Qual è l’impianto di riscaldamento più adatto alla propria casa? Si sceglie fra 5 differenti tipologie.
Nelle foto che pubblichiamo potete vedere il radiatore con doppia verniciatura Vox 600 di Global Radiatori, il termoconvettore elettrico a controllo digitale Sirio di Radialight, l’impianto di riscaldamento a pavimento realizzato con i pannelli termoisolanti in Eps Forma di IsolConfort, il soffitto radiante Leonardo 5,5 e Idro di Eurotherm e un esempio relativo al battiscopa radiante Thermodul di Hekos.
Il costo di un impianto di riscaldamento autonomo dipende innanzi tutto dalla tipologia scelta. Il riscaldamento a battiscopa ha un prezzo medio pari a 100-120 euro al mq manodopera esclusa, per quello a pavimento mettiamo invece in conto 75-80 euro al mq.
Il costo di un impianto elettrico è dato dal numero, dalla struttura e dalla potenza dei singoli elementi, ma possiamo considerare una cifra compresa fra i 50 e i 90 euro al mq (sempre per dare un’idea generale). Per il riscaldamento a soffitto occorrono invece fra gli 80 e i 90 euro al metro quadro (escludendo sia la manodopera che eventuali accessori). Infine abbiamo l’impianto più diffuso, cioè quello a gas.
La spesa complessiva è la summa dei costi relativi a diversi elementi quali:
Considerando una casa di 120 mq con otto o nove termosifoni, si arriva a spendere fra i 5.000 e i 7.000 euro. Per un bilocale con tre termosifoni, invece, un impianto realizzato ex novo costa fra i 3.000 e i 5.000 euro. In foto vedete il radiatore Space di Deltacalor, temperatura massima di esercizio pari a 90 gradi. Il numero e la disposizione degli elementi possono variare in base alle esigenze degli utenti.
Il consumo del riscaldamento autonomo con termosifoni coincide con il consumo della caldaia, cioè con la quantità di gas che quest’ultima brucia per riscaldare l’acqua e con l’energia necessaria per il processo in questione. In un’ora alla massima potenza, generalmente, una caldaia consuma mediamente 24 kW termici.
Considerando che da 1 metro cubo di gas scaturisce energia pari a 9,6 kW, basta moltiplicare questo valore per i metri cubi indicati sulla bolletta per determinare la quantità di energia termica consumata. Quindi se la potenza della caldaia equivale a 24 kW termici emessi in un’ora, dividendo per 9,6 otteniamo 2,5, che sono i metri cubi di gas consumati (sempre in un’ora) dalla caldaia alla massima potenza.
Si tenga presente che le caldaie tradizionali traducono in energia termica soltanto l’85 per cento del gas utilizzato, perché la restante parte si disperde; ciò non accade nel caso delle caldaie a condensazione, che invece sfruttano praticamente il 100 per cento del gas, rivelandosi quindi più performanti e portando a spendere meno.
Vogliamo ribadire che quel valore di 24 kW rappresenta una media ed esistono caldaie decisamente più potenti, che quindi consumano quantità maggiori di gas in un’ora.
In foto il radiatore d’arredo Alice 22 Orizzontale di Cordivari. Materiali: Collettori verticali in acciaio al carbonio verniciato ø 30 mm, corpi radianti orizzontali in acciaio al carbonio verniciato ø 22 mm.
Esaminare lo schema di un impianto di riscaldamento significa innanzi tutto fare la distinzione fra impianti di riscaldamento centralizzati e impianti di riscaldamento autonomi. I primi caratterizzano molti condomìni e in foto vedete il relativo schema.
Sono caratterizzati da un unico, grande generatore di calore situato nella parte più inferiore dell’edificio (nella maggior parte dei casi si tratta di una caldaia, più di rado una pompa di calore o un altro sistema integrato) che riscalda l’acqua, la quale viene poi distribuita fra i vari radiatori presenti nei diversi appartamenti.
Accanto alla caldaia c’è il contatore di calore condominiale e in ogni casa, generalmente, c’è una centralina. Gli impianti più evoluti permettono di utilizzare le valvole termostatiche nelle abitazioni, in modo da permettere di intervenire sulla temperatura in base alle esigenze individuali. Sempre più spesso sono presenti anche i ripartitori di calore, dispositivi tramite cui si rilevano i consumi dei singoli corpi scaldanti.
Lo schema degli impianti di riscaldamento autonomi è invece relativo a una sola unità immobiliare nonché composto da un generatore di calore, dai termosifoni (ovvero i terminali scaldanti), dalle tubazioni e altri elementi quali i collettori, le valvole termostatiche e il vaso di espansione. Sostanzialmente i due schemi sono uguali, cioè differiscono per le dimensioni dei componenti.
L’impianto termico è un sistema tecnologico che permette di regolare la temperatura degli ambienti, riscaldandoli o rinfrescandoli; in molti casi serve anche per la produzione di acqua calda sanitaria. I componenti principali sono i seguenti:
Il generatore di calore è la caldaia, alimentata da un combustibile (il gas naturale nella maggior parte dei casi) che, bruciando grazie all’energia elettrica, produce calore e poi lo cede al fluido termovettore, il quale a sua volta rende possibile la distribuzione del calore ai vari terminali scaldanti. Negli impianti termici per uso civile il fluido termovettore è l’acqua.
I terminali scaldanti sono i dispositivi che trasferiscono all’ambiente il calore prodotto dalla caldaia. Esistono diverse tipologie di terminali scaldanti: i radiatori, che cedono calore per convenzione naturale e irraggiamento e possono essere in ghisa, alluminio oppure acciaio; i termoconvettori e i ventilconvettori, che cedono o sottraggono calore rispettivamente per convenzione naturale e convenzione forzata.
La terza opzione coincide con i pannelli radianti, installati sotto il pavimento oppure all’interno delle pareti, composti in primis da tubazioni a spirale o a serpentina. I tubi dell’impianto termico, invece, sono in acciaio, plastica o rame.
Ci sono poi altri elementi quali i collettori complanari, tramite cui l’acqua calda viene distribuita ai terminali scaldanti oppure ai circuiti degli impianti a pannelli; le valvole termostatiche, che si collocano direttamente sui termosifoni e consentono di impostare la temperatura ideale per ciascun ambiente; e il cosiddetto vaso di espansione, che rende possibile l’aumento di volume dell’acqua presente nell’impianto stesso.