



Solo più tardi, con la serie Aureola (1982), il marchio prenderà la strada dell'illuminazione, oggi continuato dai figli, Luta Bettonica e Luca Melocchi.



Ma l'originalità della Cuboluce stava nella modalità della sua accensione/spegnimento in cui l'apertura del coperchio soppiantava l'interruttore e l'inclinazione dello stesso ne modulava l'emissione. Era pensata, così come riportato nelle didascalie della Cini&Nils, 'per leggere a letto': alzando il coperchio si accende, abbassandolo si spegne, evitando così la ricerca dell’interruttore lungo il filo elettrico. Ottimi i riscontri commerciali (anche per il costo contenuto) che tutt'oggi, continui e costanti, consentono la crescita dell'azienda, ed i consensi della critica: alla sua uscita, fu subito acquisita nella collezioni di design del MOMA di New York.

Si collocava in un momento particolarmente ricco di sperimentazioni artistiche, avvenute all'inizio degli anni '60 soprattutto a Milano e nelle città più industrializzate. In particolare i gruppi di arte cinetica o di arte programmata condividevano l'idea - nel tentativo di superare e chiudere con l'esperienza dell'arte informale, individualistica, romantica, indipendente ed in collisione con la società - che l'artista dovesse integrarsi nella società. Credevano nel suo coinvolgimento all'interno dei processi industriali, anche per migliorare la qualità dei prodotti, e nel valore didattico dell'esperienza estetica, parallela ed importante tanto quella produttiva e di consumo, nel lavoro di gruppo e nella interdisciplinarità.
Che poi era la linea critica promossa da Giulio Carlo Argan (critico, teorico e sostenitore dei gruppi di arte programmata), quella di avvalersi del talento artistico applicandolo all'industria, recuperando l'esempio delle arti applicate e quello dei maestri della Bauhaus.
Fondamentali figure di riferimento dell'epoca per questi giovani artisti, quelle di un industriale democratico 'atipico' come Adriano Olivetti (i suoi showroom accolgono dal '62 le prime esposizioni di arte programmata, foto sotto, dove appare propizio e pacifico, finalmente, l'incontro tra arte e macchine) e dell'artista/designer moderno, Bruno Munari.




La Pietra poi in questo senso fu uno sperimentatore, inventando per altre sue meraviglie luminose (esposte alla fine degli anni '60 nel negozio Altre Cose) il 'luxometro', dispositivo che consentiva appunto l'accensione della luce attraverso il suono.

O anche le strutture lamellari in pvc colorato Politipi realizzate dal 1970 da Alberto Biasi.



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