- 02 gennaio 2016

Un occhio internazionale sui classici del design

L'idea per questo editoriale ci è venuta sfogliando una rivista inglese di architettura e design. Sotto i nostri occhi, quel giorno, passarono le coinvolgenti immagini di tanti interni di case, non solo britanniche ma di tutto il mondo. Case belle, di grande glamour, spesso caratterizzate dalla presenza di elementi d'arredo di tendenza, cioè in sintonia con l'imperante minimalismo. Ma ecco, per noi italiani, una gratificante realtà: a personalizzare la pur qualificatissima standardizzazione di quelle case non raramente contribuiva la presenza di mobili e oggetti d'altri tempi, nati dalla straordinaria creatività espressa dai nostri designer tra la fine della seconda guerra mondiale e la fine degli anni Settanta. In una casa c'erano alcune sedie Superleggera di Giò Ponti, in un'altra due poltrone Sindbad di Vico Magistretti (in foto), in un'altra ancora la lampada Arco di Achille e Pier Giacomo Castiglioni. E l'elenco potrebbe allungarsi fino a una ventina di prodotti. Ritrovare nelle case d'oggi, e per di più nemmeno italiane, gli elementi d'arredo appena citati e altri ancora ha significato, per noi, prendere atto che essi piacciono sempre. Questi arredi sono universali e intramontabili, dal momento che hanno resistito alle mode e al tempo, l'uno e le altre giustizieri impietosi di tanti miti, sia miti-uomini che miti-cose.

Gio Ponti e la nascita del design italiano

Proprio per questa annotazione ci pare indispensabile, prima di parlare dei classici del design, tratteggiare brevemente il contesto in cui essi sono nati. Nel 1945, finita la guerra, cosa restava dell'immagine internazionale dell'Italia? Poco, molto poco. E tra questo poco la fama di qualche professionista. Come quella di Giò Ponti, per esempio, che in quegli anni post-bellici era l'italiano più conosciuto in Europa, insieme ad Arturo Toscanini e a Fausto Coppi. Architetto, designer, artista, fondatore della rivista Domus, Ponti ha progettato di tutto: dalle macchine per cucine ai mobili, dai gioielli alle grandi opere architettoniche, come il grattacielo Pirelli di Milano. Le sue creazione sono diventate dei veri e propri arredi universali e intramontabili.  Con lui è nato il design italiano, perché il suo lavoro rappresenta uno dei primi segnali forti della nostra creatività , della capacità italiana di reinterpretare con originalità le tendenze delineatesi tra le due guerre in Europa e fuori d'Europa, con la Bauhaus tedesca e con Le Corbusier e i grandi progettisti nord-europei e statunitensi. Ma Ponti non è solo: con lui ci sono architetti giovani o già noti, come Franco Albini, i Castiglioni (Achille, Livio e Pier Giacomo), Ignazio Gardella, Marco Zanuso, Vico Magistretti. Questo gruppo storico si sarebbe poi ampliato con altri nomi di successo, come Gae Aulenti e Joe Colombo, prematuramente scomparso nel 1971, proprio nel giorno che compiva 41 anni, già bravissimo e già noto in tutto il mondo. Colombo sarebbe diventato - a giudizio di chi scrive - il migliore di tutti. In foto: cassettone D655.1 Giò Ponti per Molteni.

La creatività italiana e la nascita del salotto moderno

La creatività di questi progettisti trova accoglienza e stimolo in alcuni imprenditori mobilieri illuminati, convinti di dover attivare un discorso nuovo per l'arredamento italiano, che allora era tanto artigianale e tanto provinciale. Tra quegli imprenditori ci sono Giulio Castelli, che nel 1949 crea la Kartell, Cesare Cassina, Osvaldo e Fulgenzio Borsani, Dino Cavina, Carlo Molteni, Pierino e Franco Busnelli. Emblematica, come testimonianza della voglia di cambiamento, la nascita nel 1951 della Arflex, frutto dell'incontro fra tre ex-manager della Pirelli (Aldo Bai, Pio Reggiani e Aldo Barassi) e il già citato Marco Zanuso: i tre vogliono dar vita a un'azienda di imbottiti con modalità produttive nuove, utilizzando per il salotto la gommapiuma e i nastri elastici messi a punto dalla Pirelli, Zanuso concretizza al meglio quei desideri e crea, con la sua grande genialità, il "salotto moderno" diventatato anch'esso uno dei classici del design.  In foto: Lady Sofà Arflex.

