Cubisti Cubismi a Roma

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Da vedere l'allestimento in corso al Vittoriano, perché le opere cubiste in Italia sono rare. A Roma poi, del tutto assenti.
Il taglio della mostra è diverso: poche le opere del duo ideatore del movimento, Picasso e Braque (sopra due opere protocubiste, tra le più belle in mostra, degli anni 1909/10), molte quelle realizzate dagli artisti 'comprimari' che in realtà sono i veri responsabili della propagazione del cubismo in tutto il mondo.
La fama del movimento infatti, scaturito dall'opera di Picasso Les Demoiselles d'Avignon del 1907 e dalla frequentazione assidua e costante per 6 anni, dell'artista spagnolo con Braque, è dovuto anche e soprattutto alla scaltrezza ed all'aggressività del mercante d'arte Daniel H. Kahnweiler, tra i primi a comprendere la portata di quella rivoluzione artistica che volutamente ignorava e anzi 'superava' la canonica rappresentazione naturalistica in pittura, la prospettiva scientifica, la geometria euclidea, la fotografia, il realismo. Infatti il mercante protesse i due artisti - che poterono concentrarsi solo sulla pittura, dal 1908 fino al 1914 (quando scoppia la guerra) - ed impose loro i diritti di esclusiva su tutta la produzione impedendo che questi potessero esporre o vendere in altre gallerie o ad altri collezionisti.
Quindi, se si eccettuava la visita presso gli artisti direttamente nei loro studi o presso la casa degli Stein (amici di Picasso e che possedevano già molte opere cubiste) o delle esposizioni nella piccola galleria Kahnweiler, i primi dipinti cubisti furono praticamente invisibili ai più - a parte la circolazione delle foto all'interno di giornali e riviste d'arte.
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Sopra, in mostra, altri due pezzi di Braque e Picasso rispettivamente del 1910 e del 1012, rappresentativi dei periodi del cubismo 'analitico' e 'sintetico', quello più maturo e più propriamente riconosciuto.
Il processo decostruttivo iniziato da Cèzanne, maestro impressionista tra i più amati all'epoca dalle avanguardie, da cui procedevano, è portato alle estreme conseguenze per cui l'immagine naturalistica è definitivamente spezzata in una moltitudine di visioni parziali e parcellizzate degli oggetti, ognuna presa da una prospettiva differente in un tempo differente, dove il chiaroscuro è arbitrario, gli oggetti risultano sovrapposti uno sull'altro, affollati in un gioco serrato di linee e piani dove la prospettiva tradizionale è affossata del tutto.
Picasso e Braque (straordinario il suo Bicchiere di assenzio, 1911, prima foto sopra), arriveranno quasi a rescindere il legame con la rappresentazione, fino alle soglie dell'astrattismo, in cui gli oggetti risultano appena appena percepibili nella griglia cubista del cubismo 'analitico', per poi ritornare ad un cubismo più comprensibile grazie all'introduzione di oggetti prelevati dalla realtà e disposti con la tecnica del collage e dei papiers collés (giornali, titoli, cifre e lettere, carta da parati, carta cerata, ecc.) del cubismo 'sintetico'.
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Pertanto, alla 'fame' di opere cubiste sviluppatasi a Parigi nei primi anni '10, sopperirono altri cubisti che parteciparono alle esposizioni pubbliche della capitale francese (epocale quella del 1911 al Salon d'Automne, nella cosiddetta saletta 41 'cubista' che riportò lo sconcerto di critica e pubblico) e che iniziarono a proporre un cubismo 'diverso', variegato sulle varie differenti personalità, a volte con opere solo apparentemente 'cubiche' e non cubiste, in cui la scomposizione cubista è piana e letterale (Metzinger, Gleizes, Marchand, Duchamp-Villon, Herbin), a volte con modi straordinariamente originali, che aprono le porte addirittura all'astrattismo (Marcel Duchamp, Picabia, Delaunay, Kupka). Per comprendere la portata dell'eccezionalità e la mentalità e l'approccio del pubblico americano, c'è da aggiungere che alcune opere cubiste del gruppo furono esposte non solo alla famosa mostra d'avanguardia Armory Show di New York del 1913, ma anche in alcuni allestimenti itineranti organizzati da alcuni grandi magazzini.
