Scusa la lunghezza....
Intitolazione:
IN GENERE - Illeciti disciplinari - Manifestazione del
pensiero - Esorbitanza dal limite della continenza - Possibilita'
- Affermazione - Fattispecie relativa a nota a provvedimento
giurisdizionale di modifica di altro provvedimento adottato
dall'annotatore.
Massima:
In materia di responsabilita' disciplinare dei magistrati ordinari, la
liceita' dell'esercizio del diritto di manifestazione del pensiero puo'
essere ravvisata soltanto in presenza, fra le altre, della condizione di
cor- rettezza dell'espressione, intesa sia come correttezza formale, sia
come limite sostanziale, individuabile in cio' che e' strettamente
necessario per soddisfare l'interesse sociale al quale la considerata
manifestazione e' finalizzata (Fattispecie relativa ad accertamento di
illecito disciplinare, ritenuto incensurabile dalla Cassazione, perche'
l'esorbitanza dal limite di correttezza espressiva (cd. continenza) -
consistita nella redazione di una nota a provvedimento giurisdizionale,
adottato da magistrati dello stesso distretto, con il quale era stato
modificato il provvedimento giurisdizionale deliberato da un collegio
presieduto dall'annotatore, e nella quale, con comportamento ritenuto
scorretto sul piano deontologico per il tono irrispettoso e senza che
potesse rilevare la fondatezza delle osservazioni, si era affermato che i
giudici del gravame non avevano letto gli atti di causa <> - era stata correttamente
accertata dal giudice disciplinare).
Massima tratta dal CED della Cassazione.
Testo:
Svolgimento del processo
Con tempestivo ricorso, la sig.ra (...) impugnava innanzi alla
Commissione Tributaria di I Grado di Imperia l'avviso di liquidazione
notificatele il 23 maggio 1994, con il quale l'Ufficio del Registro di
Imperia disponeva la revoca delle agevolazioni di cui alla L. n.243/1993 in
relazione all'atto a rogito del notaio (...) di Imperia del 25 agosto 1993,
con il quale la ricorrente aveva acquistato nel comune di San Remo un
appartamento da destinare ad abitazione del proprio nucleo familiare: la
motivazione della revoca era fondata sulla circostanza che al momento
dell'acquisto la contribuente era proprietaria di una quota pari alla meta'
di un altro appartamento nel medesimo comune. A sostegno dell'impugnazione
la contribuente deduceva che l'appartamento di cui possedeva la quota era,
per le ridotte dimensioni e per il fatto di essere locato a terzi, inidoneo
ad essere destinato ad abitazione del proprio nucleo familiare composto di
cinque persone.
La Commissione adita, con sentenza n. 60/01/95 del 30 gennaio 1995,
depositata il primo marzo 1995, accoglieva il ricorso ritenendo coerente con
la ratio delle disposizioni agevolative il valutare rilevante ai fini
dell'agevolazione fiscale l'idoneita' anche soggettiva dell'immobile a
soddisfare le esigenze abitative del nucleo familiare dell'acquirente. La
decisione era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale di Genova
che, con la sentenza in epigrafe, rigettava l'appello dell'Ufficio.
Avverso tale sentenza, con atto notificato il 24 marzo 1999,
l'Amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione con unico
motivo. La contribuente non si e' costituita.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione finanziaria denuncia
violazione dell'art. 1, D.L. n. 16/1993, come modificato dalla L. n.
75/1993, nonche' "erroneita' della motivazione su un punto decisivo della
controversia". Ad avviso dell'Amministrazione, contrariamente a quanto
ritenuto dalla CTR, per definire il "concetto di idoneita' abitativa" cui e'
collegato il riconoscimento delle agevolazioni fiscali previste dalla legge,
non e' possibile fare riferimento a parametri di ordine soggettivo, ma solo
a parametri di ordine oggettivo: quel che occorre verificare e' che
l'immobile di cui si tratta sia catastalmente classificato nella categoria
"A" e risponda, quindi, ai requisiti tecnici e di autonomia funzionale che
qualificano l'immobile stesso come idoneo all'uso abitativo.