Le sedute, gli imbottiti, i mobili singoli e le lampade

Ma lasciamo la storia dell'arredamento e addentriamoci nella realtà di questo editoriale dedicato agli intramontabili classici del design, con due avvertenze preliminari. La nostra non vuole essere solo un'operazione culturale ma anche un'iniziativa concreta, tanto che abbiamo deciso di proporre esclusivamente mobili ed oggetti ancora in produzione, di nuovo in produzione o, comunque, facilmente reperibili sul mercato del modernariato. Mobili e oggetti "speciali". Perché chi possiede o acquista uno di questi pezzi ha in casa o porta in casa un "mobile moderno-classico", un "mobile che fa storia", legato non solo a un'azienda produttrice ma anche - e forse soprattutto - a un designer, uno di quei designer che hanno contribuito, con la loro creatività e genialità, a dare lustro al grande mondo dell'arredamento italiano. La seconda avvertenza riguarda i mobili proposti, che saranno suddivisi per tipologia e raggruppati in tre capitoli: Le sedute, Gli imbottiti, I mobili singoli. Per le lampade, che sarebbero state il quarto capitolo, rimandiamo a un precedente editoriale sull'illuminazione, facilmente consultabile nell'archivio di arredamento.it: la parte conclusiva di quell'editoriale era interamente dedicata agli apparecchi luminosi entrati nella storia del design. Per ognuno dei tre capitoli, la scelta si limiterà a quattro pezzi soltanto, cosa che inevitabilmente solleverà critiche in riferimento alla corposa lista dei prodotti esclusi. Del resto analoga sorte è toccata alla recente mostra "Made in Italy", allestita al Palazzo della Triennale di Milano dal Cosmit, per festeggiare i quarant'anni del Salone del Mobile: eppure, in quella mostra, gli oggetti esposti erano quasi duecento e, per di più, selezionati da qualificati addetti ai lavori. In foto: Arco Flos.

La superleggera di Giò Ponti

 Il discorso su questa tipologia deve necessariamente aprirsi con uno dei classici del design italiano, la sedia più celebre creata da un designer italiano: la già ricordata Superleggera, che Giò Ponti ideò per Cassina nel 1957. Si tratta di una sedia cui la straordinaria semplicità formale ha conferito il pregio più importante, collocandola fuori delle mode e del tempo: la struttura è in frassino naturale tinto ebano o laccato bianco mentre il sedile è in canna d'India. Parlando della Superleggera Ponti soleva annotare: "E' una sedia e basta, una sedia-sedia. E' inutile attribuirle definizioni troppo importanti, come razionale, moderna, organica. Semmai si può dire che è leggera, sottile e comoda". Altrettanto famosa è la sedia Plia, disegnata nel 1969 da Giancarlo Piretti per Anonima Castelli, pieghevole, accatastabile e sovrapponibile. "Si tratta di un pezzo destinato a essere l'immagine di un'epoca", scrisse della Plia Isa Tutino Vercelloni, direttrice in quegli anni della rivista Casa Vogue. La sua storica rivale, Franca Gualteri, che era a capo della rivista Abitare, definì Piretti "il Thonet del XX secolo". La Plia è una sedia molto lineare, trasparente, elegante, con la struttura in metallo cromato e il sedile e lo schienale in Cellidor. La sua originalità sta nel meccanismo perfetto di cui è dotata, che permette di ripiegare il sedile, lo schienale e la struttura in una forma compatta, chiusa, che ha uno spessore di soli cinque centimetri.

La sedia 4867, firmata da Joe Colombo per Kartell

Fra i classici del design dobbiamo annoverare anche la sedia 4867, firmata da Joe Colombo per Kartell. E' una sedia sovrapponibile, tutta in plastica (polipropilene), materiale che Colombo conosceva bene, tanto che riusciva a utilizzarlo al meglio per dar vita alle sue idee creative, sempre originali, a volte addirittura futuristiche. Questo gli valse la stima e la considerazione di molti, in particolare negli Stati Uniti, con la conseguenza che il Corriere della Sera titolò un articolo sull'arredamento del 1970 "L'America ha scoperto Colombo". La sedia 4867 ha una seduta assai confortevole ma quello che l'ha resa celebre in tutto il mondo è la sua caratteristica forma, poi riproposta in tante "brutte copie" dagli imitatori di parecchi Paesi, tra i quali si sono distinti i giapponesi. Terminiamo questo capitolo con il sedile Mezzadro, datato 1957 e firmato da Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Zanotta. Mezzadro ha la base in legno, il gambo di sostegno in acciaio cromato e il sedile in acciaio cromato o verniciato in vari colori.

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