Marco Piva: la casa dell'architetto a Milano

- 14 gennaio 2014

Tendenza e particolarità per Marco Piva

Al quarto piano di un appartamento degli anni ’50 nel centro di Milano a pochi passi dalla storica Chiesa di Sant’Ambrogio, si trova l’appartamento dell’architetto Marco Piva. 150 metri quadrati di superfici per cinque vani su unico livello, con corridoio centrale e divisione simmetrica tipica delle costruzioni del periodo. Intento principale è stato quello di non cambiare l’impianto originario della casa, mantenendo anche i pavimenti della zona giorno con un’importante palladiana, mentre per il corridoio graniglia nera, per zona pranzo e cucina, graniglia giallo Milano. Arredi provenienti da grandi e note case produttrici si miscelano sapientemente con elementi provenienti da svariate culture e luoghi che l’architetto ha visitato da principale viaggiatore. Il Buddha per la moglie in dolce attesa, la lanterna marocchina, il kimono giapponese, le statue messicane e gli oggetti tailandesi sulla libreria sono segni connotanti della sua passione per i viaggi. Un interior design cromaticamente leggero e neutro, sia per le pareti sia per i mobili con toni che vanno dal bianco al tortora, lasciando gli oggetti liberi di caratterizzare gli spazi e lo stile in linea o contrasto. Un colore particolare è quello rosso, caratterizzante i bagni e gli stipiti dei grandi portali del soggiorno e sala da pranzo, come a richiamare il rosso della lacca giapponese, preso a campione da una ciotola molto cara alla coppia, acquistata durante un viaggio. 

Interpretazione della zona giorno secondo Marco Piva

Il soggiorno per l’architetto Marco Piva è lo spazio più intimo ed emotivo della casa, in cui arredo e dettagli si fondono con viaggio, famiglia, memorie e personalità. Foto, libri di ogni genere, Buddha in un’intera collezione, completano lo spazio libreria, rendendola carica e personale. Le due aperture in lacca rossa giapponese con all’interno una cornice da quadro in foglia d’oro restano comunicanti con lo spazio corridoio, su disegno dell’architetto. La cucina è un ambiente semplice e funzionale per nulla emotivo a detta dell’architetto, poiché lo spazio temporale da dedicarvi durante la giornata è piuttosto esiguo: uno spazio pensato solo per preparare qualcosa di veloce tra un impegno e l’altro. La sala da pranzo invece è pensata come estensione del salotto, conservatrice di ricordi di viaggio come denotano il kimono giapponese collocato sulle pareti e la tenda tailandese.

Marco Piva: il bagno mantenuto tale

L’idea del bagno della casa dell’architetto Marco Piva è di mantenere l’originale impianto anni ’50: bagni lunghi e stretti, 5 metri di lunghezza per un metro e venti di larghezza. Due bagni, uno per l’architetto, uno per moglie e figlia: entrambi finestrati e identici per sanitari e finiture di rivestimento. Unica differenza in pianta: il bagno dell’architetto ha un piccolo antibagno con lavamani per ospiti e doccia, a differenza dell’altro, con vasca. Ceramiche nere e opache a pavimento, pareti in ceramica bianca lucida venate orizzontalmente, interrotte da un giro rosso-lacca-nero come decoro. Due lampadari in ottone e cristalli molati, interamente realizzati a mano negli anni di realizzazione della casa, dal nonno della moglie e due tappeti persiani antichi anch’essi realizzati a mano sono l’unico tocco emotivo del bagno caratterizzato da semplice razionalità. 

Il corridoio e lo spazio notte: ambienti sobri dal pensiero di Marco Piva

Corridoio stretto e lungo che dà accesso alle due stanze da notte: qui troviamo la sospensione Raimond di Mooi, identica a quella dell’ingresso ma di dimensioni inferiori, una consolle marocchina artigianale acquistata durante un viaggio, uno specchio a foglia d’oro, lampada di Ikea. L’idea della camera matrimoniale è di un ambiente sobrio, solo destinato al riposo: elemento degno di nota la coppia di lampade della galvanica realizzate dalla famiglia la consolle trucco disegnata dall’architetto, come la sontuosa testata letto rivestita da tessuti di Rubelli. La cameretta della bimba invece l’architetto non ha quasi messo mano, poiché la scelta è stata personale della figlia, Beatrice, in tutto il suo rosa principesco. 

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