Il motivo non e' fondato. L'Amministrazione non sembra affermare che il
possesso da parte della contribuente (di una quota) di un altro appartamento
nello stesso comune sia di per se' ragione ostativa al riconoscimento delle
agevolazioni fiscali di cui e' causa: e a ben vedere l'Amministrazione
nemmeno contesta che l'immobile gia' posseduto (in comproprieta') dalla
contribuente non fosse idoneo, sotto il profilo soggettivo, a soddisfare le
esigenze abitative del nucleo familiare della contribuente medesima, ne
oppone in proposito una eventuale mancata dimostrazione di tale,
inidoneita'. La contestazione dell'Amministrazione concerne esclusivamente
il fatto che la "idoneita' abitativa" dell'immobile gia' posseduto dalla
contribuente debba essere determinata, contrariamente a quanto ritenuto dal
giudice di merito, solo oggettivamente, verificando la classificazione
catastale attribuita all'immobile stesso.
Ma l'assunto dell'Amministrazione e' gia' stato ritenuto non
condivisibile da parte della giurisprudenza di questa Suprema Corte.
Infatti, proprio con riferimento all'agevolazione prevista dal D.L. n.
155/1993, della quale era stata chiesta l'applicazione nel caso di specie,
questa Suprema Corte ha ritenuto che tale normativa "consentiva l'estensione
delle agevolazioni di cui trattasi anche a favore di chi acquistasse un
alloggio trovandosi nel possesso di un'altra casa che, per qualsiasi
ragione, fosse riscontrata inidonea alla sua abitazione, senza distinguere
tra i motivi di siffatta inidoneita' quelli di natura oggettiva, derivanti
da cause materiali o giuridiche d'inabilita', da quelli di natura
soggettiva, in quanto legati all'inadeguatezza dell'immobile posseduto a
soddisfare in concreto le esigenze abitative del compratore in ragione delle
sue dimensioni, caratteristiche qualitative, ecc..." (Cass. n. 2418/2003;
cfr. anche Cass. n. 7505/2001 che sembra considerare le modeste dimensioni
del- l'alloggio gia' posseduto come requisito rilevante ai fini del giudizio
sulla idoneita' dello stesso a soddisfare le esigenze abitative del
compratore dell'immobile per il quale si richiede l'applicazione delle
agevolazioni previste dalla legge).
Le medesime affermazioni si riscontrano nella giurisprudenza di questa
Suprema Corte con riferimento all'art.1, D.L. n. 16/1993, come modificato
dalla L. n.75/1993, della cui violazione l'Amministrazione si lamenta nel
ricorso in esame: anche alla luce della disposizione di cui alla ora
richiamata normativa, che peraltro contiene una previsione identica a quella
dell'art. 16, D.L n. 155/1993, e' stato affermato che la agevolazione spetti
anche a chi "acquisti un alloggio, trovandosi nel possesso di altra casa
che, per qualsiasi ragione, sociale o tecnica, sia riscontrata inidonea, o
sia in qualsiasi modo, inadeguata, ad esempio, per dimensioni,
caratteristiche qualitative, ecc., a soddisfare le sue esigenze abitative"
(Cass. n. 8771/2000).
Peraltro, si puo' parlare in proposito di orientamento consolidato (cfr.
Cass. n.4622/2003), che risale perfino alle modalita' applicative della L.
n. 168/1982 con riferimento alla quale e' stato affermato che "il requisito
della "impossidenza di altro fabbricato o porzione di fabbricato destinato
ad abitazione" sussiste ove il soggetto non possieda un alloggio
concretamente idoneo a sopperire ai bisogni abitativi, e, quindi, non assume
rilievo la proprieta' di un, altro appartamento, ove l'interessato deduca e
dimostri che esso non sia in grado, per dimensioni e complessive
caratteristiche, di soddisfare dette esigenze" (Cass. n. 6476/1996; cfr.
anche Cass. n. 7686/2002, secondo la quale "la possidenza di un altro
alloggio non osta alla fruizione dei benefici medesimi, qualora esso, pur
munito di destinazione abitativa, sia inidoneo, per caratteristiche e
dimensioni, ad offrire effettiva abitazione al compratore ed alla sua
famiglia").
Pertanto, alla luce delle surriportate considerazioni, il ricorso deve
essere rigettato. In ragione della mancata costituzione della contribuente
non occorre provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte suprema di cassazione rigetta il ricorso.