chiaretta ha scritto:fedelyon ha scritto: Davo per scontato che la maggior parte dei ricercatori universitari oggi è precaria.

fede, una curiosità: leggo e sento pareri contrastanti (anche su italians, se qualcuno tra di voi lo legge) sui ricercatori come precari, e volevo anche il tuo punto di vista.
C'è chi dice che solo se precari i ricercatori sono da un lato "liberi" e dall'altro interessati a "produrre risultato", per favorire se stessi e il proprio team, sia per ricevere fondi sia per la propria carriera.
tu "che ci sei dentro" che ne dici?
Leggo anch'io italians.

Non ho un'opinione definitiva e semplice perché il discorso è molto complesso.
Non so nemmeno se riesco a riassumertela in due parole ma ci provo.
Allora, in base alla mia esperienza:
- chi ha un posto a tempo determinato chiaramente tende a voler produrre il maggior numero di articoli validi e competitivi possibile in modo da guadagnarsi un nuovo contratto
- oggi chi ha un posto a tempo indeterminato può benissimo occuparsi a metà tempo della ricerca e fare in modo che vengano assunte persone a lui simpatiche, anche senza grandi competenze, senza che ne subisca le conseguenze (questo non significa che nessuno lavora, però)
- la situazione estremamente precaria nella ricerca e l'"obbligo" di spostarsi in molti paesi per diversi postdoc penalizza fortemente le donne.
Detto questo, credo che la questione del posto a tempo determinato/indeterminato sia un po' uno specchietto per le allodole che serve più che altro a mascherare il fatto che oggi gli investimenti nella ricerca sono pressoché nulli.
Credo che un minimo di stabilità economica sia necessaria ad un certo punto, a meno che non vogliamo favorire solo gli asociali votati esclusivamente alla ricerca, che non sono necessariamente i più bravi. Una mia collega diceva, l'altro giorno, dopotutto siamo anche essere umani.

Insomma, un bel po' di finanziamento in più sarebbe necessario.
La mia proposta, quindi, sarebbe di "responsabilizzare" maggiormente i ricercatori.
Ad esempio. Per quanto riguarda i concorsi o le assunzioni io non mi stupisco che vengano fatte a livello locale o con lettere di raccomandazione, anzi, è giusto che chi assume veda in faccia o cerchi di conoscere la persona con cui lavorerà, e che magari assuma una persona con cui ha lavorato bene in passato. Per questo non credo che un concorso nazionale sia valido.
Penso, però, che la persona che assume (non una commissione general generica che va nel dimenticatoio) debba assumersi delle responsabilità: se la persona assunta (a tempo det. o indeterminato) produce (articoli, conferenze, progetti), bene, avrà nuovi finanziamenti progetti etc, altrimenti la prossima volta non avrà più questo diritto di assunzione e avrà meno soldi per i progetti. Insomma, puoi sbagliare una volta ma due no.

Per farlo, però, il nome di chi assume deve essere chiaro e limpido!
Cosa che oggi non è vera e che in un concorso a livello nazionale si perderebbe. Idem per i finanziamenti, che non si capisce mai benissimo da chi vengano dati.
E' vero poi che chi è "precario" spesso è molto produttivo, ma non credo che sia la molla necessaria.
Piuttosto, anche per i posti a tempo indeterminato, punterei ancora sul fatto che per salire di grado ci deve essere un responsabile che ad un certo punto regola le cose limpidamente, con rapporti pubblici e che dice io l'ho assunto.
E che non venga fatto in commissioni più o meno conosciute in cui un anno si fa diventare professore l'amico dell'amico che mi ha fatto un favore tempo fa.
Vorrei insomma che fosse chiaro che: se io lavoro per tizio è tizio che ha scelto me, e ne va del suo nome se io non lavoro.
Non so se sia chiaro.
Ma il fatto che ci siano sempre mille commissioni, organismi più o meno super partes, alla fine toglie a tutti la responsabilità delle proprie azioni.
Non so però se sia facile implementarlo. Comunque negli Stati Uniti funziona così.
Il direttore del gruppo X legge il tuo CV, ti chiede le referenze e ti assume.
Poi tocca a lui rendere conto della sua scelta e, di conseguenza, invitarti a lavorare al meglio.
