#119
da Kalimeroxxx
dal corriere di oggi
ERBA (Como)—La suora, la coppia con bimbo sul passeggino, l’extracomunitario che a gentile richiesta traduce i bigliettini sul cancello scritti in arabo, un papà che fa contento il figlio issandolo sulle spalle per fargli vedere meglio. I tre ragazzi di Cinisello Balsamo che ci sono arrivati con il navigatore satellitare. I due anziani signori dall’aria austera entrambi vestiti di Loden verde e cappello di feltro che arrivano da Desio, di solito alla domenica vanno a Milano a vedere i Legnanesi, ma questa volta hanno deciso di concedersi uno spettacolo diverso. C’erano tutti e c’era di tutto. Nella corte di via Diaz, davanti alla porta dei carnefici e delle vittime, ieri pomeriggio mancava soltanto un sentimento, uno qualsiasi. Non c’era pietà, non c’era commozione, c’era soltanto la voglia di vedere il luogo della strage senza il filtro dello schermo televisivo e di poterlo raccontare agli amici. Erano in trepida attesa davanti al cancello lasciato sguarnito dai carabinieri. Duecento, forse duecentocinquanta, stipati sul marciapiede battendo i piedi per il freddo. La loro fede è stata ricompensata. La provvidenza si è manifestata sotto forma di un inquilino della corte che usciva in auto. La cellula fotoelettrica ha fatto clic, la cancellata si è aperta, loro sono entrati. Mancano le macchie di sangue, ma il resto c'è tutto, dal passeggino di Youssef, alla porta sbarrata dei coniugi Frigerio, sono ancora appese le luminarie natalizie con cui Raffaella Castagna aveva decorato le finestre interne. La ragazza che un quarto d'ora prima aveva lasciato all'ingresso della corte un bigliettino per «l'angelo Youssef volato in cielo» si accalorava al telefono con le incaute amiche che si stavano dirigendo nel centro di Erba per la consueta «vasca» domenicale: «Sbrigatevi, vi dico che hanno aperto, si vede tutto, è una figata ». Gaetano ed Enrico, i due signori di Desio, si guardavano intorno rapiti: «Siamo fortunati — dicevano —. Non ci speravamo, ma è andata bene». Ma perché siete venuti fin qui? «Per curiosità». Suor Domitilla si appoggiava al tettuccio di un'auto parcheggiata nella corte e faceva da Cicerone agli astanti: «Dunque, quello è il garage di Olindo, quindi la stanza sopra deve essere la cucina di Raffaella. Così si capisce tutto». Non ci si abitua mai. Ogni volta ci si illude e ogni volta va peggio. Non erano i quattro gatti che passavano davanti alla villetta di Novi Ligure, non erano i ragazzini che scattavano foto con il cellulare davanti ai mazzi di fiori allineati sul muro della cascina di Casalbaroncolo per Tommaso Onofri, e neppure la folla in coda alla prima udienza del processo alla mamma di Cogne, dove almeno c'era qualcosa da ascoltare. Questa era una moltitudine eterogenea animata soltanto da una curiosità superficiale, da soddisfare in fretta. Erba, ma poteva essere ovunque.
La corte di via Diaz era una deviazione dalle mete domenicali, la visita ad un set televisivo che miracolosamente si è dischiuso ai fan che aspettavano dietro al cancello, un modo perfetto per riempire lo spazio tra il pranzo e l'happy hour. «Diamo soltanto un'occhiatina». Lo stupore della matura signora è finalmente sincero. Dalle scale di fronte è scesa imbestialita un'altra donna, si chiama Claudia, che in questa corte ci vive da anni. «Signori, questa è una proprietà privata, per favore, andatevene altrimenti chiamo i carabinieri». Gli sguardi degli spettatori sono carichi di disprezzo. Questa egoista vuole tenersi tanto ben di Dio tutto per sé. «Andatevene, non siamo mica allo zoo», urla la donna. Le reazioni sono violente. «"censured", puttana», mormora la ragazza del bigliettino con l'angioletto. Un signore rivendica il suo diritto a rimanere: «Noi non siamo bestie, qui c'è gente che ha sgozzato un bambino». Un altro: «Lei è più cattiva di questa», dice indicando il portone dei coniugi Romano. Fino all'accusa definitiva, che guadagna a chi la pronuncia sguardi di approvazione da parte della folla intorno: «Non ci dica che non li avete sentiti gridare perché era impossibile non sentire». Nessuno si muove, il cancello resta aperto. Nella corte si sta decisamente stretti, ma è come nelle piazze di una volta, dove si socializzava scambiandosi commenti sulle cose della vita. Ad ascoltare si impara anche che la diffidenza è una bestia difficile da domare. «Perché è andato in Tunisia, se davvero aveva paura dei vicini?». « Purtroppo bisogna stare vicini anche a lui». «È un delinquente, ma dalle sue parti avranno almeno un codice d'onore, li deve sterminare». «Alla fine, guarda caso, è lui che ci guadagna e si becca l'eredità della Raffaella». Arriva il marito della signora Claudia, che indossa una uniforme da pompiere. L'autorità emanata dalla divisa inizia a spingere i duecentocinquanta verso l'uscita. Si fa vedere anche un carabiniere, con il classico «circolare, non c'è niente da vedere». Il cancello si richiude. Il pubblico comunque è soddisfatto, spettacolo ottimo e abbondante. E poi è quasi l'ora dell'aperitivo.
Marco Imarisio
15 gennaio 2007
gli unici limiti che avrai saranno quelli che ti costruirai da solo