Rimborso Tari, l'iter da seguire per riavere indietro i propri soldi

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- 20 febbraio 2018

Rimborso Tari

La TARI è la tassa relativa alla gestione dei rifiuti in Italia, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti a carico dell’utilizzatore. Tale misura è stata introdotta il 27 dicembre 2013 con la legge di stabilità per il 2014, ed è andata a sostituire una serie di tasse precedentemente istituite. Fra queste, la Tariffa di igiene ambientale (TIA), la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) e il Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES). La Tari interessa chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani; è una componente dell’imposta unica comunale (IUC), insieme con l’imposta municipale propria (IMU) e con il tributo per i servizi indivisibili (TASI).È di qualche settimana fa la notizia secondo la quale molti Comuni italiani avrebbero però male interpretato la normativa, applicando un regolamento TARI errato che ha di fatto portato i contribuenti a versare un esborso maggiore del dovuto rispetto alla propria tassa sui rifiuti. A questi contribuenti spetta dunque di diritto un rimborso. A questo punto è necessario capire più nel dettaglio chi abbia diritto a richiedere il rimborso Tari per il 2018, come fare richiesta, a chi rivolgersi per la restituzione dell’importo in questione e quale scadenza rispettare per ottenere quanto dovuto.

Richiesta rimborso Tari

Da dove ha avuto origine questa richiesta di rimborso sulla TARI? Perché ci siamo trovati di fronte a questo spiacevole equivoco? A quanto pare sembra che diversi Comuni italiani avrebbero calcolato in maniera erronea la quota variabile TARI, applicandola alle pertinenze della casa domestica anche se non assoggettabili alla tassazione TARI. Come è potuto accadere? Per capire meglio quanto è successo e dove possa aver avuto origine il problema è necessario tornare indietro di qualche anno, precisamente al 2014, quando la legge di stabilità ha decretato il passaggio dalla TARSU alla TIA 1 e TIA 2 (abbiamo visto in precedenza a cosa si riferiscono queste sigle), poi alla TARES e infine alla TARI, con la conseguente distinzione tra la quota fissa TARI e la quota variabile TARI. Queste due quote sono state originariamente calcolate considerando rispettivamente a) la superficie calpestatile e il numero degli occupanti per quanto riguarda la prima b) il solo numero degli occupanti per quanto riguarda invece la seconda

Un errore nel calcolo della TARI, portato alla luce da un parlamentare del Movimento 5 Stelle, ha messo in evidenza un vizio di forma rispetto ai corretti importi da pagare che sono poi finiti sulle bollette dei contribuenti a loro discapito (in questo caso stiamo parlando di un passaggio dai 391 euro calcolati regolarmente secondo i chiarimenti del ministero dell’Economia alla cifra quasi raddoppiata di 673 euro). Il caso in esame presentava una famiglia di 4 persone in una casa di 150 metri quadri, suddivisi in 100 metri quadrati di casa, 30 metri quadri di garage e 20 metri quadri di cantina; il Comune in questione (Polignano a Mare) ha applicato 2 euro della quota fissa sui 100 metri di abitazione e sul 50% della superficie di garage e cantine, ma poi ha applicato su ogni singola pertinenza 141 euro della quota variabile TARI, moltiplicando di fatto per 3 e arrivando alla bolletta finale gonfiata di 673 euro, contro i 391 “regolari”. Il metodo giusto avrebbe invece previsto la quota variabile della Tari su garage e cantina, in quanto pertinenze dell’abitazione, ma da calcolare una sola volta: l’importo della tassa è dunque da ricavare dalla somma delle quote fisse che gravano sulla casa, sul garage e sulla cantina, dopodiché al totale va aggiunta la quota variabile.

Molte amministrazioni hanno invece operato i loro calcoli in maniera errata, applicando male il regolamento e calcolando la tassa sui rifiuti due o addirittura più volte sullo stesso immobile, applicando la quota variabile anche sulle pertinenze, come garage, cantine, box, soffitti, eccetera. I risultati di queste sviste non si sono fatti attendere: diversi utenti si sono ritrovati a fare i conti con bollette TARI gonfiate e con importati superiori, se non addirittura moltiplicati, rispetto a quanto avrebbero invece dovuto versare.