Sopra, i cubisti meno 'rivoluzionari' - con opere non sempre all'altezza di quelle di Picasso e Braque - ma queste in mostra di Gleizes, il ritratto di J.Nayral e Metzinger nel ritratto di Gleizes(1911/12) ci risultano più facili ed estremamente fruibili nel leggerle ed apprezzarle.
Sotto, quelli più difficili, come Picabia (Processione a Siviglia, 1912) un pezzo tra i più belli in mostra e le nature morte 'sintetiche' di Gris, che raggiungono dei picchi di grande raffinatezza cromatica, in costante bilico tra astrazione e naturalismo, e Légér (Il ferito, 1919) che associa alla sua visione integralista tutto metallo e macchina gli eventi bellici drammatici della prima guerra mondiale a cui prese parte.
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Notevoli i contributi dei futuristi - presenti con alcune nature morte e collages di Soffici e Severini (sotto) - che pur disponendo di teorizzazioni d'avanguardia notevoli (grazie al precoce Manifesto pubblicato da Marinetti nel 1909 su Le Figaro da Marinetti, in un'epoca in cui a Parigi sul cubismo nessuno aveva ancora scritto nulla, se non alcuni interventi critici, cronache e recensioni) erano rimasti ancora legati alla pittura divisionista di fine '800.
Nel 1911 infatti, su pressione di Soffici e Severini, di casa a Parigi, i futuristi si recarono personalmente a vedere le opere di Picasso, Braque e degli altri artisti, e ne rimasero affascinati. Il futurismo vero e proprio, non quello dei manifesti, dei proclami e delle serate, ma delle opere vere e proprie come - tanto per un esempio Materia (1912) di Umberto Boccioni, ultima sotto - nasce solo dopo il 'bagno' nell'avanguardia cubista.
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Piccola ma preziosa la sezione dedicata alle arti minori con la ricostruzione di uno spazio degli Omega Workshop londinesi, ovvero le opere d'arte applicata realizzate dai cubofuturisti inglesi, i Vorticisti (nome ideato da Ezra Pound, che li sostenne in veste di critico, con alcune recensioni intelligenti) e che erano presentate e vendute accanto alle opere d'arte.
Una piccola critica, infine riguardo questa sezione, inconcepibilmente troppo ristretta. In realtà tutto il movimento déco e quello modernista è stato fortemente influenzato dalle avanguardie cubiste (l'architetto Mallet-Stevens, autore di alcune splendide ville a Parigi nel XVIème, era molto amico di Légér, Man Ray, Picabia). Come dire, senza Picasso e i suoi, un architetto come Le Corbusier (pittore cubista anch'egli) e le sue realizzazioni nell'industrial design o gli artisti che poi confluiranno nel Bauhaus (Mies Van der Rohe, tra tutti) non sarebbero potuti esistere.
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Infine, un estratto 'rimasticato' da un vecchio testo di Lemaire sulla gestazione e sull'accoglimento di un'opera capitale di Picasso come Les Demoiselles d'Avignon del 1907, un dipinto epocale, cha cambierà la storia dell'arte moderna e di Picasso stesso. Un quadro straordinariamente disconosciuto e che fu abbandonato per una quindicina d'anni dallo stesso autore in atelier, voltato contro una parete. Oggi è esposto al MOMA di NYC. Forte lo stacco con l'opera immediatamente precedente, il Ritratto di Gertrude Stein del 1906, entrambi i dipinti, di seguito:
