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Chiediamoci allora, al di là delle gesta più o meno eroiche, e dati alla mano, cosa è veramente accaduto nei Paesi che hanno intrapreso la strada della privatizzazione delle risorse idriche? L’Inghilterra per esempio è reduce da una recente quanto disastrosa politica di privatizzazione idrica.
Presentato come il fiore all’occhiello dell’azione del governo inglese di Margaret Thatcher, nel 1989 la Gran Bretagna trasferì completamente al settore privato sia il sistema fognario che quello della distribuzione dell’acqua.
Gli effetti immediati? Tragici.
Aumento dei prezzi nei primi quattro anni fino al 50%, aumento nei primi nove anni del 46% in termini reali. Risultato: oggi i prezzi per il sevizio aumentano in media del 18% annuo e una famiglia inglese su cinque è indebitata nei confronti della propria azienda idrica. Per aumentare i profitti, infatti, le aziende private hanno ridotto gli investimenti al minimo. Facile intuire quindi una concomitante riduzione della qualità del servizio. Dio salvi… l’acqua fresca.
LA RETROMARCIA FRANCESE DEL 2010.
Ma non c’è bisogno di attraversare la Manica per saggiare gli effetti indesiderati della privatizzazione della rete idrica. Basta dare uno sguardo a quel che è accaduto ai francesi: aumento dei prezzi, deterioramento dei servizi, poca trasparenza e anche qualche caso di corruzione. Queste le conseguenze del passaggio dalla gestione pubblica alla gestione privata dell’acqua, strada aperta a Parigi da Jacques Chirac, nel 1984.
Venticinque anni di esperimenti sono bastati per capire che non era quella la soluzione, tanto che all’ombra della Tour Eiffel si è dovuto fare un passo indietro, ri-municipalizzando la rete idrica a partire dal 2010.
Un risparmio di 30 milioni di euro l’anno che saranno reinvestiti per migliorare il servizio e stabilizzare il prezzo dell’acqua fino al 2014. Parbleu.
Inutile citare gli infiniti casi di sfruttamento dissennato delle risorse idriche nei paesi del terzo mondo.
I risultati preoccupanti della privatizzazione italianaDel resto anche in Italia la situazione non è di certo migliore, e la gestione privata (anche solo parziale) di sistemi idrici locali ha già prodotto risultati a dir poco preoccupanti.
Basta dare un’occhiata ai casi di
Firenze, Latina o Arezzo per capire che il meccanismo non funziona:
aumenti in bolletta fino al 300%, servizi scarsi e cittadini scontenti. Ergo, perché ratificare un progetto già fallito?
LO STILE CONTROCORRENTE DEL BELPAESE. E se
la Svizzera ha dichiarato l’acqua e le reti idriche «monopolio di Stato»,
il Belgio ha fatto una legge per cui i sistemi idrici devono essere gestiti da società in house, ossia, in mano ai Comuni.
Persino lo sfrenato
liberismo statunitense china la testa di fronte alla gestione dell’acqua che resta saldamente tra le faccende dei municipi. Ci sarà pure un motivo. Purtroppo come spesso accade quando tutti vanno da una parte, il Belpaese va dall’altra. Che si tratti di energia nucleare o acqua privatizzata, poco importa. Basta andare controcorrente.