resto, come un intento di annullarsi, che si esprime anche nel trascurare il proprio corpo, non preoccuparsi più di lavarsi, pettinarsi ecc... penso anche che molti loro atteggiamento scontrosi siano dovuti al modo in cui molte volte vengono trattati...pensate sia facile per una persona che era abituata a una vita normale ritrovarsi a essere nel nulla ( esentirsi una nullità, un incapace), essere deriso ed emerginato? E' necessario contrastare tutto questo, attaccando per non essere attaccati, rifiutare l'aiuto per non vedere, o credere di vedere, un atto di pietà... non faccio fatica a pensare che esista un amor proprio (che a torto o a ragione eh!) valga la propria stessa vita!
Per un periodo ho fatto volontariato all'interno di un servizio di assiestenza che una città del Sud offriva alla popolazione dei quartieri più disagiati, gente che campava a malapena in case fatiscenti, gente senzatetto..tutti allo sbando. Vi assicuro che il comportamento comune a tutti era quello che ho descritto. Il punto di assistenza si occupava di seguire queste persone attraverso un assistente sociale e una psicologa più un gruppo di volontari, nonchè di provvedere alle loro spese più urgenti e all'assistenza medica, sia dal punto di vista sanitario che amministrativo. Sentivo di quelle storie...e all'inizio c'era sempre il rifiuto e l'aggressività. Dopo un pò iniziavano a fidarsi e si scioglievano... La cosa di cui avevano più bisogno? Essere considerati essere umani, trovare gente disposta non solo a dare soldi (per quanto importanti, ci mancherebbe) ma a parlare con loro, stare ad ascoltarli, (tutti volevano racconatare la disgrazia che aveva dato inizio alla loro tragica storia, spessissimo situazioni economiche disastrose) ...per uscire dallo stato animalesco in cui erano confinati e sentirsi ancora uomini e donne. Poi accettavano tutti gli altri aiuti...
...e ricordo certi occhi, passare da uno sguardo assente, a una luce di gratitudine e speranza...
Quoto e condivido integralmente questa riflessione non immediata e meno che mai scontata di Ka, che come tutti i messaggi forti "rischia" di scuotere le nostre serene festività e ricorrenze, ricordandoci che la Vita - nonostante tutti i nostri sforzi di domarla, aggiustarla e confinarla in convenzioni, stereotipi e borghese perbenismo - può essere violenta e spietata.
Non è facile fare concretamente qualcosa per chi, per un motivo o per un altro, a un certo punto della sua esitenza ha avvertito un tale senso di impotenza e di vuoto da decidere appunto di esistere e non più vivere, isolandosi in un nulla a suo modo di vedere più decoroso e dignitoso.
Ad onor di cronaca occorre dire che tra loro probabilmente c'è anche chi è sfuggito a suoi doveri e/o responsabilità non riuscendone o non volendone sopportare il peso; anche per queste persone, comunque, esprimere un giudizio è impossibile, in quanto credo che solo lontanamente (ma molto lontanamente) NOI sappiamo davvero di cosa stiamo parlando. Memore di una canzone di qualche anno fa, "Gli altri siamo noi", tuttavia, sento e so che il passo che ci separa dal vivere e dall'esistere è davvero risibile e impercettibile e alla fine, probabilmente, l'augurio che possiamo fare a tuti questi "Uomini persi" e a tutti noi è quello di riuscire a credere fermamente che in ogni caso o situazione "il cielo è blu sopra le nuvole" e trovare un amico, un affetto, che ce lo ricordi quando l'urlo "Vivo!" rimane afono e impotente strozzato nella nostra gola.
Proviamo a guardarli come umani questi barboni (e magari troviamogli un altro nome senza ricorrere a lingue straniere..."persone disagiate o dissociate??"), offriamoli un sostegno pratico ma anche un sorriso, uno sguardo di empatia più che di pietà e chissà... forse anche oggi i miracoli possono accadere...
Beh, per una volta ho partecipato ad un vostro topic invece di proporre un sondaggio: non ho mire sociologiche o pedagociche, ma mi interessano a titolo personale i fenomeni di community che mezzi come un forum o una chat stanno offrendo al XXI secolo.
Buona anno a tutti