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'..Seduto sul bordo della sedia, il naso contro la tela, con in mano una piccola tavolozza cosparsa di colore grigio bruno uniforme, a cui non smetteva di aggiungere ancora grigio bruno, cominciò a dipingere..' - così rammenta Gertrude Stein la prima delle ottanta sedute di posa che si susseguirono nel 1906. Quando parte per Gòsol, Picasso ancora non ha portato a termine il ritratto della scrittrice americana. Ma appena rientrato non esita a cancellare quel volto, che gli era costata tanta fatica, e a rifarlo. Lo termina rapidamente. Il viso della Stein ricorda le maschere dell'art nègre e gli occhi egizi, inoltre si nota una lieve ma fastidiosa sproporzione tra la testa, enorme e il corpo, che è già massiccio.. La Stein esclama subito vedendo il risultato: 'E' il mio ritratto?' Ma si ricrede subito ed esclama 'In fin dei conti c'è tutto..'
Ma lo stacco tra questo dipinto e Les Demoiselles è ancora più forte.
In questo periodo Picasso frequenta Matisse, presentatogli da Apollinaire, e vede nella sua casa per la prima volta una statuetta africana. Max Jacob ricorda: 'Picasso l'ha tenuta in mano tutta la sera. L'indomani mattina, quando sono arrivato nello studio, il pavimento era coperto di disegni e di carte. Su ogni foglio c'era un grande disegno, quasi sempre lo stesso, un volto di donna con un solo occhio, una ciocca di capelli sulla spalla..'
Ciò che Picasso esprime in questo momento è una propensione a creare corpi mostruosi e deformi, forme prive di grazia, obesità anormali, anatomie esasperate. E i visi ora sono maschere dai lineamenti duri semplificati e plastici, derivati dallo studio dei pezzi d'arte africana che popolavano l'atelier dell'artista, e che potè vedere in quantità durante le visite al Museo Enografico, allora di stanza al Trocadero.
Picasso si isola. Non riceve più. Non si serve più di modelle. E' il 1907. Per tre mesi il pittore si applica ad un'unica grande tela, Les Demoiselles d'Avignon con una rabbia ed un accanimento inauditi. Gli studi del dipinto si ammucchiano sul pavimento e sembrano appartenere ad opere totalmente differenti da quella cominciata. Alcuni sono nudi femminili dalle silhouettes grottesche o volti di marinai, altri volti sono primitivi. Picasso confiderà al biografo Zervos nel 1935: 'Avevo la metà del quadro. Mi dicevo. Non ci siamo! Ho fatto l'altra metà. Mi sono chiesto se dovevo rifare tutto. Poi mi sono detto: no, si capirà ciò che volevo fare..' In realtà succede esattamente il contrario, nessuno capisce. Wilhelm Uhde avverte Kahnweiler che Picasso ha terminato '..un quadro molto strano, qualcosa di assiro..' E quest'ultimo si accontenta di parlare di 'spirito esotico'. Leo Stein si demoralizza quando lo vede e dice a Matisse che Picasso vuole ridicolizzare la pittura moderna, mentre il quadro gli sembra un 'caos orribile'. La sorella di Leo, Gertrude Stein, non è meno delusa, anche se gli resta fedele e continua ad acquistare le sue opere: 'Fu davvero terribile: Shukin, ricordo che aveva tanto ammirato la pittura di Picasso, era a casa mia. Che perdita per l'arte francese, disse, quasi piangendo..'
Lo stesso critico sostenitore dello spagnolo, Guillaume Apollinaire, è infastidito e Felix Féneon, che si reca in visita dello studio dello spagnolo al Bateau-Lavoir, pronuncia una frase crudele: 'E' interessante ragazzo mio. Dovreste consacrarvi alla caricatura..' Braque è scettico: 'Ascolta. Malgrado le tue spiegazioni sulla tua pittura, è come se volessi farci mangiare stoppa, o bere petrolio per sputare fuoco..' Derain s'inquieta: 'Il suo quadro è un'impresa disperata. Un giorno troveremo Picasso appeso a testa in giù..' Insomma la costernazione è generale e lo scandalo clamoroso. Poi Picasso, rigirò Les Demoiselles contro il muro e lo lasciò nel suo atelier fino al 1920, senza più mostrarlo a nessuno, quando fu acquistato dal grande sarto Jacques Doucet per la sua collezione parigina, che però era accessibile a pochi. Infine, dal 1937, è stato acquistato dal MOMA di New York per la prima importante retrospettiva sul movimento cubista svoltasi l'anno prima, e finalmente esposto in uno spazio adeguato e col giusto risalto.

