Affitto a riscatto, tutte le informazioni

- 02 agosto 2016

Affitto con riscatto

L’affitto a riscatto è una formula di compravendita che esiste in Italia da molti anni. Si tratta sostanzialmente di un modo per rateizzare, totalmente oppure in parte, il prezzo di una casa. L’affitto con riscatto è composto da due contratti separati: uno di locazione e uno con opzione d’acquisto; nel primo viene solitamente inserita una clausola che prevede il diritto del conduttore di acquistare il bene con un prezzo pre-pattuito e bloccato per un certo numero di anni (in genere 3-5, ma si è tutelati fino a 10). L’affittuario ha anche la facoltà di non esercitare l’opzione di acquisto a scadenza, ma in tal caso perde le quote versate. L'opzione di futuro acquisto può essere registrata come clausola del contratto di locazione, che è una scrittura privata, quindi non necessita dell’intervento di un notaio, tuttavia è priva dell'opponibilità a terzi che caratterizza invece un atto soggetto a trascrizione. Sono però legittimi anche patti che obbligano le parti a firmare un rogito notarile: in tal caso si tratta di contratto con preliminare di vendita, soggetto a trascrizione e con durata massima di tre anni non prorogabili. Nel caso in cui l’affittuario decida invece di acquistare l’immobile, le quote di locazione precedentemente versate vengono riqualificate (tutti o soltanto alcuni) come acconto prezzo e dunque si scalano dal prezzo di vendita.

Affitto riscatto

Il canone di locazione con affitto a riscatto è più alto di quelli di mercato correnti, proprio perché composto dall’affitto vero e proprio e di una sorta di “acconto” che sarà detratta dal prezzo finale dell’immobile (prezzo di riscatto a scadenza). La maggiorazione è generalmente compresa fra il 15 e il 50%, ma non c'è un massimale di legge o tipizzato in qualche contratto; in alcuni caso è lo stesso conduttore che chiede di superare la percentuale del 50% per ridurre la somma a scadenza in percentuale sul prezzo di acquisto e di conseguenza ottenere più facilmente un mutuo. Si può infatti raggiungere una cifra residua pari al 70-80% del prezzo totale dell'immobile. In teoria, se la maggiorazione è versata a titolo di acconto-prezzo, in quanto acconto per definizione, deve essere restituita anche se il conduttore non acquista la casa. Se la quota a titolo di “acconto prezzo” risulta pari al 100% del canone versato, il conduttore potrebbe beneficiare di un periodo gratuito di locazione, rinunciando a scadenza all'acquisto col diritto alla piena restituzione di quanto versato. Spesso le parti si accordano per una quota a titolo di canone di locazione la quale, se a scadenza il conduttore opta per l'acquisto, possa anch'essa essere convertita e versata a titolo di "acconto-prezzo", mentre non deve essere restituita nel caso di mancato acquisto.

Affitto a riscatto come funziona

Affitto a riscatto: per abbreviare i tempi il proprietario può stabilire che, se il rogito si conclude entro 2 anni, la quota che riduce il prezzo corrisponda alla totalità di quanto versato mensilmente. Oppure può definire una quota che risulti tanto maggiore quanto minore è il tempo trascorso dell’inizio del preliminare di vendita. Se la trascrizione del contratto definitivo non avviene entro tre anni, gli effetti del preliminare di vendita si considerano come mai prodotti e il giudice può dichiararli quindi inefficaci o ordinare la cancellazione della trascrizione; in tal caso però l’atto stesso resta valido tra le parti firmatarie; produce effetti tra le parti ma non è più opponibile a terzi e viene quindi a cadere la tutela contro fallimenti, pignoramenti e creditori del venditore in genere. Il contratto di affitto a riscatto con preliminare, cioè quello che obbliga le parti alla compravendita, è legato al pagamento di una somma pari in genere al 8-10% del prezzo finale, a titolo di caparra o acconto. Facciamo presente tuttavia che la legge non impone nulla in merito a caparre, acconti e importi minimi.

Affitto a riscatto, conviene?

L’affitto a riscatto, già previsto dal nostro ordinamento, è stato maggiormente regolamentato e definito dal Decreto Sblocca Italia Dl 133/2014. All’articolo 23 è stata cioè dettata una specifica disciplina per quei contratti “che prevedono l'immediata concessione in godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato”. Il mancato pagamento dei canoni, oltre un certo numero, causa la risoluzione del contratto. La norma lascia questa decisione alle parti, limitandosi a indicare un tetto minimo di 1/20 di canoni non pagati per giustificare la risoluzione del contratto. La norma inoltre estende a questo tipo di contratto l’applicazione di istituti già disciplinati dal codice civile quali la trascrizione, la cancellazione della trascrizione e degli effetti del contratto preliminare, gli obblighi di inventario e di garanzia e la ripartizione spese previste per il rapporto di usufrutto. In caso di risoluzione del contratto, per inadempimento del concedente/proprietario, è prevista la restituzione della quota prezzo del canone, maggiorata degli interessi legali. Se il contratto viene risolto per causa imputabile al conduttore, il proprietario ha diritto alla restituzione dell'immobile e all'acquisizione integrale dei canoni versati. Le parti dovranno definire la quota del corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare l'immobile entro la data fissata.

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