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da igronca
In realtà si sta discutendo se sia stato giusto aumentare l’IVA sulla TV a pagamento; questo è l’argomento del thread e l’opinione che ciò dipenda dal carattere di indispensabilità del bene non l’ho introdotta io ma se ne è lungamente discusso ancor prima. Per mio conto ho espresso la convinzione che questa modo di argomentare è fuorviante ed è stato subdolamente veicolato dai media per giustificare un aumento del prelievo fiscale che evidentemente è determinato da altre finalità, giacchè non è vero che all’interno dell’aliquota 10% vi siano beni più indispensabili della TV a pagamento come ad esempio le collezioni di francobolli o il seme per la fecondazione artificiale degli animali (se per indispensabile si fa passare il concetto che è prevalso, ma sul quale io continuo a nutrire dubbi) e non è vero che le aliquote di favore siano fissate facendo unicamente riferimento alla valenza sociale della spesa. In ultima istanza si tratta sempre e solo di scelte politiche (sulle quali vivaddio mi sembra più che legittimo esprimere disaccordo), che mirano a agevolare un determinato consumo piuttosto che un altro e talvolta come nel caso degli spettacoli lirici tendono a dare sostegno a settori ritenuti (a torto o a ragione) di rilevanza strategica e di particolare interesse ma non certo per la loro valenza “sociale”. Ovviamente ho volutamente evitato di impelagarmi in una discussione sulle reali, a mio modo di vedere, motivazioni che stanno dietro a questa decisione, pur essendo certamente più pertinente rispetto al problema posto della sua equità, perché altrimenti mi sarebbero piovute addosso critiche ed accuse di ogni sorta. Eppure, sforzandomi di liberarmi da qualsiasi pregiudizio, a mente libera, dico che è proprio il carattere di essenzialità, direi di preminenza, del messaggio televisivo in ogni sua forma, l’elemento che è sfuggito a tutti. Pensiamo che non si possa fare a mano di banalissimi pannolini (mia madre con me non li ha adoperati e posso assicurarvi che non ne ha affatto sofferto) dimenticandoci del contesto storico in cui viviamo, e delle pressioni continue e nascoste che quotidianamente subiamo per indurci a desiderare cose non strettamente necessarie se non addirittura dannose. Ed uno dei mezzi di persuasione occulta più potenti che la tecnologia ha messo a disposizione è proprio la TV. Ma la cosa peggiore è che la TV non si limita ad influenzare i nostri stili di vita ma finisce per influenzare, abilmente manovrata da imbonitori senza scrupoli che ne hanno intuito le grosse potenzialità, il nostro stesso pensiero e non è rischio di poco conto. Adesso però risparmiatemi la critica di capziosità o strumentalizzazione o cos’altro perché la capacità dei mass media di condizionarci con messaggi nascosti, striscianti è molto penetrante e non bisogna certo essere dei babbei per restarne soggiogati. Io stesso, ne son certo, per quanto presti attenzione, ne rimango vittima. Questo sì che è un contro-argomento che viene efficacemente utilizzato in modo disonesto proprio dai veri strumentalizzatori.
Ed allora se vogliamo davvero cercare di ridurre questo rischio è di fondamentale necessità ampliare la scelta televisiva, anziché restringere gli spazi del confronto e delle opinioni altrimenti il rischio, e purtroppo certi interventi su questo forum me lo confermano, è quello del pensiero unico. Oggi attraverso la TV, e non nelle piazze, nei libri o nelle relazioni impersonali (sempre meno frequenti), si formano le opinioni politiche. La posta in gioco è molto più alta della esigenza di ridurre i tempi di pulizia del popò dei neonati. Ne va della democrazia e della libertà di pensiero.
Mocasetta (simpatico il tuo nick) sono perfettamente d’accordo con quanto sostieni circa la necessità di stabilire con dei criteri di oggettività una scala di priorità nei consumi. Il fatto è che il mondo non è così semplice e standardizzato. Lo so di questi tempi definirsi un relativista non è di moda e potrebbe anche capitarti di essere bersaglio di invettive e dileggio, ma purtroppo io di certezze non ne ho ed è un fatto innegabile che le propensioni al consumo non sono influenzate solo da caratteristiche esterne. L’interiorità a volte è determinante. Ma non solo l’interiorità. Giusto per fare un esempio si è detto che il latte in polvere è un bene essenziale. Bene! chi potrebbe obiettare il contrario. Ma proviamo ad esaminare bene il contesto. E’ certamente vitale per la mamma che non ha latte al seno soddisfare in altro modo una esigenza primaria, ma non può essere considerato tale (sempre a mio modo di vedere ma presumo che vi possano essere opinioni contrarie) anche per la mamma che pur potendo allattare il suo bebè al seno decide che è più comodo dargli il biberon (scelta peraltro rispettabile e su cui mi astengo dal fare considerazioni morali). Un altro esempio? I trasporti. Sono ivati al 10% ma è corretto ritenerli un bene non essenziale anche per un portatore di handicap motorio? Insomma un bene in sé stesso non potrà mai essere considerato essenziale o meno se non si valutano anche le condizioni che ne determinano il consumo.