Cubisti Cubismo, Complesso del Vittoriano, Roma, fino al 23.06.2013.
Info:
http://www.comune.roma.it/wps/portal/pc ... p_pagecode

Re: Cubisti Cubismi a Roma

#2
:D Bellissima presentazione Lot!

una buona occasione per vedere raggruppate opere viste si, ma spesso in occasione di mostre collettive 8)
http://www.alfemminile.com/album/homesweethome63
Coloro che amiamo e che abbiamo perduto non sono più dove erano, ma sono ovunque noi siamo

Re: Cubisti Cubismi a Roma

#5
canarino ha scritto:è un chiaro segno di senilità oramai conclamata, una volta col cubA libre in mano andavi a cubiste, adesso non ti restano che le mostre sul cubismo
povero lot

:lol: :lol: :lol:
secondo me il Cuba Libre non lo reggeva neanche ai tempi pero' :mrgreen:
http://www.youtube.com/watch?v=FVMDS3qeLb8

Re: Cubisti Cubismi a Roma

#6
Lalli04 ha scritto:
canarino ha scritto:è un chiaro segno di senilità oramai conclamata, una volta col cubA libre in mano andavi a cubiste, adesso non ti restano che le mostre sul cubismo
povero lot

:lol: :lol: :lol:
secondo me il Cuba Libre non lo reggeva neanche ai tempi pero' :mrgreen:
Vero Cana, povero me.. aiut! :lol:
Lalli, in realtà sarei della scuola martiniana, a cui non mi sono mai abituato: dopo il secondo, faccio e dico cose.. :shock: :mrgreen:

Re: Cubisti Cubismi a Roma

#7
Però tornando seri un solo minuto, vero che nel progetto d'arredamento, una tendenza, il decò 'cubizzato' dei roaring twenties americani, si è pesantemente evidenziata, trovo. E' la tendenza più forte notata al Salone milanese - nonostante questo sia un ambito 'culturale' molto lontano dalla scena USA, eppure.. :roll: :wink:
Sotto, interni e lampadari dell'americana Roll&Hill, affacciatasi al Salone quest'anno:
http://www.rollandhill.com/
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Ultima modifica di lot il 24/05/13 10:17, modificato 1 volta in totale.

Re: Cubisti Cubismi a Roma

#8
La scuola martiniana aveva svariati cultori e aspiranti tali verso la fine degli anni 80, primi anni 90...certo , richiedeva uno studio e un'applicazione costanti , non era per tutti insomma :roll: 8) ...numerosi i manifesti, ovviamente culturali, del tempo, spesso ritrovabili nei mercatini dell'usato :wink: (*)

Grazie per la segnalazione Lot , la mostra resta aperta al pubblico fino al 23/06... un pensierino ce lo faccio





















































(*) per la cronaca, nessuna recrudescenza della patologia, solo è FINALMENTE venerdì :mrgreen:
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Re: Cubisti Cubismi a Roma

#9
annsca ha scritto:..spesso ritrovabili nei mercatini dell'usato.. :wink: (*)
..poi c'è la scuola detta 'delle palestratissime', delle 'maglionare' e delle 'portatrici di scarpe con tacco a spillo', da rintracciarsi in alcuni dei luoghi più incantevoli del senese.. :lol:
Infine, riguardo la cosidetta scuola martiniana, ricordo una certasommelier, in un certolocale, dispensatrice di vinopertutti.. :lol: 8)

Re: Cubisti Cubismi a Roma

#11
canarino ha scritto:..fors'anche una ballerina..
Ma infatti non sottilizziamo, cubista o ballerina, l'importante è che sia arte.. :D
Molto bella, di Gino Severini futurista, Ballerina blu, 1912, al veneziano Peggy Guggenheim. Vista due anni fa. Magari la rivedo quest'anno, in occasione della Biennale d'arte.
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Re: Cubisti Cubismi a Roma

#14
canarino ha scritto:
annsca ha scritto:spesso ritrovabili nei mercatini dell'usato :wink:
ho come l'impressione che si comprino con poco, altro che tacco a spillo, basta mezzo tacco, fors'anche una ballerina, nei periodi di magra le BIRKENSTOCK
tendo a darti ragione ma ho in mente i manifesti più popolari, quelli che hanno permeso al grande pubblico di avvicinarsi e imparare ad amare la Scuola :roll:













































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