Rimborso Tari Comuni

Ma quali sono dunque i comuni coinvolti nel calcolo errato della quota TARI variabile? Stando ai riscontri effettuati dal Codacons, il problema delle bollette TARI gonfiate ha riguardato almeno sette Comuni: Milano, Napoli, Catanzaro, Cagliari, Ancona, Rimini e Siracusa. C’è però una forte riserva sul fatto che il numero potrebbe essere molto più vasto e riguardare diversi altri enti comunali. Il Comune di Genova, originariamente inserito nella lista, si è però smarcato a tempo debito, difendendo la legittimità della TARI sulle utenze a cui era stata applicata. Per far chiarezza sul regolamento della tassa, il Dipartimento Finanze del ministero dell’Economia si è messo celermente al lavoro per approvare un documento che potesse chiarire in maniera insindacabile il calcolo corretto per la TARI. Inoltre, ha diramato un comunicato nel quale ha specificato in quali situazioni sia possibile richiedere il rimborso per la quota di TARI pagata in più e secondo quali scadenze. Se siete residenti in uno dei Comuni facenti parte dell’elenco riportato qui sopra, fareste bene a prendere nota di quanto andremo a segnalare nei paragrafi seguenti.

Rimborso Tari a chi spetta

Ci sono una serie di passaggi che è opportuno seguire per capire a chi spetti o meno il rimborso TARI. Innanzitutto bisogna recuperare i bollettini TARI o gli F24 TARI inviati dal Comune e che riportano anche i calcoli della tariffa applicata sulla singola unità immobiliare e sulle pertinenze. A questo punto bisogna verificare se in queste ultime è presente la quota variabile TARI: se c’è, si ha diritto a chiedere il rimborso. Bisogna inoltre tenere conto del fatto che sono pochi i Comuni che hanno manifestato la piena non applicabilità della quota variabile alle pertinenze dell’utenza domestica all’interno del regolamento TARI approvato, per cui si consiglia a tutti gli utenti domestici, indipendentemente da dove abbiano la loro residenza, di leggere attentamente gli avvisi di pagamento TARI, così da verificare se il Comune di riferimento, alla voce pertinenze della propria casa, abbia applicato una quota variabile pari a zero. Ma dove si trova la quota variabile TARI sulla bolletta? È presto detto: questa quota si trova nella pagina relativa al dettaglio delle somme, in cui l’ente indica i dati catastali dell’immobile (foglio, particella, sub), la superficie assoggettata alla tassazione, il numero degli occupanti, la quota fissa e variabile distinta per ogni unità immobiliare. La quota variabile deve essere presente solo per l’abitazione, non sulle pertinenze. Stando a quanto detto finora, ha diritto a chiedere il rimborso TARI chiunque si accorgesse che, nel dettaglio delle somme riportate nell’avviso di pagamento, la quota variabile fosse stata applicata anche a garage, cantina, soffitta e a tutte quelle pertinenze della casa da cui avrebbe invece dovuto esulare.

Rimborso tari tutorial: come richiederlo

Una volta fatta chiarezza su chi possa avere accesso al rimborso TARI 2018, vediamo adesso come sia possibile richiederlo seguendo il giusto iter burocratico. Il primo passo è quello di presentare l’apposita domanda, entro 5 anni dal pagamento, inviando il modulo di rimborso compilato tramite raccomandata a/r al Comune di riferimento che ha richiesto il pagamento ingiustamente “gonfiato”. Un secondo passaggio prevede la verifica dell’ente a cui va presentato il rimborso: se la TARI è gestita da una società privata e gli avvisi di pagamento sono emessi a nome di tale società, la domanda di rimborso va presentata a loro, e non al Comune. Se alla vecchia società se ne è sostituita una nuova, l’istanza di rimborso TARI va presentata sia al Comune che al nuovo gestore. Se dopo 90 giorni dall’inoltro della richiesta di rimborso il cittadino non ha ancora ottenuto una risposta alla propria istanza, questi può proporre un ricordo alla Commissione Tributaria Provinciale competente, sino allo scadere del termine di prescrizione (in questo caso di 5 anni). Se invece il Comune di riferimento o il gestore della TARI dovessero rigettare e quindi rifiutare espressamente la domanda, lo stesso ricorso deve essere inoltrato entro e non oltre 60 giorni dalla notifica del diniego.

Rimborso Tari scadenze

Tirando le somme, entro quale termine il contribuente può dunque richiedere il rimborso TARI al Comune di riferimento? In base a quanto è sancito dall’articolo 1 comma 164 della legge 296/2006 (finanziaria 2007), il rimborso delle somme versate e non dovute (quindi interventi alle bollette gonfiate figlie di calcoli erronei), può essere richiesto dal contribuente entro la scadenza di 5 anni dal giorno del versamento (inteso come quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione). Per quanto riguarda invece i tempi di rimborso da parte dell’Ente (Comune o società privata), la stessa norma stabilisce che debba essere effettuato entro 180 giorni dalla data di presentazione dell’istanza. Di fatto, non è però da escludere un eventuale rigetto o silente rifiuto da parte dell’ente, nei confronti del quale - per tutelarsi - il contribuente dovrà comportarsi come descritto nelle ultime righe del paragrafo precedente.

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