Poiché però l’uomo è un essere sociale e deve vivere in una comunità, è necessario stabilire delle norme di condotta generali ed ecco che sorge la necessità di introdurre delle regole valide per tutti. Siamo tutti d’accordo, ma che nessuno pensi che queste siano perfette ed universali, e non semplici convenzioni, fatte salve ovviamente le credenze religiose, ma qui siamo in un ambito diverso ed indipendente sebbene non scevro da tendenze massimaliste ed assolutistiche. Quando io ho fatto riferimento ai due dollari al giorno è chiaro che era un paradigma per dire che è difficile stabilire esattamente quale sia il carattere di necessità di determinati beni, ancor più nella “società dei consumi” e nell’era dell’indottrinamento di massa. L’esempio è stato infelice, lo ammetto, ma penso che tu abbia capito. Certo che con due dollari non preservi la tua integrità psico-fisica, ma quali sono i beni che la preservano?. Se discutiamo di energie fisiche allora moltissimi degli alimenti che consideriamo indispensabili non lo sono; gli esperti ci dicono che potremmo tranquillamente soddisfare l’esigenza di una alimentazione sana ed equilibrata con pochi prodotti, molto meno di quelli comunemente usati, e dai costi molto contenuti (anche l’esempio pane e cipolla era una estremizzazione) ed anche la quantità è eccessiva (l’obesità è ormai una malattia sociale, almeno nei paesi cd. sviluppati). Insomma se badiamo solo a questo aspetto potrebbero bastare pochi spiccioli (si fa per dire ovviamente). Ma la salute non può essere ricondotta solo ad una corpo sano. Sai che depressione a non soddisfare mai il palato con cibi “non essenziali”, oppure non andare mai a teatro o ad uno spettacolo qualsiasi, o vivere con l’unico obiettivo di sostenere il proprio corpo senza alcuna diversa gratificazione. La mente è un organo per certi versi inestricabile e molto complesso ed i meccanismi che la governano sono facilmente alterabili. Ecco che allora in determinate condizioni anche un abbonamento a sky potrebbe giovare alla salute mentale. Si pensi alla funzione che assolvono i giuochi nella crescita dei bambini. Una volta si ritenevano certamente utili ma non essenziali. Oggi i pediatri ci dicono che la loro funzione è essenziale per lo sviluppo e la formazione dei bambini. Capisco che la generazione dei nostri genitori, venuta fuori da una guerra con la miseria alle spalle ed occupata a procurarci di che sfamarci, anche per ignoranza, abbia ritenuto non essenziale il giocattolo (e non il giuoco, cosa a ben guardare diversa). Ma oggi sarebbe insensato pensarla ancora così, anzi si assiste al contrario ad una overdose da giocattoli (anche questa dannosa). Eppure sui giocattoli grava una IVA al 20%. Insomma è un argomento non semplice e che non può essere liquidato con poche battute, men che meno banalizzato. Ed è più che mai importante nell’attuale contesto perché la soglia per essere considerati poveri, seppure esistono degli indicatori formulati non si sa bene come dagli istituti statistici, (anche questi opinabili), è stato oggetto e lo sarà ancor più in futuro di dispute non del tutto “disinteressate”.
Riguardo alla prima alla Scala non mi sorprende della cena. I privilegi dei nostri rappresentanti sono noti a chiunque; certo che in questa fase di crisi economica suonano ancora più anacronistici (è un eufemismo) e contribuiscono ancor più ad allargare quel solco che li divide dalla comunità (salvo ricongiungimenti dell’ultima ora nelle tornate elettorali).
Ho molte perplessità poi sull’efficacia in termini di sostegno al settore, dell’IVA al 10 per gli spettacoli lirici. I facoltosi che oggi vi assistono lo farebbero (ne avrebbero la facoltà) anche se l’IVA fosse non raddoppiata ma addirittura decuplicata, mentre ho dei seri dubbi che coloro che non possono permetterseli (sempre facendo riferimento al concetto prevalente di bisogni primari) possano essere invogliati se gli si concede uno sconticino del 10%. Peraltro mi sembra, non vorrei sbagliarmi, che quel settore sia destinatario di sostanziosi fondi pubblici, che forse sarebbe meglio dirottare su altre forme più popolari di spettacolo (non nutro alcuna avversione preconcetta per gli spettacoli lirici, non me ne vogliano gli estimatori) oppure utilizzarli per diffondere la pratica sportiva. Se solo penso in quali condizioni sono palestre e strutture sportive….
P.S. Non sono pagato da Murdock, ciò che mi anima è un forte senso della ingiustizia.