Ecco le prime impressioni della visita, all'inaugurazione parziale (all'interno le collezioni artistiche devono essere allestite ancora) del nuovo Museo Nazionale per le Arti del XXI secolo progettato da Zaha Hadid, futura sede del museo d'arte contemporanea e di architettura di Roma. Sono rimasto affascinato, sia per l'ampiezza del fabbricato, all'interno del quale si perde l'orientamento - si direbbe un altro UFO sbarcato al Flaminio (dopo quello dell'Auditorium di Piano) come l'astronave di Independence Day - e per la complessità e l'innovazione estrema del progetto.
All'inizio la curiosità stava tutta nel capire come, il progetto elaborato nel rendering e negli splendidi sketches dell'anglo-irachena, sorta di sistema di flussi dinamici che richiamano la planimetria delle caserme della zona intorno, potesse essere realizzato concretamente.
Ma andiamo per gradi.
Un cenno merita l'odissea del cantiere del MAXXI.
Nel 1998, 11 anni fa, il Ministero per i Beni e le attività culturali bandì un concorso internazionale per la realizzazione del nuovo Centro per le arti contemporanee a Roma, nell’area della dismessa Caserma Montello (prima ancora sussisteva una fabbrica di automobili, convertita in seguito in spolettificio), al Flaminio. Tra i 273 progetti presentati ne vennero selezionati 15 (tra cui tra gli altri quelli di R.Koolhaas, addirittura un ottantenne Achille Castiglioni, T.Ito, F.Purini, M. De Lucchi, S.Holl, V.Gregotti, E. Souto de Moura, C.Zucchi, S.Boeri), ma nel '99 fu premiato quello firmato da Zaha Hadid in collaborazione con Patrick Schumacker.
Grazie ad una legge promulgata ad hoc per il museo (2000), furono stanziati per i lavori 145 miliardi di lire che alla consegna (2010) sono diventati 150 milioni di euro.
Il progetto della Hadid si confronta con il sistema urbano delle caserme tutt'intorno al museo (foto sotto, com'era prima), adottandone un profilo fatto di angoli e di accelerazioni prospettiche. La circolazione interna confluisce in quella urbana, sovrapponendo più strati di percorsi intrecciati e di spazi aperti alle condizioni specifiche del luogo. Le complessità delle forme, il variare e l’intrecciarsi delle quote determinano una trama spaziale di spaesante complessità, mentre l’andamento rigato della copertura contiene una memoria degli shed (caratteristiche coperture vetrate 'a sega') dei capannoni preesistenti.
Il cantiere - innovativo - si caratterizza per una forte sperimentazione tecnico/formale, ed è esso stesso luogo di ricerca per affrontare le prestazioni strutturali e la resa estetica degli unici materiali protagonisti del complesso: il calcestruzzo lasciato brut ma levigato, l’acciaio delle travi e delle colonne dei piloties, i pannelli di vetro delle vetrate e gli schermi di metacrilato che rivestono l'illuminazione. All'interno pure tutto è pensato in calcestruzzo: sia le pareti che caratterizzano la forma e la struttura del museo, tutte le superfici orizzontali, le lamelle per il sistema di copertura delle gallerie, anch'esse in fibra di cemento, tutto è in calcestruzzo autocompattante faccia a vista (arredi, servizi, pavimenti). Grande attenzione è stata prestata dalla Hadid alla resa estetica delle superfici, pensate in colore chiaro, lisce e appena scandite dai fori dei tiranti degli elementi di connessione dei casseri. Inoltre, sono stati impiegati per le gettate dei casseformi particolari, di dimensioni fuori standard (alti anche 14m), progettati da Schumacker, in grado di sopportare le enormi spinte esercitate dal calcestruzzo nella fase di getto. La finitura dei casseri è stata particolarmente accurata, così come il fondo, rivestito in multistrato di betulla levigato con l'aggiunta di un impregnante, una resina feolica, in grado di restituire al cemento un aspetto liscio e polito.
La miscela autocompattante adottata dalla Italcementi (mai utilizzata prima in Italia, in Giappone invece dagli anni '80) è particolarmente fluida, per il suo addensarsi dove le armature erano molto fitte (70Kg di ferro in 1mc) ed evitare così bolle d'aria, sgretolamenti, microfissure - tutti imprevisti fisiologici 'normali' durante il getto del calcestruzzo.
Ma proseguiamo nel percorso, entrando, ecco la grande hall d'ingresso (che nasconde un Auditorium), dove all'inizio non ci si rende conto della complessità degli interni, ma la si scopre penetrando..
Stupefacente l'intreccio di scale in acciaio (in nero) e metacrilato (pannelli che racchiudono l'illuminazione) che pare che si generino moltiplicandosi all'infinito; cresce lo spaesamento insieme alla meraviglia; è come essere dentro i quadri di un Escher o di un Piranesi del futuro; scale, luci, gallerie, soffitti, binari, ripercorrono le linee di forza dei rendering, linee che hanno un inizio ed una fine proprio dagli unici (due) edifici sopravvissuti della caserma.
L’idea progettuale dell'architetto anglo-iracheno è forte e predomina gli spazi esterni, segnati dai volumi in aggetto, e quelli interni, dove per contrasto coesistono ambienti dalla spazialità più sobria come le enormi gallerie destinate a ospitare le collezioni dei due musei. Con differenti gradi di permeabilità, flessibilità e trasparenza, le diverse gallerie sono connotate dal controllo assoluto delle condizioni ambientali attraverso la luce. Arte, architettura e spazi per eventi dal vivo convivono in una sequenza scenografica di suites mozzafiato caratterizzate da un uso modulato e zenitale della luce naturale. Lo spazio non si identifica affatto in un percorso univoco e lineare, ma si sdoppia, si moltiplica, si perde in una gamma di scelte alternative per far sì che il visitatore non torni mai sui propri passi, godendo dalle scale e dai piani intermedi di numerosi punti di vista suggestivi sull’architettura, sulle future opere che ambienteranno il museo e su Roma stessa..
Altra meraviglia del museo è l'inusuale sistema di copertura - elemento complesso sotto il profilo progettuale, tecnologico e impiantistico - che è interamente prodotto fuori opera: integra gli elementi di serramento, i dispositivi di controllo dell'illuminazione naturale, gli apparecchi per l'illuminazione artificiale, i meccanismi per il contenimento del calore da irraggiamento solare. Composto da una doppia vetrata superiore e da una ulteriore vetrata inferiore, è protetto all’esterno da un frangisole costituito da griglie metalliche che, oltre a schermare la luce, diventano passerelle percorribili a fini manutentivi..
..ed ecco il livello più alto del museo che corrisponde al parallelopipedo aggettante; lo sguardo va al panorama che si apre sulla città, percorrendo una sala immensa e dal biancore accecante, illuminata a giorno (si direbbe di trovarsi in un film di kubrik, in 2001..); la si percorre addirittura in salita, sino ad arrestarsi davanti alla vetrata con vista quartiere Flaminio..
..fine della passeggiata: vista serale del complesso dal parco sottostante, con ciò che resta della vecchia caserma di cui è rimasto il solo fronte strada, 'inglobata' dalla struttura obliqua del nuovo museo.
Un servizio interessante sul nuovo museo:
http://www.youtube.com/watch?v=4YL3nkyP ... re=related
E il sito istituzionale:
http://www.fondazionemaxxi.it/
L'ottava meraviglia: il MAXXI di Roma
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Ultima modifica di lot il 08/05/16 11:15, modificato 13 volte in totale.